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Sole nero: l’assassino di New York utilizza lo stesso simbolo nazista del Battaglione Azov

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L’adolescente di 18 anni, che sabato scorso ha ucciso 10 persone in una sparatoria in un supermercato nella città americana di Buffalo (Stato di New York), aveva pubblicato prima del crimine un documento che presentava il simbolo del Sonnenrad, anche detto Sole Nero, simbolo esoterico impiegato nell’esercito nazista Germania e poi dai neonazisti, compreso il battaglione ucraino Azov.

 

Il simbolo del simbolo del Sole Nero, scrive l’esperto Nicholas Goodrick-Clarke nei suoi testi sull’argomento, costituisce un «disegno unico della ruota solare SS» realizzata come «un disco nero circondato da dodici rune Sig radiali». Le rune Sig sono quelle a forma di lampo comunemente utilizzate dal corpo delle SS per significare la sua sigla.

 

Tale simbolo occulto apparve per la prima volta nella Germania nazista come mosaico nel castello di Wewelsburg, che fu ampliato e riprogettato dal capo delle SS Heinrich Himmler, che intendeva farne una sorta di centro per la mistica del III Reich propria delle del corpo militare con le mostrine runiche.

 

 

Secondo alcuni, il Sonnenrad sarebbe dovuto diventare un sostituto della svastica.

 

Il Sole Nero è ampiamente utilizzato dai neonazisti in tutto il mondo.

 

Il battaglione ucraino Azov ha utilizzato il simbolo come parte del suo emblema ufficiale nel 2014-2015 ed è ancora indossato da alcuni combattenti come insegna.

 

 

La giornalista Lara Logan ne ha parlato in una sua tirata contro le menzogne raccontate sulla guerra ucraina e sulle origini storiche del nazismo ucraino.

 

 

«Vedi la disonestà quando si tratta del battaglione Azov, che è finanziato dagli Stati Uniti e dalla NATO. Puoi trovare le loro foto online con in mano la bandiera della NATO e la svastica, E questo allo stesso tempo, indossano un emblema che contiene il sole nero dell’occulto, che era un emblema delle SS naziste. E contiene anche simboli come il lampo delle SS. Questo è presente in tutto l’esercito ucraino» ha tuonato l’ex spericolata inviata di guerra di origine sudafricana.

 

Tuttavia, ci aspettiamo qualche giornalista che ora venga a dirci che si tratta di «un antico simbolo paneuropeo» che sta a significare l’amore perenne per la propria patria nata neanche 30 anni fa.

 

 

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Immagine dell’evoluzione degli Emblemi di Azov di Kraftwerkvs via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

Immagine dell’interno di Wewelsburg via Wikimedia pubblicata su licenza Pubblico Dominio CC0.

Immagine principale da Twitter

 

 

 

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Pensiero

Incontro Putin-Xi, quelle strane mascherine della delegazione cinese

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È stato uno di quegli incontri che avvengono una volta ogni secolo, ha detto Xi Jinping salutando Vladimir Putin dopo l’incontro di Mosca di inizio settimana. Per una volta, Xi ha ragione. La portata storica  del vertice fuori discussione. Si è trattato di un movimento tettonico che investe l’intero equilibrio del pianeta. La Russia e la Cina sono state portata ad avvicinarsi ancora di più, l’interdipendenza diverrà sempre più fitta, la cooperazione, anche militare, continua. L’Eurasia – l’incubo di ogni pensiero strategico americano –  stringe le sue maglie, e proprio a causa della follia di Washington.

 

Il mondo multipolare di cui si parla da anni – per lo meno da quanto Putin cominciò a risolvere la faccenda siriana senza Obama, che, capito come buttava, si offese pure molto – emette il suo primo vagito, con la costruzione di un blocco economicamente e termonuclearmente alternativo a quello occidentale.

 

È l’alba del nuovo mondo. Un ordine mondiale estraneo alla piramide occhiuta del dollaro e dei suoi vampiri.

