Geopolitica
«Siamo in guerra anche noi perché gli mandiamo le armi»: Berlusconi torna amico di Putin?
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Improvvisi lampi di ragione e di realismo da parte di Silvio Berlusconi, un tempo leader europeo miglior amico di Vladimir Putin nel mondo.
Il cavaliere è intervenuto a Treviglio, in provincia di Bergamo, ad un’iniziativa di Forza Italia.
Il capo di Forza Italia racconta dell’impasse che stiamo vivendo a causa di mancanza di vere personalità politiche in grado di trattare con il presidente russo.
«Non abbiamo leader nel mondo, non abbiamo leader in Europa. Un leader mondiale che doveva avvicinare Putin al tavolo della mediazione gli ha dato del criminale di guerra e ha detto che doveva andare via dal governo russo» ha detto Berlusconi riferendosi probabilmente a Joe Biden, di fatto quindi apparentemente attaccando la Casa Bianca.
«Un altro, segretario della NATO ha detto che l’indipendenza del Donbass non sarebbe mai riconosciuta. Capite che con queste premesse il signor Putin è lontano dal sedersi ad un tavolo» ha continuato, attaccando di fatto la NATO, con la quale, come scriviamo più sotto, sappiamo che Silvio, un po’ come Trump, parrebbe aver avuto un rapporto particolare.
Si tratta di affermazioni lucide e condivisibili da chiunque mantenga un minimo senso di razionalità diplomatica e non solo diplomatica.
Poi, l’affondo più inquietante.
«Temo che questa guerra continuerà, siamo in guerra anche noi perché gli mandiamo le armi, adesso dopo le armi leggere mi hanno detto che gli mandiamo carri armati e cannoni pesanti, lasciamo perdere, cosa significa tutto questo? Che avremmo dei forti ritorni dalle sanzioni sulla nostra economia e ci saranno danni ancora più gravi in Africa e allora è possibile che si formino delle ondate di profughi e questo è un pericolo derivante dalla guerra in Ucraina».
«Bisogna pensare a qualcosa di eccezionale per far smettere a Putin la guerra».
Di Berlusconi si possono dire tante cose, ma non che non conosca Putin, leader con cui sembrava legato da una reciproca fraterna e un po’ spiegabile amicizia.
Nel 2001 Berlusconi invitò Putin, che era al potere da poco più di un anno. a Genova per il G7, che divenne G8 – un evento, a pensarci ora, stranamente segnato da ondate di proteste violente mai viste prima…
Negli stessi mesi, Berlusconi creò a Pratica di Mare il suo dimenticato capolavoro geopolitico: un accordo post-11 settembre di collaborazione tra NATO e Federazione Russa.
Berlusconi aveva capito quale era il fulcro del nuovo corso russo, e del comportamento di Putin: uvazhenje, il rispetto. Berlusconi, a differenza di ogni altro leader occidentale, diede rispetto a Putin e alla Russia, e ne ebbe indietro vera amicai.
Tra le cose che forse stiamo dimenticando vi sono la conferenza stampa congiunta a Villa Certosa in Sardegna per la vittoria elettorale del 2008: al suo fianco, davanti ai giornalisti italiani e non, c’era Putin. È incredibile solo a pensarci: è incredibile soprattutto pensare che il dipartimento di Stato USA non si adirasse al punto da organizzare la (seconda) defenestrazione di Berlusconi di lì a pochi mesi.
Ancora: 2008, altra conferenza stampa internazionale a due, i giornalisti stranieri fanno una domanda sugli scontri in Georgia: Berlusconi si permette di rispondere al posto di Putin, un po’ incredulo, difendendo con convinzione mai vista l’operato del Cremlino. Nel 2010 Il Corriere pubblicò un exposé (titolo interessate: «Così l’Italia vuole frenare la NATO») che descriveva i «timori americani» (li chiamano così) manifestatisi con il conflitto georgiano, dove si dice Berluscono sentisse Putin praticamente ogni giorno.
Infine, un altro segno che ci raccontava della vera amicizia tra il magnate TV e l’ex KGB: nel 2014, Berlusconi vola nella Crimea riannessa alla Russia per fare una passeggiata con Putin, tra bagni di folla di persone festanti (Berlusconi è molto, molto popolare in molti Paesi del fu blocco sovietico). I due si bevvero una bottiglia di Cherry del Settecento; un giudice di Kiev fece scattare un’indagine per appropriazione indebita, e il governo di Petro Poroshenko mise Silvio nella blacklist delle persone indesiderate in Ucraina.
Si racconta di recente che Berlusconi fosse amareggiato e contrariato con Putin perché avrebbe provato a raggiungerlo telefonicamente senza ottenere in cambio una seria conversazione. L’ex premier disse pubblicamente un mese fa di essere «profondamente addolorato e deluso da Putin». C’è da ricordare che la parola «addolorato» fu usata anche per Gheddafi quando nel 2011 fu detronizzato da un complotto internazionale, una sorta di anticipazione di ciò che in modo più incruento accadde al governo Berlusconi pochi mesi dopo.
