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Geopolitica

Neonazi americano racconta i crimini efferati degli ucronazisti

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Un neonazista americano, Kent McLellan, alias «Boneface» (faccia di ossa), che aveva combattuto per il Battaglione Azov, ha confermato che l’orribile video del 2015 dei miliziani ucraini che linciavano un uomo e una donna era autentico.

 

Il linciaggio è effettivamente avvenuto e McLellan, oggi 32enne, era lì. Lo ha detto in un’intervista del 12 novembre con Juan Sinmiedo, o «Fearless John», che gestisce un popolare canale Telegram che documenta le violazioni dei diritti umani in Ucraina

 

Nel corso degli anni, i fact-checker avevano affermato di aver «provato» che l’Azov veniva calunniato, che il video – che circolava orrendamente intitolato «Kikes Get the Rope» («gli ebrei si beccano la corda») era un falso. Il video mostrava una donna incinta e suo marito, accusati di essere ebrei e linciati dai miliziani. Secondo quanto dichiarato da McLellan, i due non erano in realtà ebrei e il loro omicidio rituale era troppo estremo anche per i suoi gusti violenti: «non avrei sostenuto un’azione del genere», dice il giovane.

 

Inoltre, McClellan ha affermato di aver scattato lui stesso delle foto ad alcuni membri della milizia «Tornado» che hanno posato con i due cadaveri.

 

Come noto, il Battaglione Tornado, sotto Arsen Avakov, capo dei servizi segreti SBU, comprendeva membri di entrambi i battaglioni Azov e Shakhtarsk.

 

McLellan riferisce inoltre di essere visibile sullo sfondo di un altro video del 2015, uno di un uomo crocifisso, che è stato poi dato alle fiamme. A proposito dei  Tornado, McLellan si riferisce al battaglione paramilitare come «di gran lunga la cosa più orribile che abbia mai visto o affrontato in vita mia».

 

Le indagini dei gruppi per i diritti occidentali hanno concluso che Tornado ha inflitto torture assolutamente brutali ai combattenti separatisti catturati e ai civili innocenti nel Donbass. I prigionieri venivano spogliati nudi, tenuti in scantinati e venivano applicate scosse elettriche ai loro genitali e ad altre parti del corpo. Alcuni detenuti sono stati costretti a stuprarsi a vicenda sotto minaccia di morte.

 

Il fondatore dei Tornado era stato condannato a  11 anni di carcere nel 2017. Tuttavia, come riportato da Renovatio 21, egli è uno dei numerosi combattenti Tornado rilasciati dal presidente Zelen’skyj dall’inizio del conflitto e inviato a combattere nelle «zone più calde» del conflitto.

 

Il Battaglione Azov ha ripetutamente negato che i suoi combattenti fossero responsabili di entrambi gli atti atroci. La loro difesa è stata che il logo Azov sulle divise dei partecipanti è «molto più grande di quanto dovrebbe essere».

 

McLellan era stato intervistato all’inizio di questo mese; qualche giorno fa la testata governativa russa in lingua inglese RT ha dato copertura a parte dell’intervista, rivelando che lo stesso McLellan è il figlio di Ken McLellan, cantante della band punk rock, Brutal Attack, assai conosciuto negli anni Novanta nei circuiti nazi-rock.

 

Originariamente uno skinhead apolitico, intorno al 2008, quando aveva 18 anni, McLellan figlio si è unito all’organizzazione «American Front» in Florida. Il ragazzo sarebbe stato  arrestato dall’FBI nel maggio 2012 durante un’indagine su piani di attacco contro minoranze etniche, scrive RT.

 

McLellan originariamente aveva aderito alla versione americana del neonazista ucraino C14, una punta di diamante di quel Pravij Sektor che emerse durante il colpo di Stato di  Maidan nella Kiev del 2014. Arrivato a Kiev nel 2014, McLellan sarebbe entrato in quello che è poi diventato il Battaglione Azov.

 

«Sembra che il governo degli Stati Uniti abbia approvato la presenza di McLellan e altri in Ucraina in quel momento. Dice di essere stato preso – non è chiaro da chi o cosa – per insegnare agli ucraini il DNS posoning [un tipo di attacco informatico, ndr], e gli americani “volevano sedersi e aiutare”» scrive RT.

 

Tornato a Kiev nel gennaio 2022 , ricongiuntosi all’Azov, è stato schierato a Mariupol’, dove ha assistito a «un sacco di cose atroci».

