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Geopolitica

I nazisti stanno davvero con Biden e l’Ucraina

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Il leader di un appariscente gruppo suprematista bianco ha dichiarato ai media statunitensi di sostenere l’attuale presidente americano Joe Biden rispetto al suo predecessore Donald Trump perché «manda razzi in Ucraina». Il video ha fatto il giro della rete, mentre la polizia americana minimizza affermando che il gruppo «sta cercando attenzione».

 

L’ex marine americano Christopher Pohlhaus, che online si autodefinisce «The Hammer» («il martello»), sabato ha guidato una marcia di diverse dozzine di membri della «Blood Tribe» («Tribù di sangue») nell’area di Orlando. Vestito di rosso e nero e sventolando striscioni con la svastica, il gruppo del Pohlhaus salutava il traffico con il braccio teso e gli immancabili «Heil Hitler», nonché le classiche serie di molteplici «Sieg Heil».

 

L’incontro, a cui ha partecipato anche una sigla che si presenta come Goym Defense League (Lega di difesa dei goym, parola ebraica che significa «non ebrei) ha attirato l’attenzione dei media locali, con il giornalista indipendente Brendan Gutenschwager che si è fermato per intervistare Pohlhaus. Nonostante il presidente Joe Biden abbia descritto la supremazia bianca come «la minaccia terroristica più letale in patria», Pohlhaus ha espresso sostegno al presidente democratico.

 

«Il mio voto è inutile» ha lamentato il Polhaus, per poi lasciare una contro intuiva dichiarazione: «penso che Biden sia migliore di Trump perché manda razzi in Ucraina. Salute all’Ucraina! Heil Azov!»

 

 

 

Con «Heil Azov», Pohlhaus si riferiva al Battaglione Azov, una milizia neonazista formalmente incorporata nella Guardia nazionale ucraina nel 2014 e distrutta dalle forze russe durante l’assedio di Mariupol l’anno scorso. Il Battaglione, come noto, combatte indossando uniformi adornate con simboli nazisti, tra cui la runa wolfsangel (uncino del lupo) e il «Sonnenrad», o Sole Nero, un segno della mistica più oscura delle SS.

 

Come riporato da Renovatio a 21, il mese scorso, un po’ a sorpresa, il presidente ucraino Zelens’kyj si è fatto vedere in video dal fronte, con Andrej Biletsky, il fondatore dell’Azov. Il battaglione, hanno sostenuto recentemente i russi, sarebbe stato addestrato da istruttori NATO nel 2021.

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Da notare come il filmato con la dichiarazione di voto del nazista sia praticamente sparito sia da Twitter che da YouTube. La versione che vedete qui sopra ha un taglio proprio nel momento in cui il tatuato con la svastica bercia il suo supporto a Biden e all’Ucraina armata di missili americani. (A questo link forse è ancora visibile)

 

Nel video, dietro al Pohlhaus era visibile Kent «Boneface» McClellan, un personaggio che avevamo già incontrato nel contesto della guerra ucraina. Estremista della Florida figlio del cantante del gruppo nazi-punk Brutal Attack, «Boneface» ha militato con il Battaglione Azov e altre milizie ucronaziste.

 

In un’intervista dell’anno scorso, McClellan aveva ammesso di essere stato in Donbass durante le atrocità, dicendo che ciò che aveva visto con il battaglione Tornado – compresa una scena di linciaggio di un uomo e una donna, ritenuti ebrei, finita in un video che i fact-checker per anni hanno definito falso – era  «di gran lunga la cosa più orribile che abbia mai visto o affrontato in vita mia».

 

Nel video Boneface esclama il saluto banderista «Slava Ukraini».

 

Molti commentatori online di destra hanno proclamato Pohlhaus un infiltrato dei federali, e la Blood Tribe un’operazione di trappola gestita dal governo.

 

L’organizzazione è attiva dal 2021 e si è presentata alle proteste più tradizionali della destra durante tutto quest’anno, ad esempio eseguendo il saluto nazista ad un evento evento «Drag Queen Story Hour» – appuntamenti in cui portano i bambini da transessuali che raccontano loro «favole», dove spesso arrivano a protestare gruppi di genitori – in Ohio a marzo. I conservatori che picchettano l’evento LGBTQ affermano che i neonazisti sono intervenuti per offuscare la loro immagine.

 

Secondo un articolo del Maine Wire, Pohlhaus è titolare di una proprietà nello stato con Fred Ramey, un ex attivista del Partito Democratico che ha fatto una campagna per l’attuale segretario ai trasporti omosessuale Pete Buttigieg quando si è candidato alla presidenza nel 2020. L’estremista avrebbe avuto accuse federali di droga contro di lui.