Putin non risponde più al telefono di Berlusconi? Non sappiamo se sia vero, potrebbe essere anche questa propaganda.
Certo è che, quando parla di Putin, in teoria Berlusconi va sempre ascoltato.
E se il capo di un partito di governo dice che il nostro Paese è già in guerra, altri due pensieri sarebbero da fare.
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine tagliata.
Geopolitica
Il consigliere di Zelens’kyj: Kiev pronta a colloqui di pace con la Russia a condizioni «giuste»
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Kiev è pronta per i negoziati di pace con Mosca a condizioni «giuste», ha detto venerdì il principale collaboratore di Volodymyr Zelens’kyj, Mykhailo Podolyak, in un’intervista a un canale televisivo ucraino. Ha tuttavia affermato che la Russia non è pronta per un accordo.
L’alto funzionario ha sottolineato che l’Ucraina sta cercando ciò che considera negoziati efficaci che porterebbero non a un congelamento delle ostilità ma alla fine del conflitto. Ha chiesto di aumentare la pressione internazionale sulla Russia e di potenziare le capacità militari dell’Ucraina per raggiungere l’obiettivo.
All’inizio di questa settimana, il Podolyak ha dichiarato all’Associated Press che vede un accordo di pace con la Russia come un «patto col diavolo», aggiungendo che il congelamento del conflitto consentirebbe a Mosca di apportare le correzioni necessarie e modernizzare le sue forze.
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All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che i colloqui di pace sono attualmente impossibili a causa di una serie di questioni che devono prima essere risolte, tra cui lo status di Zelensky e la legislazione ucraina, firmata da Zelens’kyj nel 2022, che vieta i negoziati tra Kiev e l’attuale leadership di Mosca.
Peskov ha ribadito che il Cremlino considera nulla la legittimità di Zelensky come capo di stato, poiché il suo mandato è terminato a maggio e le elezioni non si sono tenute a causa della legge marziale. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato in precedenza che lo status di Zelensky è importante per quanto riguarda un potenziale trattato di pace, poiché qualsiasi documento vincolante dovrebbe essere firmato da autorità legittime.
Il portavoce ha anche sottolineato che, nonostante le recenti dichiarazioni, la parte ucraina, così come i suoi sostenitori occidentali, restano restii ad avviare colloqui con la Russia.
Zelensky ha recentemente affermato che Kiev vuole porre fine al conflitto «il prima possibile», preferibilmente «entro la fine di quest’anno». Ha sollevato la possibilità di tenere un secondo vertice come un modo per raggiungere questo obiettivo.
All’inizio di questa settimana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che i segnali inviati da Zelensky sulla volontà dell’Ucraina di riprendere i colloqui di pace con Mosca non sono credibili.
Il primo summit, ospitato dalla Svizzera, si è concentrato su elementi della «formula di pace» di Kiev, che richiede a Mosca di ritirare le sue truppe da tutti i territori rivendicati dall’Ucraina. Mosca ha liquidato il piano come distaccato dalla realtà.
In questi due anni di conflitto il personaggio si è fatto notare per commenti problematici.
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Come riportato da Renovatio 21, consigliere di Zelens’kyj mesi fa aveva dichiarato che la «massima uccisione dei russi» è il fine della guerra in corso. A settembre aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».
Il consigliere presidenziale aveva definito la proposta di pace tra Russi e Ucraina avanzata dall’ex presidente francese Nicholas Sarkozy come «criminale» accusando il marito di Carla Bruni di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra».
Lo scorso novembre il Podolyak in un’intervista alla stazione televisiva ucraina Canale 24 aveva dichiarato che Kiev deve impadronirsi di tutti i territori perduti dalla Russia, compresa la penisola di Crimea, altrimenti rischia di scomparire dalla mappa del mondo.
In passato il Podoyak si è scagliato contro il capo di SpaceX Elon Musk, che nel suo racconto ha «favorito il male» negando all’Ucraina l’uso dei satelliti Starlink – che Musk ha fornito a Kiev gratuitamente – per attaccare la Crimea con i droni.
Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak esternato attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court.
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Cina
La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina
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Geopolitica
«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin
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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.
Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.
Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.
Oggi, il Cardinale Segretario di Stato, Pietro #Parolin, ha incontrato il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy (@ZelenskyyUa), al quale ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata #Ucraina. pic.twitter.com/I743IfeIt6
— Segreteria di Stato della Santa Sede (@TerzaLoggia) July 23, 2024
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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.
La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».
Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.
Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.
Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.
L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.
«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».
Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.
Poi nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.
Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.
La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.
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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.
Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».
Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.
Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».
La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.
Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.
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