Bioetica
La vita senza il dolore
Oggi ho appreso che l’ha fatto anche R.
È il terzo nell’arco degli ultimi 12 mesi, ma forse sto contando solo gli amici di giovinezza della mia città natale. Se aggiungo Milano, la città dove ho passato quasi un terzo del mio tempo sulla terra, il computo probabilmente sale.
Sono sincero, non ho la lucidità, o forse la voglia, di mettermi a contare quanti sono.
Ho in mente i tre di quest’anno perché sono detonati come una bomba terrorista nel tempio d’oro dei ricordi, lasciando voragini dove un tempo era il giardino degli anni più belli.
R., come L. e A., si è suicidato.
Epidemia
L’Istituto Superiore di Sanità, ente che in realtà non gode della mia simpatia, dà la sua definizione: un’epidemia «si verifica quando un soggetto ammalato contagia più di una persona e il numero dei casi di malattia aumenta rapidamente in breve tempo. L’infezione si diffonde, dunque, in una popolazione costituita da un numero sufficiente di soggetti suscettibili. Spesso si riferisce al termine di epidemia con un aumento del numero dei casi oltre l’atteso in una particolare area e in uno specifico intervallo temporale».
Hanno gridato varie volte all’epidemia di morbillo, per giustificare l’obbligo – cioè il consumo coatto per la gioia della Glaxo – dei vaccini. Lo hanno fatto magari davanti a due o tre casi di bambini contagiati.
Quindi, sono qui io davanti ad una epidemia vera, reale, pericolosa? Certamente.
Del resto la contagiosità del suicidio è riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (un altro monstrum superstatale che avverso).
Del resto, iscritto all’Ordine dei Giornalisti – quindi obbligato a seguire ogni anno corsi deontologici pena la radiazione – sono informato del fatto che dei suicidi io non dovrei scrivere, neanche in questo momento:
«Le norme deontologiche indicano chiaramente le cautele con cui devono essere esposti questi casi per non provocare dei fenomeni di emulazione: ci sono dati dell’Organizzazione mondiale della sanità che dimostrano in modo chiaro che parlare dei suicidi fa aumentare il numero delle persone che decidono di togliersi la vita. E raccomandano anche la necessità di tenere al riparo da un’inutile e crudele pubblicità i familiari e i parenti già provati da un così forte dolore.
Per questo, a parte pochi, straordinari casi nei quali il diritto e il dovere di cronaca prevale sul rispetto della privacy, non devono essere divulgate le generalità di chi ha deciso di togliersi la vita e altri particolari che rendano il suicida identificabile, nel pieno rispetto della persona, che è uno dei cardini della professione, come ricordano i principi della Carta dei doveri del giornalista».
Necrocultura
State pensando a DJ Fabo? A Welby? Ai suicidi in Isvizzera filmati con gaudio dalle Iene? Alla piccola epidemia di suicidi tra registi scoppiata con Lizzani e Monicelli? Alla Ripa di Meana?
Sì? Se lo state facendo, è perché, lapalissianamente, i giornalisti se ne fottono: delle stesse patetiche regole che si vogliono dare, della dignità dei morti, e soprattutto della responsabilità innanzi a chi potrebbe emulare.
Vi raccontano tutto con dovizia di particolari, perché la cosa è di estrema importanza per i loro padroni: ai Signori della Necrocultura la cronaca suicida importa eccome, perché sappiamo che è in agenda.
“Il suicidio è oramai legale in Italia, e nella formula del feticidio 194/78: come morte di Stato”
La morte volontaria è overtonizzata da mo’. Una cosa impensabile un tempo (il girone del settimo cerchio in Dante), diviene radicale («lo fanno i samurai, i kamikaze»), poi razionale («in fondo è giusto che ognuno decida per sé»), quindi popolare («lo fanno i famosi, da Hemingway a Cleopatra»), infine legalizzata: e qui sappiamo che parliamo di una questione freschissima. Come ha titolato splendidamente Repubblica lo scorso 31 gennaio: «Biotestamento: da oggi i desideri dei malati sono legge».
