Pensiero
La strage dell’autobus di Mestre forse causata da un «malore improvviso». Mentre danno il Nobel all’mRNA

Ci sono due bambini tra i 21 morti della strage di Mestre. Uno aveva 12 anni, l’altro era un neonato di pochi mesi. Al momento in cui scriviamo, le agenzie dicono che solo di 7 si conosce l’identità – gli altri sono cadaveri ancora da identificare, e guardando le immagini, possiamo immaginare la difficoltà nel farlo. Tra i morti ci sarebbe una signora austriaca, forse la madre di due bambine di 13 e 3 anni ricoverate ora a Treviso.
È una tragedia immane. Chi scrive conosce bene quel cavalcavia, l’ultimo pezzo di dura realtà metropolitana prima del senso di liberazione che dà percorrere il ponte sulle acque verso Venezia. Solo immaginare un volo da quell’altezza mette i brividi. Concepire che vi sia caduto un autobus pieno di gente è qualcosa di semplicemente terrificante.
«Siamo qui in più di sessanta», ha detto il comandante dei vigili del fuoco di Venezia. «Credo che una scena così tragica, con così tanti morti in quelle condizioni, la maggior parte di noi non l’abbia mai vista, nemmeno i più anziani. Anche se ogni vita ha il suo peso, il numero conta. Ne abbiamo visti di corpi accartocciati fra le lamiere, nei nostri interventi, ma vederli tutti lì, ammassati in mezzo alle fiamme… C’erano anche una ragazza e una bambina che adesso sono qui, sotto il ponte, coperte dai teli».
È morto anche l’autista. Ma cosa è successo?
«Tra le prime ipotesi sulle cause forse un malore di chi era al volante» scrive l’ANSA. La parola «malore» fa capolino, forse inavvertitamente, su tanti titoli della stampa nazionale. Mentre scriviamo è spuntato fuori che vi sarebbe un video, che testimonierebbe – dice il Corriere – come l’autobus abbia fatto «un movimento strano» e si sia mosso con una «manovra eccessiva», qualunque cosa voglia dire.
«Una manovra impropria: è la stessa impressione descritta anche da un testimone che era alla guida di un’auto dietro il bus» continua il quotidiano di via Solferino. «Qualcosa di strano, insomma. Che non aveva senso fare in quel punto e con quel mezzo. Qualcosa che apre le porte all’ipotesi della prima ora: un malore o un colpo di sonno dell’autista».
Siamo edotti che vi sarebbe una scheda video a bordo dell’automezzo, e i «vigili del fuoco a mezzanotte stavano ancora cercando di estrarre». Ne vedremo il contenuto, o ci diranno che è stata distrutta, al momento non sappiamo dire.
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Insomma, la grande stampa sta battendo la pista del malore, anche se – al solito – è comparso un audio Whatsapp fatto circolare stile catena Sant’Antonio in cui una donna asserisce che l’autobus era in fiamme e vi sarebbero testimoni.
Nelle ore della strage, era difficile trovare l’informazione, e non perché i giornali non se ne stessero occupando, ma perché Google alla richiesta «Mestre+malore» rimandava ad una quantità di altri episodi.
12 agosto 2023: «Malore incredibile a Mestre centro: donna di 40 anni crolla a terra e muore in Piazzale Cialdini»
17 luglio 2023: «Fa jogging in montagna poi il malore fulminante: escursionista di Mestre muore a 55 anni»
28 marzo 2023: «Mestre, malore nel sonno: muore a 39 anni giocatore di football americano»
24 aprile 2023: «Colto da malore durante la notte, muore a Mestre un giovane rosolinese di 43 anni»
6 febbraio 2023: «Festa con gli amici poi il malore fatale: stroncato a 46 anni in una camera d’hotel»
10 febbraio 2023: «Malore il primo giorno di lavoro a Mestre: Marian muore a trent’anni dopo 48 ore di agonia»
26 ottobre 2022: «Trovato morto per un malore in casa a 26 anni, l’allarme lanciato dal papà: dramma a Mestre»
18 marzo 2022: «Mestre, malore improvviso davanti alla tv, muore cuoco di 54 anni»
2 luglio 2021: «Mestre, mamma muore in casa per un malore: le figlie la vegliano per 3 giorni»
Insomma, tanti malori a Mestre, ma non è la cittadina veneta abbia qualcosa di speciale: provate con qualsiasi altra località e otterrete risultati simili.
Abbiamo notato, ancora anni fa, come le segnalazioni dei malori fossero incredibilmente aumentate dall’inizio 2021, e come fossero pure cambiate di natura: un malore, prima, era una notizia che poteva riguardare qualcuno che si era sentito male e poi ripreso. Ora sembra che di malore si parli solo per persone che muoiono improvvisamente.
È oramai diverso tempo che Renovatio 21 si chiede, con terrore, quanto siano sicuri oramai i mezzi pubblici: abbiamo annotato, in Italia e all’estero, episodi con soprattutto scuolabus il cui conducente viene colpito d’improvviso da malore, cagionando incidenti e mettendo a rischio la vita di decine di bambini che vanno a scuola o sono in gita.
Uno studio su questi «malori improvvisi» ovviamente non esiste ancora, nemmeno in termini statistici, ed è difficilissimo che lo vedremo.