 

Tuttavia, ad una certa, la musichetta epica in sottofondo crolla. In realtà, casca un po’ tutto. Scende la catena. In maniera pure significativa. Stiamo guardando le foto ufficiali dell’incontro.

 

Scusate, ma cosa sono quelle mascherine della delegazione cinese?

 

 

Eccotele lì, incredibili, inguardabili, inspiegabili, legate alle facce dei cinesi (più, per qualche motivo, qualche assistente russo a caso).

 

La delegazione di Pechino pare indossare, dentro al Cremlino ma pure fuori, mascherine FFP2 brandizzate con la bandiera della Repubblica Popolare. Il timoniere no: il presidente Xi, quasi fosse ad una festa di Bruno Vespa, viaggia tranquillo smascherato. I suoi sottoposti, invece, sono tutti – tutti – a respirare dietro l’apparato anti-contagio che abbiamo imparato a detestare con ogni fibra del nostro essere.

 

 

Le fotografie sono impietose. Eccoti Lavrov e Shoigu, eccoti Medvedev che ride sornione, ecco ogni membro del personale russo senza il dispositivo facciale.

 

Ma cosa stanno facendo? Non si rendono conto che gli ospiti russi potrebbero offendersi? Ricordano che Macron, in visita a Putin nei giorni in cui partiva il conflitto ucraino, fece notizia rifiutando il PCR per non lasciare a Mosca tracce del suo DNA? Ricordano le balle (immancabilmente di origine britannica, in genere) sullo stato della salute mentale di Putin, che sarebbe impazzito a causa del lockdown (ah, allora fa male… ?), e di lì il tavolo lunghissimo con cui riceveva gli altri capi di Stato?

 

 

Non capiamo: ma era una cosa, magari, pattuita fra le parti? Non può che essere così. Ma cosa si sono detti? I pechinesi hanno annunziato ai russi «noi veniamo con le mascherine, eh… quindi per favore regolatevi anche voi, le strette di mano le faremo con il palmo già bagnato con l’amuchina che teniamo strategicamente in tasca».

 

Chiedo ai lettori: ma che sensazione vi fa quando vedere, oggi, uno con la mascherina al supermercato? Quando vedete uno che guida con la mascherina, magari pure da solo? Ecco sì, una sensazione, come dire, di ritardo. Abbiamo quindi una diplomazia cinese ritardata?

 

La realtà è che Xi aveva giocato tutto sulla follia dello zero-COVID, chiudendo megalopoli da diecine di milioni di abitanti in inferni senza uscita. È durata fino a che non ci sono state quelle proteste che lasciavano pensare che potesse ripartire una nuova Tian’an Men – solo che stavolta in tante città cinesi. Qualcuno dice che il merito è stato dei mondiali, quando in mondovisione andavano le immagini degli stadi qatarioti dove nessuno aveva la mascherina.

 

 

Allora, è un messaggio politico? È un modo per coprirsi il sedere con la popolazione? Può darsi: ma ciò significa, ad ogni modo, che il Partito Comunista Cinese intende andare avanti con la grande baracca del COVID e delle sue menzogne, come ha fatto, del resto, per tutto il 2022, quando il resto del mondo stava pian piano riaprendo (e la Cina, invece, nel 2020, ci teneva a far vedere le immagini della nightlife di Wuhano e dei mega-concerti in piscina). Non è un caso che, a quanto sembra, in questi giorni Pechino festeggi il fatto che sì, anche loro ora hanno il loro vaccino mRNA da iniettare in miliardi di dosi al popolo. Detto tutto.

 

Il COVID serve ancora a Xi e alla sua banda: perché, lo sapete, esso altro non è se non una prova di potere, uno strumento per estendere la presa di chi comanda sulla popolazione tutta. Posso sigillarti in casa, separarti da tuo figlio, ucciderti il cane, piazzarti in un campo di concentramento: se non reagisci, sai quante altre cose posso farti? Se ti ribelli, dice il potere, significa che non sei il mio schiavo: e la società che prevedo per te è solo quella della schiavitù.  Quindi: sottomettiti, e indossa i segni visibili della tua sottomissione.