 

Le forze dell’ordine locali vedono i Blood Tribe come piantagrane in cerca di attenzione. «Sappiamo che questi gruppi manifestano in aree di alto profilo per agitare e incitare la gente con simboli e insulti antisemiti», ha affermato in una nota l’ufficio dello sceriffo della contea di Orange. «Stanno cercando attenzione, e in particolare l’attenzione dei media».

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Tuttavia, questo non è l’unico segno di nazismo esplicito uscito in settimana.

 

Petro Poroshenko, l’ex presidente dell’Ucraina, è stato fotografato mentre indossava sulla sua divisa militare un simbolo creato dai nazisti, durante un incontro con le truppe ucraine la scorsa settimana.

 

Il politico spesso mette in mostra nei suoi social media e nelle pubbliche relazioni forniture come droni quadricotteri, attrezzature domestiche o persino veicoli blindati, per sottolineare il suo contributo personale allo sforzo bellico contro la Russia.

 

Le immagini pubblicate sui suoi account sui social media sabato scorso lo mostrano mentre indossa una toppa militare con il Sonnenrad, più gettonato che mai in questi ultimi mesi.

 

 

La toppa sembra provenire dalla 36ª Brigata Marina delle Forze Armate ucraine. Una precedente foto dell’ex presidente lo mostrava mentre stringeva la mano a Valery Prozapas, membro del partito Solidarietà Europea di Poroshenko e capitano in servizio nella 36ª Brigata, che indossava uno stemma identico.

 

La 10ª Brigata d’assalto da montagna, che Poroshenko stava visitando mentre sfoggiava la toppa sulla spalla della giacca, si chiama «Edelweiss» dopo che Zelens’kyj ha formalmente assegnato la designazione all’unità a febbraio.

 

L’esercito ucraino nega che il nome abbia qualcosa a che fare con la 1ª divisione da montagna della Wehrmacht dell’era nazista, nota per i crimini di guerra commessi dalle sue truppe sul fronte orientale, e che utilizzava la stella alpina come insegna.

 

 

La prevalenza di simpatizzanti neonazisti tra le truppe ucraine dopo il colpo di stato del 2014 a Kiev è stata ampiamente documentata da ricercatori e stampa internazionale. Tuttavia, ciò è stato ampiamente ignorato dai media occidentali da quando sono scoppiate le ostilità tra Russia e Ucraina lo scorso anno.

 

A giugno, il New York Times aveva sostenuto che l’uso diffuso dell’iconografia nazista in Ucraina era una «questione spinosa», sottolineando che essa non riflette la vera ideologia di coloro che la esponevano.

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Fino a pochi mesi fa, mai nella vita avremo pensato di veder giustificati, e pure celebrati i simboli del nazismo. In Italia crediamo vi siano ragazzi che per bravate con simboli e saluti romani sono a processo da anni per la legge Mancino. Ora gli stessi giornali, gli stessi partiti che hanno creato ed alimentato per decenni il babau istituzionale del neonazismo, inneggiano a battaglioni neonazisti, dicendo che sono in realtà lettori di Kant, e poi pure li armano con il soldo del contribuente.

 

Lo sciacquo del nazi, la denazificazione virtuale, è qualcosa di impressionante, a cui, ammettiamo, non eravamo pronti.

 

Abbiamo visto articoli sull’effettiva cifra nazista di quei battaglioni ucraini sparire da internet.

 

Abbiamo visto Stepan Bandera, collaboratore di Hitler considerato genocida (anche dai polacchi, oltre che dagli ebrei), osannato al gay pride di Monaco di Baviera.

 

Abbiamo visto Luke Skywalker chattare con neonazi entusiasti.

 

Abbiamo visto un veterano ucronazista  premiato a Disneyworld, e una collega ancora più discussa premiata alla Casa Bianca.

 

Abbiamo visto il Battaglione Azov invocato da cori a Nuova York.

 

Abbiamo visto le bandiere ucraine, con quelle della NATO, alla marcia del 25 aprile a Milano.

 

Il mondo moderno, tuttavia, è meno follo di quanto pensiate: chi segue Renovatio 21 sa che Hitler, per la sua voglia di eugenetica e la sua volontà di disintegrare le opposizioni ritenute non riformabili (e, aggiungiamo, per i danari che ricevette da Wall Street), è in realtà il padre del mondo moderno, o meglio, un esperimento dei padroni del mondo, forse uscito un po’ dal seminato, o forse no.

