Economia
Apocalisse e decrescita: a lavoro solo con il Green Pass. Confindustria discute la distruzione dell’articolo 1 della Costituzione Italiana?
Secondo lo scoop del quotidiano romano Il Tempo, una lettera circolante nelle alte sfere di Confindustria – la maggiore organizzazione che rappresenterebbe le grandi aziende italiani – starebbe discutendo il green pass come condizione necessaria per accedere alle aziende in cui si lavora. Se il dipendente non volesse sottomettersi, si dovrebbe pensarlo o a relegarlo ad altre mansioni o – come già nel caso dei sanitari – lasciarlo a casa senza stipendio.
«Nonostante la campagna vaccinale abbia registrato finora un buon andamento, numerose imprese associate hanno segnalato la presenza di percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione, esponendo di fatto ad un maggior rischio di contrarre il virus se stessi e la pluralità di soggetti a cui direttamente o indirettamente entrano in contatto condividendo in maniera continuativa gli ambienti di lavoro».
La contorsione è encomiabile: pare addirittura che ai lavoratori non vaccinati si voglia levare il lavoro (e i mezzi di sussistenza: a loro e alle centinaia di migliaia di famiglie che sostengono) per il loro bene. Del resto, i geni confindustriali stanno alla larga dalla logica per cui ad essere in pericolo non può essere la «pluralità di soggetti» vaccinati che entra in contatto con l’operaio no-vax
La contorsione è encomiabile: pare addirittura che ai lavoratori non vaccinati si voglia levare il lavoro (e i mezzi di sussistenza: a loro e alle centinaia di migliaia di famiglie che sostengono) per il loro bene. Del resto, i geni confindustriali stanno alla larga dalla logica per cui ad essere in pericolo non può essere la «pluralità di soggetti» vaccinati che entra in contatto con l’operaio no-vax. Perché, se i vaccinati sono a rischio, cosa si sono vaccinati a fare?
Sorvoliamo pure sull’idea, oramai corroborata anche in dichiarazione TV di vari «esperti» ultravaccinisti, per cui a creare le varianti non sarebbero i non-vaccinati, ma proprio i vaccinati: non possiamo chiedere alla compagine dei sedicenti padroni del vapore, per tanti anni ossequiosi di agenti della Necrocultura come alcuni membri della famiglia Agnelli, troppi sforzi di intelligenza.
La lettera prosegue:
«Al fine di tutelare tutti i lavoratori e lo svolgimento dei processi produttivi, nel pieno rispetto delle libertà individuali, Confindustria ha proposto l’estensione dell’utilizzo delle certificazioni verdi (green pass) per accedere ai contesti aziendali, avviando interlocuzioni con il governo ai fini di una soluzione normativa in tal senso».
Capito? Per tutelare i lavoratori (che interessano i padroni delle mega-aziende sempre moltissimo) e i «processi produttivi» (che interessano ancora di più), è la stessa associazione industriale a muovere sul governo per poterli lasciare a casa. Viene da pensare al malizioso: non è che sia quello il fine recondito? Avere la giustificazione, in un quadro di economia in contrazione spaventosa, di licenziare masse intere di lavoratori nel silenzio di politica e sindacati? Sono pensieri maliziosi da cui ci dissociamo: sono gli stessi che fanno quei complottisti che credono che ciò che sta accadendo serva ad un piano di riduzione della popolazione terrestre, di eliminazione nemmeno più graduale delle masse umane parassite del pianeta, come era suggerito in un video emanato dal fondatore di un partito al governo.
Dall’espansione si passa al decremento – la decrescita di cui si riempiono la bocca le varie sfumature di ecofascismo ora al potere in Italia e in tutti gli ambiti transnazionali. Le grandi aziende, che dovrebbero avere come imperativo per sé e per i propri stakeholder (e i propri lavoratori…) la crescita economica, si stanno solo adeguando
Dall’espansione si passa al decremento – la decrescita di cui si riempiono la bocca le varie sfumature di ecofascismo ora al potere in Italia e in tutti gli ambiti transnazionali. Le grandi aziende, che dovrebbero avere come imperativo per sé e per i propri stakeholder (e i propri lavoratori…) la crescita economica, si stanno solo adeguando. Della mutazione in corso Renovatio 21 ha pubblicato alcuni articoli del professore della New York University Michael Rectenwald: il capitalismo sta mutando profondamente, al punto che (molto controintuitivamente) pare non sia più nemmeno il profitto a muovere le scelte economiche delle grandi aziende.