 

La società del controllo cinese, oramai affinatasi tramite la tecnologia pervasiva del biototalitarismo e del credito sociale, ha bisogno, quindi, delle mascherine, del COVID e di tutte le menzogne possibili – avete letto su Renovatio 21, in Cina la settimana scorsa si è cominciato a parlare di lockdown perfino per l’influenza.

 

E tutto questo, come sapete, non è solo un fenomeno per il Dragone: è un modello, pronto ad essere esportato in maniera definitiva in tutto il mondo, anche e soprattutto in Europa, dove il green pass prima e l’euro digitale poi ci prepareranno anche allo straripare di piattaforme di credito sociale, face recognition, e tutto il panopticon biosecuritario che abbiamo tante volte descritto su Renovatio 21.

 

Ecco perché la cooperazione tra la Russia e la Cina non ci scalda il cuore. Perché la Russia è la terra dove lo Spirito si è rigenerato, mentre la Cina, che uccide centinaia milioni di bambini con gli aborti forzati per poi cominciare a creare esseri umani con l’ingegneria genetica, è il Frankenstein dei padroni del vapore occidentale che ci ha devastato con le delocalizzazioni e il dumping fino a disintegrare la nostra economia manifatturiera.

 

C’è solo una cooperazione internazionale che voglio ricordare con simpatia e con tanta nostalgia. Questa.

 

 

Questo meme, che piazzava Vladimir e Donald dentro Paura e delirio a Las Vegas, era uscito l’indomani dell’incredibile, indimenticabile vittoria di Trump alle lezioni del 2016. Come avrebbero poi fatto vedere tutte le TV antitrumpiane d’America, cioè tutte le TV, la cosa fu parecchio festeggiata in Russia. E non solo lì. Concretamente, pochi mesi dopo l’ISIS praticamente sparì. Una nuova era sembrava calata sul mondo, un’inaspettata era di pace, di prospettive di sviluppo, di prosperità per tutti, e mai più guerre, mai più terrorismo – o quantomeno, il meno possibile.

 

E invece: avvelenarono, con l’architettura di infami fake news chiamata Russiagate, qualsiasi relazione tra l’amministrazione Trump e il Cremlino, poi, siccome non bastava, truccarono le elezioni per mettere al potere un vecchio tecnicamente demente con cui procedere alla guerra alla Russia, sempiterno fine metafisico dei demoni dello Stato profondo USA, sia che si tratti di URSS o di Putin. La Madonna di Fatima chiedeva la conversione della Russia, i diavoli americani vogliono invece la sua distruzione.

 

Ricordando pure che Biden, quello dei e delle mascherine vaccini obbligatori, quello che istituisce il sistema di censura globale che ha distrutto anche il vostro account sui social (che lo sappiate o no), è considerato da molti un pupazzo di Pechino, corrotto e ricattabile a piacere grazie al figlio Hunter e neanche solo lui. I cinesi mica ne fanno mistero.

 

Avete capito, insomma, che qualcosa, nelle foto storiche dei patti sino-russi di Mosca, proprio non ci torna. Non ci va giù.

 

Ridateci The Donald. Sarà difficilissima. Ma noi preghiamo per quello: vogliamo la Russia con noi, non con la Cina. Perché, lo sapete, ne abbiamo bisogno: per lo Spirito, prima che per il gas.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

 

 

 

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Arte

Ode all’equinozio di primavera

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Oggi, 21 marzo, è il giorno dell’equinozio.

 

Tecnicamente, significa che la rivoluzione ha portato il sole allo zenit rispetto all’equatore.  Tecnicamente, questo momento è stato raggiunto ieri, 20 marzo, alle ore 22:24.