Il suicidio è oramai legale in Italia, e nella formula del feticidio 194/78: come morte di Stato.
Inutile nascondersi dietro ai «paletti» democristiani: oggi riguarda il fine-vita, ma, visto che abbiamo gli esempi neerlandesi e belgi, sappiamo che si fa prestissimo a domandarsi cos’è il fine-vita, e a garantire il suicidio a carico del contribuente a giovani depressi, a persone che considerano la propria vita «completa», oppure semplicemente ad ammazzare le persone senza il loro consenso (431 eutanatizzati senza il loro consenso in Olanda nel 2015), inclusi i bambini.
Ma non è nemmeno questo quello che voglio scrivere davvero: di geremiadi politiche pro-vita, nel Paese dei Soloni antiabortisti eunuchi e dei leader cattolici sterili o esibizionisti e della demenza pro-life generalizzata, ne abbiamo già troppe.
Vorrei scrivere qualcosa di più semplice, ma al contempo profondo, e tecnico.
I suicidi che in questo stesso momento stanno bombardando la mia esistenza sono l’effetto preciso di un fenomeno epocale non molto dibattuto, del cambio di paradigma umano che interessa l’umanità occidentale da oramai più di due secoli.
Utilitarismo
Nella mente del mondo è stato installato un nuovo software: l’Utilitarismo.
L’Utilitarismo, che di rado si studia al liceo e nemmeno all’Università, è quella dottrina filosofica per la quale il Bene è ciò che aumenta la felicità – cioè, il piacere – degli esseri senzienti.
Nell’algebra morale degli utilitaristi, la società deve perseguire con ogni mezzo quelle azioni che aumentano la quantità di piacere della popolazione, anche a discapito di una minoranza, che può essere tranquillamente sacrificata per il bene maggiore, cioè per il piacere maggiore ( sì, la logica neo-cattolica del male minore passa soprattutto da qui).
Non stupisce che l’Utilitarismo fiorisca tra il Settecento e l’Ottocento in Inghilterra, quando la Corona d’Albione intraprendeva il saccheggio cruento dell’Africa, dell’India, e della Cina. Al sacrificio dei selvaggi depredati, corrispondeva l’estasi della borsa di Londra, che ne trasse il lucro di immani piaceri imperiali.
“Nella mente del mondo è stato installato un nuovo software: l’Utilitarismo”
Jeremy Bentham, oggi considerabile come il pensatore principale dell’Utilitarismo, nei suoi discorsi trattò della libertà personale ed economica (è uno dei diòscuri del liberalismo), della divisione di stato e chiesa (come da tradizione di Enrico VIII), e poi dei dei diritti degli animali (di cui fu pioniere assoluto, come riconosciuto dal padre dell’animalismo contemporaneo, il super-utilitarista ultra-abortista Peter Singer), delle punizioni corporali (alle quali preferiva un potere che estendesse un subdolo e costante controllo su tutti, inventando la prigione a Panopticon, che tanto mi ricorda, oggi, internet, dove con poco sforzo ogni tuo singolo pensiero può essere scrutato e sorvegliato), il diritto al divorzio, il diritto all’usura (scrisse Difesa dell’usura), il diritto alla sodomia (scrisse Difesa dell’omosessualità).
Come potete ben vedere, il mondo moderno ha avuto una programmazione piuttosto evidente, leggibile, direi quasi open-source.
Il mondo dei diritti, il mondo del desiderio liberato dalle rivoluzioni «civili» e «sessuali» ha fatto leva sul piacere, tanto da divenire indistinguibile dalla legge stessa dello Stato: ho diritto a ciò che desidero, ho diritto a ciò che mi dà piacere, come da morale utilitarista.
Un matrimonio invertito, una droga sintetica, un bambino in provetta.
Piacere
Senza la trappola del piacere, tale riprogrammazione dell’umanità non avrebbe trovato clienti.
