Pensiero
Il sindacato del Nuovo Ordine Mondiale
Il video sta girando pazzamente su Telegram, quindi lo avrete visto.
La scena rappresentata è molto semplice: un comizio del 1° maggio di Landini, capo CGIL con cravatta rossa, attorniato da fedelissimi alternativamente con fazzolletto rosso al collo o mascherina rossa.
Landini parla di guerra (enunciando il teorema per cui la pace è «sconfiggere la logica di Putin», qualsiasi cosa voglia dire) e vaccini, sostenendo che investire in armi invece che nella sierizzazione di tutti i Paesi è una cosa sbagliata, cui bisogna rimediare.
Poi sgancia la formula magica, quella che tutte le antenne drizzare fa:
«… Vuol dire affermare un Nuovo Ordine Mondiale».
????1 MAGGIO 2022.
Landini parla di NUOVO ORDINE MONDIALE spudoratamente…non riesco a crederci… pic.twitter.com/z6ye0x0iH6
— jac (@JacPr4185774) May 2, 2022
Patapum.
Prendete il più grande artista del pianeta, Mel Gibson. Egli nel 1997 fece un film, titolo italiano Ipotesi di Complotto, che apriva proprio con un suo monologo sul tema di quelli che usano in pubblico l’espressione.
Il personaggio da lui interpretato, un tassista reso paranoico da esperimenti del programma di controllo mentale MK-Ultra (tutto verissimo: e qualche rivolo chissà che non sia arrivato anche da noi, nelle manipolazioni delle mente specie infantili viste di recente) dichiara che è impossibile che George Bush senior, in un suo discorso del 1990, abbia parlato di New World Order senza aspettarsi che una massa di persone che riconoscono l’espressione non si agitino assai. Perché, sia pure da nicchie, sono diversi decenni che c’è chi riconosce l’esistenza di un piano per un Nuovo Ordine Mondiale, e che non può sobbalzare ad ogni sua pubblica invocazione.
Bush 41 parlava degli Stati ex sovietici, e la cosa oggidì cade proprio a fagiuolo. Scandì le parole con tale chiarezza, con tale solennità, che un gruppo musicale dell’epoca, i Ministry, ci dedicò un memorabile pezzo di industrial-metal, chiamato appunto N.W.O., dove la voce di Bush padre era campionata e ripetuta macchinalmente. «A New World Order… A New World Order… A New World Order».
Bush padre mica era il solo. Nel corso di questi decenni la formula hanno pronunziata. Il presidente americano Woodrow Wilson. Winston Churchill. Henry Kissinger. Gordon Brown. Papa Benedetto XVI. Recentissimamente, A New World Order. Poi, ovviamente Bergoglio.
Ora nel club dei grandissimi arriva anche il Maurizio Landini, una carriera a capo degli operai metallurgici FIOM ora a capo del più acuminato dente della triplice. Su Wikipedia ci informano che il padre era «attivo nella Resistenza», e lui ha dovuto lasciare l’istituto geometri per «contribuire al sostentamento famigliare» per poi, negli anni Ottanta (quaranta anni fa!) smettere di lavorare per impegnarsi a tempo pieno dentro la struttura sindacale.
Ecco: bisogna avere fiducia nel sogno sindacale italiano: Landini ora è qualcuno che può dire in pubblico, su un palco attorniato da tizi che fanno di sì con la testa, «Nuovo Ordine Mondiale». Come i presidenti americani, come i papi.
Che bello sentire quest’espressione così netta, così carica di storia per tutti noi. Sono colpi di sincerità di cui essere grati. Sono quadretti che colpiscono indelebilmente il nostro cuore: abbiamo in Italia il sindacato del Nuovo Ordine Mondiale.
Non che non vi fossero già i segni, e da prima della pandemia.
Quattro anni fa Renovatio 21 già notava la strana tendenza dei sindacati a favorire le vaccinazioni, in particolare quelle degli anziani. Campagne di comunicazioni martellanti per i pensionati da sottoporre alla siringa – quegli stessi vecchietti che fini a pochi anni fa era medicalmente blasfemo proporre di inoculare. E invece, il paradigma, già prima del COVID, cambiava in fretta… e con
Non è la sola briciola che abbiamo raccolto nel percorso.