 

Questo è il giorno in cui il giorno è in equilibrio con la notte. Questo è il giorno in cui inizia la primavera – il momento di rinnovamento, di rigenerazione della vita. Anche se il mondo moderno non vi fa più caso, l’importanza di questo giorno è conosciuta, e misteriosamente tramandata, nei millenni della storia umana.

 

Come ad ogni equinozio, Renovatio 21 vuole scrivere qualcosa. O meglio, lasciare la parola a quei pochi che hanno voluto, nel corso della storia, significare sulla cara la meraviglia di questo momento.

 

Questa poesia si chiama proprio L’Equinozio di PrimaveraThe Spring Equinox»). L’autrice è Anne Ridler (1912-2001), poetessa inglese che aveva lavorato con T.S. Eliot. Questi versi sono stati scritti alla fine degli anni Trenta.

 

Concediamoci questo momento di meditazione estetica. Concediamoci questa «pausa tra il sonno e la veglia».

 

Sospendiamoci in questa metafisica del passaggio, quando «il sole oscilla sulla linea equinoziale», e la nostra anima può permettersi per un attimo di concepire la bellezza del creato e dei suoi cicli.

 

 

Now is the pause between asleep and awake: Two seasons take

A colour and quality each from each as yet.

The new stage-set

Spandril, column and fan of spring is raised against the

winter backdrop.

Murrey and soft;

Now aloft

The sun swings on the equinoctial line.

Few flowers yet shine:

The hellebore hangs a clear green bell and opulent leaves

above dark mould;

The light is cold

In arum leaves, and a primrose flickers

Here and there; the first cool bird-song flickers in the thicket.

Clouds arc pale as the pollen from sallows;

March fallows are white with lime like frost.

 

This is the pause between asleep and awake:

The pause of contemplation and of piece,

Before the earth must teem and the heart ache.

This is the child’s pause, before it sees

That the choice of one way has denied the other;

Must choose the either, or both, of to care and not to care;

Before the light or darkness shall discover

Irreparable loss; before it must take

Blame for the creature caught in the necessary snare:

Receiving a profit, before it holds a share.

 

Ora è la pausa tra il sonno e la veglia: due stagioni prendono

ancora un colore e una qualità ciascuna da ciascuna.

Sullo sfondo invernale si erge

la nuova scenografia con pennacchio, colonna e ventaglio di primavera.

fulva e morbida; Ora in alto

Il sole oscilla sulla linea equinoziale.

Pochi fiori brillano ancora:

l’elleboro pende un chiaro campanello verde e foglie opulente

sopra la muffa scura;

La luce è fredda

nelle foglie di arum, e una primula guizza qua e là;

il primo fresco canto degli uccelli guizza nella boscaglia.

Le nuvole sono pallide come il polline dei salici;

I maggesi di marzo sono bianchi di calce come il gelo.







Questa è la pausa tra il sonno ela veglia:

la pausa della contemplazione e del silenzio,

prima che la terra brulichi e il cuore soffra.

Questa è la pausa del bambino, prima che veda

che la scelta di un modo ha negato l’altro;

Deve scegliere l’uno o l’altro,

o entrambi, di preoccuparsi e non preoccuparsi;

Prima che la luce o l’oscurità scoprano

una perdita irreparabile; prima che debba prendersi 

La colpa per la creatura presa nella trappola necessaria:

ricevere un profitto, prima che detenga una quota

 

 

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Pensiero

L’arresto di Trump può portare alla pace mondiale?

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Donald Trump potrebbe essere arrestato questo martedì. Dopo alcune voci trapelate ai media, lo ha dichiarato lui stesso sul suo social Truth.

 

L’ex presidente Donald Trump ha annunciato sabato che si aspetta di essere arrestato da un procuratore distrettuale di Nuova York la prossima settimana e ha invitato i suoi sostenitori a sollevarsi in protesta.