Un’umanità fatta di puro piacere, vecchia promessa degli anni delle rivolte giovanili, sembra tutt’ora la destinazione finale del progresso.
La medicina vuole curare ogni male: Mark Zuckerberg, il padrone di Facebook e di tutti i vostri dati, ha già detto che userà i suoi miliardi per eliminare ogni malattia entro la fine del XXI secolo.
In Nordamerica sono in corso sperimentazioni di neurotecnologie per fare sparire i cattivi ricordi, così come si può essere denunciati per aver provocato sconforto in una persona semplicemente per aver parlato di un tema per loro intimamente traumatico (è il cosiddetto Trigger Warning, strumento d’azione del politicamente corretto).
Sappiamo inoltre come la principale causa di morte negli Stati Uniti in questo mondo sia l’overdose da oppioidi: droghe che i dottori americani (spalleggiati da colossi farmaceutici come la Purdue) hanno prescritto a tonnellate per eliminare il dolore dei loro pazienti.
La vita moderna, insomma, coincide con il piacere che può percepire, nell’identità assoluta dei due elementi.
Una vita disgiunta dal piacere deve terminare, perché priva del suo senso.
“La vita moderna, insomma, coincide con il piacere che può percepire, nell’identità assoluta dei due elementi. Una vita disgiunta dal piacere deve terminare, perché priva del suo senso. L’Utilitarismo è penetrato nella logica profonda dell’uomo comune. Senza piacere, cosa è la mia vita? Il depresso, convinto nel profondo che la vita sia solo piacere, non può che essere legittimato a togliersela.”
L’Utilitarismo è penetrato nella logica profonda dell’uomo comune. Senza piacere, cosa è la mia vita?
Essa diviene lebenunswerten leben, espressione tedesca che dai pionieri uncinati degli anni Trenta è passata a definire con esattezza la nostra epoca: «vita indegna di essere vissuta».
Lo capite bene: chi è depresso è giocoforza tagliato fuori dalla logica utilitaria – la depressione è appunto definita come anedonia, cioè incapacità di provare piacere davanti a qualsiasi esperienza.
Il depresso, convinto nel profondo che la vita sia solo piacere, non può che essere legittimato a togliersela.
E questo ammesso che la depressione esista, e non sia – come sostiene qualche psichiatra controcorrente – solo un’etichetta medica affibbiata alle umanissime condizioni della miseria e della maliconia, etichetta stampata per far vendere qualche milione di ore di psicoterapia (a differenza del Sacramento della Confessione, si paga) e qualche trilione di pastiglie psicotrope, i cui effetti-paradosso sono talmente noti che in America devono recare nel bugiardino il Black Box Warning (gli antidepressivi, debbono scrivere i foglietti illutrativi bordando il tutto con colore nero, possono amentare il rischio di suicidio).
Gli psicofarmaci, per inciso, sono l’unica vera costante di tutte le stragi nelle scuole americane (per sapere il nome del farmaco a cui era sottoposto lo sparatore bisogna in genere aspettare mesi, perché i giornali non hanno voglia di dare un dispiacere alle Big Pharma che comprano loro tanta pubblicità) e non solo quelle, basti pensare allo Zoloft di cui era imbottito il pilota della Germanwings che fece schiantare il suo aereo con tutti i passeggeri, pochi anni fa.
Il depresso, nella logica utilitarista che è oggi il software del mondo, è disfunzionale, non performante, forse neppure autonomo (aspetto principale della bioetica utilitarian di Peter Singer, che sostiene che l’handicappato o il bambino piccolo possano essere ammazzati tranquillamente: non sono autonomi né funzionali).
Il malinconico va eutanatizzato: al momento lo fa da sé, ma da ora gli darà sempre più una mano anche lo Stato biotestamentario.
“Gli psicofarmaci, per inciso, sono l’unica vera costante di tutte le stragi nelle scuole americane”
Consideriamo che oltre che letteralmente inutile, egli può risultare addirittura pericoloso: il suo male sporca il principio di piacere generale, potrebbe estendersi per contagio presso la restante massa gaudente.
