Pensiero
L’era dei normaloidi
«Normalista» secondo il dizionario oggi sta a significare uno studente o un ex studente della prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, che epperò ha sedi anche sedi, tutte nella laicissima Toscana. Ammetto che la prima volta che sentii parlare dell’esclusivo istituto, da bambino, pensavo che si chiamasse «Anormale».
Nel senso: negli anni prima di Internet, ero riuscito a carpire se vi fosse una scuola per geni così come la vediamo nei film americani. In una delle prime puntate dei Simpsons trasmesse in Italia, Bart riesce a farsi ammettere con l’inganno in un istituto per bimbi intellettualmente superdotati. In Italia ci sarà pure qualcosa del genere, no? Una scuola che si chiama «Anormale», perché i suoi studenti sono anormalmente intelligenti, sembrava rispondere alla domanda.
Negli anni, imparai non solo che mi sbagliavo, ma che l’essere normalista non era in sé qualcosa che guadagnava automaticamente la mia ammirazione. Se guardate alla lista degli alumni, sarete colpiti dal fatto che si tratta di un’infornata qualsiasi di personaggi più o meno organici allo Stato-partito piddino, più qualche scienziato premiato da qualche parte. Tutti, va da sé laici, laicissimi. Diciamo così.
L’unico nome che mi veniva in mente, pensando ad un ex-allievo della Normale, era quello di Carlo Azeglio Ciampi: il direttore della Banca d’Italia durante l’attacco alla lira da parte di George Soros nel 1992, che con l’allora premier Amato imbastì una difesa della valuta nazionale totalmente fallita, con crollo rispetto a dollaro e marco, e uscita dallo SME. Il normalista Ciampi fece comunque scatti di carriera: divenne presidente del Consiglio e presidente della Repubblica, mentre a Soros nel 1997 avrebbero conferito una laurea ad honorem all’Università di Bologna. Tutto normale, normalissimo, normalista.
Una diecina di anni fa ricominciai a sentire il termine «normalista» durante i primi fervori per il papato impazzito: c’erano due papi, e uno dei due aveva cominciato a sparare cose allucinanti sin dal primo secondo in cui Bergoglio aveva infilato l’anello piscatorio (già il nome, Francesco come il Santo di Assisi, era oggetto di critiche: nessuno aveva osato prima dell’argentino).
Credo di averlo letto forse in una lettera, un’email di gruppo – non ricordo – del compianto scrittore e bioeticista Mario Palmaro. Il termine fu poi pubblicato ripetutamente in un articolo per Il Foglio scritto in coppia con l’inseparabile Alessandro Gnocchi, «Questo papa non ci piace» (9 ottobre 2013).
Nel pezzo, andato in stampa pochi mesi prima che Palmaro venisse a mancare, i «normalisti» erano definiti «quei cattolici intenti pateticamente a convincere il prossimo, e ancor più pateticamente a convincere se stessi, che nulla è cambiato».
Poi sono arrivati gli americani, che hanno tirato fuori un termine vezzeggiativo-dispregiativo per coloro che galleggiano beati nel normalismo del mainstream: normie. Il normie è letteralmente una persona nella norma, un normale, un normotipico, ma più specificatamente qualcuno che non si è mai posto domande sul mondo in cui vive, facendosi infilare pacificamente il cucchiaio della narrazione dominante in bocca da media e politici. Se qualcuno volesse tentare una traduzione, direi che si potrebbe provare con «normalotto».
Per usare il gergo statunitense, il normie è ciò che si oppone al redpilled, il redpillato, ossia quello che ha parto gli occhi sulla realtà delle cose dietro le apparenze pilotate dalla versione dominante.
Su YouTube, su Twitter, sui Forum, ovunque la parola viene abbinata ad altri sostantivi, al punto da diventare, grazie alla cifra glottologicamente isolante della lingua anglica, un aggettivo. C’è la normie-version, la versione delle cose per i normalotti. C’è una normie-History, cioè la Storia secondo i normalotti. La normie-Politics, la politica fatta ad usum normalottorum. Ci sono i normie-media, la normie-Economy, i normie-books.
I normie sono oggetto di scherno da parte dei sedicenti redpillati (che hanno mutuato l’espressione red pill, «pillola rossa» dal pensatore monarchico Curtis Yarvin, che a sua volta ovviamente l’ha tratta ovviamente dal primo film della serie Matrix) ma anche della loro disperazione. I normie si danno non solo come la maggioranza, ma come un blocco granitico che è difficile da scalfire, e talvolta perfino da prevedere.
Ieri sera parlavo con un amico. Mi ha raccontato di aver fatto un viaggio in auto con uno sconosciuto organizzato da una comune conoscenza che faceva una festa in un’altra città. Mi diceva che, dopo qualche convenevole, lo sconosciuto si era un po’ sbottonato: arrivati a parlare dei vaccini lui, vaccinato, sosteneva che in effetti qualcosa non tornava, arrivando quasi ad esprimere rammarico per essersi sierato.
Il mio amico, a questo punto in fase di rilassamento, è passato a parlare anche del quadro politico, apprendendo, con sommo, incomprensibile orrore, che il compagno di viaggio era un fan di Mario Draghi. «È bravo… è uno che dà sicurezza, un profilo istituzionale»: il tizio deve aver detto cose così, mentre il nostro amico aveva probabilmente abbassato il finestrino dell’auto per buttarvisi fuori come nemmeno in un film di John Woo.
Ma come? Ti sei fatto due domande sui vaccini, ma non riesci a fartele su Draghi? Draghi che con i vaccini ha fatto il macello istituzionale che ricordiamo (green pass, super green pass, accuse ai no-vax untori che ammazzano il prossimo e se stessi)? Non serve che uno si chieda da dove venga, dove è stato, che conosca la storia del panfilo Britannia con sopra i «British Invisibles» salutati nel 1992 da Draghi, proprio nei tempi in cui Ciampi, il suo maestro normalista, lisciava enigmaticamente la manovra anti-Soros devastando la lira.