 

«Fughe di notizie illegali da un ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan corrotto e altamente politico, che ha permesso di stabilire nuovi record di crimini violenti e il cui leader è finanziato da George Soros, indicano che, senza che nessun crimine possa essere provato, e sulla base di un vecchia e completamente sfatata (da numerosi altri pubblici ministeri) favola, il candidato repubblicano di gran lunga leader ed ex presidente degli Stati Uniti d’America, sarà ARRESTATO martedì della prossima settimana», ha scritto Trump, tutto in caratteri maiuscoli.

 

L’ex presidente sarebbe incriminato per questioni legate ad un presunto pagamento per il silenzio – in America lo chiamano hush money – alla pornostar Stormy Daniels, con la quale avrebbe passato una nottata molti anni fa. Il cavillo starebbe nel fatto che quello potrebbe essere danaro elettorale.

 

Il riferimento a George Soros nel messaggio di Trump riguarda una dinamica sconosciuta in Italia, dove il finanziere magiaro è noto più che altro per gli aiuti alle ONG dell’immigrazione e per la megaspeculazione che distrusse la lira italiana nel 1992. In America George Soros ha implementato in questi anni una tecnica nuova: sostiene i candidati procuratori, così da modificare completamente gli equilibri cittadini (i criminali vengono messi subito in libertà, talvolta anche senza cauzione, ritenuta ora «razzista»).

 

La notizia dell’arresto di un ex presidente non ha precedenti nella storia americana. Ne ha, tuttavia, in quella dei Paesi del Terzo Mondo. Trump lo ha notato nel proseguo del suo messaggio.

 

«La nostra nazione ora è il terzo mondo e sta morendo. Il sogno americano è morto! Gli anarchici di sinistra radicale hanno rubato le nostre elezioni presidenziali e, con esse, il cuore del nostro Paese. I patrioti americani vengono arrestati e tenuti in cattività come animali, mentre criminali e teppisti di sinistra possono vagare per le strade, uccidendo e bruciando senza punizione. Milioni di persone stanno invadendo i nostri confini aperti, molti provenienti da carceri e istituti psichiatrici. La criminalità e l’inflazione stanno distruggendo il nostro stesso stile di vita».

 

L’effetto, al momento, è stato quello di ricompattare il Partito Repubblicano attorno a Trump, che affronta la sfida impegnativa da parte della candidatura del posato, e amatissimo, governatore della Florida Ron De Santis. La destra americana istituzionale ora parla di Banana Republic e si trova giustificata nel farlo da questo inedito assoluto di un ex presidente messo in manette. La simpatia va comunque al di là del partito. Elon Musk ha scritto che se Trump verrà arrestato vincerà le prossime elezioni con una valanga di voti.

 

Si specula in rete su quali possano essere i motivi di una mossa del genere. I democratici vogliono creare un diversivo – un’arma di distrazione di massa – così da distogliere l’attenzione del popolo dal collasso bancario che sta travolgendo le piccole banche americane, in attesa che si possano contagiare le grandi? Vogliono essere liberi di salvare con i soldi dei contribuenti gli istituti amici?

 

Oppure si tratta del problema di Biden? Il Partito Repubblicano ha appena rivelato un’ulteriore tassello nella saga della corruzione del clan Biden: milionate dai cinesi (quelli con cui Washington ora minaccia la guerra per Taiwan… ma a cui ha di fatto lasciato l’Afghanistan e i suoi trilioni minerari) sarebbero finite anche a Hallei Biden, la vedova di Beau Biden, il figlio morto di Joe, la quale ha pensato bene, in una squallida soap opera di terz’ordine, di mettersi con il cognato drogato e depravato, Hunter Biden.

 

Sui media il nuovo scandalo di estrema corruzione dei Biden non attacca, ma sempre più in realtà cominciano a scoprirlo (non i lettori di Renovatio 21, che ne sono informati da anni e anni, anche e soprattutto riguardo  le trame cinesi dei Biden, che passa per barili di petrolio delle riserve USA venduti stranamente ora a Pechino e pericolose centrali nucleari cinesi in cui ha investito Biden jr.).