Ci sarebbe da chiedersi quindi: e prima du tutto questo, cosa c’era?
Croce
Prima, cari lettori, c’era la Croce. Prima c’era la Civiltà. La Civiltà cristiana – l’unica vera Civiltà, circondata da tradizioni umane fatte di suicidi e sacrifici umani che, se sono rimaste in piedi, è solamente perché hanno copiato lo slancio dell’Europa – aveva una base semplice, chiarissima.
A quel tempo, il mondo era unito dalla Passione.
La Civiltà adorava un Dio che soffriva.
Un Dio torturato a morte, umiliato, sconfitto.
Ogni città aveva mille croci sulle sue strade e nelle sue case: sopra le Chiese, dentro le Chiese, sopra le case, dentro le case, nei racconti e nei cuori delle persone.
Che il dolore fosse una parte integrante della vita era naturale: il dolore era la cifra stessa del sacrificio di Dio per l’umanità.
“La Civiltà adorava un Dio che soffriva. Un Dio torturato a morte, umiliato, sconfitto”
Di più. Il dolore non solo era connaturato alla vita stessa, ma era collegato con ciò che vi stava oltre: la vita eterna domandava sacrifici, nei casi dei Santi Martiri così come delle persone comuni.
Non è il piacere che ti porta in Paradiso, e ciò – il rovescio chirale della modernità – era iscritto nella logica profonda anche del più misero uomo.
La scristianizzazione era necessaria alla costruzione della nuova umanità.
Togliere Cristo per far dimenticare il dolore, esorcizzarlo, demonizzarlo.
Sconvolgere per sempre l’insiemistica dell’esistenza: la vita non contiene il piacere e il dolore, la vita coincide con il solo piacere, se vi è dolore non è vita, quindi meglio darsi alla morte.
Credo che questa sia la motivazione primaria dell’ecatombe di amici che sto vedendo innanzi a me.
Drogati dal paradigma del piacere utilitarista, nessuno di noi oggi riesce a sentire davvero il significato vitale del dolore.
Terrore
Non ho scritto di loro, anche se ne avevo tanto bisogno.
Scriverò qualcosa di me, allora, e con l’ovvia vergogna del caso. Tanto per aggiungere un pensiero cristiano in più.
Perché io ho avuto tanta fortuna, più di loro, e questo adesso mi fa pure un po’ soffrire.
Ho anche io, come una enorme porzione di altri uomini, attraversato momenti di tenebra vera, assoluta. Momenti in cui il mondo aveva spezzato ogni singola fibra del mio essere, e ogni pensiero si trasformava in un’apocalisse che si inghiottiva tutto.
Ne sono uscito talvolta con uno slancio di raziocinio eroico, per esempio la comprensione che, appunto, la mia vita non coincideva con quello che mi accadeva, ma era un insieme più grande: «sono più forte di qualsiasi pensiero, di qualsiasi sensazione io possa avere», mi ritrovai un giorno a scrivere in una lettera a mia sorella. L’essere, questo dono mistico che non mi era permesso di comprendere del tutto, era più grande di qualsiasi accidente terreno. La vita era più del mio dolore e più della mia mente: comprenderlo cambiava per sempre il gioco.
“Drogati dal paradigma del piacere utilitarista, nessuno di noi oggi riesce a sentire davvero il significato vitale del dolore”
Altre volte, invece, ho avuto una fortuna più grande: ho avuto paura. Giunto sull’orlo terminale, ho sentito lo spavento emanato dall’unica cosa che veramente un uomo debba temere: l’Inferno.
Davanti alla reale prospettiva dell’Inferno, tutto cambiava: un oceano di dolore infinito, senza redenzione, un sistema illimitato di dolore sterile, dolore che – a differenza di quello della croce – non produce nulla, se non la propria dannazione.
Timor Dei est initium sapientiae.
Il terrore più estremo è stato il mio più grande alleato, la mia sfortuna sfacciata.
Sì.