Il compianto Gianni Collu lo aveva capito più di 40 anni fa. Studioso marxista, si era resto conto che mentre le lotte operaie sognavano ancora una rivoluzione di fabbriche che fabbricano e proletari e fanno prole, i padroni del vapore – ad esempio il Club di Roma, dove i grandi industriali come gli Agnelli e i Rockefeller si accompagnavano a reali e potenti di ogni parte del globo – non volevano fabbricare più nulla, anzi: volevano deindustrializzare l’economia, e, più importante, de-umanizzare il pianeta. Concetti di fallacia assoluta come quello di «Bomba demografica» (inventato dall’entomologo Paul Ehrlich, le cui previsioni sono state sbugiardate tutte; era dimenticato, lo ha ripescato il Vaticano di Francesco invitandolo ai suoi lavori di econazismo anticristico) o di «Limiti della crescita» (titolo dello MIT che Peccei finanziò al MIT di Boston) nacquero lì, e da lì il loro traino su giornali, riviste, TV, film, università… sino a Casaleggio (che elogia il Club di Roma nei suoi libri) e Greta Thunberg.
Il titolo del libro, ora introvabile (e, ad occhio, de-amazonizzato), era Apocalisse e rivoluzione. Dall’idea della rivoluzione, diceva il marxista Collu, siamo passati all’idea di apocalisse. Dall’espansione alla contrazione: il cambio di paradigma è totale, e il suo costo è misurabile in vite umane perdute, impedite, spente, sacrificate al niente.
Ma restiamo terra-terra.
Dall’espansione alla contrazione: il cambio di paradigma è totale, e il suo costo è misurabile in vite umane perdute, impedite, spente, sacrificate al niente
«La posizione assunta da Confindustria – continuano stralici della lettera captata da Il Tempo citati anche da La Verità – è che l’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro. In diretta conseguenza di ciò, il datore ove possibile potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dall’azienda».
Fermi tutti: i maliziosi che pensano che una simile situazione potrebbe permettere licenziamenti facili si sbagliano di grosso. Ci immaginiamo la fila di aziende che, in un impeto filantropico travolgente, cercano forsennatamente nuove mansioni a cui affidare «il soggetto», e notate bene l’uso di questa parola, che non suona né come «lavoratore» né come «persona». Insomma, tante aziende, invece che lasciare a casa i «soggetti» non-vaccinati con sgravio rilevante sul loro bilancio in tempo di crisi, non vedranno l’ora di pagarli per fare qualcosa per cui non sono nemmeno stati assunti.
Non una grinza.
In realtà, per sistemare i «soggetti» in azienda potrebbero non servire leggi e circolari governative, sindacali, confindustriali: basterà, ne siamo certi, l’emarginazione quando non la vera e propria persecuzioni da parte dei colleghi siringati a cui la classe lavoratrice bio-dissidente sarà esposta
In realtà, per sistemare i «soggetti» in azienda potrebbero non servire leggi e circolari governative, sindacali, confindustriali: basterà, ne siamo certi, l’emarginazione quando non la vera e propria persecuzioni da parte dei colleghi siringati a cui la classe lavoratrice bio-dissidente sarà esposta.
Renovatio 21 ha raccolto nelle ultime ore diverse testimonianze raccapriccianti che ricoprono tutto l’arco delle professioni umane, perché i redpillati, coloro che si sono svegliati davanti a questo disegno di morte, sono in tutti i lavori, in tutte le etnie, in tutte le classi sociali, in tutti i background culturali.
Un impiegato che teme gli sarà interdetto di entrare nel suo ufficio.
Un’indossatrice a cui, in barba a diritti, decreti, Privacy, GDPR, etc. viene chiesto un certificato anche solo per indossare degli abiti in un grande stanzone.
È impossibile non osservare chiaramente all’opera nemmeno quell’idea di discriminazione per la quale la Nazionale di calcio ha stupidamente prestato il ginocchio. Di più: è impossibile non pensare che questo, che parte con microagressioni e ordini da kapò, non si possa trasformare in veri e propri pogrom contro i renitenti alla puntura di mRNA sintetico
Un lavoratore nel campo della metalmeccanica, attaccato durante la pausa pranzo da un collega che lo ha accusato, in quanto non vaccinato, di essere la causa di tutta questa situazione, e soprattutto delle varianti.
È impossibile non osservare chiaramente all’opera nemmeno quell’idea di discriminazione per la quale la Nazionale di calcio ha stupidamente prestato il ginocchio. Di più: è impossibile non pensare che questo, che parte con microagressioni e ordini da kapò, non si possa trasformare in veri e propri pogrom contro i renitenti alla puntura di mRNA sintetico.
