Scuola
INVALSI e PNRR: a scuola nasce il mostro tecnocratico-predittivo che segnerà il futuro dei nostri figli
Il PNRR, che vomita denaro a fiotti, ha inondato di dobloni anche l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione), il quale se ne esce in grande spolvero col trucco rifatto. Beninteso, è sempre il mostro di prima, ma tirato a lustro, e finalmente libero di esibire tutte le perverse potenzialità con cui era stato concepito nel lontano 1999. Perché i tempi, ora, sono maturi.
Come per gli altri mille tentacoli dell’apparato – una giungla di sigle cacofoniche che sbucano da ognidove – anche l’evoluzione dell’INVALSI serve l’obiettivo principe di completare il processo di smaterializzazione e disumanizzazione di tutto quanto su questa terra pulsi di vita. E il mondo della scuola è, per sua natura, un concentrato di vita: per questo è urgente intrappolarlo nella prigione ermetica del digitale, neutralizzando tutto il suo contenuto di carne e di spirito.
L’INVALSI è uno strumento di valutazione, che opera attraverso la somministrazione di test standardizzati composti da quesiti a risposta chiusa o a risposta aperta univoca.
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Inizialmente ce lo avevano venduto come strumento di valutazione delle scuole, e non degli studenti: l’analisi dei risultati su larga scala avrebbe permesso – ci era detto – di monitorare l’andamento generale del sistema scolastico. Ci avevano altresì venduto le prove come non obbligatorie, e infatti qualcuno le schivava, infastidito da tutte quelle richieste di informazioni su status familiare, titoli di studio e professione dei genitori, numero di locali in casa, numero di auto possedute, di libri, eccetera eccetera. Insomma, con la scusa di valutare le scuole, qualcuno intanto acquisiva una fotografia socio-economica delle famiglie, scattata dai figli.
Ci avevano assicurato che, comunque, tutto si svolgeva in regime di totale anonimato, non essendo possibile risalire in nessun modo dai codici alfanumerici all’identità dell’autore della prova.
Di fatto, l’INVALSI ha invaso le scuole e, grazie alla carica intimidatoria insita nella sua funzione, si è circondato di un’aura di sacralità, fino a convincere molti docenti a sperperare ore su ore di lezione ad allenare gli sventurati alunni con batterie di test a crocette, invece che insegnare la propria materia. Perché sì, accade anche questo: la didattica tarata sull’INVALSI.
Comunque, non tutti se l’erano bevuta. C’era qualcosa che non tornava nel libretto di istruzioni dello strambo marchingegno.
E infatti, un po’ alla volta, il mostro è sbocciato, secondo la sua natura. A un certo punto le prove Invalsi sono diventate propedeutiche agli esami di terza media e di maturità, cioè requisito necessario per l’ammissione, cioè obbligatorie. Ma non è finita là. Ora, il decreto legge PNRR stabilisce che i risultati delle prove Invalsi entreranno a fare parte del curriculum dello studente allegato al diploma finale di scuola superiore e contenuto nell’E-Portfolio cui si accede tramite la piattaforma Unica. Il mostro si è finalmente trasfigurato.
Conviene aprire una breve parentesi per spiegare a grandi linee cos’è UNICA. A proposito di mostri. Ce la presentano come un sublime incrocio tra: una scatola nera (sic!), perché contiene e ricorda tutto ciò che uno studente ha fatto nel suo percorso scolastico; una piazza virtuale, a cui possono avere accesso docenti, famiglie, tutor, orientatori, e chi più ne ha più ne metta; e una bussola, che serve a capire dove andare. O meglio: dove altri vogliono farti andare.
UNICA è una piattaforma nella quale vengono raccolti tutti i dati di tutti gli studenti italiani, e che promette di far dialogare gli studenti con le famiglie, il territorio, le imprese, le università, nonché di realizzare i quattro obiettivi fondamentali della scuola 4.0, che sono: orientamento, personalizzazione, digitalizzazione, semplificazione (le quattro parole d’ordine del ministro che sintetizzano la devastazione in programma). INVALSI stesso suggerisce agli studenti di scaricare le certificazioni ottenute in italiano, matematica, inglese, «per arricchire il proprio curriculum o e-portfolio, evidenziare i livelli di competenze raggiunti sui social network o su altre piattaforme professionali, fornire una rappresentazione visiva delle proprie competenze su un sito web»; insomma, per farsi profilare al meglio, anche attraverso un Open Badge (ed ecco spuntare un altro mostro).