Catastrofe
Voi lo capite: anche io, come quel santo vescovo francese, accuso il Concilio.
Togliere l’Inferno, svuotarlo, dimenticarlo, abolirlo come ha fatto la neo-chiesa dei Von Balthazar e dei Bergoglio è stato, al contrario, popolarlo – e, sulla Terra, aumentare a dismisura il numero dei suicidi. E degli aborti. E financo degli omicidi.
Il Concilio si mostra, anche in questo frangente, come la più grande catastrofe nella Storia dell’Uomo, in quanto esso ha permesso la riprogrammazione dell’Uomo verso la sua estinzione – e la sua dannazione.
Celebrare pubblicamente i funerali di un suicida, come oramai perfettamente normale, aggiunge una dimensione pragmatica al vortice di morte.
R., che ci ha lasciato sabato, era presente alla cerimonia in chiesa di A., che ci ha lasciato un anno fa. Al funerale di A., cui scelsi di non partecipare, vennero lette tante belle cose, vennero ascoltate le musiche preferite dell’amico morto. Nella mente di un ulteriore potenziale suicida, non un clic da poco: se me ne vado, mi ricorderanno così, tutti uniti, affranti sì, ma finalmente insieme sotto il mio segno…
“L’Ordine dei giornalisti e l’OMS quanto meno sulla carta si preoccupano del carattere contagioso del suicidio; la Chiesa di oggi invece no”
L’Ordine dei giornalisti e l’OMS, ho detto all’inizio, quanto meno sulla carta si preoccupano del carattere contagioso del suicidio; la Chiesa di oggi invece no.
Perché la Chiesa di oggi è davvero un ente stupido quanto assassino.
Perché la Chiesa di oggi è il vero problema, il vero nemico dell’Umanità e del Dio della Vita.
La vita tutta intera
Ho scritto abbastanza.
Infine, voglio dirvelo: A., L., R., e poi andando indietro ancora, P., M., G., vi ho voluto bene. Pagherei qualsiasi cosa, ora, per avervi potuto parlare anche solo per un minuto in più. Per godere di questa sostanza preziosissima, che ora mi sarà negata senza appello.
Nella mia stupida posizione di sopravvissuto, voglio farvi questa promessa.
Io lotterò per conservare la ferita che ci avete inferto: perché il dolore che sento è il centro della mia umanità, come lo è stato per l’umanità di Dio.
E quindi, la chiave della mia sopravvivenza.
Perché la vita senza il dolore, ho capito, è solo desiderio di annientamento, è morte.
E di voi invece io voglio celebrare la vita, tutta intera.
Che è stata – che è – immensamente più grande del dolore e del piacere.
Roberto Dal Bosco
Bioetica
Il Patriarcato ortodosso di Mosca dice che sempre più cliniche private rifiutano gli aborti
Oltre 500 centri medici privati hanno rifiutato di fornire servizi di aborto nonostante fossero autorizzati a farlo, ha affermato la Chiesa ortodossa russa. Ciò avviene nel bel mezzo di un’iniziativa pro-life del Patriarcato e di una spinta statale per aumentare i tassi di natalità in Russia.
Il capo della Chiesa Ortodossa Russa, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Cirillo I, ha incontrato giovedì i massimi esponenti del clero e il vicepresidente della Commissione demografica della Camera pubblica della Federazione Russa.
«Secondo i partecipanti all’incontro, più di 71 regioni della Federazione Russa hanno sostenuto l’iniziativa di Sua Santità il Patriarca di limitare l’aborto; 502 cliniche private in Russia hanno rifiutato di eseguire aborti, ovvero il 18% di tutte le cliniche autorizzate a eseguire aborti», si legge nella dichiarazione della Chiesa Ortodossa Russa.
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In Russia, gli aborti sono legali e la pratica è coperta dal sistema sanitario nazionale. Una gravidanza può essere interrotta fino a 12 settimane di sviluppo su richiesta della donna e fino a 22 settimane per motivi sociali, come il risultato di uno stupro o in caso di morte o disabilità del marito. Gli aborti in fase avanzata possono essere eseguiti solo per motivi medici.