 

La sua testimonianza sulla situazione nella città di Azovstal è significativa. Egli descrive le prime fasi della battaglia come «un sacco di sparatorie contro assolutamente nulla, e molti soldati che non sapevano cosa fare», e sentiva che i cittadini di Mariupol «erano fortemente divisi su posizioni filo-Ucraina e pro-Russia».

 

RT riporta che «durante questo periodo, sostiene McLennan, Azov era in trattative con la CIA e il Pentagono, che «hanno condotto lì operazioni di Intelligence durante la guerra».

 

«È “l’ingerenza americana in Ucraina” che ha causato l’invasione della Russia, crede McLennan. Pur non vedendo la Russia come “la vittima”, accetta che il Paese sia stato provocato da Kiev e dall’Occidente. È molto critico nei confronti dei suoi connazionali che non sanno che esistono posti come l’Ossezia, o l’invasione della Georgia».

 

Il ragazzo tatuato rivela pure che non c’è alcuna unanimità sulla questione dell’adesione ucraina alla NATO. «Ci sono stati grandi festeggiamenti quando all’Ucraina è stata negata la NATO» racconta.

 

L’epilogo dell’avventura di Boneface in Ucraina è, se possibile, ancora più enigmatico. «Boneface è stato rispedito negli Stati Uniti “su ordine” dopo che gli agenti dei servizi di sicurezza ucraini sono stati arrestati mentre progettavano di ucciderlo in un ospedale di Kiev» riporta oscuramente la testata governativa russa.

 

Non è chiaro perché i servizi ucraini volessero ucciderlo, né perché li avessero arrestati, né come facessero a saperlo gli americani.

 

La lunga storia dell’ucronazismo si arricchisce anche di questa testimonianza, controintuitiva e spaventosa.

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Atrocità contro gli armeni in Nagorno-Karabakh: le testimonianze dei profughi

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Patrick Lancaster, giornalista americano indipendente noto per i suoi reportage sul Donbass dove si è trasferito a vivere, ha recentemente intervistato i cittadini dell’Artsakh, tra cui alcuni bambini, riguardo all’operazione militare dell’Azerbaigian. I testimoni affermano che soldati azeri avrebbero brutalmente ucciso uomini, donne e bambini innocenti.

 

Nel video postato tra  i profughi in Armenia dal Lancaster, che pare provato dai racconti, un ragazzino racconta la storia della sua fuga assieme alla famiglia nell’esodo generale degli armeni dell’Artsakh, tra la minaccia dei soldati di Baku, gli ingorghi per strada e la mancanza di cibo. Dice che i russi li hanno protetti, e che gli azeri temono l’accusa di genocidio, ciononostante hanno sparato sulle case del suo villaggio, poi alle persone. Il giovane dice che quando la sua comunità è tornata a raccogliere i corpi, hanno scoperto che ai morti erano state tagliate le braccia, le orecchie e le gambe.

 

Lancaster ha quindi parlato con una madre che stava fuggendo dalla sua terra natale con i suoi quattro figli. «Stiamo salvando le nostre vite e i nostri bambini dagli azeri», dice. «Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la nostra patria, le nostre case, la nostra storia». È la seconda volta che accade, dichiara, perché avevano già perso il loro villaggio nella guerra precedente.

 

Il marito è ancora a Stepankert e sta cercando di uscirne. Dice che ha un figlio con meno di due anni, e lo allattato al seno per tutto il tempo, perché durante il blocco non c’era niente da mangiare.

 

«Questa è storicamente la nostra terra! Avremmo dovuto vivere e morire lì! E questo è quello che ci hanno fatto! Non siamo pronti a vivere con loro. Non ci fidiamo di loro. Non sono persone pacifiche».

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Alla domanda se sia vero che gli azeri stanno tagliando gole e braccia risponde che «sì, ed è la stessa cosa nella guerra precedente. È così. Non lo so. È il loro modo di fare le cose».

 

Una signora anziana racconta che l’artiglieria è iniziata di prima mattina il 19 settembre. «Siamo corsi al rifugio. Poi i russi sono arrivati e ci hanno resi un po’ più sicuri». Poi sono stati portati all’aeroporto. «Sulla strada gli azeri sono stati gentili, ci hanno dato pane e acqua». Tuttavia, non si fida a tornare perché «tieni a mente che possono farlo ancora», riferendosi alla pulizia etnica azera.