Dunque, come si diceva, con l’avvento del PNRR i risultati delle prove INVALSI, stabiliti insindacabilmente dagli algoritmi, entreranno a fare parte del curriculum dello studente contenuto nell’E-Portfolio che sta nella piattaforma Unica. Cioè, il curriculum si arricchirà di una specifica sezione dedicata ai livelli di apprendimento raggiunti nelle prove Invalsi per ciascuna disciplina.
L’inserimento dei risultati INVALSI nel curriculum dello studente consentirebbe – così ci è detto – oltre al riconoscimento delle competenze acquisite durante il percorso formativo, anche la valorizzazione delle eccellenze, ovvero di «premiare gli studenti che si sono distinti nelle diverse discipline, offrendo loro un vantaggio in vista di future attività formative e lavorative».
Dal che risulta evidente come, nella mens del legislatore, i dati raccolti e immortalati nel profilo virtuale dello studente lungo il corso della sua storia personale sono tali da condizionarne le opportunità future. Vale a dire che sono in grado di rappresentare, nel bene e nel male, uno stigma indelebile.
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Ciò significa che, all’esito di una specifica prestazione, localizzata nel tempo e nello spazio, viene ricondotta la etichettatura definitiva di un soggetto in via di formazione: l’etichetta scolpita nella memoria delle banche dati gli resterà appiccicata addosso, facendo strame del suo potenziale di crescita e di maturazione, delle metamorfosi imprevedibili, delle salite e delle discese, delle cadute e dei miracoli che costellano la vita di ogni essere umano, soprattutto se in fase di crescita.
Le sorti dell’umano, insomma, le decide in anticipo la macchina valutando delle crocette sulla base di automatismi imponderabili, senza che all’umano sia possibile financo verificare ex post la correttezza del procedimento usato e del risultato ottenuto dalla macchina, e quindi senza alcuna possibilità di ripeterlo e di correggerlo, e nemmeno di ottenerne l’oblio.
È evidente dunque che, attraverso il PNRR e la sovrastruttura tecnologica che ad esso è legata, è stato portato a compimento un mastodontico piano di raccolta dati (non solo relativi al rendimento scolastico, ma anche al contesto sociale e culturale di appartenenza) e di schedatura capillare degli studenti italiani affidata integralmente agli algoritmi e affrancata da qualsiasi interferenza umana.
Dal 2022, INVALSI ha introdotto un nuovo indicatore individuale per identificare gli studenti in condizione di fragilità, alla cui scuola di appartenenza saranno destinate risorse aggiuntive per attuare didattiche differenziate.
Si tratta di un bollino assegnato sempre algoritmicamente in base ai risultati dei test standardizzati, il quale, certificando il rischio di dispersione implicita o abbandono scolastico, permetterebbe di predisporre precocemente misure ad hoc, non si sa bene di che tipo. Ne ha scritto diffusamente Rossella Latempa su Roars: qui, qui e qui, e a lei si rimanda per un’analisi più approfondita del tema.
È chiaro che INVALSI, in questo modo, assume una funzione non più solo valutativa, ma anche predittiva, intestandosi un’operazione di schedatura di massa degli studenti supposti fragili. Lo ha confermato il suo presidente Roberto Ricci, nel maldestro tentativo di negare tutto: «Nessuna certificazione, nessuna etichettatura. L’idea è proprio quella di fornire indicatori che probabilisticamente individuano dei fragili. Come dire: se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati rischi, e mi controllerò per prevenirli. Un’altra lettura delle cose favorisce l’oscurantismo». Commento che si commenta da solo.
Egli poi, sempre tentando di negarlo, ammette anche che i codici identificativi consentono di associare il valore dell’indicatore di fragilità alla scheda personale di ogni studente; e che il bollino viene loro appiccicato a totale insaputa delle famiglie. Un capolavoro assoluto di trasparenza e di democrazia, non c’è che dire.
Tutta la procedura si dispiega al riparo da ogni controllo esterno; non è contestabile né riproducibile; sono ignoti i criteri utilizzati per segnare la soglia di fragilità, tutto è secretato. I risultati, come dice Latempa, vanno accettati come puro atto di fede. Ipse (dove ipse è INVALSI) dixit.
Le parole della stessa Autorità Garante per la protezione dei dati personali (in un recente dibattito dal titolo: «Intelligenza artificiale: come proteggere i dati e come utilizzarli per la dispersione scolastica?») rendono ragione della gravità di questo potenziamento dell’INVALSI con la ridefinizione dei test in senso predittivo. Di seguito alcuni stralci del suo discorso, riportati qui.