 

E quindi, di cosa si tratta davvero? Non abbiamo certezza. Ma ci sono voci che girano che sono allucinanti – o incoraggianti, non sappiamo bene dire. Secondo Alex Jones, che cita fonti che è facile credere che abbia, Trump sarebbe già in contatto con la procura di Manhattan per costituirsi martedì. Perché mai dovrebbe farlo?

 

Trump è un uomo di spettacolo, e quindi ha ben presente la teatralità e il significato di tutto il processo mediatico-giudiziario: ti mettono le manette, ti leggono i tuoi diritti (come nei film, sì), ti portano dentro per prenderti le impronte digitali… in America vi è inoltre l’abitudine della perp walk: le forze dell’ordine fanno sfilare in luogo pubblico l’accusato ammanettato, portato via da orde di agenti armati, mentre telecamere e obiettivi fotografici riprendono tutto, tra giornalisti che urlano domande e popolani che urlano e basta. Curiosamente, la pratica fu popolarizzata negli Ottanta da un famoso procurato di Nuova York, Rudolph Giuliani, che poi diverrà avvocato di Trump (e tra i primi depositari del laptop dall’inferno di Hunter Biden).

 

Donald sta allora cercando di spettacolizzare il suo arresto? Lo fa per motivi elettorali – la persecuzione potrebbe sbaragliare chiunque alle primarie – o ha in mente altro?

 

«Protestate, riprendetevi la nostra Nazione!» scriveva Trump in chiusura del messaggio. È un messaggio particolarmente rilevante: perché l’ultima volta che lo ha detto, è finito nei guai, accusato di aver fomentato il J6, ossia la protesta del 6 gennaio 2021 al Campidoglio di Washington. Anche qui, c’è una sfumatura da considerare: come riportato da Renovatio 21, la narrativa ufficiale sugli eventi di Capitol Hill – quella dei democratici – sta crollando sotto l’esposizione dei video di sorveglianza, finora incredibilmente secretati, che mostrano la polizia aiutare i manifestanti, i quali dentro al Palazzo si comportano pacificamente. Il fatto che nella massa vi fosse una grande quantità di agenti FBI è oramai indiscutibile verità pubblica accettata dalle stesse testate dell’establishment.

 

Trump sta chiedendo un’altra sollevazione popolare, questa volta in tutto il Paese?

 

Qui sta, in verità, la chiave di volta non solo per la politica americana, ma per il destino del pianeta. Non crediamo di esagerare.

 

Il mondo non è mai stato così vicino alla guerra termonucleare, nemmeno a Cuba con Kennedy e Krushev (che, da uomini, risolsero la cosa), nemmeno durante tutta la Guerra Fredda. Questo sta a significare che il problema, per lo Stato profondo di Washington, non è mai stato il comunismo… è, forse, l’odio totale per la Russia e per l’Europa, è l’odio per la vita e per la Civiltà, è l’hybris distruttiva che possiede le menti di chi dispone segretamente di tanto potere. Non abbiamo dubbi a dire che questa pulsione è una pulsione demoniaca.

 

Trump in questi giorni si è scagliato, e a più riprese, contro l’apparato militare e diplomatico statunitense, facendo nomi e cognomi (i neocon e Victoria Nuland), annunciando la sua cancellazione in caso di vittoria elettorale.

 

Ha detto pure che con lui al potere la guerra non sarebbe mai iniziata, e che lui sarebbe in grado di risolverla in 24 ore. Gli crediamo. E per un semplice motivo: come ha rivendicato lui stesso, è di fatto uno degli unici presidenti USA che non ha iniziato guerre nel suo mandato.