La primavera scorsa, nella giornata mondiale contro l’omotransfobia (c’è: il 17 maggio) la CGIL disse che il DDL Zan andava approvato senza modifiche, organizzando un solenne webinario alla presenza della «responsabile Politiche di genere della CGIL nazionale Susanna Camusso, i e le capogruppo del M5S, del PD e del Gruppo Misto al Senato –(…) e rappresentanti delle Associazioni LGBTI+».
Andiamo oltre.
Nel 2016 la CGIL portò l’Italia davanti davanti al Consiglio d’Europa, ove veniva lamentata l’applicazione dell’obiezione di coscienza come limite inaccettabile per il ricorso all’aborto.
In pratica: era messa in dubbio una facoltà del lavoratore, quella di lavorare secondo la propria coscienza, di fronte al diritto al feticidio, che per qualche motivo interessa il sindacato. La facoltà di astenersi da un lavoro ritenuto contrario alla propria coscienza dovrebbe essere una battaglia dell’ente preposto a difendere e potenziare i diritti del lavoratore: pensiamo, ad esempio, a quanti si sono recentemente rifiutati di caricare «aiuti» per l’Ucraina che invece erano armi.
E invece, il sindacato fa il contrario di quello che ti aspetti.
È successo, nello showdown definitivo della storia sindacale, con il COVID. Non possiamo dimenticare la lettera con cui i capi della triplice dicevano a Draghi di procedere con il green pass – ossia la più grande violazione dei diritti dei lavoratori mai esperita dalla Repubblica, con disintegrazione patente dell’articolo 1 della Costituzione.
Di più: nella loro lettera a Draghi, essi si dimostravano più draghiani del drago. Di fatto, invocano l’obbligo totale, l’mRNA per tutta la popolazione nazionale.
«In particolare Le ribadiamo il nostro assenso ad un provvedimento che, in applicazione della nostra Carta, il Governo decida di assumere finalizzato a rendere la vaccinazione obbligatoria quale trattamento sanitario per tutti i cittadini del nostro Paese».
Testuali parole. Di mezzo, lo capiamo, c’era la possibilità di sedersi con politici e industriali al tavolo del PNRR.
Ora, bisogna sapere che tra quei pazzerelli che credono nel Nuovo Ordine Mondiale, è diffusa da decenni l’idea che esso passerà attraverso un mutamento della riproduzione umana, in particolare tramite il controllo delle nascite, cioè la contraccezione e l’aborto. Celo.
Il controllo della popolazione, hanno detto dal giorno uno i complottisti del NWO stile Alex Jones, si servirà dei vaccini e dei loro obblighi. Celo.
La questione degli omotransessuali plus: ricordiamo il libro di Ralph. A. Epperson New World Order del 1990.
«I matrimoni omosessuali saranno legalizzati; ai genitori non sarà permesso crescere i propri figli (lo Stato lo farà;) tutte le donne saranno impiegate dallo Stato e non potranno più fare le casalinghe; il divorzio diventerà estremamente facile e il matrimonio monogino verrà gradualmente eliminato».
Quindi, il sindacato femministo-gender-NWO, celo pure lui.
Di dubbi di cosa sia diventato il sindacato ne abbiamo pochi. E di enti pubblici e privati che sono passacarte del padrone del mondo ce ne sono oggi a BZF.
Tuttavia, come non notare come oggidì tutto sia spudorato, slatentizzato, osceno, dall’etimo greco, fuori scena. Non è più nemmeno un teatrino.
Oramai la questione della rappresentazione è superata da un pezzo. Non hanno bisogno di dissimulare un granché. Ve lo abbiamo detto, ve lo ripetiamo: nessuno ha intenzione di parlare con voi, ripetono solo qualche storiella per la massa vaccina, quella che ancora li segue ruminando il salario e magari al massimo muggendo per tre secondi mentre la si porta al macello.
