Psicofarmaci
Filippo Turetta in carcere chiede psicofarmaci. Li prendeva anche prima?
La notizia rilevante, da leggere fra le righe in quello che hanno riportato ieri tutti i giornali, è che il presunto assassino di Giulia Cecchettin, l’ex fidanzato Filippo Turetta, ora in carcere, avrebbe chiesto degli psicofarmaci.
«Filippo Turetta e i primi giorni in carcere: chiede libri e prende ansiolitici» scrive La 7.
«I primi giorni in carcere di Filippo Turetta: “Potrò studiare?”. Vuole leggere e prende ansiolitici per dormire la notte» titola il Corriere.
«Pare che stia cercando di occupare il tempo, leggendo e cercando informazioni: avrebbe chiesto di poter studiare, cosa accadrà ora, si sarebbe mostrato “curioso” delle regole del penitenziario e assumerebbe ansiolitici per dormire» scrive Il Giornale.
Quindi: ansiolitici. La parola è ripetuta a pappagallo da tutte le testate, e con una certa timidezza. Nessun giornalista, come abbiamo già notato, pare interessato a chiedersi che cosa siano queste sostanze, né a chiamarle in altro modo. E, soprattutto nessuno ha la curiosità di chiedere se il ragazzo mai assumesse queste sostanze prima dell’orrore di cui ora è accusato. Al popolo va servita la parolina tecnica e rassicurante, «ansiolitici». Va ripetuta.
Nella mente del lettore si crea già un recinto importante: il ragazzo prende sì sostanze, ma sono banali «ansiolitici», e forse lo fa solo da ora che è in carcere – la notizia è strutturata così, in carcere chiede gli ansiolitici per dormire. Vien da pensare: da ora in avanti, comincia ad assumerli – e con quale ricetta? Ha visto un dottore? Domande che ai giornalisti non salta in mente di chiedere.
La notizia, per come la mettono, non è che il ragazzo «chiede i suoi ansiolitici», né che «domanda di continuare la cura». Al momento, viene da pensare, questi ansiolitici li vuole prendere ora che è in carcere. Forse ha iniziato adesso, perché non riesce a dormire. No?
Ma che cos’è un «ansiolitico»? Secondo la Treccani è una sostanza «Che attenua o dissolve l’ansia, riferito, nel linguaggio medico e farmaceutico, a particolari medicamenti (benzodiazepine, meprobamato, etc.) e alla loro azione».
Quindi, diciamolo noi, visto che nessuno esce dal recinto, e tutte le testate usano ossessivamente la stessa parola: gli ansiolitici sono psicofarmaci.
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Gli ansiolitici sono droghe che alterano la psiche umana. Fanno sparire l’ansia? In teoria. Ma ci sono quegli «effetti collaterali» di queste sostanze sulla mente del paziente di cui vi parliamo spesso.
Gli ansiolitici non vengono prescritti solo per dormire, ma anche per disturbi ossessivi, attacchi di panico, etc. Essi si dividono in vari gruppi di sostanze: barbiturici, benzodiazepine, SSRI.
I barbiturici sono la prima generazione di psicofarmaci nel trattamento di ansia e insonnia. Oggi vengono impiegati solo per l’epilessia e casi di grave emicrania, nonché, nei Paesi dove è legale, per il suicidio assistito e eutanasia. La pena capitale per iniezione letale viene eseguita tramite barbiturici ad alti dosaggi. L’eutanasia veterinaria pure usa tali sostanze.
I barbiturici sono stati ampiamente sostituiti nel tempo dalle benzodiazepine. Fra le benzodiazepine, che rappresentano gli ansiolitici più storicamente noti, i nomi riconoscibili sono il Valium (Diazepam), il Tavor (Lorezepam), il Lexotan (Bromazepam), lo Xanax (Alprazolam), il Rivotril (Clonazepam), il Roipnol (Flunitrazepam), l’Halcion (Triazolam).
Il principale problema associato all’uso cronico di benzodiazepine è lo sviluppo di tolleranza e dipendenza. La tolleranza si verifica quando il corpo si adatta gradualmente alla presenza della sostanza, richiedendo dosi sempre maggiori per ottenere lo stesso effetto. La dipendenza, invece, implica una condizione in cui l’individuo diventa psicologicamente e fisicamente dipendente dalla sostanza e può sperimentare sintomi di astinenza se cerca di interrompere l’uso.
