Pensiero
Berlusconi ha difeso la vita umana più dell’arcivescovo che ne ha celebrato il funerale

Permettetemi di definire oscena l’omelia di monsignor Delpini, l’arcivescovo di Milano che ha celebrato il funerale di Silvio Berlusconi.
Qualcuno ha detto che era ambigua, che poteva leggersi in vari modi. A me invece è sembrato che tutto fosse chiarissimo. E drammatico, errato, insolente, disperante.
L’arcivescovo di Milano ha fatto la sua predica, che per qualche ragione è circolata immediatamente pure via Whatsapp in PDF, sfogliando e leggendo a testa china: ci rendiamo conto di vivere nell’era in cui chiedere ad un vescovo di parlare a braccio ad un funerale di Stato sia troppo.
È bizzarro: sappiamo come le omelie funebri dopo il Concilio siano divenute delle santificazioni per direttissima del caro estinto, al punto che a fine messa invitano pure qualche conoscente a caso a dire quanto era buono il defunto. Eulogi, cabaret funebre. Etc.
Non sembra essere questo il caso. Il Delpini ha tenuto tutt’altra linea.
«Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari».
Si dice che qui un famigliare abbia scosso la testa. Siamo d’accordo Ma di cosa sta parlando lo zucchetto?
Chiunque sa che nelle sue aziende molto raramente si veniva licenziati. Quando per lavoro anni fa passai per Cologno Monzese, trovai dei dipendenti che dicevano che sì, oramai quel posto era un ministero, e che forse c’era personale in eccesso, ma che importa: tutti quelli che ho visto erano felici di lavorare lì. Erano sicuri, protetti, in pace.
E poi, come anche solo suggerire che Berlusconi non si fidava troppo degli altri, e che gli altri non si fidavano di lui? Fiducia e gratitudine erano una cifra evidente del personaggio. Come può Delpini non aver presente l’abnorme, talvolta eccessiva gratitudine verso le persone che hanno lavorato con lui? Mike Bongiorno, Sandra e Raimondo, Iva Zanicchi messi ad vitam su Rete4, forse per riconoscenza per aver creduto in lui agli esordi… e uscendo dalla TV, come non aver presente Ennio Doris (che da sconosciuto presentò un’idea a Berlusconi intercettandolo a Portofino, e fu ascoltato), Marco Van Basten (che gli mandava telegrammi alle vittorie rossonere: «milanista per sempre»), Sacchi, Capello, Maldini, Costacurta e pure figure intellettuali come Antonio Martino, Gianni Baget Bozzo, Marcello Pera, Lucio Colletti che aderirono al suo progetto politico?
«Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte» ha proseguito l’arcivescovo. «Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta».
Qui cominciamo a capire dove vuole andare a parare. Il prelato riconosce che il personaggio è «divisivo», aggettivo che piace a quella CEI affiliata da lustri al PD e al network democristiano che ha portato l’Italia al collasso morale e biologico. Monsignore riconosce che davanti a sé ha un pubblico che potrebbe non amare un discorso che, come si usa nella modernità della Chiesa in uscita, parli solo bene dell’illustrissimo defunto.
Eppure, guardiamo i volti fra le navate del Duomo, e ci rendiamo conto che davvero pochi lì non debbano la loro carriera, o scatti di essa, alla sua presenza, alla sua azione diretta o indiretta. La Meloni fu lanciata come ministro nel governo Berlusconi, e fece parte del suo partito il PDL. Draghi, che pure si racconta l’aveva silurato nel 2011 con la famosa letterina che la BCE recapitò a Silvio per spianare la strada al tecnocrate Monti, è stato premier perché Forza Italia lo ha (purtroppo) votato. E poi quanti calciatori e allenatori (vincitori di sfide straordinarie, campioni veri), quanti giornalisti, starlettes, vedettes, manager assortiti e creature del sottobosco presenti alle esequie gli devono tutto – ma proprio tutto?
C’è il presidente della Repubblica, quello a fianco dell’emiro del Qatar al-Thani (uno, nonostante la montagna di morti dei mondiali di calcio, da tenersi buono, visto che l’Italia – antiberlusconianamente – si è privata del gas russo: anche se Doha ci ha già ripetuto varie volte che non c’è trippa per gatti). Non possiamo dire Mattarella che sia lì grazie a Silvio, e non sappiamo neppure se sia legale pensarlo. Tuttavia nell’ultima elezione presidenziale ebbe i voti del partito di Berlusconi, come di tutta la restante palude parlamentare. È però l’episodio della rielezione del predecessore, che vorremmo ricordare: quando venne rieletto Napolitano, con una manovra che scongiurò l’ascesa al Colle dell’eterno avversario Prodi, appena dopo gli applausi di rito, partì un coro tra i Parlamentari: «Sil-vio, Sil-vio…». Fu una sua manovra, una sua vittoria.
Ecco, Delpini sta parlando considerando loro. I Draghi, i Gentiloni, le Schlein presenti in Duomo. Quei personaggi messi lì e gonfiati da giornali e potentati che, monsignore forse lo sa, non sono esattamente di estrazione cattolica. Diciamo così, e fermiamoci qui.
Non pare, invece, che l’arcivescovo si voglia rivolgere alla famiglia, ai figli presenti, composti e addolorati. Questi ragazzi, a questo punto va scritto, danno un’immagine rara, rarissima: ciascuno con le loro peculiarità sono tutti solidi, decorosi, decenti – pure belli da vedere. Questo a evidente differenza dei rampolli di altre famiglie industriali, quelle dell’oligarcato profondo del Paese, che rappresentano plasticamente disperazione e decadenza, degrado e demenza (cosa che possiamo dire per i figli di papà imprenditori zonali molto, molto meno abbienti di Berlusconi).
La prima moglie, Carla dall’Oglio, lo ha scritto nel suo necrologio sul Corriere: è stato un papà eccezionale. Tutti possono vederlo, ma forse non l’arcivescovo, che nella sua omelia non pare toccare la questione della famiglia (che è cattolicamente delicata, per il divorzio) o anche solo della discendenza, della quantità di esseri umani che si porta dietro: oltre ai figli, 16 nipoti, e un bisnipote. Tanta robba. Questa nota positiva in fondo allo spartito, la persistenza della persona tramite i suoi eredi, colpisce noi, ma, si vede, non lo zucchetto sul pulpito.