E ancora: quei minions che fanno andare su e giù la testa quando gli si dice che «essere contro la logica di Putin (…) vuol dire affermare un Nuovo Ordine Mondiale» ci fanno venire un pensiero abissale: vuoi vedere che, davvero, Putin è un’impaccio dal Nuovo Ordine Mondiale? Vuoi vedere che il Paese che ha rifiutato l’imperativo globale l’mRNA e si sta scontrando con un Paese dove stavano introducendo l’app elettronica del controllo totale della cittadinanza, magari davvero qualche problema lo sta creando ai padroni del vapore? Vuoi vedere che Putin è l’ultimo tappo da far saltare perché vinca il mondialismo della fine dei tempi?
Sono pensieri che, ad una certa, saltano fuori da soli.
Tuttavia, senza sondare abissi metastorici e metapolitici e pure metageopolitici, ci basta pensarla in termini molto sintetici.
Il nuovo paradigma delle cose prevede il «restringimento» dei diritti dell’individuo. O meglio, la loro cancellazione – i due anni di restrizioni pandemiche servono a questo.
Come abbiamo ripetuto, la trasformazione del cittadino da avente diritto ad utente (che al massimo gode di un accesso deciso dalla piattaforma) è pressoché completa. Lo Stato non esiste più come emanazione del popolo; il popolo esiste in quanto concessione dello Stato. Ribaltamento assoluto.
I diritti, lo stato di diritto, hanno perso la loro sacralità. Sono sospendibili, eliminabili. Il diritto non nasce con il cittadino, viene elargito, al massimo come facoltà temporanea, dal potere costituito.
Si tratta della disintegrazione, concettuale e fisica, della democrazia costituzionale. Lo abbiamo ribadito varie volte: le carte alla base delle varie «democrazie liberali» (USA, Germania, Italia) sono uscite dalla pandemia strappate in mille brandelli.
Ad esempio, la democrazia costituzionale italiana è basata su una carta chiamata, appunto, «Costituzione», con la C maiuscola. La Costituzione italiana, a lungo celebrata nella sinistra politica e sindacale come «la più bella del mondo» – sì, quella che all’articolo 1 parla di «Repubblica fondata sul lavoro» – è stata annichilita dall’urto pandemico.
Il lavoro non conta più. Il diritto non conta più. La Carta non conta più. Conta solo il potere e la sua imposizione. Cioè, la sottomissione della persona umana.
Questo è, tecnicamente, il più concreto effetto del cambio di paradigma globale che volendo possiamo chiamare Nuovo Ordine Mondiale.
Ora, è il caso di chiedersi chi abbia dato una mano ad arrivare fino a qui.
I camerieri della Cultura della Morte abbondano. Per quanto, ancora non sappiamo.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Bablu Miah via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Pensiero
Manifesto per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Parere (n. 25): Per un nuovo Manifesto di Ventotene, per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Nel 1941, un gruppo di antifascisti confinati sull’isola di Ventotene redasse un documento, intitolato «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto», che auspicava l’instaurazione di una «Federazione Europea» in grado di superare, assorbendola, la sovranità degli Stati continentali. (1)
L’idea alla base del «Manifesto di Ventotene» era, in sé, semplice: trasferire alla prevista Federazione Europea il nocciolo duro della sovranità statale, ossia le competenze in materia di politica estera e di difesa, lasciando agli Stati federati «l’autonomia che consenta … lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli».
Il passo più decisivo nella direzione indicata dal Manifesto fu la firma a Parigi, il 27 maggio 1952, del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED) e che prevedeva, a termine e secondo modalità del tutto originali, la creazione di un’ulteriore comunità europea, la Comunità Politica Europea (CPE): l’azione congiunta della CED e della CPE, unitamente a quella svolta dalla allora neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), avrebbe assicurato i pilastri politici ed economico-strategici su cui fondare l’edificio federativo prospettato dal Manifesto di Ventotene. (2)
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Tuttavia, il mutato assetto delle relazioni internazionali conseguente alla guerra di Corea (1950-1953), alla morte di Stalin (1953), alla sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954), all’adesione della Repubblica Federale Tedesca alle organizzazioni di difesa europea (UEO) e atlantica (NATO) e alla creazione del Patto di Varsavia (1954/55), spinse gli Stati firmatari, e in particolare la Francia, a rinviare sine die la ratifica del Trattato di Parigi, con la conseguenza che né la CED, né la CPE videro mai la luce.