 

 


«Un ragazzo di 19 anni, gli hanno impiantato un chiodo in testa! E poi lo hanno ucciso! È stato crudele. È stato negli anni Cinquanta e Sessanta. E poi, nel 1988, è stato fatto lo stesso a Baku Sumgait! Noi abbiamo vissuto pacificamente, ma loro non ci hanno lasciato vivere! Capite?»

 

La signora quindi dichiara al reporter americano che gli azeri «hanno ucciso dei bambini! Hanno tagliato loro la testa! Hanno ucciso anche i bambini piccoli!».

 

Un’altra donna interrompe: «è vero! al 100! Il bambino era mio parente!

 

L’anziana continua «hanno distrutto i bambini negli asili. Hanno tagliato loro braccia e gambe». Perché lo fanno? «Ci mostrano che è una guerra, fanno le cose in modo diverso».

 

«Sono terroristi, non sono esseri umani. Non c’è nulla di umano in loro. Questo è» continua la donna che dice di aver perso un bambino della sua famiglia. Lancaster dice che la donna sostiene che i suoi parenti sono stati decapitati dagli azeri.

 

Oltre 100.000 persone, ovvero oltre l’80% della popolazione dell’Artsakh nella regione del Nagorno-Karabakh, si sono trasferite la scorsa settimana a seguito dell’improvvisa azione militare dell’Azerbaigian.

 

Al momento non vi è condanna dell’ONU per l’accaduto. Nessuna vera condanna nemmeno da parte di USA, Federazione Russa, Unione Europea.

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Immagine screenshot da Rumble

 

 

 

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Geopolitica

La Russia accusa di terrorismo i comandanti ucraini

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Il comitato investigativo russo ha identificato quattro alti ufficiali militari ucraini come le menti di oltre 100 «attacchi terroristici» che hanno coinvolto droni contro infrastrutture civili.   In una dichiarazione di martedì, l’agenzia ha affermato di aver raccolto prove sufficienti per accusare i quattro comandanti in contumacia di crimini legati al terrorismo. La Russia cercherà l’arresto dei sospettati, ha affermato.   Il comitato ha nominato colpevoli il capo dell’Intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, i comandanti dell’aeronautica militare e della marina Mykola Oleshchuk e Oleksiy Neizhapa, nonché il comandante del 383° reggimento droni dell’aeronautica militare Sergey Purdenyuk. I loro presunti reati sono avvenuti tra aprile 2022 e settembre 2023, scrive RT.   Funzionari russi accusano regolarmente Kiev di lanciare droni kamikaze ad ala fissa contro obiettivi all’interno della Russia. Alti funzionari ucraini definiscono pubblicamente questi droni «non identificati», ma fanno poco per negare la responsabilità del loro Paese per gli attacchi.

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Il programma semisegreto dei droni era stato dettagliato in agosto dalla rivista britannica The Economist, dove si spiegava come gli sviluppatori di droni concorrenti a volte conducano operazioni che «sembrano progetti di pubbliche relazioni progettati per portare un prototipo all’attenzione dei capi degli appalti, piuttosto che avere valore militare».   C’è anche un aspetto di guerra psicologica nel lanciare «attacchi da prima pagina» contro obiettivi civili come il centro finanziario di Mosca, affermava l’articolo.   Budanov, che è probabilmente il funzionario più coinvolto dai media tra i quattro ucraini accusati, ha dichiarato allo stesso quotidiano il mese scorso che la sua agenzia ha cercato di sconvolgere l’economia russa, anche costringendo gli aeroporti di Mosca e San Pietroburgo a chiudere durante i raid dei droni. Il capo dell’Intelligence militare di Kiev ha affermato che gli attacchi hanno causato «zero» vittime civili in Russia, contrariamente a quanto riportato dai resoconti locali.   Media russi avevano dato Budanov per morto quattro mesi fa dopo un attacco con missili di precisione al servizio militare ucraino. Lo stesso presidente russo Vladimir Putin aveva confermato a fine maggio che il quartier generale della GUR era uno degli obiettivi dell’attacco russo. Il ministero della Difesa russo aveva affermato che tutti gli «obiettivi designati» sono stati colpiti con successo.   A maggio, Budanov aveva promesso di «continuare a uccidere russi ovunque sulla faccia della terra fino alla completa vittoria dell’Ucraina», rivendicando la responsabilità del presunto assassinio di «molti» personaggi pubblici russi, senza però fornire alcun nome   Il Cremlino ha successivamente affermato che le parole di Budanov dimostrano solo che il presidente russo Vladimir Putin aveva ragione quando ha lanciato l’operazione militare russa in Ucraina. «Stiamo essenzialmente parlando di una nazione che è di fatto uno sponsor del terrorismo», aveva detto il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, ai media russi a metà maggio in risposta alle parole di Budanov.