Tuttavia non di queste mancanze che vogliamo parlare davvero. Ci ha infastidito, più di tutti, il discorso sulla «vita».
«Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena» è stato l’attacco della predica di monsignore, stile film di Kurosawa. «Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita…»
Insomma, l’arcivescovo, con un fiume di stile retorico, vuole parlarci della vita. Una parola, ripetuta quasi nemmeno come in un tema di liceo, a cui l’omelia assegna un significato preciso: la vita, qui, è l’esistenza individuale, è ciò che ti accade – la vita è un fenomeno soggettivo.
Abbiamo tuttavia le prove che Berlusconi, oltre che amare la vita, amasse la Vita: e cioè la vita umana come forza sacra che esiste al di fuori di noi, che sostiene il cosmo degli uomini, che permette la continuazione dell’universo – la Vita come fenomeno oggettivo. La vita non come questione personale, ma come realtà cosmica.
Ciò divenne chiaro all’altezza degli ultimi giorni di Eluana Englaro.
Maurizio Sacconi, allora sottosegretario, gli propose un decreto legge per salvare Eluana. Berlusconi, secondo quanto ha raccontato il suo deputato veneto, accettò senza nemmeno chiedergli dei sondaggi, che sapeva potevano essere ostili. Perché gli parve chiaro che quello che stava accadendo non era un attacco alla «vita da vivere» di cui parla Delpini, ma alla Vita che ci abita ma che sta al di fuori di noi, alla vita come dono sacro sceso sulla Terra. Si sarebbe messo contro il presidente Napolitano e un largo strato del suo stesso partito, la fazione liberale che poteva tranquillamente starsene con Pannella o col PD.
Quando all’epoca ne parlò, Berlusconi aggiunse qualcosa che sconvolse tutti – compresi i sedicenti cattolici, i sedicenti pro-vita, oramai privi totalmente degli strumenti per capire la portata di quelle parole. Eluana non poteva essere lasciata morire, perché Eluana poteva ancora essere madre. Si era detto, all’epoca, che nei 17 anni di coma, in cui era assistita dalle suore Misericordine, aveva continuato ad avere le mestruazioni.
Disse proprio così: «Eluana potrebbe generare un figlio».
Questa dichiarazione è stata ricordata, con orrore, anche in questi giorni dai vari commentatori liberali.
Come poteva il primo ministro dire una cosa così abominevole? Una donna in coma che può far figli? Un figlio, per l’utenza moderna, è qualcosa che deve essere programmato, voluto, preparato – insomma, letteralmente «planned parenthood» – da cui partono l’aborto e la prole prodotta in provetta. Un figlio, oggidì, è un desiderio, un fatto soggettivo – e mai una realtà biologica, un fatto oggettivo.
Con evidenza, non era il mondo di Berlusconi. Non era il modo in cui pensava alle donne, alla riproduzione, all’umanità, alla vita e alla morte: se una donna può biologicamente generare un figlio, allora è viva. E ciò e logico e vero.
Non crediate che tale bigotto pensiero non abbia basi scientifiche – e mistiche. Ogni singolo ovulo che una donna ha in sé è generato ancora prima che nasca. Ciò vuol dire che tutte le cellule uovo che saranno utilizzati per i figli già esistono quando ancora la madre è un feto, dentro la madre. Tutti noi siamo stati generati da ovuli che esistevano dentro a nostra nonna, quando aspettava nostra madre. Se vostra madre è del 1950, l’ovulo con cui siete stati plasmati era già apparso magari perfino nel 1949, a seconda del mese in cui la mamma è nata.
È la matrioska della vita umana, custodita dal mistero assoluta della femmina. Chi ammette la legge naturale, chi è in contatto sincero con il proprio cuore, comprende nel profondo, automaticamente, come questo miracolo vada difeso – e come il mondo moderno lo voglia distruggere: predazione degli ovuli (a fine commerciali, ma pure scientifici e «sociali» – magari col cancro come conseguenza), congelamento, bioingegneria, affitto di organi riproduttivi, distruzione della femminilità tramite il transessualismo (dove è in divenire il trapianto di utero da donna a uomo).
Una donna che può generare, grazie a questo diritto divino, è una donna viva. Berlusconi comprendeva questa realtà oggettiva, la realtà di base della Vita umana che si espande e si tramanda. E si schierava per difenderla.
Alcuni lettori ci hanno scritto: Renovatio 21 deve ricordare la storia di Berlusconi ed Eluana, perché la sua difesa vale tutta la sua presidenza (la più lunga della Storia d’Italia). È vero. La comprensione della sacralità della Vita vale più di qualsiasi altra cosa, vale più delle manovre economiche, più dei trattati tra la NATO e la Russia.
Certo, la difesa della Vita in Berlusconi non fu un fatto completo. Perché comprendere la Vita in questi termini significa lottare contro l’aborto e la fecondazione in vitro. Significa, in termini molto pratici, opporsi con ogni forza ai trapianti di organi a cuor battente: perché se una donna in coma è viva perché i suoi organi possono tecnicamente ancora generare figli, allora anche un uomo è vivo finché gli batte il cuore.
Ma diciamo pure che oggi ci accontentiamo. Anche perché, c’è a questo punto da chiedersi cosa Delpini abbia fatto per difendere la Vita.
Visto che si parla di eutanasia e dintorni, ci sovviene un caso preciso, quello di DJ Fabo, il ragazzo milanese tetraplegico che accompagnato da un politico andò in Svizzera per trovare la morte volontaria.
Il 10 marzo 2017 nella parrocchia di Sant’Ildefonso fu organizzato un evento chiamato sul sito dell’arcidiocesi «Una preghiera per DJ Fabo». La parrocchia, apprendiamo, «ha accolto il desiderio della madre di Fabo di pregare per suo figlio morto – sottolinea don Davide Milani, responsabile dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano. Quello di venerdì sera sarà un momento di preghiera, non un funerale. Il giudizio della Chiesa sull’eutanasia e sul fine vita non cambia».