E poi ancora: hanno scritto e telefonato in molti a Renovatio 21 perché, fuor di COVID, piovono lettere ai genitori degli alunni che devono andare alle elementari: la legge non prevede che il bambino non vaccinato non sia ammesso allo studio, tuttavia lettere in cui si invita rigidamente a presentare la documentazione fioccano ovunque, talvolta anche sotto forma di raccomandata.
Ma torniamo ai lavoratori – non ci siamo dimenticati , soprattutto qui a Renovatio 21 – che questo monstrum civile è già la dura realtà dei sanitari (nell’attesa che lo diventi anche per gli insegnanti), con l’orrendo DL 44, votato dalla compagina di governo più ampia della storia della Repubblica.
Ora ci chiediamo, davvero, cosa vogliamo fare della Costituzione Italiana (la più bella del mondo, diceva la sinistra ebete nelle sue marcette qualche anno fa) quando si arriva a negare direttamente il primo articolo?
Ora ci chiediamo, davvero, cosa vogliamo fare della Costituzione Italiana (la più bella del mondo, diceva la sinistra ebete nelle sue marcette qualche anno fa) quando si arriva a negare direttamente il primo articolo?
Qui non pensiamo che la Costituzione Italiana sia la più bella del mondo – anzi. Ci riconosciamo in una battuta attribuita a Silvio Berlusconi: la Costituzione Italiana ha un sapore sovietico. A cosa si riferiva il Cavaliere? All’articolo 1: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Il «lavoro» inserito nella prima riga del documento di fondazione del nuovo Stato era un segnale chiaro, diciamo un’insegna al neon, della vittoriosa presenza del PCI di Togliatti – e quindi di Stalin e dell’Unione Sovietica.
Senza Costituzione, quale Stato di diritto è possibile? Senza Stato di diritto, quale Stato è possibile? Senza Costituzione, quale Stato di diritto è possibile? Senza Stato di diritto, quale Stato è possibile?
Si mormora, del resto, che De Gasperi mandò avanti i giovani democristiani scalpitanti come La Pira & co. perché, con la lungimiranza nulla che qualcuno poi gli riconoscerà, preferiva dedicarsi alle cose serie. I democristiani che scrissero la Costituzione con i comunisti fan assoluti del concetto di «lavoro» accettarono ogni compromesso, anzi indietreggiarono ancora di più – dissero OK nonostante l’assenza della parola «Dio» dalla Costituzione, che all’epoca a qualcuno sembrava ancora una cosa strana.
E così ci trovammo la Costituzione della Repubblica fondata sul lavoro sin dal suo primo verso. Ora, dopo quanto stiamo vedendo accadere sotto i nostri occhi, non abbiamo idea di come sia possibile credere agli altri 138 articoli e 18 disposizioni transitorie.
Senza Costituzione, cosa succede? Lo Stato che dovrebbe basarvisi, quale legittimità può avere, se non quella della forza bruta contro i propri cittadini?
Noi sappiamo tuttavia una cosa, e la stiamo vedendo accadere con i nostri stessi occhi: una sorta di guerra civile, basata su una discriminazione biologico-molecolare, potrebbe manifestarsi.
Senza Costituzione, quale Stato di diritto è possibile? Senza Stato di diritto, quale Stato è possibile?
Non ci aspettiamo che qualche solone della giurisprudenza, politico, boiardo governativo, personaggio TV a caso, magari strapagato con il sangue delle nostre tasse, ci risponda.
Noi sappiamo tuttavia una cosa, e la stiamo vedendo accadere con i nostri stessi occhi: una sorta di guerra civile, basata su una discriminazione biologico-molecolare, potrebbe manifestarsi.
Ripetiamolo: la guerra biotica si sta avvicinando. Qualcuno ci aiuti a fermare questa follia
Ripetiamolo: la guerra biotica si sta avvicinando.
Qualcuno ci aiuti a fermare questa follia.
Roberto Dal Bosco
Economia
La deindustrializzazione tedesca accelera
La diminuzione dei posti di lavoro a reddito più elevato nell’industria tedesca accelererà nel 2024, anche oltre i 55.000 già annunciati dalle grandi aziende, perché i posti di lavoro nei fornitori delle grandi aziende, in particolare nel settore automobilistico nel settore mittelstand (ossia le piccole e medie imprese), che devono affrontare un calo in stile «morte lenta», un’immagine usata recentemente dal capo economista di ING Carsten Brzeski.
Da un sondaggio condotto dal consulente aziendale Horvath su 50 fornitori del settore è emerso che il 60% delle aziende tedesche intende ridurre la propria forza lavoro nei prossimi cinque anni.