Basta che uno ci pensi un secondo: Draghi…? Ma davvero? Vedete: il normie è talvolta davvero difficile da calcolare, anche quando mostra segni di conversione.
L’episodio mi ha riportato alla mente situazioni similari vissuti in prima persona. Nei primi mesi del 2013, ricordo una festa a Milano – a pensarci oggi mi sembra una vita precedente – in cui un personaggio noto per l’aspetto comune (per somatismi e vestiario, un vero medioman), la mente matematica e le frasi inopportune (tipico di chi è bravo coi numeri…) mi disse che alle politiche che si sarebbero tenute a brevissimo, lui avrebbe votato… Monti. Subito dopo, bicchiere di gin tonic alla mano, tentava di spiegarmi che se Hitler avesse vinto la guerra lui si sarebbe iscritto immediatamente alle SS (ci si iscrive alle SS, come Magnotta con i terroristi), di modo da «sottomettere subito il maggior numero di donne», aggiunse oscuramente, ma io non mi curavo dei non sequitur, perché sconvolto totalmente: Monti? Monti?
Il lettore deve sapere che forse il più grande shock politico subito nella mia vita lo ebbi quando l’ex preside della Bocconi apparve dal nulla e prese il potere in Italia. Ricordate? I ministri tecnici, i professori totalmente apolitici, alcuni magari (si diceva) in odore di grembiule, alcuni pazzeschi pure fisicamente. Il tutto mentre il governo legittimamente eletto veniva defenestrato, ma arrivava – sul serio – a votare la compagine aliena che lo aveva spodestato (Giorgia Meloni è inclusa).
Crebbe in me, alla visione dell’ascesa dei Monti, un senso di sgomento, di angoscia, di paura vera che, mi rendo conto, neanche ora riesco a descrivere bene. Posso dire che un corollario di quella sensazione fu il bisogno, immediato e disordinato, informe, di «far qualcosa per difendere la mia famiglia». Cosa, in realtà, non sapevo bene.
Fu ancora più sconvolgente per me (il lettore scusi l’ingenuità del me-ragazzo) vedere che non solo il governo precedente, ma anche il popolo sembrava accettare l’operazione Monti, lo stravolgimento dell’ordine politico italiano, l’inveramento di decenni di teorie per cui ti tacciavano di complottismo spinto.
Sì, il golpe dello spread andava bene a tutti – il golpe era normale. I «normali», i «normalotti», anzi, applaudivano, bevendosi tutto. Un potere che parla di crollo dei consumi, di crisi come strumento per le riforme… andava bene, andava benissimo, anzi è quello che ci voleva. Al tacchino dicono che è Natale, e quello festeggia alla grandissima. Perché il tizio che prepara la pentola, «è uno bravo, uno competente, un profilo istituzionale».
Quello dell’iscritto alle SS ucroniche che votava il preside della Bocconi non è stato l’unico mio incontro ravvicinato con la specie. Ricordo un altro amico, un ragazzo a cui voglio bene, che morta la possibilità di votare per il partito ultra-biodegradabile di Oscar Giannino (ucciso da dentro parrebbe da un turbine di isteria fighetta che mandò alle ortiche tutto il consenso vinto con i remix di «Taci, miserabile!») mi aveva confidato che avrebbe votato o Grillo o Monti. Le due opzioni vi possono sembrare antitetiche, non lo sono minimamente (al punto che il Monti vero, cioè Draghi, fu definito dal comico ligure come «un grillino», con conseguenti voti del partito stellato), tuttavia il problema per il conoscente non si poneva: ve lo abbiamo detto, i normies sono imprevedibili. E disperanti.
È inutile nascondere che è stato durante il biennio pandemico che i normies hanno dimostrato globalmente di che pasta sono fatti.
Hanno accettato, senza tanti problemi, i lockdown, con devastazione economica per la loro attività o, in quasi tutti i casi, per il settore della loro azienda: non hanno detto una parola, anzi.
Hanno obbedito al diktat delle mascherine, anche per i bambini piccoli, e anormale chi, in qualsiasi situazione, si trovava smascherato. Chi scrive ricorda l’esperienza di una coppia di normo-anziani che, nel mezzo di un boschetto, urlarono al nostro gruppo di amici, ad una distanza di 20 metri buoni, «tirate su le mascherine».
Soprattutto, i normo-cittadini hanno accettato di divenire cavie di un esperimento con la somministrazione una pozione sperimentale, certo fatta anche coi feti come gli intrugli delle streghe di una volta, di cui non sapevano nulla, se non che la TV, con quelli «bravi» e «competenti» con «profilo istituzionale», diceva che sono «sicuri ed efficaci».
Anche quando divenne chiaro, con le reinfezioni dei bi-tri-quadridosati, e con le possibili miocarditi segnalate perfino dagli enti pubblici del farmaco, che non era «sicuro ed efficace» la massa normalotta ha tirato dritto, mai questionando le balle che si era ingollata, e neppure quanti gliele avevano vendute.
I normalotti hanno continuato per la loro strada, che è quella dove la dissonanza cognitiva non può esistere, e quindi nemmeno la volontà di mettersi in discussione, e la quindi la cerca della Verità.
Ritengo che dopo l’inoculo con siero genico, non sia nemmeno più giusto chiamarli normali, normalisti, normies, normalotti. Se l’iniezione di mRNA sintetico è, come ripetiamo su Renovatio 21, un grande progetto di transumanizzazione della massa mondiale, con la trasformazione sempre più accelerata degli umani in umanoidi, allora sarebbe giusto, credo, usare un nuovo termine: normaloidi.
I normaloidi sono lo scalino evolutivo successivo dei normalotti: questi ultimi si limitavano a bersi le menzogne dei padroni del vapore, e a pagar loro il pizzo. Il normaloide non solo crede ciecamente al potere e ai suoi inganni, ma ha accettato di modificarsi genicamente – pagando pure lui il processo. La sua obbedienza, la sua normalanza, è di livello subcellulare – una lealtà più grande, viene da pensare, i signori del mondo non potevano chiederla.