Eccerto. Il giudizio non cambia, tutto il resto sì, e di conseguenza. I religiosi non devono mai aver sentito parlato di piano incrinato, slippery slope, rana bollita, Finestra di Overton, etc. Non devono aver mai pensato che la celebrazione può spingere in alcuni l’idea della liceità dell’atto – il motivo per cui ai giornalisti l’Ordine dice che dei suicidi devono parlare con estrema cautela… ma del resto, se ai suicidi la chiesa conciliare offre senza problema funerali pubblici… perché prendersela con chi sceglie l’eutanasia?
Delpini all’epoca era Vicario generale di Milano. Poche settimane dopo, Delpini sarebbe divenuto arcivescovo di Milano. Ci furono polemiche per la scelta della curia dell’evento di preghiera, tuttavia abbiamo cercato, ma non abbiamo trovato dichiarazioni in merito fatte da monsignore.
Tuttavia forse abbiamo rinvenuto in una vecchia intervista su La Stampa un indizio. «L’arcivescovo di Milano Angelo Scola è d’accordo con l’iniziativa di Don Antonio?» chiede al responsabile comunicazione della Diocesi don Davide Milani l’intervistatore – che altri non è che Andrea Tornielli, attuale direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Risposta: «il parroco ha condiviso la sua decisione di celebrare questo momento di preghiera prima con il vicario generale e poi con il cardinale, che è d’accordo».
Lo vedete anche voi. C’è un abisso.
Non che ci sorprendiamo: siamo nell’epoca in cui alcuni discorsi di Putin – l’uomo che più di ogni altro avrebbe meritato di farsi una spremuta d’occhi in Duomo, ma a frapporsi a questa amicizia sono stati i veri padroni del mondo – al Club Valdai sono più rilevanti e corretti, spiritualmente, delle devastanti encicliche che scrivono per l’ultimo papa.
Del resto, Delpini è quel non-cardinale che, forse pensando genuinamente di essere simpatico, fece una serie di battute che vennero interpretate come un attacco diretto al papa. Berlusconi, pur in una volgarità che via via si faceva più parossistica, con battute e barzellette lo stracciava di sicuro. E non ne ripetiamo nemmeno mezza.
Delpini è tecnicamente erede del Santo Ambrogio, l’uomo che per vox populi fu acclamato vescovo dai milanesi, quando lui, magistrato di origine tedesca, neppure era battezzato. Ora, Berlusconi sicuramente non era un santo, tuttavia come testimoniano le immagini di Piazza Duomo, è stato acclamato dai milanesi, o per lo meno dai milanisti – ancora, la gratitudine… – e pure, incredibile dictu, da una vasta porzione di interisti, come ad esempio il sottoscritto.
Perché il suo amore per la Vita è lontano dalla macchietta equilibrista che ne ha dato l’arcivescovo nella sua oscena omelia.
Il suo amore per la Vita era concreto, oggettivo, materiale – e potente, debordante.
Quanto vorremmo dire lo stesso della gerarchia cattolica odierna.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube
Pensiero
Numeri sconosciuti, nessuno più risponde al telefono: la regressione della società continua

Un giorno di una ventina d’anni fa vidi un collega, in un ufficio di Milano, lasciare squillare il telefono a vuoto. C’erano, all’epoca, i Nokia (Bill Gates non aveva ancora invaso e distrutto la Finlandia) e gli Startac Motorola – non c’erano gli iPhone, ma era possibile vedere subito il numero che ti chiamava e non rispondere.
«Che fai? Perché non rispondi?» chiesi. «Io non rispondo se non conosco il numero» mi disse secco. Era, all’epoca, una posizione inedita, estrema, ma che già potevo trovare teoricamente convincente. Bravo, limita l’accesso che il mondo ha su di te: la tua mail deve essere occultata (non parliamo, oggi, della PEC: la porta di ingresso delle querele), i tuoi dati invisibili a tutti. Si chiamava, già allora, Privacy: e lo Stato ci aveva costruito sopra leggi, articoli di giornale e strutture amministrative con chissà quanti dipendenti e un grand-commis a caso a percepire il suo megastipendio da mangiatoia.
Ora quell’idea di non rispondere agli sconosciuti non solo mi sembra profetica: è quello che sta facendo, da qualche tempo, tutta l’Italia.
Più nessuno risponde alle telefonate, a meno che la chiamata non arrivi da un numero conosciuto: è uno dei più evidenti segni della regressione a cui è sottoposta la nostra società.
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Un tempo, rammento, ricevere una telefonata da un numero sconosciuto generava curiosità, se non addirittura eccitazione. Chi chiamava aveva avuto il nostro numero e lo faceva quindi per motivi determinati: voleva parlare davvero con noi. Poteva essere la ragazza con cui ti eri scambiato il numero la sera prima, l’azienda che vuole offrirti un lavoretto, un tizio che vuole un’informazione che solo tu hai. C’era anche – altro fenomeno morto – chi sbagliava numero, ma anche quello poteva portare a cose significative: componendo male il numero mi ritrovai una volta a scambiarmi messaggi con un diplomatico all’Estero. Fu interessante.
Ora tutti noi viviamo con fastidio assoluto, se non con ansia, il bombardamento di squilli spam che ci ossessiona tutte le ore del giorno.
È una telefonica che vuole offrirci qualcosa (tanto, sono un cartello, d’accordo l’una con l’altra) nel caso migliore: ti devi subire i rumori del call center dietro, e il dubbio che non ti sta davvero chiamando chi ti dice di chiamare, ma una società che ha appaltato, dentro o fuori dal Paese: non c’è speranza di risentire quella persona, o anche solo di credere che quello che promette è quello che dice l’azienda.