In entrambi i casi, ci sono periodi di attesa obbligatori dopo che la donna ha fatto domanda per la procedura, per consentire il tempo di consultazione. Una gravidanza può essere legalmente interrotta in qualsiasi fase per motivi medici.
Il presidente russo Vladimir Putin si è rifiutato di sostenere le richieste di un divieto totale degli aborti. Invece, ha ripetutamente parlato della necessità che il governo incoraggi le famiglie russe ad avere più figli. Diverse misure adottate dallo Stato russo, negli ultimi anni, vanno in questa direzione.
Come riportato da Renovatio 21, l’intenzione di non vietare l’aborto era stata reiterata pochi mesi fa dalla presidente della Camera alta del Parlamento russo, Valentina Matvienko.
La maggioranza della popolazione russa si oppone agli aborti senza ragioni mediche, ha affermato il Patriarcato, citando un sondaggio condotto all’inizio di quest’anno.
Almeno il 77% dei russi considera un feto un essere umano, ha affermato uno studio sociologico condotto dal Centro di sociologia dell’Accademia russa delle scienze (RAN). Solo il 18% ha sostenuto che un bambino diventa umano solo alla nascita. Quasi tre quarti degli intervistati erano contrari all’aborto per scelta, prospettive o per ragioni economiche, consentendo l’aborto solo in presenza di problemi medici, secondo i dati del sondaggio.
L’anno scorso, i tassi di natalità nella Federazione Russa hanno raggiunto il minimo degli ultimi 24 anni, secondo le statistiche ufficiali.
Il numero di aborti, nel frattempo, è in costante calo dagli anni Novanta, a un tasso di circa il 6% annuo.
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Nel Paese aumentano le iniziative a favore della vita.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni è emerso che le cliniche prenatali nella città di Ivanovo, nella Russia occidentale, cercheranno di dissuadere le donne dall’aborto mostrando loro modelli di embrioni nella vita reale, hanno riferito i media locali.
La Repubblica di Mordovia l’anno scorso è divenuta ufficialmente la prima della Federazione a vietare ufficialmente la promozione dell’aborto.
«L’aborto distrugge il futuro», aveva tuonato nove mesi fa il patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
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Immagine di Saint-Petersburg Theological Academy via Flickr pubblicata su licenza CC BY-ND 2.0
Bioetica
La città russa di Ivanovo mostrerà gli embrioni alle donne che vogliono abortire
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Bioetica
Ex presidente argentino accusato di aver costretto la moglie ad abortire
Mercoledì 30 dicembre 2020, il Senato argentino ha approvato una legge che legalizza l’aborto. Dopo una sessione maratona di 12 ore, i legislatori hanno votato 38-29 (con un’astensione) per consentire l’aborto su richiesta fino a 14 settimane e, dopo tale data, in caso di stupro o pericolo per la vita della madre.
«Nel giro di una notte, l’Argentina è passata dall’essere una roccaforte pro-life a uno dei regimi abortivi più permissivi del continente» scrive LifeSiteNews.
Solo due anni prima, i legislatori avevano votato 38 a 31 contro la legalizzazione dell’aborto dopo un dibattito durato oltre 15 ore; nei mesi precedenti al voto, i pro-life avevano una «Giornata nazionale di azione», più di 3 milioni di pro-life si erano radunati in tutto il Paese.
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Tuttavia nel 2019, il candidato di sinistra Alberto Fernández è stato eletto presidente e ha giurato di legalizzare l’aborto.
«L’aborto sicuro, legale e gratuito è ora legge», aveva twittato il Fernández dopo il voto. «Oggi siamo una società migliore che amplia i diritti delle donne e garantisce la salute pubblica». Gli attivisti pro-life sospettavano che Fernández avesse lavorato duramente per spingere i legislatori a legalizzare l’aborto con ogni mezzo necessario.