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La Polonia introduce controlli alle frontiere con gli altri Paesi Schengen

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Il governo polacco attuerà controlli temporanei alla frontiera con la Slovacchia a causa del crescente numero di migranti illegali che cercano di entrare in Germania attraverso la rotta balcanica, ha annunciato martedì in una conferenza stampa il ministro degli Interni Mariusz Kaminski. Misure simili sono state adottate anche dai governi di Austria e Repubblica Ceca.

 

Kaminski ha dichiarato che solo nelle ultime due settimane le autorità polacche hanno individuato e arrestato un totale di 551 migranti illegali alla frontiera e che il numero di migranti illegali è aumentato del 1000% rispetto allo scorso anno.

 

Sia la Polonia che la Slovacchia fanno parte della zona Schengen, il che significa che di solito non esistono controlli standard alle frontiere tra le due nazioni.

 

Varsavia ha affermato che le nuove misure verranno introdotte per un periodo iniziale di dieci giorni. Il comandante della guardia di frontiera polacca, Tomasz Praga, ha osservato che i controlli potranno successivamente essere rinnovati per periodi non superiori a 20 giorni. Un altro rappresentante delle guardie di frontiera ha inoltre affermato durante la conferenza stampa che il periodo totale durante il quale i controlli alle frontiere possono essere ripristinati non può superare i due mesi.

 

«Intraprendiamo tali azioni perché siamo uno Stato responsabile. Stiamo difendendo efficacemente il confine con la Bielorussia e speriamo che il problema nei Balcani e sul confine polacco-slovacco venga risolto in modo efficace», ha affermato Kaminski.

 

Il ministro degli Interni ha accusato le politiche di Bruxelles dell’ondata di rifugiati, affermando che la politica migratoria dell’UE è «irresponsabile e inadeguata alla realtà».

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«L’unica risposta adeguata all’ondata di migrazione illegale è una dura protezione delle frontiere esterne dell’UE e un cambiamento nel sistema di asilo», ha affermato.

 

Nel frattempo anche la Repubblica Ceca e l’Austria hanno annunciato i controlli alle frontiere con la Slovacchia che inizieranno a mezzanotte e dureranno inizialmente dieci giorni. Il primo ministro ceco Petr Fiala ha dichiarato che «grazie alle ispezioni saremo in grado di garantire ancora meglio la sicurezza dei nostri cittadini», sottolineando che Praga combatte attivamente i trafficanti e i «commercianti di miseria umana».

 

Anche il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner ha affermato che lo scopo dei controlli è impedire ai trafficanti di intraprendere rotte alternative verso l’UE attraverso l’Austria.

 

Il mese scorso, le autorità tedesche hanno anche denunciato l’afflusso di richiedenti asilo nel paese e hanno introdotto pattuglie di polizia ai confini con la Polonia e la Repubblica ceca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che il numero di rifugiati che arrivano in Germania è «troppo elevato» e ha insistito sulla necessità di cambiare la situazione migratoria.

 

«Le cose non possono rimanere come sono adesso: più del 70% di tutti i rifugiati che arrivano in Germania non sono stati registrati in anticipo, anche se quasi tutti sono stati in un altro Paese dell’UE», ha detto Scholz.

 

A qualcuno potrebbero tornare alla mente – perché certe cose non si dimenticano – i sacri confini di Schengen invocati dall’allora premier Conte a inizio pandemia. Ovviamente Schengen fu sospesa, con i valichi dall’Italia considerata infetta chiusi dai Paesi limitrofi, e le famiglie a Gorizia che dovevano parlarsi attraverso una rete di confine.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Austria dieci mesi fa ha di fatto rigettato il sistema Schengen attuando un blocco per gli ingressi di Romania e Bulgaria. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer un mese fa ha ribadito che il sistema di immigrazione della UE «è rotto da anni».

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 Immagine di Janusz Jurzyk via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

 

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