Ci sono quelli che chiamavano, anche da lontano, per fare investimenti finanziari: ora invece ti usano subito la parola d’ordine è «criptovalute». L’accento è chiaramente dei Balcani. Non puoi rispondere male, perché ti richiamano con insistenza subito, e ti insultano. Se va male, lessi su un forum anni fa, continuano a tormentarti di telefonate, anche di notte, solo per sadica vendetta. A loro, stipati nel loro sozzo ufficietto in qualche luogo orrendo della terra, rovinarti la vita non costa nulla.
Oppure è un messaggio registrato, che credevamo proibiti nel nostro Paese. Si sente, per un secondo, il rumore di una sala piena di gente, poi clic parte la voce automatica. Dicono di essere di Amazon, probabilmente, pensiamo prima di riattaccare, è una truffa. Oppure, con accenti italiani diversi, ti dicono che hanno ricevuto il tuo curriculum. Non so immaginare quanto peschino, perché tanti un curriculum neanche lo hanno: tuttavia quelli che il CV lo stanno facendo circolare hanno esattamente bisogno di lavoro, e quindi immaginiamo che possano, per necessità stringente, cascarci.
Ho un amico che aveva annunciato la volontà di aderire alla via istituzionale: il mitico registro pubblico delle opposizioni. Gli chiedo, mesi dopo, se la cosa per caso ha funzionato, e non riceve più telefonate dai call center: scoppia a ridermi in faccia.
Segnalo, per completezza, anche una scoperta inquietante fatta da me medesimo, di cui non ho mai visto in giro menzione. Ad un certo punto, comincio a ricevere telefonate da numeri sconosciuti, ma dall’altra parte, se rispondo, non c’è un disco o un call center, ma una persona vera, che spesso mi dice di aver trovato sul telefonino una telefonata dal mio numero. A volte sono persone ragionevoli, a volte capita di sentire voci incomprensibili, donne immigrate che biascicano la parola «lavooroh», e via via versi sempre più allarmanti.
Arrivato ad un certo punto mi sale la paranoia: il mio numero personale è finito da qualche parte? Qualcuno (i vaccinari? Gli antibufali? Gli ucronazi? I satanisti? I cetacei?) si è vendicato di Renovatio 21 incidendo il mio recapito telefonico sulle piastrelle dei cessi degli Autogrill di mezza Italia? Così, chiamo il grande gestore di telefonìa, e dopo il solito labirinto di Intelligenza Artificiale che tenta di respingerti (l’opzione «sono oggetto di uno stalking massivo quanto misterioso» non la trovi nel menu vocale, e non è che anche volendo la macchina lo può capire) riesco infine a parlare con un essere umano.
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Di qui la scoperta: a mezza voce, con l’aria di quella che non dovrebbe nemmeno dirlo ma mi vuole aiutare, la ragazza della telefonica mi spiega che per fare le loro telefonate-spam i call center hanno un sistema per «simulare» dei numeri già esistenti. Cioè: gli spammatori, ovunque essi si trovino, ti chiamano con dei numeri che potrebbero esistere, e nel mazzo può finire il vostro. Quindi, quando qualcuno trova la chiamata richiama, ma non risponde il call center, rispondete voi.
Io rimango allibito: «c’è un modo per fare finire questa cosa?». La ragazza mi risponde, dispiaciuta: «no». L’unica possibilità è aspettare che il fenomeno cessi da solo. Lei dice che, da quello che sa, può durare «circa due settimane». Non ho idea di come abbia questo dato, ma mi rimane impressa la sua dichiarazione di impotenza, che coinvolte l’interesso colosso miliardario per cui lavora: «non possiamo farci niente. No, non c’è soluzione».
Il cittadino deve accettare, dunque, che qualcuno – forse da fuori del Paese, forse criminale – può usare il suo numero per chiamare in giro: e magari commetterci pure dei reati.
Ora capite quale follia vi sia dietro la quantità di squilli che tediano i nostri giorni.
È un fenomeno di questi anni: prima, decisamente, non era così. La recrudescenza deve essere dovuta a qualcosa: ho ipotizzato che intorno al governo attuale possa esserci qualche interesse intorno ai call center – solo così mi spiego le valvole aperte a mille, ma non voglio approfondire, lo lascio fare ai giornalisti d’inchiesta RAI che possono prendersi denunce a carico del contribuente, epperò costoro si occupano del cardinale Burke (anzi, Bark, dicono loro) e di monsignor Viganò, magari riuscendo pure a trovare il collegamento con Silvio Berlusconi, la cui sindrome non ha ancora abbandonato tanti professionisti dell’informazione a salario garantito.
Fatto sta che il danno civile c’è eccome: nessuno ti risponde più. Ti fai passare un numero per lavoro? Non ti rispondono. Chiami una persona che ti hanno detto di chiamare? Non ti risponde. Telefoni ad un cellulare aziendale trovato su internet? Squilli a vuoto.
E non si tratta solo degli sconosciuti. Provate a cambiare numero: la vostra agenda telefonica diverrà inservibile. Oppure fate che il sistema operativo del vostro telefonino abbia per qualche motivo cancellato alcuni numeri: ecco che sarete voi a non rispondere più ai vostri cari.
È osceno, è ingiusto. È la riprova della grande balla del progresso: perfino nelle piccole cose, la società sembra andare verso la regressione più becera. È così per tante cose: le strade appena costruite e le opere degli assessorati all’urbanistica aumentano il traffico invece che ridurlo, rendono i tragitti più lunghi invece che accorciarli. Spedire una lettera ora è qualcosa per cui devi prendere appuntamento in posta: ai tabaccai hanno tolto la vendita di francobolli, e le cassette postali vengono ritirate da tutti i comuni italiani. La tua nuova stampante ha il cavo ma lo puoi connettere solo una volta: poi devi usare il Wi-Fi (così i dati finiscono all’azienda produttrice), pazienza se non lo hai. Poi potremmo anche parlare del vaccino che doveva proteggerti dal COVID, ma lo hai preso lo stesso, e più volte, e pure temi ora per emboli e miocarditi – ma ci siamo capiti.
Tutto è in regressione. Il mondo moderno interno è una contrazione che se va bene infastidisce l’individuo, se va male lo stritola e lo disintegra.