«Quando uniamo IA e dati la miscela diventa esplosiva. I dati sono di fatto proiezioni, frammenti dell’identità di una persona. Messi insieme rappresentano la persona. Il chi siamo nella dimensione digitale». E ancora: «In una stagione in cui il tecnologicamente impossibile non esiste più e il tecnologicamente possibile è tutto, se cedo all’idea che quello che è tecnologicamente possibile e legittimo è democraticamente sostenibile, il risultato finale (…) è che il governo diventa della tecnologia. La tecnocrazia travolge la democrazia perché la vera regola la fissa la soluzione tecnologica (…) Rischiamo di consegnarci mani e piedi agli algoritmi e alla tecnologia (…) che esce dai laboratori di ricerca ormai sempre più nelle mani dei privati e quindi è sviluppata nel loro legittimo interesse».
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Il Garante ha fatto anche un esempio delle aberrazioni cui questo sistema può condurre:
«Pensiamo all’accesso abusivo a quell’informazione con il dato di Paolo Rossi, che per colpa di un algoritmo che ha messo in fila in maniera non corretta dei fattori si ritrova classificato come a rischio dispersione, poi quando quello proverà ad entrare in un’Università X o Y che cerca solo quelli bravi resterà fuori dalla porta; o quando ci sarà qualcuno che dovrà selezionarlo per un lavoro e avrà accesso ai dati dirà ma era addirittura “a rischio dispersione”». È solo un esempio, e nemmeno il più grave, nel panopticon che ci aspetta.
Per concludere. Attraverso una valutazione standardizzata che fuoriesce completamente dal controllo umano si pretende non soltanto di fotografare il presente, in termini di livello di apprendimento dello studente, ma anche di prevedere statisticamente i futuri possibili e di intervenire per modificarli; si pretende, tecnicamente, di influenzare il futuro ingabbiando le vite in fiore dentro una prigione informatica dalla quale diventa impossibile evadere.
Come dice Rossella Latempa, «L’effetto immediato è quello di rendere presenti quei futuri selezionati come più probabili, non solo attraverso la classificazione individuale, la cui traccia sociale è imprevedibile, ma soprattutto per mezzo della catena di interventi attivati (progetti di potenziamento didattico, recupero…)». In sostanza, dice sempre Latempa: «la valutazione automatizzata è un processo performativo, cioè coinvolto nella creazione della realtà che pretende di rappresentare. Il potere auto-rappresentante di una classificazione come quella di fragilità emessa dall’INVALSI non è paragonabile al giudizio umano di un insegnante, negoziabile e revisionabile. Automatizzare le valutazioni significa naturalizzare le disuguaglianze e rafforzarle».
Nell’incommensurabilità tra il giudizio umano, che implica una relazione interpersonale in divenire, e la tassonomia computerizzata, che sigilla una prestazione in un dato indelebile, risiede il nucleo di questa perversione.
Insomma, la mole imponente di dati raccolti dall’INVALSI per ciascuno studente lungo tutto il corso della sua carriera scolastica alimenta un database da cui trarre informazioni personali e premonizioni oracolari. In pratica, un mostro cibernetico inafferrabile – programmato e reso onnipotente da frotte di poveri nerd inconsapevoli – traccia e pilota le biografie dei nostri figli, obbligati a viaggiare per la vita ciascuno con la propria scatola nera cucita addosso. Non per nulla li chiamano «capitale umano».
Non bisogna dimenticare, a margine, la contestuale stretta sul cosiddetto «orientamento», il quale – sempre grazie al decreto PNRR – si avvia a grandi passi a diventare vincolante, ovvero sottratto alla volontà della famiglia (nel sito del MIM si legge: «si valorizza il consiglio di orientamento, rilasciato dalle istituzioni scolastiche agli alunni della classe terza della Scuola secondaria di I grado, demandando a un decreto del Ministro l’adozione di un modello unico nazionale di consiglio di orientamento, da integrare nell’E-Portfolio». Se ne parla più diffusamente qui).
Ecco a voi le meraviglie del progresso. Chi in questi anni avvertiva qualche disagio nel prestare la prole ai rilevamenti statistici richiesti per il miglioramento della scuola, della specie, dell’ecosistema, del pianeta; chi magari pensava addirittura che l’INVALSI, in realtà, fosse una polpetta avvelenata a lento rilascio, beh, ora sa che aveva ragione.
Stavano preparando il pasto perpetuo per il gigantesco Minotauro tecnocratico. Aspettiamo Teseo.
Elisabetta Frezza
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Polonia, si intensifica il braccio di ferro tra Chiesa e Stato
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Scuola
«Volontariato» satanista nelle scuole pubbliche: Carducci gode
Le scuole pubbliche in Florida potrebbero presto essere invase da membri del Tempio Satanico, poiché il governatore Ron DeSantis ha lanciato un appello per più consulenti scolastici in seguito alla firma di una legge statale che consente ai cappellani religiosi di entrare nelle scuole pubbliche a causa della carenza di personale.