L’uso prolungato di benzodiazepine può portare a una dipendenza fisica e psicologica, il che significa che interrompere bruscamente il trattamento può causare sintomi spiacevoli, come ansia, insonnia e persino convulsioni in casi gravi. Esiste a Verona una clinica, forse l’unica in Italia, dedicata al trattamento delle dipendenze da benzodiazepine.
Tra gli effetti collaterali possibili delle benzodiazepine, si annoverano sonnolenza, vertigini e una riduzione della vigilanza e della concentrazione. La mancanza di coordinamento può essere responsabile di cadute e lesioni, e c’è il rischio di compromissione delle capacità di guida, aumentando la probabilità di incidenti stradali. Un effetto collaterale comune è la diminuzione della libido e problemi di erezione. Altri effetti indesiderati che possono emergere includono depressione e disinibizione. Tra gli effetti collaterali meno frequenti figurano nausea, variazioni nell’appetito, visione offuscata, confusione, euforia, depersonalizzazione e incubi.
La famosa enciclopedia online scrive che «A volte si verificano reazioni paradosse, quali l’aumento delle convulsioni negli epilettici, l’aggressività, la violenza, l’impulsività, l’irritabilità e comportamenti suicidari».
Insomma: disinibizione, violenza, impulsività, suicidio. Sono possibili effetti alla luce del giorno, ammessi.
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Sono considerabili come ansiolitici anche i farmaci antidepressivi, come gli SSRI, ossia gli inibitori della ricaptazione selettiva della serotonina: Setralina (Zoloft), Fluoxetina (Prozac), Citalopram (Elopram), Escitalopram (Cipralex), etc. È oramai ammesso pure dalla grande stampa che tali sostanze creano dipendenza. La teoria dello «squilibrio chimico» cerebrale alla base del loro utilizzo è sempre più duramente contestata da alcuni.
I legami tra comportamenti violenti e assunzione di psicodroghe SSRI è oggetto di vasta aneddotica e di un incipiente dibattito scientifico. Tuttavia, è ammessa la possibile correlazione tra l’assunzione di SSRI e l’ideazione suicidaria.
«Meta analisi di studi clinici randomizzati hanno dimostrato che l’uso di antidepressivi SSRI è collegato ad un aumentato rischio di ideazioni suicidarie in bambini ed adolescenti» scrive sempre l’enciclopedia online. «In particolare una revisione di studi clinici condotta nel 2004 dalla FDA ha trovato un aumento del rischio di “possibili ideazioni suicidarie e comportamento suicidario” dell’80% e di agitazione e comportamenti ostili del 130% in particolare nei primi mesi di trattamento».
Per qualche ragione, medici, ricercatori, pazienti, regolatori, politici, giornalisti accettano l’idea del suicidio come possibile effetto collaterale degli psicofarmaci, ma non sembrano concepire in alcun modo la possibilità che un cervello che si riprogramma biochimicamente per un progetto di morte possa portare anche all’uccisione non solo di sé ma delle figure più vicine al proprio mondo interiore.
Renovatio 21 aveva sollevato il tema del possibile uso di psicomedicinali da parte del presunto «femminicida patriarcale» pochi giorni fa. Ad oggi, non sappiamo ancora se Filippo prendesse qualcosa o meno. Il suo umore, ci hanno raccontato, era basso dopo essere stato lasciato, e non sappiamo se avesse cercato l’aiuto di qualche medico che gli avesse prescritto degli ansiolitici o degli antidepressivi – due categorie che possono sovrapporsi, soprattutto nel linguaggio dei giornalisti e della fonte originaria della notizia.
Stiamo a vedere se uscirà, magari sbadatamente, qualche altro pezzo di informazione. Il fatto rimane: vuoi per ingenuità, vuoi per corruzione, la grande stampa, intasata da osceni inni per la fine del patriarcato, non sta facendo l’unica domanda che ha materialmente senso fare.
La facciamo noi, ripetendoci: Filippo Turetta assumeva degli psicofarmaci?
Anzi: Filippo Turetta assumeva, anche prima, degli «ansiolitici»?
Non è che magari, usando le parole potate dalla narrazione mainstream, riusciamo per sbaglio ad avere mezza risposta in più?
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Cancro
Psicofarmaco prescritto ai bambini associato ad un aumento del rischio di glaucoma: studi
Psicofarmaci prescritti comunemente per trattare il cosiddetto disturbo da deficit di attenzione (ADHD) sono associati ad un aumento del rischio di glaucoma, ha scoperto un recente studio effettuato in Canada. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.