Ma poi, voi cosa pensavate? Perché, nel mondo in cui all’essere umano nessuna dignità è assegnata, pensavate che si potesse avere rispetto del cittadino? Pensavate che quando si può migliorare qualcosa, lo si faccia, a beneficio di chi non merita niente, e che ammorba il pianeta con la sua presenza? Pensavate che in un mondo che da noi vuole solo la sottomissione, vogliano migliorarvi l’esistenza – o anche solo non peggiorarla?
Dietro alle telefonate fastidiose che ricevete c’è l’intero cambio di paradigma dell’individuo e dello Stato.
Potete, se volete, sperare. Fantasticare ad occhi aperti, riguardando i video dei call center assaltati dagli OMON, le squadre speciali della polizia russa. Esattamente come nel film Beekeper, solo che è realtà della Russia contemporanea.
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🇷🇺 The FSB in Moscow stopped the activities of fraudulent call centers that acted in the interests of the Armed Forces of Ukraine on the territory of the Russian Federation. pic.twitter.com/DaQROgMTjg
— Sinnaig (@Sinnaig) April 26, 2023
The Russian version of the movie “The Beekeeper”. But in real life
The FSB has shut down an entire international network of fraudulent call centers in Russia. Their daily income was $1 million. The scammers deceived about 100 thousand people from more than 50 countries.
Since… pic.twitter.com/rFPVG1jIdU— Vladi 🇷🇺🇺🇸 (@joiedevivre789) December 9, 2024
The Russian Security Services has announced that they have taken down three scam call centers in Moscow, which had defrauded people in more than 20 countries out of tens of millions of dollars. pic.twitter.com/WC4e8oqGBJ
— Breaking911 (@Breaking911) December 11, 2024
Lì ad un certo punto, per le telefonate moleste, Putin ha fatto qualcosa, e protetto il suo popolo.
Qui invece abbiamo Giorgia e La Russa, più Mattarella. E la vostra attenzione – che è sacra, che il cuore della vostra produttività – interrotta continuamente da persone che vogliono, legalmente o illegalmente, solo i vostri soldi, e forse la vostra rovina.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Macron e il coca-gate, le fake news e le smentite (cioè: notizie date due volte)

DEVELOPING SCANDAL: Macron, Starmer, and Merz caught on video on their return from Kiev. A bag of white powder on the table. Macron quickly pockets it, Merz hides the spoon. No explanation given. Zelensky, known cocaine enthusiast, had just hosted them. All three of the “leaders”… pic.twitter.com/M2h5Fhzo5h
— Alex Jones (@RealAlexJones) May 11, 2025
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Élysée Palace: “France’s enemies are spreading dangerous misinformation about President Macron’s alleged cocaine use.”
Emmanuel Macron: pic.twitter.com/X7XTKyTehl — Dr. Simon Goddek (@goddeketal) May 12, 2025
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BREAKING NEWS: Emmanuel and Brigitte Macron has sent me ANOTHER strongly worded legal letter.
Truly, if I did not recognize the name of the law firm they have employed, I would be convinced I was being trolled. The letter is much shorter than the first— just a page and a half… pic.twitter.com/lg0tiwv3q5 — Candace Owens (@RealCandaceO) February 4, 2025
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Pensiero
«Criminali votati all’Anticristo»: piano mondialista contro la Chiesa. Steve Bannon intervista mons. Viganò

Renovatio 21 pubblica l’intervista fatta da Steve Bannon, già stratega elettorale e poi consigliere alla Casa Bianca per Donald Trump durante il primo mandato, all’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21
Steve Bannon: Recentemente, un gruppo di Cattolici americani ha chiesto al presidente Trump di indagare se il governo degli Stati Uniti fosse coinvolto nella sequenza di eventi che hanno portato alle dimissioni di papa Benedetto XVI l’11 febbraio 2013 e al Conclave che ha eletto papa Francesco I il 13 marzo 2013. Di recente Ella ha chiesto al Direttore della CIA di Trump di «indagare sul piano del deep state per eliminare Benedetto XVI». Crede che l’amministrazione Obama/Biden abbia interferito nell’abdicazione di papa Benedetto XVI e nell’elezione di Jorge Bergoglio? Se è così, perché?
Carlo Maria Viganò: Se non stessimo parlando della Chiesa – o meglio: del Vaticano – ma di uno Stato qualsiasi, l’evidenza di un colpo di Stato non sarebbe messa in dubbio da nessuno. D’altra parte, sappiamo che il deep state ha interferito più volte nel governo di molte nazioni, e che continua tuttora a farlo tramite i suoi emissari (lo scorso 28 Aprile il card. Burke ha denunciato il tentativo del «presidente» Macron di fare pressioni sul collegio cardinalizio per scongiurare l’elezione di un papa conservatore che metta in discussione le politiche dell’Unione Europea).
Dalle email di John Podesta diffuse da Wikileaks sappiamo che lo schema adottato in ambito civile per fomentare «rivoluzioni colorate» è stato replicato pedissequamente anche in ambito ecclesiastico.
Il modus operandi è lo stesso: il deep state finanzia mediante USAID e altre agenzie governative movimenti ideologici e gruppi di pressione sociale per simulare un dissenso nei confronti del Magistero della Chiesa Cattolica e poter così fare pressione sulla Gerarchia affinché adotti riforme in senso progressista. Contestualmente, la parte della Gerarchia che è complice di questa operazione eversiva si avvale di questo dissenso «virtuale» per legittimare le riforme che nessuno chiede: sacerdozio femminile, legittimazione della sodomia, apparente democratizzazione dell’autorità mediante la «sinodalizzazione» del papato monarchico, etc.
Tutto si basa quindi sulla falsa premessa che vi sia un problema (mentre esso è creato artificialmente e non è assolutamente percepito dal popolo cristiano), al quale porre rimedio con la soluzione offerta (che in condizioni ordinarie non potrebbe nemmeno essere presa in considerazione).