 

Ora, una crisi della politica interna americana, esacerbata dall’arresto e magari perfino dall’imprigionamento dell’idolo di milioni di americani working e middle-class oramai disgustati irreversibilmente dalle élite e dal sistema, non potrebbe che togliere la pressione USA sull’Ucraina. E di qui, si arriverebbe subito alla fine della guerra: perché abbiamo imparato che sono gli angloamericani a non volere la pace, come dimostrato dalla visita di Boris Johnson ad aprile 2022, quando pareva che Mosca e Kiev avessero trovato l’accordo, per far saltare tutto.

 

Lo scenario di caos in America può andare dalla protesta pacifica (come il J6) alla vera guerra civile, la Seconda Guerra Civile americana tanto annunciata in questi anni praticamente da politiciinvestitori, utenti social e dagli stessi interessati Trump e Biden. La società è polarizzata in modo inguaribile, le posizioni – su ogni argomento, e pensate solo alla questione dell’aborto alla Corte Suprema – sono inconciliabili. In America convivono due tribù antropologicamente opposte. Gli hutu e i tutsi del Ruanda nel 1994.

 

Non che l’amministrazione non abbia fatto le debite preparazioni: appena iniziata l’era Biden era cominciata la conversione degli obiettivi delle agenzie di sicurezza (come l’FBI): non più i terroristi, ma i «terroristi domestici», e cioè genitori che si oppongono agli indottrinamenti gender-razzisti nelle scuole, dissidenti pandemici, persone dubbiose del voto elettronico, utenti social «conservatori», più ovviamente i sostenitori del MAGA… ultimamente si è appreso che pure i cattolici della Messa in latino erano nel mirino dell’FBI.

 

Lo scontro tra le parti può diventare conflitto aperto. Hutu e vatussi d’improvviso non convivono più.

 

A quel punto, il drone americano, invece che volare sul Mar Nero (e farsi pisciare addosso dal Su-27 russo) potrebbe ripiegare nel lavoro, ben più orribile, di sorvegliare e bombardare qualche fattoria in Ohio, Wyoming, Idaho, il paesino della Florida, il ranch nello Utah, la cittadina del Wisconsin…  il fatto che gli americani, grazie al Primo Emendamento della loro Costituzione, sia armati fino ai denti, può essere ovviato dal potere solo con l’uso di tecnologie come quelle degli UAV (in attesa di robocani e slaughterbots). È una prospettiva orrenda, tuttavia è quella che sposterebbe indietro le lancette dello sterminio atomico.

 

Sì, una guerra civile americana può salvare il pianeta dalla distruzione terminale. Il gioco in cui si è messo Trump è questo.

 

Trump è un personaggio principale di questa storia pazzesca. È l’uomo che può riportare la pace e l’ordine sulla Terra. Ha bisogno di una mano, perché non può nulla da solo: ciò che egli può fare è possibile solo grazie al fatto che egli rappresenta un intero popolo.

 

Non abbiamo idea di cosa dobbiamo aspettarci. Potrebbe succedere di tutto, così come tutto potrebbe risolversi in un puf. Solo cani che abbaiano, per guadagni di carriera o calcoli di politica spettacolo. Oppure potrebbe innescarsi il cambiamento di cui il mondo ha disperatamente bisogno in quest’ora buia.

 

Abbiamo bisogno che i ragazzi ucraini e i ragazzi russi non muoiano più. Abbiamo bisogno di ridare impulso alla nostra economia devastata, ridare energia alle imprese ormai sfinite, finire di impiccare la povera gente alle bollette. Abbiamo bisogno di far ripartire una Civiltà della vita che si opponga alla Cultura della Morte.

 

Preghiamo perché ciò avvenga, per qualsiasi via.

 

In passato Renovatio 21 ha fatto dire delle Messe per il presidente Trump. Ora ne faremo dire una per il popolo americano, che, solo, ha in mano la possibilità di far capitolare il vero Impero del Male che ci minaccia tutti.

 

Che il Signore ci aiuti in quest’ora di tenebra. Che il Signore ci aiuti a vincere sull’Impero della Morte.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

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