«Ti butteresti in un fosso per me?», potevano domandare, con la formula classica. Invece sono andati molto oltre: «ti modificheresti a livello biomolecolare per me?». In massa, hanno risposto «siiiiì!», rinunziando, al contempo, a quantità di diritti costituzionali.
Ecco una seconda qualità intrinseca del normaloide: non solo è biologicamente diverso – un avvocato americano è arrivato a teorizzare, giuridicamente, il fatto che si tratterebbe di una nuova specie – ma anche capace di un’inedita esistenza extracostituzionale: delle Carte che regolano lo Stato in cui vivono (in Italia, in Germania, in USA…) non sanno che farsene, possono fare a meno.
Il normaloide accetta, in piena tranquillità, che lo Stato moderno calpesti le sue stesse leggi fondamentali, con visibile nocumento per i cittadini. Ma che importa? Anche il virus, e il capovolgimento universale che ha prodotto, è in fondo una cosa normale, finché guidano «quelli bravi, gli esperti». È normale se il virus che esce dalla zuppa di pipistrello accoppiato con pangolino, è normale se lo stesso virus invece è uscito da un laboratorio di bioingegneria magari militare – anzi, in questo caso possiamo proprio parlare di virus normaloide.
Come il lettore immagina, la razza normaloide non ha esaurito la sua missione storica con il COVID.
Dobbiamo dire che i normaloidi stanno facendoci vivere emozioni anche con la guerra ucraina.
Per il normaloide, l’attore comico creato politicamente in provetta dagli oligarchi diventa un eroe, «il Churchill del XX secolo».
Per il normaloide – e i suoi partiti al potere e non – i nostri soldi e le nostre armi vanno consegnate all’agnello di Kiev, e non importa se restiamo poveri e indifesi.
Per il normaloide le rune del Battaglione Azov sono «antichi simboli indoeuropei», i suoi miliziani con le svastiche tatuate sono romantici lettori di Kant, il neonazismo ucraino non esiste, come nemmeno gli articoli che ne parlavano fino a pochi mesi prima.
Per il normaloide, Kiev è stata aggredita, e degli accordi di Minsk violati (con tanto di ammissione della Merkel e di Hollande e pure di Poroshenko) e la strage dei russofoni in Donbass perpetrata dalle milizie ucronaziste mai ha sentito parlare.
Ancora più significativo il fatto che per il normaloide va benissimo che per difendere la «democrazia in Ucraina» – Paese di cui, fino a poco fa, conosceva qualche badante – il mondo rischi la catastrofe termonucleare. Cioè: anche la casetta del normaloide può venire spazzata via, così come i suoi figli, e ogni generazione a venire. Non sappiamo dire quanti ci abbiamo veramente pensato: tuttavia qualcuno che ha il coraggio di dire che è per il futuro della «democrazia» si trova, cosa doppiamente disperante, perché gli stessi con la sottomissione pandemica hanno di fatto svuotato di ogni residuo senso che poteva rimanere alla parola: forse qui possiamo parlare di «democrazia normaloide», ma di democratico non c’è davvero più niente, ci sono le materie fumanti della sovranità del popolo, ancora prima che giungano i missili balistici intercontinentali.
Non è finita. Il normaloide può fare ancora di più. Essendo che gli è stato detto che la Storia è una magnifica linea progressiva, accetta pienamente il fatto che oggi si sposano i gay, domani – come mostrava una vecchia vignetta con coppie che lanciavano dietro di sé bouquet a coppie sempre più devianti – ti potrai sposare un famigliare, un bambino, un animale, un morto, un robot. (E guardate che praticamente tutti questi casi sono, in qualche forma, già realizzati)
Il normaloide accetta che un bambino possa credere di essere una bambina, e ottenere come premio la castrazione, più la somministrazione di farmaci che in genere si danno per castrare gli stupratori pedofili.
Il normaloide accetta che l’ONU e l’OMS comincino a svolazzare intorno al tema della libera pedofilia.
Il normaloide accetta che le competizioni sportive femminile siano stravinte da maschi muscolosissimi.
Il normaloide accetta che il suo Paese, e l’intero continente, sia inondato di stranieri in un’operazione che ha come fine – visibile a occhio nudo – l’istituzione di un’anarco-tirannia, cioè una vita d’inferno per il suo quartiere e per i tempi in cui cresceranno i suoi figli. Anche qui, come per il siero: il normaloide paga la cosa, per quanto nociva, di tasca sua.
Il normaloide accetta che, se fa un incidente stradale stasera tornando a casa, l’ospedale possa espiantargli tutti gli organi quando ancora il cuore gli batte, in pratica squartarlo vivo (letteralmente).
Il normaloide accetta di prendere droghe legalizzate per la felicità anche quando queste, scrivono i bugiardini, potrebbero portarli all’effetto opposto, alla tragedia dei pensieri suicidi.
Il normaloide accetta che gli ospedali, teoricamente luoghi di cura, uccidano grandi e piccini, magari pure con un pratico soffocamento via cuscino.
Il normaloide accetta che i bambini siano fatti non più in quel modo tanto bello (forse le sensazioni forti non fanno per lui?), ma con le provette, con uno (magari a caso) che si masturba e una (magari a caso) che si fa estrarre, con un processo doloroso quanto pericoloso, le cellule uovo. L’utero può essere di un’altra donna ancora, oppure di una donna ma trapiantato in un’altra donna, oppure trapiantato in un uomo, oppure un utero artificiale: tutto normale, normalissimo, normaloide.
Quanto potremmo andare avanti, quanti esempi possiamo fare: del resto, e ciò che su Renovatio 21 annotiamo quotidianamente come Necrocultura, che è inscindibile dal concetto di un’umanità che progredisce al di là del bene e del male. Destra e sinistra, nel mondo normaloide, sono completamente fuse con l’idea del Progresso, del processo spontaneo, inarrestabile, per cui l’umanità si spinge oltre ogni limite, perdendo ogni senso morale.