Queste interferenze nel governo della Chiesa Cattolica sono giunte a teorizzare la necessità di sostituire il pontefice regnante, Benedetto XVI, con un emissario del deep state che portasse a compimento il proprio piano eversivo. Ed è esattamente quello che di lì a poco è effettivamente accaduto: Benedetto XVI è stato costretto alle dimissioni; al Conclave è stato fatto eleggere Jorge Mario Bergoglio e questo gesuita argentino ha effettivamente eseguito gli ordini ricevuti.
(…)
È quindi assolutamente indispensabile che la nuova Amministrazione americana – nella quale il vicepresidente JD Vance è un cattolico praticante – indaghi su questi aspetti e porti alla luce le responsabilità delle precedenti Amministrazioni, che sappiamo essere state complici e promotrici non solo del golpe vaticano, ma anche di altre analoghe operazioni estere e interne – penso anzitutto alla frode elettorale del 2020.
Una volta che si avranno le prove e i nomi dei colpevoli, la Gerarchia cattolica non potrà ignorare fatti di rilevanza politica, con la scusa che si tratta di questioni canoniche.
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Chi pensa che abbia avuto un ruolo fondamentale in quel colpo di Stato? In che modo le prove di interferenza straniera in un’elezione papale influenzerebbero la Chiesa cattolica praticamente e canonicamente?
Questo colpo di stato fa parte di un golpe globale organizzato dalla lobby eversiva della sinistra woke (sul fronte ideologico) e del World Economic Forum (sul fronte finanziario). Lo scopo è la distruzione di ogni forma di resistenza all’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, la costituzione di governi totalmente controllati da un’élite di tecnocrati e la costituzione di una nuova Religione dell’Umanità che dia basi dottrinali e morali alla distopia globalista.
Nella mente di questi criminali votati all’Anticristo – perché è del regno dell’Anticristo che stiamo parlando – Bergoglio doveva costituire il primo «papa» della nuova chiesa ecumenica e sinodale preparata sin dal Vaticano II. Ed è proprio per questa totale eterogeneità anche rispetto ai suoi immediati predecessori (anche i più progressisti) che Bergoglio non può essere considerato papa della Chiesa Cattolica.
È evidente che, nel momento in cui venisse dimostrata questa interferenza nell’elezione del papa, ciò comporterebbe la nullità dell’elezione e l’illegittimità del papato di Bergoglio. Questo sarebbe a tutti gli effetti un great reset, perché annullerebbe tutti gli atti di magistero e di governo di Bergoglio, dalle Encicliche eretiche alle nomine dei vescovi e dei cardinali.
Prima che inizi il Conclave è indispensabile verificare che i membri del Collegio Cardinalizio siano effettivamente legittimi, perché chiunque uscisse eletto papa dal Conclave vedrebbe altrimenti pregiudicata la propria legittimità.
Il 1° luglio 2025, l’Arcidiocesi di Detroit chiuderà 28 fiorenti chiese in cui si celebra la Messa in latino per ordine dell’Arcivescovo appena nominato Edward Weisenburger. Cosa consiglierebbe ai Cattolici tradizionali che partecipano a quelle Messe? Con la diffusa soppressione delle fiorenti Messe in latino negli Stati Uniti e in tutto il mondo, come devono rispondere i cattolici? Dovrebbero resistere?
L’odio per la Messa tradizionale è uno dei segni distintivi dei nemici di Cristo. Questo odio è certamente motivato dal fatto che la Messa in latino non lascia alcuno spazio agli errori e alle eresie che si oppongono alle verità del Dogma cattolico.
È significativo che siano proprio vescovi e cardinali ossessivamente fissati con la «sinodalità» a calpestare la volontà di milioni di cattolici che chiedono solo di poter avere la Messa di sempre. Questo smaschera l’inganno di chi si riempie la bocca con slogan altisonanti sulla partecipazione attiva dei fedeli («actuosa participatio») e sul ruolo dei laici nella Chiesa – tanto declamati dal Concilio – al solo scopo di togliere autorità ai buoni Pastori e trasferirla a nuovi tiranni.
I fedeli cattolici – e con essi sacerdoti, vescovi e religiosi – hanno il diritto di non essere defraudati della Messa Apostolica, che Nostro Signore ha affidato alla Chiesa perché fosse custodita e trasmessa senza cambiamenti arbitrari. Questo diritto esisteva prima dell’imposizione del Novus Ordo da parte di Paolo VI, ed è stato ribadito dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, che non a caso Bergoglio ha praticamente soppresso con Traditionis Custodes.
Ricordo ai cattolici che uno degli strumenti più efficaci per costringere i propri Pastori consiste nel destinare le offerte solo a quelle Diocesi e comunità in cui sia loro data realmente la possibilità di rimanere Cattolici. Nel momento in cui le Loro Eccellenze si trovano senza i soldi dei fedeli da una parte e senza i finanziamenti governativi di USAID dall’altra, saranno costretti a scegliere ciò che sarebbe stato comunque loro dovere fare sin dal principio.
Nel 2023, l’amministrazione Biden attraverso l’FBI ha lanciato una campagna contro i Cattolici tradizionali che partecipano alla Messa in latino, etichettandoli come «estremisti violenti motivati razzialmente o etnicamente (RMVE) in cattolici radicali tradizionalisti (RTC), un’ideologia che quasi certamente presenta opportunità per la mitigazione delle minacce attraverso l’esplorazione di nuove strade per ricostruire e sviluppare le fonti». Secondo Lei, perché le forze dell’ordine federali dovrebbero prendere di mira i Cattolici tradizionali pacifici come estremisti violenti? Quale potrebbe essere il motivo per cui le forze dell’ordine per prendere di mira sistematicamente i partecipanti alla messa latina? Questa molestia potrebbe derivare dalle Traditions Custodes di Bergoglio e dalla sua soppressione della Messa in latino? C’è una connessione?
San Pio X diceva che i veri Cattolici sono quelli fedeli alla Tradizione, e aveva perfettamente ragione; tant’è vero che sono anche i soli a non piacere ai nemici della Chiesa, mentre sono apprezzatissimi i sedicenti «cattolici adulti», i progressisti, i «cattolici liberali», i «cattolici woke». Se Bergoglio è riuscito ad ottenere tanta ammirazione da chi detesta la Chiesa Cattolica e il papato è perché l’élite lo considera «uno di loro», altrettanto rivoluzionario, altrettanto imbevuto di filantropismo massonico, altrettanto ecumenico, sincretista, inclusivo, green e woke.