Lo studio, intitolato «Medications for attention deficit hyperactivity disorder associated with increased risk of developing glaucoma» («Farmaci per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività associati ad un aumento del rischio di sviluppare il glaucoma»), è stato pubblicato su Nature lo scorso 6 maggio.
«Le terapie per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), tra cui atomoxetina, metilfenidato e anfetamine, sono alcuni dei farmaci più prescritti in Nord America. A causa della loro azione simpaticomimetica, questi farmaci sono controindicati nei pazienti con anamnesi di glaucoma ad angolo chiuso (ACG). Questo studio mira a determinare il rischio di ACG e glaucoma ad angolo aperto (OAG) tra gli utenti di questi trattamenti» scrivono i ricercatori.
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L’atomoxetina è un inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina utilizzato nella terapia dell’ADHD nei bambini al di sopra dei 6 anni di età e negli adolescenti.
Il glaucoma è una malattia oculare progressiva che causa la perdita della vista. Il glaucoma ad angolo chiuso è un sottotipo che controindica l’uso dei popolari farmaci per l’ADHD.
Il dottor Rami Darwich, specializzando in oftalmologia e autore principale dello studio, ha dichiarato a ET che lo studio «non stabilisce un nesso di causalità ma piuttosto evidenzia un elevato rischio di glaucoma».
Vari psicofarmaci l’ADHD sono farmaci simpaticomimetici, nel senso che attivano il sistema nervoso simpatico per aiutare le persone a concentrarsi. Tuttavia, i loro effetti possono inavvertitamente contribuire ad aumentare la pressione oculare.
Gli psicofarmaci più comunemente usati per l’ADHD includono stimolanti simpatici come il metilfenidato e le anfetamine, che rappresentano la prima scelta nel trattamento del supposto disturbo dell’attenzione. I farmaci non simpaticomimetici, come l’atomoxetina, aumentano le sostanze chimiche nel cervello allo scopo di aumentare la concentrazione. L’atomoxetina viene solitamente prescritta quando il paziente non risponde agli psicofarmaci di prima scelta.
Gli autori dello studio hanno seguito 240.257 soggetti di nuova prescrizione che hanno assunto metilfenidato, anfetamine, atomoxetina o una combinazione di questi farmaci per un anno o più. I partecipanti allo studio sono stati poi seguiti e confrontati con persone che non avevano assunto farmaci per l’ADHD per determinare i rischi di glaucoma.
Le persone che assumevano anfetamine e atomoxetina avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo chiuso (ACG), mentre le persone che assumevano metilfenidato avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo aperto (OAG).
I nostri occhi sono costituiti da fluidi. Confrontando gli occhi di una persona con un lavandino, il dottor Darwich ha spiegato che l’ACG si verifica quando “il tubo di drenaggio del lavandino si blocca, causando un accumulo improvviso di acqua (il fluido all’interno dell’occhio).”
L’OAG è più cronico e all’inizio non presenta sintomi evidenti. Con il passare del tempo possono comparire punti ciechi nella periferia, che possono poi progredire fino al centro della visione. Tuttavia, a quel punto gran parte dei danni agli occhi erano già stati fatti.
Gli autori hanno anche notato che l’atomoxetina e le anfetamine erano debolmente collegate allo sviluppo dell’OAG, anche se hanno affermato che la correlazione non era statisticamente significativa.
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Gli autori sono rimasti sorpresi dal fatto che il metilfenidato non fosse fortemente legato all’ACG, che è controindicato dagli psicostimolanti che attivano il sistema nervoso.
In generale, i farmaci simpaticomimetici come il metilfenidato e le anfetamine non sono raccomandati per i soggetti con ACG noto o sospetto.
Poiché questi farmaci attivano il sistema nervoso simpatico, il sistema che prepara il corpo alla lotta o alla fuga, le pupille si dilatano, il che può ostruire meccanicamente il percorso di drenaggio naturale dell’occhio. Questo accumulo di liquidi può aumentare la pressione oculare e danneggiare i nervi ottici, causando glaucoma e progressiva perdita della vista.
L’OAG è più comune dell’ACG, sebbene presenti un rischio inferiore di perdita della vista e il suo collegamento con i farmaci per l’ADHD non è ben consolidato.
Anche il metilfenidato, il farmaco che ha dimostrato di aumentare il rischio di OAG, è tossico per le cellule oculari. È noto anche che i tre farmaci studiati inducono reazioni redox, che possono portare a danni ossidativi, danneggiando potenzialmente i nervi ottici e compromettendo la salute degli occhi.