La storia va in quella direzione, no? «Ce lo chiede il mondo moderno», verrebbe da dire. E sappiamo bene cosa diceva il poeta Rimbaud (che di pedofili e drogati sapeva qualcosa): «Il faut être absolument moderne». Bisogna assolutamente essere moderni.
Ed è chiaro che se resisti, prima o poi verrai punito, piegato, normalizzato, normaloidizzato. Perché, come abbiamo ripetuto, se non vi siete sottomessi negli ultimi anni, e continuate a farlo, fate parte di un segmento della società che lo Stato e il Capitale non vogliono più mantenere, che hanno calcolato come sacrificabile: non hanno bisogno dei vostri soldi, del vostro voto, del vostro lavoro. Per questo vi censurano e vi squalificano, vi tolgono la libertà di parola e il lavoro – in attesa dei campi di concentramento, che, a pensarci bene, hanno anche loro fatto capolino di recente tra le «democrazie» moderne.
E quindi, cosa volete fare? Volete davvero vivere questa separazione sempre più evidente con l’umanità normaloide?
«Il faut absolument être normaloïde», sussurra il poeta decadente che è in tutti noi. Il richiamo normaloide è fortissimo, siamo tanti piccoli Zanna Bianca in difficoltà.
Saprete resistervi?
In realtà, se state leggendo questo sito, la risposta la sapete già.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
«L’inganno di Medjugorje». E. Michael Jones racconta
L’intervista riguardo a Medjugorje di Renovatio 21 allo studioso cattolico E. Michael Jones ha causato varie reazioni, anche piuttosto scomposte. Tuttavia, si trattava solo di un piccolo assaggio degli argomenti che il professore americano dispone sul fenomeno delle apparizioni in Erzegovina, che segue dal lontano 1988.
Jones ha raccolto tantissimo materiale in un libro inedito in Italia, The Medjugorje Deception: Queen of Peace, Ethnic Cleansing, Ruined Lives, («L’inganno di Medjugorje: Regina della pace, pulizia etnica, vite rovinate»). Il libro, un tempo liberamente ordinabile su Amazon, è sparito dai cataloghi della libreria online ancora anni fa, così come gli altri testi dell’autore, che nonostante i numerosi saggi prodotti, con tomi anche da migliaia di pagine, a questo punto parrebbe non essere mai esistito – cancellato, rimosso in una damnatio memoriae dell’era di internet prima di tanti altri. I tentativi di chi scrive acquistare il libro anche presso altre librerie online si sono rivelati infruttuosi, ed ora i libri in lingua inglese di Jones sembrano essere stati fatti sparire anche dal sito di IBS-Feltrinelli.
Alla luce del bizzarro Nihil obstat vaticano al culto apparizionista balcanico era inevitabile che la rilevanza del lavoro dello scrittore ed editore americano su Medjugorje tornasse a farsi sentire.
Renovatio 21 ha avuto modo di leggere in anteprima il nuovo saggio che Jones ha preparato su Medjugorje e il nuovo documento firmato dal cardinale Victor Emanuel Fernandez. Il testo sarà pubblicato in inglese nella prossima edizione di Culture Wars, la rivista diretta da decenni dallo studioso dell’Indiana.
Come sempre leggendo i suoi testi, si è travolti dalla mole di ricerca, la densità dell’informazione, oltre che dallo stile letterario preciso. Al contempo, si può venire presi di sorpresa da alcune dichiarazioni, sino a restare increduli, o sconvolti, o mortificati.
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L’allusione ad un presunto giro di riciclaggio di danaro operato da italiani ci coglie di sorpresa, perché, quantomeno a livello di chi organizza i viaggi, abbiamo personalmente conosciuto solo persone belle ed integerrime – non lo stesso forse si può dire per alcune figure innestatesi direttamente dentro il territorio. Jones tuttavia sostiene di avere per questa vaga informazione una buona fonte nella politica bosniaca connessa, secondo quanto riportato, ad un vescovo emerito locale. Non sappiamo cosa pensare, presentiamo semplicemente le parole scritte da Jones al lettore, aspettando le testimonianze in un senso o nell’altro da parte dei lettori.
Riguardo la presenza di attività preternaturale in loco – cioè, di azione da parte dei diavoli – le voci abbondano, ma sono in genere rubricate come una conseguenza della presenza del Bene, che attirerebbe intorno a sé l’opera del Maligno.
Il contesto storico e geopolitico in cui l’autore inquadra le presunte apparizioni della Gospa – i lunghi anni della mostruosa guerra civile jugoslava, con le sue stragi belluine e dietro gli interessi internazionali di NATO e altri soggetti – mai sono stati discussi davvero da chi si occupa delle apparizioni, nonostante si tratti di una questione macroscopica davvero.
Per molti lettori, fedeli o meno, vi sarà molto da riflettere, e ancora di più – se se ne ha il coraggio – da discutere. Renovatio 21 chiede a tutti solo di mantenere toni degni della civiltà cristiana. L’eventuale mancanza già è di per sé un segnale forte nella comprensione del quadro generale.
Di seguito riportiamo in anteprima ampi stralci dell’articolo di prossima uscita del professor Jones.
Giovedì 20 settembre il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione su Medjugorje. L’USCCB [la Conferenza Episcopale USA, ndt] ha fornito una buona sintesi della natura contraddittoria della dichiarazione contenuta nel titolo dell’articolo apparso in Our Sunday Visitor quando scrive: «il Vaticano vede il valore spirituale di Medjugorje, non lo giudica soprannaturale».
I cattolici, l’articolo continuava, «possono beneficiare spiritualmente dei messaggi e delle pratiche spirituali legate alle presunte apparizioni di Maria a Medjugorje, in Bosnia-Erzegovina, ha affermato il Dicastero vaticano per la Dottrina della Fede (DDF). «Ciò non implica una dichiarazione del carattere soprannaturale del fenomeno», né significa che le decine di migliaia di presunti messaggi di Maria pubblicati dai presunti “veggenti” siano autentici, afferma il dicastero in una nota diffusa oggi. Con l’approvazione di Papa Francesco, il dicastero ha però riconosciuto «i frutti abbondanti e diffusi, così belli e positivi», legati alla devozione a Maria, Regina della Pace, e ai pellegrinaggi a Medjugorje».