Il fallimento della CED e della CPE segna di fatto il tramonto dell’ideale federalista europeo, perché, da allora, nessun altro trattato o accordo o dichiarazione d’intenti ha voluto o potuto resuscitare il progetto di Federazione Europea formulato dal Manifesto di Ventotene.
Quanto resta, oggi, di quell’ideale federalista è una organizzazione internazionale denominata Unione Europea – nata nel 1992 sulle ceneri della preesistente Comunità Economica Europea (CEE, 1957) – che, al di là delle dichiarazioni di facciata e della sua costante preoccupazione di presentarsi come tempio di pace e democrazia, è ben lontana dal promuovere il progetto di integrazione politica federale proposto dal Manifesto di Ventotene, limitandosi a perseguire la cooperazione monetaria strettamente funzionale al capitalismo ultra-finanziario e digitale promosso dalle élites globali: ossia, ciò che il Manifesto indicava espressamente tra le cause principali della «crisi della civiltà moderna». (3)
In questo senso, è sufficiente ricordare i passaggi del Manifesto che stigmatizzavano: «La formazione di giganteschi complessi industriali e bancari …(che premono)… sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi»; «l’esistenza dei ceti monopolistici e … dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali»; «la volontà dei ceti militari (di predominare)… su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi»; infine, il fatto che «gli ordinamenti democratico liberali …(sono)… lo strumento di cui questi gruppi si (servono) per meglio sfruttare l’intera collettività».
Alla luce di queste affermazioni, formulate più di 80 anni fa e forse per questo dimenticate, il CIEB auspica che i cittadini europei leggano (o rileggano) con attenzione il Manifesto di Ventotene per valutare attentamente la distanza che separa questo documento, e gli ideali a esso sottesi, dalle proposte elaborate o commissionate da taluni apparati allo scopo di rilanciare l’immagine di un’Europa incrinata da un diffuso euroscetticismo perché sempre più mercato-centrica e, quindi, lontana dai cittadini.
Alla luce delle affermazioni contenute nel Manifesto sarebbe opportuno leggere anche il «Rapporto sulla competitività europea», presentato in questi giorni da un ex premier italiano tra il plauso delle lobby industriali, delle istituzioni nazionali ed europee, della politica e dei media, che fa leva essenzialmente sulla riforma del mercato dei capitali e su maggiori investimenti nei settori – guarda caso – degli armamenti e delle infrastrutture digitali.
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Ma, al di là della scelta dei settori considerati prioritari, ciò che più colpisce del Rapporto, sotto il profilo etico, è la sua impostazione complessivamente volta ad anteporre gli interessi economico-finanziari rispetto a qualsiasi altro bene o valore, a cominciare dalla vita e dalla salute dell’uomo: basti rilevare che, per l’autore del Rapporto, il rilancio dell’Europa passa anche attraverso l’ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano, quelle stesse procedure che hanno permesso di introdurre sul mercato un farmaco sperimentale – il cosiddetto vaccino anti-COVID – la cui rischiosità è da tempo ammessa pubblicamente dalle medesime aziende farmaceutiche che lo hanno prodotto e commercializzato, dagli enti di ricerca e dalle autorità regolatorie.
Forse non c’è migliore esempio di questo per evidenziare il divario tra gli ideali e gli obiettivi dell’attuale Unione Europea e quelli enunciati dal Manifesto di Ventotene, il cui incipit era dedicato proprio al «principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita».