Siamo giunti al paradosso nel quale il potere civile usurpato da traditori del deep state è alleato al potere religioso usurpato da traditori della deep church. Non c’è dunque da stupirsi se il «braccio secolare» viene in aiuto della chiesa bergogliana, prendendo di mira i nemici di Bergoglio – ossia i veri Cattolici – perché li considera anche nemici della società woke e dell’élite globalista.
Ora però, con l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti d’America, la macchina infernale del Nuovo Ordine Mondiale si è in qualche modo inceppata, mettendo in crisi un sistema di corruzione, conflitti di interesse e ricatti che sembrava funzionare perfettamente. Nel momento in cui il deep state perde potere nella società civile, anche la deep church arretra nella Chiesa cattolica, perché sono due facce della stessa medaglia. Sta ai cittadini e ai fedeli sostenere i buoni governanti e i buoni Pastori, perché facciano finalmente giustizia di questo colpo di stato globale che minaccia l’intera umanità.
Qual è stato l’impatto sui paesi cattolici, come l’Irlanda, dell’invasione di massa degli immigrati dai Paesi islamici? Questo afflusso di migrazioni incontrollate fa parte di un piano globalista strategico per sradicare il Cristianesimo? È questo il risultato di una perdita di fede? Il Vaticano II ha avuto un impatto sulla decristianizzazione dell’Europa? Perché Bergoglio dovrebbe sostenere la distruzione della cultura cristiana in Europa e altrove con frontiere aperte?
È in corso una lotta epocale tra Bene e Male, tra Dio e Satana, tra chi riconosce Cristo come Re e chi invece opera per l’instaurazione del regno dell’Anticristo. Questa lotta sta giungendo alla fase finale, ma è stata preparata da tempo, soprattutto da quando i nemici di Cristo si sono organizzati in un’anti-chiesa, ossia nella Massoneria, che è intrinsecamente anticattolica, perché anticristica e votata a Satana.
Lo scopo della Massoneria – e quindi del Nuovo Ordine Mondiale – è la cancellazione di Cristo mediante la cancellazione della società cristiana, della cultura cristiana, della civiltà cristiana e, ovviamente, della Religione cattolica. Satana non accetta la sconfitta inflittagli da Nostro Signore sul Golgota e, non potendo vincere Colui che lo ha già vinto per sempre, si rivale sugli uomini, cercando di trascinarne quanti più possibile all’Inferno.
Per cancellare la presenza di Cristo dalla vita di ciascuno di noi occorre agire su più fronti: quello pubblico e quello privato, quello della famiglia e quello dell’educazione, quello della cultura e dell’intrattenimento, della scienza e della finanza. Tutte le nostre azioni – che in una società cristiana sono orientate al Bene – devono dunque essere corrotte fino a rendere quasi impossibile a chiunque di compiere buone azioni, di seguire il Vangelo, di obbedire ai Comandamenti, di trasmettere i principi della nostra Fede e della nostra Morale.
Non si tratta solo di farci accettare come «legittimo» il fatto che altri possano «legittimamente» compiere il male – ad esempio con l’aborto – ma di far sentire ciascuno di noi in colpa perché si ostina a non voler compiere il male, a non voler considerare «diritto umano» fare a pezzi un innocente nel ventre materno o mutilare un adolescente con la transizione di genere. È la mentalità del Chi sono io per giudicare? che Bergoglio ha tradotto in principio morale fin dall’inizio del suo «pontificato».
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Per giungere a questa distruzione di ogni principio religioso occorreva però avere dalla propria parte i vertici della Gerarchia cattolica, in modo che la Chiesa di Roma – notoriamente antirivoluzionaria, antiliberale e antimassonica – diventasse alleata e complice di quelli che fino a ieri considerava i suoi più temibili nemici. Senza le condanne dei papi della Massoneria, del liberalismo, del materialismo ateo, del modernismo, la Chiesa poteva e doveva diventare – nel piano della Massoneria – non più la custode della Verità contro l’errore, ma la propagatrice dell’errore contro la Verità, usando la propria autorità spirituale per perdere le anime.
Il Concilio Vaticano II è servito esattamente a questo scopo: scardinare i principi tradizionali e insinuare nella Chiesa cattolica i principi rivoluzionari contro cui la Chiesa si era sempre strenuamente battuta. L’ecumenismo del Vaticano II ha posto le basi dottrinali all’immigrazionismo, perché questa era la necessaria premessa per legittimare l’invasione incontrollata dell’Europa da parte di orde di islamici, senza suscitare alcuna reazione nei popoli invasi.
I nostri governanti – civili e religiosi – ci hanno traditi, ordinandoci di accogliere coloro che a breve rappresenteranno la maggioranza della popolazione in età militare e che leggi sciagurate arruolano addirittura nelle nostre forze armate. Siamo davanti ad una sostituzione etnica imposta dall’élite eversiva dell’ONU e dell’Unione Europea: una islamizzazione forzata nella quale alcuni governi giungono a incarcerare i propri cittadini perché si lamentano del degrado e della criminalità importati dai nuovi barbari, e ad assolvere sistematicamente qualsiasi immigrato, a prescindere dalla gravità dei suoi delitti.
È evidente che in questo piano di distruzione sociale la complicità della chiesa bergogliana è stata determinante, e di questo egli dovrà rispondere dinanzi a Dio e al tribunale della storia.
Non solo. Gli islamici che vengono in Europa credendo di poterla sottomettere alla Sharia ignorano che vi è un terzo protagonista – che ben conosciamo – il quale provoca intenzionalmente uno scontro etnico e religioso tra Cristianità e Islam, perché una guerra civile e religiosa nei Paesi occidentali legittimi ulteriori restrizioni delle libertà fondamentali e permetta di vietare qualsiasi forma di culto esteriore, in nome del «reciproco rispetto».