Il documento vaticano spiega poi che «è importante chiarire sin dall’inizio che le conclusioni di questa Nota non implicano un giudizio circa la vita morale dei presunti veggenti» (1). A meno che il Vaticano non abbia revocato i Dieci Comandamenti quando non stavo prestando attenzione, l’ottavo comandamento vieta di mentire. In altre parole, è impossibile giungere ad una conclusione sui presunti messaggi di Medjugorje senza che il Dicastero si pronunci sulla vita morale dei presunti veggenti. Partendo con il piede sbagliato, il Dicastero insiste su una rigorosa compartimentazione che separa il bene dal vero, il che può solo portare a ulteriore confusione.
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Questo ci porta al problema fondamentale con il documento. La Chiesa cattolica può pronunciarsi infallibilmente sulla fede o sulla morale, ma non ha tale carisma quando si tratta della valutazione delle rivelazioni private, che devono essere giudicate secondo i normali criteri con cui gli uomini discernono la verità, nel senso di come lo farebbe un tribunale o un giornalista investigativo nella determinazione della verità.
Non solo questo documento non lo fa, ma afferma ripetutamente che la verità delle circostanze relative alle presunte apparizioni non ha nulla a che fare con l’accertamento della loro validità. Il dicastero ha ripetutamente affermato che la questione se i veggenti mentissero era irrilevante e si è lanciato quasi immediatamente nell’esame dei presunti messaggi della Madonna.
Apetta un minuto! Come facciamo a sapere che questi messaggi sono autentici, se non possiamo esprimere un giudizio «sulla vita morale dei presunti veggenti»? Se non possiamo esprimere giudizi, come possiamo sapere se mentono o no?
Il DDF poi aggrava la sua affermazione affermando che: «i doni carismatici (gratiae gratis datae) – che possano essere collegati ad essa – non esigono necessariamente la perfezione morale delle persone coinvolte per poter agire». Innanzitutto, se la «perfezione morale» fosse il primo criterio, la trasmissione di rivelazioni private sarebbe impossibile perché nessuno tranne il nostro Padre celeste è perfetto.
Ma in secondo luogo, il DDF non propone qui un argomento circolare? Perché danno per scontato che i «doni carismatici» siano presenti in primo luogo quando non sono disposti ad assicurarci che i veggenti non mentono? Mons. Pavao Zanic, il primo vescovo di Mostar-Duvno ad interrogare i presunti veggenti, ha concluso dalle loro bugie e contraddizioni che avevano messo delle parole nella bocca della Madonna.
Dopo averci detto che non possono garantire sull’onestà dei veggenti, il documento mina ulteriormente la nostra fede nelle presunte apparizioni ammettendo che «certi messaggi – secondo l’opinione di alcuni – presenterebbero delle contraddizioni o sarebbero legati a desideri o interessi dei presunti veggenti o di altre persone».
Alcuni? Possiamo essere più specifici qui? Il DDF si riferisce forse ai vescovi Zanic e Peric, autorità legittimata nella valutazione delle rivelazioni private nella diocesi di Mostar-Duvno? Entrambi hanno ripetutamente sorpreso i veggenti a diffondere bugie e assurdità.
Dopo aver escluso da ogni menzione nel loro documento i due vescovi che avevano il potere di esaminare la questione, il DDF ammette poi che «non si può escludere che ciò possa essere successo nel caso di alcuni pochi messaggi».
Alcuni pochi messaggi? Quanti sono pochi? Considerato che la presunta Gospa ha parlato per anni accumulando oltre 50.000 messaggi, si potrebbe parlare di centinaia se non migliaia di messaggi dubbi, che, come ammette poi il Dicastero «a volte appaiono connessi ad esperienze umane confuse, ad espressioni imprecise dal punto di vista teologico o ad interessi non del tutto legittimi».
Questo agnosticismo morale è completamente nuovo. Uno dei criteri principali stabiliti da Papa Benedetto XIV per la valutazione delle rivelazioni private è la veridicità del veggente. Se il veggente viene sorpreso a mentire, l’apparizione viene screditata. Punto.
Questo è proprio quello che è successo quando mons. Pavao Zanic ha interrogato i veggenti poco dopo l’inizio delle apparizioni. Ben disposto all’inizio, mons. Zanic cambiò idea dopo aver sorpreso i veggenti in una contraddizione dopo l’altra.
I primi messaggi della Gospa sul fazzoletto insanguinato che avrebbe portato alla fine del mondo se fosse stato gettato nel fiume Nredva o in qualche altro specchio d’acqua furono semplicemente lasciati cadere nel buco della memoria e sostituiti da messaggi disinfettati dai frati francescani con dottorati in teologia, che è stato raccolto in un libro, che il cardinale Fernandez ha spesso brandito durante la sua conferenza stampa come per sostenere la sua causa. Quel libro è divenutol’unica base della dichiarazione del Vaticano.
(…)
Il Dicastero prosegue poi lodando i «frutti positivi» che «si rivelano soprattutto come la promozione di una sana pratica di vita di fede, d’accordo con quanto presente nella tradizione della Chiesa», inducendo a chiedersi se ci siano stati «frutti negativi».
(…)
Non dovrebbe sorprendere che Medjugorje sia infestata dai demoni, cosa che ho constatato parlando con padre Philip Pavic, che ha perso la fede nella veridicità delle apparizioni dopo aver trascorso ore in confessionale ascoltando storie di pellegrini strangolati dai loro rosari e strani fenomeni atmosferici nella stanza delle apparizioni.
Ho anche ricevuto una chiamata da un Unitario di Boston che è rimasto sbalordito nel vedere una donna nuda attraversare la porta aperta della sua stanza e poi attraversare la parete opposta. Quando mi chiese di spiegare cosa fosse successo, pensai che probabilmente non si trattava della Madonna, che generalmente indossa abiti quando appare nelle visioni ai veggenti. Allora gli spiegai che ciò che vedeva era un demone che aveva assunto forma umana per qualche scopo nefasto.