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Geopolitica

Ancora botte dentro e fuori il Parlamento della Georgia. Ma la legge sugli «agenti stranieri» passa

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Mercoledì i deputati georgiani si sono scontrati in parlamento in vista della sessione plenaria in cui verrà deciso il destino di un controverso disegno di legge sugli «agenti stranieri» che ha scatenato violente proteste.   La legislazione, ufficialmente nota come disegno di legge «Sulla trasparenza dell’influenza straniera», è una nuova versione di un disegno di legge simile proposto lo scorso anno dal partito al potere K’art’uli Ots’neba, «Sogno Georgiano», che richiede alle organizzazioni e agli individui con più del 20% di finanziamenti esteri di registrarsi come «agenti stranieri» e rivelare i propri donatori.   Il disegno di legge è stato ripresentato in parlamento con piccole modifiche all’inizio del mese scorso, e da allora è stato approvato in due letture. L’opposizione considera la legislazione autoritaria e si oppone fermamente ad essa.

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Mercoledì un video pubblicato online dalla deputata dell’opposizione Salome Samadashvili mostrava diversi suoi colleghi che si afferravano e urlavano nella sala conferenze principale del parlamento. Non è chiaro cosa si sia detto esattamente durante l’alterco, ma si può sentire una voce che grida «istigatore!», secondo quanto riportato da RT.   La stessa Samadashvili non sembra aver preso parte all’alterco ma, secondo quanto riportato dai media, le è stato successivamente chiesto di lasciare la sessione plenaria.  

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Si tratta del secondo incidente questa settimana in cui le discussioni parlamentari sulla nuova legislazione sono diventate violente. Lunedì la deputata dell’opposizione Khatia Dekanoidze ha colpito con una bottiglia d’acqua Guram Macharashvili, un deputato del partito al governo.   Due settimane prima, in un’altra sessione dedicata al disegno di legge era scoppiata una rissa dopo che il deputato dell’opposizione Aleko Elisashvili aveva dato un pugno in faccia a Mamuka Mdinaradze, un forte sostenitore della legislazione.   La proposta di legge ha scatenato proteste di massa anche fuori dal parlamento. I filmati girati negli ultimi giorni mostrano manifestanti dell’opposizione che si scontrano con agenti di polizia, che vengono visti usare spray al peperoncino, gas lacrimogeni e idranti per disperdere la folla.   Gli stati occidentali, inclusi Stati Uniti e Unione Europea, hanno criticato la proposta di legge, sostenendo che complicherebbe il lavoro di molte ONG straniere nel paese. Bruxelles ha persino avvertito la Georgia, alla quale è stato recentemente concesso lo status di candidata all’UE, che l’adozione della legislazione potrebbe mettere a repentaglio la candidatura del paese all’adesione.   Tuttavia, la scorsa settimana il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha insistito sul fatto che il disegno di legge è una «condizione necessaria per andare avanti» nel percorso verso l’adesione all’UE perché renderebbe la Georgia più trasparente.   Ieri il Parlamento georgiano ha approvato la seconda lettura del disegno di legge. Il ministero della Sanità georgiano, in un bollettino citato dai media georgiani, ha detto che 11 persone, tra cui sei agenti di polizia, hanno ricevuto cure ospedaliere dopo gli scontri seguiti all’approvazione del disegno di legge.  

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Il vice ministro dell’Interno Aleksandre Darakhvelidze, citato dai media georgiani, ha affermato che i manifestanti hanno tentato di entrare in parlamento utilizzando vari oggetti e hanno attaccato i poliziotti. Darakhvelidze ha detto che l’azione della polizia martedì ha provocato 63 arresti e il ferimento di sei agenti di polizia.   La Georgia ad inizio degli anni 2000 è stata teatro di una «rivoluzione colorata», la cosiddetta «rivoluzione delle rose», guidata da Mikheil Saakashvili, personaggio politico ora in carcere, dopo essere fuggito in Ucraina dove il presidente Poroshenko lo aveva fatto governatore dell‘oblast’ di Odessa.   Secondo quanto riportato, all’epoca l’Open Society Institute (OSI), finanziato da George Soros, sosteneva Mikheil Saakashvili e una rete di organizzazioni filo-democratiche. L’OSI ha inoltre pagato un certo numero di studenti attivisti affinché andassero in Serbia e imparassero dai serbi che avevano contribuito a rovesciare Slobodan Milosevic nel 2000.I promotori della democrazia occidentale hanno anche diffuso sondaggi di opinione pubblica e analizzato i dati elettorali in tutta la Georgia.   Una significativa fonte di finanziamento per la Rivoluzione delle Rose fu quindi la rete di fondazioni e ONG associate al finanziere miliardario ungherese-americano George Soros. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie riporta il caso di un ex parlamentare georgiano che ha sostenuto che nei tre mesi precedenti la Rivoluzione delle Rose, «Soros ha speso 42 milioni di dollari per rovesciare Shevardnadze».   «Queste istituzioni sono state la culla della democratizzazione, in particolare la Fondazione Soros… tutte le ONG che gravitano attorno alla Fondazione Soros hanno innegabilmente portato avanti la rivoluzione. Tuttavia, non si può concludere la propria analisi solo con la rivoluzione e si vede chiaramente che, in seguito, la Fondazione Soros e le ONG sono state integrate al potere» ha dichiarato alla rivista dell’Istituto Francese per la Geopolitica Herodote l’ex ministro degli Esteri Salomé Zourabichvili, ora presidente della Georgia.  