Le persone i cui corpi non metabolizzano correttamente i farmaci per l’ADHD possono anche essere maggiormente a rischio di glaucoma correlato al farmaco.
«Data la prevalenza dell’uso di farmaci per l’ADHD (a scopo medico e ricreativo), sono necessari ulteriori studi per confermare i nostri risultati e indagare sulle associazioni tra l’uso di farmaci per l’ADHD e il glaucoma», hanno scritto gli autori.
In letteratura scientifica esistono già ricerche sulla correlazione tra psicofarmaci e glaucoma, ad esempio nel caso del bupropione idrocloride, un altro psicofarmaco antidepressivo comunemente prescritto in alternativa ai classici inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) come Prozac, Zoloft, Citalopramm, etc.
Uno studio del 2015 pubblicato su JAMA Ophtalmology che coinvolgeva il bupropione e il topiramato (un anticonvulsionante utilizzato nel trattamento dell’epilessia) scrive che «il rischio di glaucoma ad angolo chiuso nei pazienti di età inferiore a 50 anni era due volte più elevato nei pazienti che assumevano bupropione e più di 5 volte superiore nei pazienti che assumevano topiramato».
Come riportato da Renovatio 21, proprio contro il bupropione (venduto come Wellbutrin) e contro l’Adderal – un’altra psicodroga per l’attenzione, però a base di anfetamine – si era scagliato negli scorsi anni Elon Musk, il quale, forse dopo alcune esperienze personali, pare critico nei confronti della diffusione della psicofarmaceutica medica.
Più in generale, secondo un oculista che scrive sul sito dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, «i farmaci antidepressivi sono maggiormente controindicati in pazienti con glaucoma ad angolo chiuso, come cita anche il foglietto illustrativo».
Il problema del glaucoma va ad aggiungersi alla quantità di effetti collaterali degli psicofarmaci, bellamente ignorati dalla società moderna, che ne consuma miliardi, nella totale ignavia (o complicità) delle istituzioni, dei giornali, della politica, dei medici che continuano a prescrivere le psicodroghe come fossero caramelle – anzi, peggio, perché arrivano a costare perfino meno.
Come riportato da Renovatio 21, gli psicofarmaci per l’attenzione erano stati correlati ad un possibile aumento del rischio di malattie cardiache in uno studio di pochi mesi fa. Rimane aperta la questione, che forse anche per questione di geopolitica olimpica non si vuole affrontare, di quanto le droghe per ADHD e simili costituiscano vero e proprio doping nello sport.
Una ricerca del 2023 dimostrava che gli antidepressivi causano resistenza agli antibiotici, dando loro il potenziale per diventare pericolosi «superbatteri».
Altri studi mostrano come le benzodiazepine aumentano il rischio di gravidanza ectopica.
Sono conosciuti i problemi di disfunzione sessuale – come l’impotenza nei maschi e l’anedonia in entrambi i sessi – che possono essere causati dagli SSRI, come raccontato a Renovatio 21 da una lettrice in una testimonianza raccolta un paio di anni fa.
Uno studio del 2023 pubblicato su PLOS One ha associato l’uso di benzodiazepine come Xanax e Valium a lesioni cerebrali e suicidio.
Riguardo agli squilibri psicologici possibilmente indotti da una terapia psicofarmacologica, ha dato la sua testimonianza, sfumata e un po’ ingenua, il cantante di Rozzano Federico Lucia detto Fedez.
Oltre a problemi medici, vi sono anche i problemi ambientali da considerare: è noto che la presenza di sostanze psicofarmacologiche nei fiumi – escrete nell’urina dei pazienti delle psicodroghe legali – è in tale quantità da alterare il comportamento dei pesci, già transessualizzati, secondo alcuni, dalla quantità di orina sotto pillola (uno steroide sessuale sintetico) che finisce nelle acque.
Vi è poi, ovviamente, la questione dei comportamenti violenti – contro se stessi, e contro gli altri – che potrebbero essere generati dal consumo di psicofarmaci. La presenza di droghe psichiatriche in storie di sangue è fenomeno che, sia pure in modo non sempre ben chiarito dai giornali, possiamo notare in tanti casi di cronaca nera, anche notissimi, anche recenti, anche recentissimi.
Come riportato da Renovatio 21, la pandemia ha fatto registrare un aumento del consumo di psicofarmaci da parte dei bambini: secondo dati AIFA, 3,4 milioni di bimbi hanno avuto queste droghe prescritte dai medici.
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Immagine generata artificialmente
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