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Sei anni dopo l’inizio delle apparizioni, mons. Zanic ne ebbe abbastanza. Il 25 giugno 1987 mons. Zanic è arrivato nella parrocchia di San Giacomo a Medjugorje per fare le cresime ma anche per esprimere le sue ultime sensazioni riguardo alle apparizioni nel giorno del loro sesto anniversario. «Coloro che mettono le parole nella bocca della Madonna», ha detto senza mezzi termini, «meritano il posto più basso all’inferno».
Quanto al segno miracoloso, che secondo Marinko Ivankovic sarebbe apparso entro il 13 agosto 1986, finalmente è arrivato, ha annunciato il vescovo. «È il tuo silenzio», ha detto alla folla intimidita nella chiesa riferendosi alla Madonna, «Tu non sei qui».
«Io, Vescovo di Mostar, davanti alla moltitudine dei tuoi ammiratori sparsi nel mondo, scopro e accetto il tuo grande segno, divenuto certo e chiaro dopo questi sei anni. È il tuo SILENZIO… Ti ringrazio mia signora per il tuo silenzio lungo sei anni. È così che ci dimostri se hai davvero parlato qui, se sei apparso, se hai diffuso messaggi… Vergine Santa, Madre di Cristo e Madre nostra, intervieni per la pace in questa inquieta diocesi di Mostar. Soprattutto intervieni per questo luogo, questa parrocchia dove tante volte il tuo nome è stato usato in discorsi non tuoi. Possa tu fermare la fabbricazione dei tuoi messaggi. Accogli, Vergine Santa, come soddisfazione le preghiere sincere delle anime devote che si tengono lontane dal fanatismo e dalla disobbedienza alla Chiesa» (2).
L’ossessiva insistenza del Dicastero sui «frutti positivi» inizia a suonare vuota alla fine del documento. Come avrebbe potuto dire Shakespeare, il Dicastero protesta troppo, soprattutto quando ci dice che Medjugorje è «percepito come uno spazio di grande pace, raccoglimento e pietà sincera, profonda e facilmente condivisibile».
A questo punto il Dicastero avrebbe dovuto condividere il messaggio con cui Marija Pavlovic ha detto al mondo che la prova dell’autenticità dei messaggi di Nostra Signora Regina della Pace era che la Jugoslavia viveva in pace, finché, sfortunatamente, la Jugoslavia è precipitata in una sanguinosa guerra civile finanziata in parte da parte croata con il denaro che i creduloni «pellegrini» avevano lasciato a Medjugorje. A quel punto, il messaggio della Gospa di Pavlovic è finito nel vuoto di memoria di Medjugorje, uno dei più grandi esistenti.
Nelle sue effusioni sulla pace e sui frutti positivi, il Dicastero avrebbe potuto menzionare l’assedio di Sarajevo o il bombardamento di Dubrovnik, o le presunte atrocità di Rajak con cui la NATO ha giustificato l’attacco alla Serbia, ma non lo ha fatto, minando ulteriormente la credibilità di il proprio documento. Per perpetuare il mito della «Regina della Pace», il Dicastero ha dovuto ignorare tutte queste verità scomode e dissociarle dai veggenti.
In un passaggio notevole, il Dicastero scrive che «frutti positivi legati a questa esperienza spirituale che, nel frattempo, si sono separati dall’esperienza dei presunti veggenti, i quali non sono più da percepire come mediatori centrali del “fenomeno Medjugorje”, in mezzo al quale lo Spirito Santo opera tante cose belle e positive».
E la pulizia etnica? (…) E il bombardamento della biblioteca del monastero francescano a Dubrovnik? E il tentativo sponsorizzato dalla NATO di trasformare la Serbia in una provincia del Kosovo?
Il Dicastero conclude il suo comunicato con una sezione dedicata ai «Necessari chiarimenti» che mette in dubbio la loro allegra affermazione secondo cui «l’insieme dei messaggi possiede un grande valore ed esprime con parole differenti i costanti insegnamenti del Vangelo», anche dopo essere costretti ad ammettere che «alcuni pochi messaggi si allontanano da questi contenuti così positivi ed edificanti e sembra persino che arrivino a contraddirli». Ma non prestare attenzione a questi messaggi, anche se «mettono in ombra la bellezza dell’insieme».
Il documento poi si mette decisamente sulla difensiva quando fa riferimento a «gruppi minoritari» che vogliono «distorcere la preziosa proposta di quest’esperienza spirituale, soprattutto se si leggono parzialmente i messaggi».
Chi sono questi piccoli gruppi senza nome? Il Dicastero si riferisce forse alla Conferenza episcopale jugoslava, che nel 1991 proclamò che non c’era nulla di soprannaturale in Medjugorje, confermando la posizione di mons. Zanic? Il Dicastero si riferisce a Fidelity Press, editrice de L’inganno di Medjugorje?
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Dimenticate i «gruppi minoritari». Una domanda migliore è: dobbiamo prendere sul serio o no gli avvertimenti del Dicastero sugli errori presenti nei messaggi? Perché il Dicastero giustifica costantemente gli errori teologici della Gospa? A che punto l’insistenza sulla legittimità dei messaggi crolla sotto gli avvertimenti del Dicastero?
Come quando si ritiene che:
«Quest’insistenza diventa ancora più problematica quando i messaggi si riferiscono a richieste di improbabile origine soprannaturale, come quando la Madonna impartisce degli ordini circa date, posti, aspetti pratici, e prende decisioni su questioni ordinarie. Anche se i messaggi di questo tipo non sono frequenti in Medjugorje, ne troviamo alcuni che si spiegano unicamente a partire dai desideri personali dei presunti veggenti. Quello che segue è un chiaro esempio di questi messaggi fuorvianti: “Il 5 agosto prossimo si celebri il secondo millennio della mia nascita […]. Vi chiedo di prepararvi intensamente con tre giorni […]. In questi giorni non lavorate” (01.08.1984)».