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Geopolitica

I palestinesi cacciano via l’ambasciatore tedesco

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L’ambasciatore tedesco presso l’Autorità Palestinese è stato braccato da una folla inferocita e costretto a fuggire durante una visita all’Università di Birzeit in Cisgiordania. Lo riporta RT.

 

I media riferiscono che gli studenti hanno preso di mira il diplomatico a causa del sostegno del suo paese a Israele nella guerra contro Hamas.

 

Un video dell’incidente pubblicato sui social media mostra l’ambasciatore Oliver Owcza che cammina velocemente verso il suo veicolo mentre i manifestanti lo seguono e lo disturbano martedì. Un’altra clip mostra una folla che circonda e prende a calci l’auto di Owcza, strappa uno specchietto laterale e lancia oggetti mentre si allontana.

 

Owcza faceva parte di un gruppo di inviati europei che sono stati «attaccati» mentre partecipavano a un incontro al Museo Nazionale Palestinese, situato nel campus dell’Università Birzeit a nord di Ramallah, secondo il Jerusalem Post. Diversi veicoli del corteo degli ambasciatori sono rimasti danneggiati, compreso almeno uno con il finestrino posteriore rotto.

 

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Un diplomatico ha detto a Reuters che una folla è apparsa fuori dall’incontro, chiedendo che gli inviati se ne andassero, e che i tentativi di parlare con i manifestanti non hanno avuto successo e che i visitatori sono dovuti fuggire. Nessuno è rimasto ferito o minacciato gravemente, ha aggiunto.

 

La Germania ha storicamente sostenuto Israele politicamente e militarmente. L’esercito israeliano acquista gran parte dei suoi armamenti da Berlino, scrive RT. Tuttavia, i leader tedeschi sono stati critici nei confronti delle politiche israeliane e hanno donato oltre 1 miliardo di euro (1,07 miliardi di dollari) in aiuti all’Autorità Palestinese, sostenendo i diritti dei palestinesi e hanno spinto per un accordo di pace a due Stati.

 

Amr Kayed, uno studente dell’Università di Birzeit, avrebbe affermato che i diplomatici dell’UE sono stati costretti ad andarsene perché «chiunque sia complice del genocidio e dell’offensiva su Gaza» non è il benvenuto a scuola.

 

L’ambasciatore Owcza ha minimizzato l’incidente, affermando in un post su X (ex Twitter) che Jla protesta pacifica e il dialogo hanno sempre il loro posto» e aggiungendo che «ci rammarichiamo che l’incontro di oggi dei capi missione dell’UE presso il Museo Nazionale di Birzeit sia stato indebitamente interrotto dai manifestanti. Ciononostante, rimaniamo impegnati a lavorare in modo costruttivo con i nostri partner palestinesi».

 

Come riportato da Renovatio 21, ad inizio mese il Nicaragua ha portato la Germania davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.

 

La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».

 

La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».

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Dopo l’incidente d’auto, il ministro israeliano Ben Gvir si è già ripreso e minaccia di far cascare Netanyahu se non entra a Rafah

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Quattro giorni fa il veicolo del ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, è stato coinvolto in un incidente stradale nella città di Ramla. Le prime immagini dell’accaduto sono circolate su Internet attraverso un video che segue. Secondo le informazioni disponibili, sembra che il leader del partito ultrasionista Otzma Yehudit sia stato trasportato in ospedale immediatamente dopo l’incidente.   Testimoni oculari hanno riferito che il ministro è passato con un semaforo rosso, mentre la polizia ha dichiarato che due veicoli sono coinvolti nella collisione e che tre persone, insieme a Ben Gvir, sono state portate in ospedale con ferite lievi. Le immagini dell’incidente mostrano il veicolo ufficiale del ministro ribaltato, mentre un’altra auto ha subito danni alla parte anteriore. Le autorità stanno lavorando per determinare la causa dell’incidente.   Il reporter del canale 12, Amit Segal, ha raccontato di un testimone che ha visto il veicolo di Ben Gvir passare con il semaforo rosso. Segal ha anche riportato che negli ultimi mesi il veicolo ufficiale del ministro ha commesso diverse violazioni del codice della strada.  