Nella Sua lunga carriera di diplomatico del Vaticano, ha mai visto un papa denigrare pubblicamente un leader politico, come ha fatto Bergoglio, quando ha definito Trump «non cristiano» nel bel mezzo di una campagna politica? Crede che quella dichiarazione fosse parte di una strategia globalista per minare le elezioni di Trump o semplicemente un’opinione personale di Bergoglio?
Bergoglio ha dimostrato la propria totale alienità al papato Romano non solo negli aspetti dottrinali, morali e liturgici, ma anche in quelli più banali, dal modo in cui si vestiva al linguaggio che adottava. In Vaticano era noto per le sue scenate furiose e per le espressioni scurrili cui ricorreva. Ogni gesto di Bergoglio era pensato per suscitare imbarazzo e scandalo, per infrangere il protocollo, per creare un precedente a nuove e più gravi violazioni del cerimoniale.
Il suo parlare in modo apparentemente spontaneo gli serviva per togliere formalità – e quindi autorevolezza – alle dichiarazioni del papa e attribuirle a se stesso, in modo che non fosse il papa a parlare, ma lui. Allo stesso tempo, le enormità e gli spropositi che gli abbiamo sentito pronunciare – non ultimi gli attacchi nemmeno dissimulati al Presidente Trump – avevano sempre la «scusante» di non essere parte ufficiale dei documenti papali, così da far passare il messaggio senza doversene poi assumere pienamente la responsabilità.
Un parlare doppio che ripugna al cattolico e che dimostra ancora una volta che Bergoglio stesso considerava il proprio «papato» come una proprietà che egli si riteneva autorizzato a usare contro il papato cattolico.
Bergoglio ci è stato imposto come papa dell’élite, come capo dell’anti-chiesa globalista, e come tale egli ha sempre preteso obbedienza e sottomissione. È stato il predicatore dell’indifferentismo religioso, del relativismo morale, delle rivendicazioni pauperiste della «chiesa amazzonica», della lobby LGBTQ.
Quando Bergoglio apriva bocca, parlava il ventriloquo di Davos. Le sue condanne non sono condanne cattoliche, così come i suoi endorsement a dittatori, criminali, abortisti e pervertiti di ogni genere non rappresentano un’approvazione cattolica. Essere oggetto delle invettive di Bergoglio è dunque un motivo di vanto, e i cattolici americani lo hanno capito benissimo, votando per Trump nonostante la propaganda dei gesuiti, della USCCB [Conferenza Episcopale USA, ndr] e delle ONG sedicenti cattoliche.
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Qual è il modo migliore per gestire l’attuale crisi nella Chiesa cattolica creata dal tumultuoso regime di dodici anni di Jorge Bergoglio? Dato l’imminente Conclave, quali azioni dovrebbero intraprendere i Cardinali elettori per evitare di ripetere il regime di Bergoglio? Ha motivo di credere che una Mafia di San Gallo 2.0 manipolerà il Conclave per eleggere un candidato che continui la distruzione radicale sinodale della Chiesa cattolica?
Ciò che Bergoglio e i suoi complici sono riusciti a fare in questi dodici anni costituisce un disastro di proporzioni immani, anche se la distruzione dell’edificio cattolico è iniziata ben prima. Bergoglio ha portato alle estreme conseguenze i principi del Vaticano II: la sua «sinodalità» è la versione aggiornata della «collegialità episcopale» di Lumen Gentium. Per questo Bergoglio si è sempre orgogliosamente considerato un fedele esecutore del Concilio, dal momento che anch’esso – come Bergoglio – è riuscito ad imporsi «per via pastorale», ossia proprio nel momento in cui si dichiarava non dogmaticamente vincolante per i fedeli cattolici.
Il maggior danno che egli ha fatto è stato sotto il profilo delle nomine: tutta la Curia Romana e le Conferenze Episcopali sono infestate da suoi cortigiani, protetti dalla cricca di McCarrick e dai Gesuiti. Questa lobby eversiva ha gettato la maschera, e ciò ha aperto gli occhi a molte persone che non sono più disposte a ratificare le decisioni di un’autorità che non risponde né a Dio né al corpo ecclesiale.
Per risolvere la crisi presente occorre anzitutto indagare sulle interferenze nel Conclave del 2013, per appurare se l’elezione di Bergoglio è stata manipolata dal deep state americano e dalla Mafia di San Gallo. Se ciò fosse vero, Bergoglio non sarebbe mai stato papa e quindi gli attuali 136 Elettori scenderebbero a 28 (un numero superiore a quello indicato dal regolamento del Conclave), cioè solo quelli creati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.
La ritrovata legittimità canonica del Conclave darebbe maggiore autorevolezza al papa eletto, sul quale non graverebbe più il dubbio circa la sua nomina. Finché le ombre che pesano sulla legittimità di Bergoglio non saranno dissipate, il Conclave vedrà pregiudicata la propria autorità.
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Secondo Lei, qual è la grande minaccia che gli Stati Uniti devono oggi affrontare?
La più grave minaccia che incombe sugli Stati Uniti d’America è di non fare tesoro di quanto accaduto sinora. Che i cittadini non si rendano conto del pericolo che hanno scampato eleggendo Donald Trump e non Kamala Harris. Che il governo si lasci intimidire dalle lobby internazionali e ammorbidisca le riforme che invece sono indifferibili, ad iniziare dallo strapotere delle multinazionali soprattutto nei riguardi dei cittadini.
Non basta combattere le manifestazioni più folli dell’ideologia woke: occorre ricostruire, e ricostruire iniziando dalla famiglia, dalla morale, dalla Religione, dalla cultura. Occorre far ripartire un modello sociale a misura d’uomo, conforme al progetto di Dio e alla legge evangelica. E bisogna insegnare ai nostri figli a combattere e a morire per i diritti di Dio, prima che per i presunti diritti dell’uomo.
Dobbiamo imparare che è folle per l’uomo farsi dio, quando Dio si è fatto uomo e si è offerto per noi. Solo una Nazione che si riconosce under God può sperare di prosperare, perché tutto ciò che le serve viene da Dio e il Signore benedice sempre coloro che Lo temono e Lo servono.
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