E le grandi aziende pensano a produrre all’estero e a tagliare posti di lavoro qualificati ben retribuiti nelle loro sedi tedesche.
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Questi lavori scompariranno per sempre. Come cita la rivista Focus Holger Schäfer dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia: «Se un impianto chimico in Germania chiude, non tornerà più».
Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Volkswagen ha annunciato tagli drammatici, mentre Ford ha detto che potrebbe lasciare la Germania.
Il tema della deindustrializzazione nazionale è oramai discusso apertamente sui giornali tedeschi, con tanto di domande retoriche delle grandi testate come il Financial Times che si chiede se per caso la crisi energetica (causata anche dal terrorismo di Stato contro i gasdotti) distruggerà l’industria europea, mentre la recessione tedesca è stata definita «inevitabile».
Uno studio dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW) aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.
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Immagine di Mond79 via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
La corte UE ordina ad Apple di pagare all’Irlanda 13 miliardi di euro
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Economia
Il CEO di Volkswagen dice che l’azienda non può continuare come prima
Se si vuole che il gruppo Volkswagen sopravviva, sono necessari grandi cambiamenti. Lo ha dichiarato al quotidiano Bild il CEO dell’azienda, Oliver Blume.
La dichiarazione di Blume segue un annuncio fatto all’inizio di questo mese, secondo cui il più grande produttore di automobili dell’UE potrebbe chiudere almeno due fabbriche in Germania come parte di una campagna di riduzione dei costi. La potenziale chiusura sarebbe una prima volta nella storia quasi novantennale del produttore di automobili.
In un’intervista al tabloid di domenica, il Blume ha difeso i piani per tagli su larga scala. L’attuale situazione economica è «così grave che non possiamo semplicemente continuare come prima», ha ammesso il CEO.
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L’utile operativo della casa automobilistica è sceso del 20% nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo trimestre di quest’anno, gli utili sono scesi di un ulteriore 2,4% rispetto all’anno scorso.
Procedere con i tagli di posti di lavoro farebbe risparmiare alla Volkswagen 4 miliardi di euro, ha affermato Blume. Il consiglio di amministrazione del gruppo Volkswagen stava lavorando a «ulteriori misure» per sopravvivere a un crollo delle vendite di auto, ha aggiunto. La Volkswagen impiega circa 120.000 lavoratori in Germania.
Secondo Blum, le principali sfide che l’industria automobilistica europea deve affrontare derivano dalla pandemia scoppiata quattro anni fa e dall’ingresso sul mercato dei concorrenti asiatici.
«La torta si sta rimpicciolendo e abbiamo più ospiti a tavola», ha affermato il dirigente di vertice del gruppo proprietario di marchi di auto, camion e motociclette come Audi, Bentley, Lamborghini, SEAT, Skoda, Porsche, Scania e Ducati.
L’UE è diventata il più grande mercato estero per i produttori cinesi di veicoli elettrici (EV). Il valore delle importazioni UE di auto elettriche cinesi è salito a 11,5 miliardi di dollari nel 2023, da soli 1,6 miliardi di dollari nel 2020, rappresentando il 37% di tutte le importazioni di EV nel blocco, secondo una ricerca recente.
I critici dei tagli pianificati alla Volkswagen hanno sottolineato che il gruppo ha pagato 4,5 miliardi di euro ai suoi azionisti per l’anno finanziario 2023 a giugno. La presidente del partito politico di sinistra Die Linke, Janine Wissler, ha dichiarato la scorsa settimana al quotidiano Rheinische Post che era «incredibilmente squallido» che la Volkswagen potesse pagare una tale somma in dividendi e ora affermare di non poter impedire chiusure di stabilimenti e perdite di posti di lavoro.
«Se la VW ha davvero bisogno di soldi così urgentemente, allora i principali azionisti… dovrebbero restituire questi 4,5 miliardi di euro», ha affermato.
L’economia tedesca si è contratta nel secondo trimestre di quest’anno, secondo le statistiche ufficiali. La produzione industriale del Paese è scesa più del previsto a luglio, guidata principalmente dalla debole attività nel settore automobilistico, ha riferito Reuters la scorsa settimana.
Il rallentamento ha alimentato i timori che la più grande economia europea potrebbe contrarsi di nuovo nel terzo trimestre e andare in un’altra recessione, dopo averne subita una alla fine dell’anno scorso.
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La pianificazione dei tagli in VW era emersa già una settimana fa, con il Blume che citava tra i fattori alla base della decisione un «ambiente economico difficile» e una «causa di scarsa competitività dell’economia tedesca».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.
Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.
L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.
Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.
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Immagine di Alexander-93 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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