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Come riportato da Renovatio 21, il sionismo oltranzista del Ben Gvir è di tale intensità da spingerlo addirittura ad attaccare Washington, dichiarando che Israele «non è un’altra stella sulla bandiera americana». Una frase che risulta inaudita per i rapporti tra lo Stato Ebraico e la superpotenza sua protettrice.   Le speculazioni su un possibile attentato si spengono presto davanti allo stuolo di precedenti che ha il caso. Lo scorso agosto, il Ben Gvir era stato coinvolto in un altro incidente dovuto alla violazione di un semaforo mentre si dirigeva verso un’intervista. I media israeliani hanno anche riferito che il ministro avrebbe dato istruzioni al suo autista per violare regolarmente le norme del traffico.   Secondo quanto riportato, tuttavia, la polizia israeliana non gli avrebbe fatto la multa.   Ad ogni modo, nonostante l’ulteriore terrificante incidente, il ministro, dopo due giorni di convalescenza all’ospedale Hadassah pare tornato in sé con grande velocità, con tweet molto eloquenti riguardo la tenuta del governo Netanyahu.   Per esempio, il nostro ripete, commentando con la parola «promemoria», un tweet dello scorso gennaio: «Accordo promiscuo = scioglimento del governo».     L’Itamar, dimesso, ha già chiesto ed ottenuto un incontro con il premier Netanyahu in cui ha preteso l’invasione di Rafah.  

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«Ho terminato un incontro con il Primo Ministro su mia richiesta» dice il ministro Ben Gvirro nel video pubblicato su X. «Ho avvertito il Primo Ministro se Dio non voglia che Israele non entri a Rafah, se Dio non voglia che finiamo la guerra, se Dio non voglia che ci sarà un accordo promiscuo».   La richiesta, pura è semplice, è per la continuazione della guerra che altrove definiscono, con sempre maggiore frequenza, «genocidio».   «Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» dichiara il ministro sionista, che sembra alludere ancora una volta la sua capacità di far cascare l’esecutivo retto dal Bibi. «Accolgo con favore queste cose. Penso che il Primo Ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero».   A marzo il Ben Gvir aveva sollecitato il ministro della Difesa Yoav Gallant a dichiarare guerra al Libano. «Gallant, l’esercito è sotto la tua responsabilità, cosa stai aspettando? Più di 100 razzi sono stati lanciati contro lo Stato di Israele e tu stai seduto in silenzio?» aveva detto in un video condiviso sul suo account sui social media. Ben-Gvir esortava ad attaccare il Libano, dicendo, come riporta il canale di Stato turco TRT: «cominciamo a rispondere, ad attaccare e a combattere ora».   Il ministro Itamar Ben Gvir appartiene al partito sionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») è associato al movimento erede del partito Kach, poi dissolto da leggi anti-terroriste varate dal governo Rabin nel 1994, fondato dal rabbino americano Mehir Kahane.   Kach è nella lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche di USA, Canada e, fino al 2010, su quella del Consiglio dell’Unione Europea. Il Kahane fu assassinato in un vicolo di Nuova York nel 1990, tuttavia le sue idee permangono nel sionismo politico, in primis l’idea di per cui tutti gli arabi devono lasciare Eretz Israel, la Terra di Israele.   Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.   Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».   Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.   Il messianismo sionista si basa sulla teoria apocalittica del Terzo Tempio, che ha diversi sostenitori anche nel protestantesimo americano.   Tali idee religiose sulla fine del mondo sono riaffiorate poche settimane fa quando un gruppo sionista ha domandato di portare sulla spianata delle Moschee – cioè il Monte del Tempio degli ebrei – una giovenca rossa, che, sacrificata come prescritto nei Libro dei numeri, darebbe ceneri con cui purificare i rabbini necessari ai riti per la venuta del messia degli ebrei, che per i cristiani, secondo varie vulgate, sarebbe esattamente l’anticristo.   Come riportato da Renovatio 21, anche la settimana scorsa alcuni giovani ebrei sono stati arrestati mentre tentavano di trafugare sul Monte del tempio alcuni capretti da offrire in sacrificio, un atto che è sia una provocazione nei confronti dei palestinesi musulmani, sia un procedimento inserito all’interno di un sistema di riti apocalittici.

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