Il disegno di legge 931, entrato in vigore questo luglio, consente alle organizzazioni esterne di fornire «ulteriore consulenza e supporto agli studenti». DeSantis ha chiarito che la legge è intesa come un mezzo per reintrodurre legalmente i valori cristiani nell’istruzione pubblica.
Tuttavia, il disegno di legge ha lasciato l’attuazione dei programmi di cappellania ai singoli distretti scolastici e richiede alle scuole solo di elencare la religione del volontario «se ne ha una».
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La nota organizzazione chiamata Satanic Temple («Tempio Satanico) vede questa come un’opportunità per sfidare il favoritismo incostituzionale verso il cristianesimo. Il co-fondatore e portavoce del Satanic Temple, Lucien Greaves, ha sostenuto che se ai cappellani cristiani viene concesso l’accesso agli studenti, allora dovrebbe esserlo anche ai loro membri, per mantenere la separazione tra chiesa e stato.
«Ci sono teocrati che spingono sempre più in là, firmando leggi incostituzionali e realizzano che non ci sono conseguenze», ha dichiarato il Greaves. «Stanno dando a tutti l’impressione che questo tipo di cose siano legali, che questo è solo l’ambiente in cui viviamo. E in questo modo, stanno davvero desensibilizzando le persone a quando queste cose hanno effettivamente effetto, o quando sono sostenute da un giudice corrotto che sta solo giocando a politica di parte».
Il Greaves, riconoscibile per l’occhio di vetro non esattamente rassicurante, ha assicurato che non ci sono piani per introdurre studi sulle arti oscure o rituali satanici nelle aule scolastiche. Al contrario, dice, il Satanic Temple vede Satana come un simbolo di ribellione e resistenza all’autoritarismo, e i volontari del Satanic Temple useranno presumibilmente le loro piattaforme per denunciare chiare violazioni della separazione tra chiesa e stato protetta dalla costituzione.
Si tratta delle posizioni di quello che è classicamente definito come «Satanismo razionalista», sul solco del pensiero massonico di personaggi come il premio Nobel Giosuè Carducci, il cui inno A Satana si trova ancora in vari libri di testo della scuola pubblica italiana a fianco di altri versi da vomito come «la nebbia agli irti colli / piovigginando sale»: poesie da cui la poesia fugge urlando, ma che evidentemente per motivi extraletterari (e cioè massonici, e cioè satanici) sono mandati giù a memoria da generazioni di italiani vittime del canone letterario antireligioso programmato per l’istruzione dell’Italia unita da grembiulini come il critico e storico letterario più volte ministro dell’istruzione Francesco De Sanctis (1817-1883).
Passando da De Sanctis a DeSantis, bisogna rilevare che finora almeno nessun distretto scolastico della Florida ha annunciato la propria partecipazione al programma dei cappellani, dato che le scuole sono attualmente in pausa estiva. Tuttavia, Greaves ha affermato che i membri del Satanic Temple sono pronti a fare volontariato una volta che i distretti inizieranno a iscriversi.
Il Satanic Temple è riconosciuto come un’organizzazione religiosa dagli Stati Uniti che sostiene il pluralismo religioso e l’uguaglianza dei diritti. Alcune delle sue campagne di alto profilo includono i controversi club del «doposcuola di Satana» e la proposta di installare una statua in bronzo alta sette piedi della divinità occulta Baphomet presso l’edificio del Campidoglio dello Stato dell’Oklahoma a Oklahoma City.
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Durante la firma del disegno di legge ad aprile, DeSantis aveva chiarito che la nuova legge non avrebbe permesso ai membri del Tempio Satanico di prestare servizio come cappellani scolastici.
«Alcuni hanno detto che se si fa un programma di cappellani scolastici, in qualche modo, si avranno satanisti in giro in tutte le nostre scuole. Non stiamo giocando a quei giochi in Florida. Non devi preoccuparti di questo», ha detto all’epoca.
La Freedom From Religion Foundation (FFRF) ha prontamente pubblicato una dura replica, sottolineando le contraddizioni intrinseche nella premessa del disegno di legge.
«È stato avanzato con la promessa che le posizioni di cappellano nelle scuole pubbliche sarebbero state aperte a tutti e che i cappellani avrebbero fornito consulenza spirituale agli studenti che lo desideravano, ma non avrebbero fatto proselitismo o costretto gli studenti ad attività religiose», ha affermato la FFRF. «Quando i distretti scolastici della Florida prendono in considerazione questa nuova legge, ora sanno che quelle promesse erano false».