Evidentemente i tempi sono maturi per l’adozione di un nuovo Manifesto di Ventotene che formuli un modello di Europa i cui protagonisti siano realmente i cittadini e che metta definitivamente da parte quell’artificiosa costruzione che si fregia astrattamente del titolo di «unione europea» e che altro non è che lo schermo dietro cui si muovono le élites finanziarie globali.
CIEB
18 settembre 2024
NOTE
1) Per il testo originale del Manifesto, cfr. il sito dell’Istituto di studi federalisti «Altiero Spinelli»: https://www.istitutospinelli.it/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/
2) È utile ricordare che, a differenza della CED, che nasceva da un comune trattato internazionale, la CPE sarebbe stata creata da una vera e propria Assemblea costituente composta dai delegati degli unici organi internazionali che, all’epoca, rappresentavano – sia pure indirettamente – i popoli europei, ossia l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale nata nel 1949 e del tutto distinta dalle comunità europee di cui si parla nel testo) e l’Assemblea parlamentare della già citata CECA. Può pertanto affermarsi che il progetto CPE resta, nel quadro della storia delle organizzazioni internazionali, un esperimento assolutamente unico e, soprattutto, irripetuto: tutte le comunità europee che videro la luce negli anni successivi (CECA, CEE, EURATOM), come anche l’odierna Unione Europea (UE), sono nate in base alle vicende costitutive delle comuni organizzazioni internazionali, ossia mediante trattati internazionali negoziati, firmati e ratificati da organi statali secondo le rispettive procedure di diritto interno.
3) Cfr., anche per le citazioni seguenti, il capitolo 1 del Manifesto, citato alla nota 1.
Il testo originale del presente Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb
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Pensiero
Sacerdote tradizionalista «interdetto» dalla diocesi di Reggio: dove sta la Fede cattolica?
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Geopolitica
Zakharova e le sanzioni ai media russi: gli USA stanno diventando una «dittatura neoliberista»
Le ripetute sanzioni volte a limitare la libertà dei media russi negli Stati Uniti sono un segnale dell’erosione dei valori democratici a Washington, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova.
La portavoce ha rilasciato queste dichiarazioni all’agenzia di stampa RIA Novosti a margine dell’Eastern Economic Forum tenutosi mercoledì a Vladivostok, poche ore dopo l’introduzione di un nuovo ciclo di sanzioni da parte degli Stati Uniti.
Washington ha imposto severe restrizioni ai media russi in passato, ha osservato Zakharova. L’imposizione di queste nuove sanzioni «testimonia l’irreversibile degrado dello stato democratico negli Stati Uniti e la sua trasformazione in una dittatura neoliberista totalitaria», ha affermato, aggiungendo che i notiziari sono diventati una «merce di scambio nelle dispute di parte e il pubblico è deliberatamente tratto in inganno da insinuazioni su mitiche interferenze nei “processi democratici”».
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Gli attacchi ai media russi sono «il risultato di operazioni attentamente ponderate» pianificate dai servizi segreti e coordinate con i principali organi di informazione, ha affermato la Zakharova.
L’obiettivo, ha affermato, è «sterilizzare lo spazio informativo nazionale e, in futuro, globale da qualsiasi forma di opinione dissenziente». Questa nuova «caccia alle streghe» è volta a mantenere «la popolazione in uno stato di stress permanente», oltre a costruire l’immagine di «un nemico esterno», in questo caso la Russia, ha sottolineato la portavoce.
Mercoledì, i dipartimenti di Giustizia, Stato e Tesoro hanno annunciato uno sforzo congiunto per colpire con sanzioni e accuse penali i media russi, tra cui il noto notiziario governativo Russia Today, e gli individui che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma essere «tentativi sponsorizzati dal governo russo di manipolare l’opinione pubblica statunitense» in vista delle elezioni presidenziali di novembre.
Queste azioni degli Stati Uniti «contravvengono direttamente ai loro obblighi di garantire il libero accesso alle informazioni e il pluralismo dei media» e non rimarranno senza risposta, ha affermato la Zakharova.
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Immagine di Diana Robinson via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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