Per sua stessa ammissione, il Dicastero è costretto a dire ai fedeli di far uso «della prudenza» e «del buon senso» e di «non prendere sul serio questi dettagli né tenerne conto». Va bene. Ma allora perché il Dicastero ha poi aggiunto: «ma questo fatto non deve indurre a disprezzare la ricchezza e la bontà della proposta di Medjugorje nel suo insieme», quando sembra opportuno trarre la conclusione esattamente opposta.
La Gospa, secondo l’ammissione dello stesso Dicastero, continua a commettere un errore teologico dopo l’altro, come quando annunciò il 17 luglio 1986: «Io sono la mediatrice tra voi e Dio». Questo passo falso ha costretto il Dicastero ad ammettere che:
«Utilizzata in questo modo, l’espressione “mediatrice” porterebbe erroneamente ad attribuire a Maria un posto che è unico ed esclusivo del Figlio di Dio fatto uomo; si porrebbe, infatti, in contraddizione con ciò che afferma la Sacra Scrittura quando dice che c’è un solo “mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti” (1Tm 2,5‒6). D’altra parte, questi presunti messaggi non riescono ad esprimere bene, come spiegava san Giovanni Paolo II, che la cooperazione di Maria è una “mediazione subordinata” a quella di Cristo (cfr. Redemptoris Mater 39), in modo che “nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore” (Lumen gentium 62)».
Invece di mandare la Madonna di Medjugorje a un corso elementare di Teologia al Biblicum, il Dicastero attribuisce la sua cattiva teologia all’«intercessione materna», e poi prosegue concedendo un Nihil obstat, la più alta forma di approvazione da parte del Vaticano a Medjugorje dopo averne minato completamente la credibilità.
A tacita ammissione di tale fatto, il Dicastero assicura che il loro Nihil obstat implica «una dichiarazione del carattere soprannaturale del fenomeno in parola» e allo stesso tempo ricorda «che i fedeli non sono obbligati» a credere alle apparizioni che hanno così ampiamente smentito nel loro stesso documento.
Il Dicastero conclude dicendo che «la valutazione degli abbondanti e diffusi frutti tanto belli e positivi non implica dichiarare come autentici i presunti eventi». O come direbbero gli italiani: «se non e vero, è ben trovato». Vale a dire, anche se non è vero, è davvero un’ottima invenzione.
Come dice Clint Eastwood al rapinatore di banche nero in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, «so cosa stai pensando». E. Michael Jones è selettivo nella sua obbedienza all’autorità della Chiesa. Ma non è così. La Chiesa non può parlare infallibilmente di rivelazioni private, che coinvolgono circostanze storiche particolari che non rientrano né nel mandato della fede né della morale.
In questo caso un giornalista investigativo ha più autorità di un cardinale romano, soprattutto se nella sua inchiesta tiene conto del fatto che due successivi vescovi della diocesi di Mostar-Duvno, che hanno il dovere di occuparsi di questioni come questa, hanno dichiarato che «il fenomeno Medjugorje» era una frode.
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Il fatto che la conferenza episcopale jugoslava abbia appoggiato il suo giudizio è significativo per chi cerca di andare a fondo di questo fenomeno, motivo per cui il giudizio negativo di nessuno dei due vescovi è stato menzionato nella dichiarazione del dicastero, sebbene il cardinale Fernandez ne abbia parlato nella sua conferenza stampa in lingua italiana.
Perché allora il Vaticano ha rilasciato questa dichiarazione? La risposta che ho ricevuto da un membro del Parlamento della Bosnia-Erzegovina che ha stretti legami con il vescovo Peric, ora in pensione, è riciclaggio di denaro.
Gli italiani, mi ha detto senza entrare nei dettagli, creano a Medjugorje fondazioni esentasse che accettano denaro come contributo di beneficenza e poi inviano il denaro ai bosniaci che con quel denaro creano poi operazioni a scopo di lucro come i distributori di benzina, che poi vengono restituiti al donatore dopo che la stazione di servizio inizia a generare denaro.
(…)
Quasi 300 anni fa, Prospero Lambertini, come Papa Benedetto XIV, scrisse un libro intitolato La Beatificazione dei Servi di Dio e sulla Canonizzazione dei Beati. Il libro di Lambertini sulla canonizzazione è anche uno dei lavori fondamentali sulla valutazione delle rivelazioni private. E oltre a ciò ha molto da dire anche sui pericoli associati alle rivelazioni private.
Il libro di Lambertini possiede una sofisticazione quando si tratta di cose spirituali a cui questa epoca farebbe bene a prestare attenzione, spiegando che gli spiriti maligni «hanno talvolta raccomandato ciò che è bene per impedire un bene maggiore, e hanno incoraggiato le persone a compiere particolari atti di virtù affinché possano più facilmente ingannare gli incauti e col passare del tempo portarli gradualmente a commettere i peccati più orribili».
Si scopre che gli incauti si presentano nei posti in cui meno ci si aspetterebbe, ad esempio nelle più alte cariche della Chiesa cattolica. Lambertini ha citato l’esempio del suo predecessore, Papa Gregorio XI, che giaceva sul letto di morte, stringendo al petto l’Eucaristia e avvertendo coloro che lo circondavano di «guardarsi dagli uomini e dalle donne che sotto il pretesto della religione parlano di visioni della loro testa».
Papa Gregorio XI, proseguiva Lambertini, «sedotto da tali, aveva trascurato il ragionevole consiglio dei suoi amici e aveva trascinato se stesso e la Chiesa al pericolo di uno scisma imminente».
E. Michael Jones
NOTE
1) https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240919_nota-esperienza-medjugorje_it.html
2) E. Michael Jones, Medjugorje Deception, p. 161.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Pensiero
Il lato oscuro di Medjugorje. Intervista a E. Michael Jones
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Pensiero
È arrivato l’equinozio di autunno
Mica potevano mancare, anche quest’anno, gli auguri ai lettori per l’equinozio di autunno.