«Se non ci si aspetta che i cappellani impongano la loro religione agli studenti, perché DeSantis e altri dovrebbero essere così preoccupati di escludere i cappellani dalle religioni minoritarie sfavorite?» ha continuato la FFRF. «La garanzia che la legge non favorirà i cappellani cristiani è stata una sfacciata menzogna fin dall’inizio».
«Quando [DeSantis] è salito sul podio e ha detto alla gente che avrebbero messo dei cappellani nelle scuole, ma ai satanisti non sarebbe stato permesso, stava mentendo ai distretti scolastici e li ha esposti a una responsabilità che non avrebbe coperto», ha detto il satanista Greaves. «Non c’era nulla di scritto nella legge che ci avrebbe esclusi. Non può semplicemente dichiarare qualcosa del genere per decreto e aspettarsi che venga trattato come una legge, e se non lo capisce, il che probabilmente non lo capisce davvero, ovviamente non ha alcun posto come governatore».
Come riportato da Renovatio 21, il Satanic Temple sta continuando i tentativi di revocare il divieto di aborto negli Stati USA pro-vita intentando azioni legali sostenendo che l’aborto è parte della loro religione. La stessa idea di feticidio come sacramento religioso, va ricordato, è portata avanti anche diverse organizzazioni ebraiche.
Il Tempio Satanico ha creato un rituale di aborto che, a suo avviso, esenterà le donne dalle leggi dei loro Stati, riporta Epoch Times. Il rituale, insieme alla nuova clinica per aborti della TST nel Nuovo Messico, è stato presentato con entusiasmo sulla rivista Cosmopolitan di novembre.
Il rituale dell’aborto del Satanic Temple prevede la recitazione di due principi del gruppo e rafforza l’idea di «autonomia corporea» cara alle femministe e al goscismo generico, anche se ne sono totalmente dimenticati al momento dell’obbligo vaccinale mRNA. Del resto, ricordiamo en passant, agli incontri del Tempio Satanico si entra solo se plurivaccinati, mascherinati e greenpassati: è ci mancherebbe che non fosse così.
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Il gruppo aveva fatto notizia lo scorso Natale per aver allestito per Natale, nel Campidoglio dell’Iowa un altarino satanico con una testa di capra montata sopra vesti rosso sangue – una rappresentazione del demonio-Bafometto che ha condiviso lo spazio con un’esposizione natalizia finché non è stata decapitata da un veterano dell’esercito USA, ora accusato di crimine d’odio.
Renovatio 21 ritiene che i ragazzi del Tempio Satanico vadano in ultima analisi ringraziati: fanno detonare così, una volta per tutte, la balla dello Stato laico, completamente insostenibile nel medio e lungo periodo.
Pochi, tuttavia, hanno il coraggio di vedere quale è la vera conclusione da trarre: uno Stato cristiano è l’unica via nella quale la civiltà può procedere. Lo Stato aconfessionale genera giocoforza al suo interno tumori socio-spirituali che lo portano alla morte, e ad essi, per la farsa che cui poi vogliono dare il nome di «democrazia», deve conferire la piena legittimità – il tutto mentre il Cristianismo e la vita umana stessa divengono oggetto di persecuzione.
Nel frattempo, cari amanti della scuola pubblica laica, tenetevi gli inni satanici di Carducci nei libri dei vostri figli. Altro che teoria del gender.
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Pensiero
La scuola e l’eclissi della parola. Intervento di Elisabetta Frezza al convegno presso la Camera dei Deputati
- nel 1997 l’autonomia scolastica ha aperto gli istituti al territorio e li ha incoraggiati ad avventurarsi in ogni genere di sperimentazione, creando per questa via un surreale clima di competizione mercatista tra le varie scuole;
- nel 2015 la cosiddetta «buona scuola», tra l’altro (tra molto altro), ha fatto delle innovazioni didattiche – qualunque fosse il loro risultato – una sorta di obbligo e un titolo per accedere alle premialità;
- nel 2019 la legge istitutiva della «nuova educazione civica» ha sfruttato quest’etichetta dal suono familiare e rassicurante per inondare l’orario curricolare di contenuti ad alto tasso ideologico (il piatto forte è l’Agenda 2030, nuovo libro sacro sui cui dogmi catechizzare, dall’asilo fino all’università, schiere di fedeli), contribuendo pesantemente a relegare la didattica delle discipline – già tanto sacrificata da attività estemporanee di ogni genere, spesso scadenti se non addirittura imbarazzanti – in uno spazio che si può a buon diritto definire residuale.
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