«Da allora, abbiamo scoperto molto che fa luce sulla visione di Fernández dei “diritti delle donne”» scrive Jonaton Van Maren su LifeSite. «All’inizio di questo mese, l’ex First Lady Fabiola Yanez ha presentato una denuncia legale contro l’ex presidente, che ha lasciato l’incarico nel 2023. Sostiene che Fernández l’ha picchiata durante il suo mandato».
Il presidente Javier Milei, il libertario pro-life che lo ha sostituito, ha immediatamente evidenziato «l’ipocrisia progressista» dei politici di sinistra che predicavano «la truffa che chiamano “politiche di genere”» mentre si comportavano in modo spaventoso nella loro vita privata.
Oltre alla presunta violenza domestica, che includerebbe violenti schiaffi e un occhio nero, è stato anche rivelato che il paladino «pro-choice» Alberto Fernández avrebbe anche costretto la moglie ad abortire.
Mentre testimoniava al consolato argentino di Madrid, in Spagna, l’ex giornalista 43enne ha accusato l’ex presidente di «violenza riproduttiva» per averla costretta ad abortire nel 2016. Yanez afferma di aver provato sia «sorpresa» che «gioia» quando è rimasta incinta, ma Fernández ha avuto una reazione diversa.
Fernández le avrebbe fatto subito pressione perché abortisse, dicendole senza mezzi termini: «Dobbiamo risolvere la cosa. Devi abortire».
«Questa volta, riguardo al nostro bambino non ancora nato, mi ha detto: “Questo non può succedere, sono sotto shock”» ha dichiarato la Yanez. Poi, dice la donna, ha iniziato a «ignorarla completamente». Alla fine, lei ha ceduto alle sue pressioni e ha abortito. Ora dice che è stata «la decisione peggiore».
L’arrivo dell’aborto in Argentina è stato segnato da battaglie non indifferenti, talvolta con orde urlanti di femministe nude che attaccavano chiese, difese solo da catene umane di fedeli che recitavano il rosario mentre donne discinte ed inferocite lanciavano loro contro di tutto.
Feministas na Argentina tentando entrar numa igreja Catolica pra protestar e encontrou um pelotão de joves q as barraram . Olha o nivel da guerra… pic.twitter.com/7NBpKhoQpH
— Oswaldo Eustáquio (@oswaldojor) September 3, 2019
Report: Feminist Abortion Activists Hurl Firebombs at Church in Argentina https://t.co/g38sQdC0aG pic.twitter.com/Xt9HMZnqmg
— Chris In Wisconsin (@Chris_In_WI) October 20, 2018
Feministas tratando de incendiar la catedral de La Plata, anoche. Los medios decidieron no mostrarte esto para que sigas pensando que estas mujeres son fantásticas.
Por cierto: son las mismas que recibieron la bienvenida de la lacra de Tucho Fernández, el arzobispo de La Plata. pic.twitter.com/td6TDUXzzf— Agustín Laje (@AgustinLaje) October 14, 2019
LGBT/Feminist movements are motivated by hatred of God and hatred of the Church
in photo feminist dressed as the Mother of God performs mock abortion of Holy Child in Tucumán, Argentina 2017 pic.twitter.com/anYfxKlXOQ
— charles simmonds (@charles12577567) August 17, 2020
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Come riportato da Renovatio 21, l’attuale presidente argentino, Milei, si è detto a più riprese nemico dell’aborto, al punto da ribadirlo anche sul palco del World Economic Forum di Davos.
Il partito del presidente, La Libertad Avanza, a inizio anno ha presentato un disegno di legge per la proibizione di tutti gli aborti in Argentina.
Nel frattempo il Paese registra casi di dottori incarcerati per aver rifiutato di procurare aborti.
L’anno scorso la Corte Suprema messicana ha depenalizzato il feticidio. Tuttavia in altri Paesi sudamericani la pratica resta vietata. Di fatto, non è possibile uccidere legalmente la propria prole in El Salvador, Honduras, Nicaragua, Haiti e nella Repubblica Dominicana.
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Immagine di or Palácio do Planalto via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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