Già, l’estate finisce, e lo fa dandoci questo giorno magico, dove la luce è esattamente equivalente al buio, il giorno dell’equilibrio cosmico più potente. Astronomicamente, è il momento esatto in cui il piano dell’equatore terrestre incontra il centro geometrico del disco solare. La Terra e il Cielo, il Sole e l’Uomo.
È l’allineamento supremo del pianeta con la sua stella. Ciò è accaduto tecnicamente oggi alle 14:43.
È il giorno, assieme al suo gemello, l’equinozio di primavera, più mistericamente perfetto, al punto da essere conosciuto, ed utilizzato, sin dagli antichi, anche in modi che ai noi moderni non sono del tutto chiari. Parliamo ovviamente della precessione degli equinozi, un concetto di non immediata comprensione.
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La precessione è il cambiamento, lento dell’orientamento dell’asse di rotazione terrestre rispetto alle costellazioni del Firmamento. Essa è la rotazione dell’asse attorno alla perpendicolare (come in una trottola), e avviene per la forma non perfettamente sferica del pianeta e per l’intervento gravitazionale della Luna e del Sole.
Il moto completo della precessione è di 25.772 anni circa. In gergo, si chiama suggestivamente «anno platonico». Platone aveva infatti definito nel suo dialogo Timeo il periodo di ritorno del cielo alla sua posizione iniziale come «anno perfetto». In questi quasi 26 millenni si avvicendano quindi le diverse ere astrologiche, e conseguentemente, cambia la stella polare: tra circa 13.000 anni a indicare il Nord sarà Vega e non Polaris, cioè quella che a questa altezza dell’anno platonico chiamiamo «Stella Polare».
In pratica, con il tempo l’asse della Terra (chiamato anche punto vernale, punto d’Ariete o punto Gamma) punti verso verso diverse costellazioni. Ciò ha creato l’idea che il mondo attraversi varie ere astrologiche. L’era astrologica, o era zodiacale, è la suddivisione che il pensiero magico ha dato alla storia del mondo. Essa si compone di dodici eoni, che collimano perfettamente con i dodici segni dello Zodiaco, ciascuno dei quali della durata di 2160 anni.
La scoperta della precessione è dibattuta: babilonesi, egizi, cinesi… molti hanno trovato vaghe tracce di una possibile comprensione del fenomeno dei popoli antichi.
Tuttavia, qualcuno parla di una scoperta molto precedente, risalente addirittura al Neolitico. E con implicazioni di mistero totale.
Giorgio de Santillana, un fisico ebreo romano che fuggì dal fascismo riparando in USA (dove insegnò storia della scienza al MIT di Boston) pubblicò nel 1969 uno strano libro dal titolo assai poetico, Il mulino di Amleto. Il libro, compilato con la scienziata Hertha von Dechend, è pubblicato ancora oggi in Italia dall’inevitabile editore Adelphi. L’idea alla base del volume si attirò critiche severe da parte della comunità scientifica.
Il Santillana sostiene che la conoscenza della precessione degli equinozi e delle ere astrologiche era conosciuta sin dai tempi di una non precisata civiltà megalitica capace di «insospettabile sofisticazione».
La conoscenza della precessione e del susseguirsi delle ere zodiacali sarebbe stato quindi incapsulato nelle mitologie umane, di modo da far arrivare il messaggio sino a noi. Questi misteriosi antichi avrebbero inserito la realtà del fenomeno astronomico in particolare sotto forma di una storia relativa a una macina e a un giovane protagonista (il mulino di Amleto che dà il titolo del libro è un riferimento alla figura mitologica nordica Amlóða che compare nel racconto epico islandese Edda e che avrebbe poi ispirato Guglielmo Shakespeare nella creazione dell’eroe della sua tragedia più famosa).
Il libro ricostruisce il mito di un «mulino celeste» che ruota attorno al Polo e macina il sale e la terra del mondo, ed è associato ad un vortice.
La macina che cade dalla sua struttura rappresenta il passaggio della stella polare di un’epoca (simboleggiata da un sovrano o un re di qualche tipo) ad una nuova (simboleggiata dal rovesciamento del vecchio re dell’autorità e il potenziamento del nuovo).
Secondo gli autori questi «miti del mulino» sarebbe presenti in varie mitologie mondiali, come si evincerebbe da «oggetti cosmografici di molte epoche e climi (…) Saxo Grammaticus, Snorri Sturluson (…) Firdausi, Platone, Plutarco, il Kalevala, Mahabharata, e Gilgamesh, per non dimenticare l’Africa, le Americhe e l’Oceania».
«Possiamo quindi vedere come tanti miti, all’apparenza fantastici e arbitrari, di cui il racconto greco dell’Argonauta è una progenie tardiva, possano fornire una terminologia di motivi immaginali, una sorta di codice che sta cominciando a essere decifrato» scrive Santillana in un precedente libro del 1961, Le origini del pensiero scientifico.
Tale codice segreto, scrive lo studioso, «aveva lo scopo di consentire a coloro che sapevano (A) di determinare inequivocabilmente la posizione di determinati pianeti rispetto alla terra, al firmamento e l’uno all’altro; (B) di presentare quale conoscenza ci fosse del tessuto del mondo nella forma di racconti su “come è iniziato il mondo”».
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Le implicazioni di questo pensiero sono immense. C’è un’intelligenza superiore, che giace sotto la storia?
Ma torniamo sulla Terra.
Il passare delle stagioni è qualcosa che non può lasciare indifferente un essere umano, che si ritrova a meditare – anche senza essere un giapponese dinanzi ad un albero di ciliegio – sulla bellezza e la caducità delle cose, e il loro mutare nel tempo della nostra vita.
A volte pensiamo: quanti altri equinozi, quanti altri solstizi, davanti a noi? Ammettiamo, sono pensieri che forse ai più giovani non vengono, ma è quanto sgorga naturalmente dal cuore, perché di questi attimi sappiamo ogni anno di più la preziosità assoluta.
Buon equinozio, cari lettori. Ci auguriamo che anche voi sentiate questa meraviglia che fa parte del miracolo di essere vivi. E godere della bellezza e del mistero del cosmo.
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