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Se pensate che possa essere implicato il programma di vaccinazione con il siero genico sperimentale, dovete comprendere che c’è una sorta di Finestra di Overton anche lì: certe cose si può pensare che vengano fuori, per altre ci vuole tempo, sono caselle più indietro, sono ancora nella categoria dell’«impensabile».
Le miocarditi, per esempio sono oramai ascrivibili alla casella dell’«accettabile» e del «sensato»: il loro rischio dopo l’iniezione compare oramai nei bugiardini, anche se spesso si accompagna con la pacca sulla spalla che dice che è un problema che si può tranquillamente risolvere. Dirigenti Pfizer vanno al Parlamento australiano e dichiarano, in tranquillità e scioltezza, di non sapere perché il siero provochi il problema al cuore.
Il «turbocancro», cioè l’idea che il siero possa essere dietro a improvvisi fenomeni tumorali, nuovi o di ritorno anche dopo decenni, è un’idea della categoria del «radicale», appena sopra la casella dell’«impensabile»: qualche sparuto scienziato e qualche gruppo antivaccinista di frangia lo sostiene, ma non c’è ancora un’accettazione pubblica, che crediamo verrà combattuta dal sistema con tutta la sua forza, vista la quantità di attenzione politico-sanitaria messa riguardo al cancro e alle sostanze cancerogene. Lo Stato che fa rifare gli edifici per l’amianto, ti inietta sottopelle una sostanza che provoca tumori? Radicale, sì, poco sopra l’impensabile.
Per le onnipresenti morti improvvise, che pure potrebbero essere facilmente ricollegate alle miocarditi sempre più slatentizzate, invece temiamo che vi sarà da parte del sistema un’opposizione ancora più grande.
Perché in un discorso riguardo alle morti improvvise andremmo oltre la questione medico-sanitaria. Andremmo, di fatto, davanti ad una prospettiva da mistica fondamentalista, quella della rapture, come abbiamo scritto in passato: migliaia di persone la cui vita viene «rapita» in un unico evento apocalittico. Tale idea, chiaro, sarebbe ancora più difficile da controllare, e il dissenso verso lo Stato vaccinatore assumerebbe toni spirituali, religiosi.
È per questo che preconizziamo che le notizie sui «malori», specie riguardo scuolabus, autobus, treni, aerei (militari e civili), spariranno dai giornali e, più importante, anche dai motori di ricerca, a cui basterà cambiare lievemente l’algoritmo per non farvi trovare mai più notizie dei mesi scorsi come quelle riportate qui sopra.
Il manovratore, ad una certa, lo capirà: il malore (che già di per sé è un eufemismo orwelliano) dovrà essere censurato, dovrà sparire, a suon di studi su Lancet (che vengono, magari, da qualche spintarella) o di Fact-checker allucinatori.
Perché, pensateci, non è gestibile – neppure dal punto di vista del traffico! – una società che evita gli autobus, perché teme, salendovi, di morire.
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Crediamo che, pur in un senso più ampio, il Nobel appena assegnato agli scienziati del vaccino mRNA vada in questa direzione.
Conosciamo l’odore massonico che promana dal grande premio scandinavo: diedero il Nobel alla letteratura anche al supermassone Giosuè Carducci, autore dell’Inno a Satana e di altre poesiuole di scarsissimo valore letterario epperò inflitte agli italici scolari.
Conosciamo le contraddizioni grottesche dei Nobel per la Pace, primo fa tutto quello ad Obama, uomo delle stragi con i droni in Medio Oriente e Centrasia, del surge in Afghanistan e del disastro continuo in Iraq, personaggio nella cui presidenza prosperò l’ISIS.
Quello che in tanti ignorano, tuttavia, è che il Nobel stesso è una sorta di operazione di lavaggio storico-psicologico: il chimico e imprenditore svedese Alfred Nobel (1833-1896) si rese conto che la sua reputazione era completamente compromessa dalla sua invenzione principale, la dinamite. Quando suo fratello Ludvig morì a Cannes nel 1888, un giornale francese si sbagliò e pubblicò il necrologio dell’inventore del noto esplosivo con il titolo «Le marchand de la mort est mort» («Il mercante della morte è morto»): «Alfred Nobel, che divenne ricco trovando il modo di uccidere il maggior numero di persone nel modo più veloce possibile, è morto ieri».
Spaventato dallo stato delle sue PR, nel 1895 redasse un testamento che istituiva i riconoscimenti poi noti come premi Nobel. Poté così morire in serenità l’anno successivo a Sanremo, consapevole del fatto che i premi avrebbero lavato via la morte associata al suo nome.
Ora, assegnare all’mRNA il Nobel non lava via anche quest’anno i peccati del riccone dinamitardo, ma è utile a cancellare anche i peccati della nuova terapia genica imposta all’umanità tramite il COVID.
Volete avere dubbi su un vaccino che ha vinto il Nobel? (e se ricordate che lo ha vinto anche l’ivermectina, vi bannano dai social)
Volete associare la morte ai più alti ottenimenti della scienza? (Il sistema di risciacquo di Alfred è ancora validissimo)
Volete dire che hanno dato il più ambito riconoscimento al mondo a qualcosa che può fare male all’umanità?
Il lettore capisce da solo la portata dell’operazione psicologica.
Al contempo, ripetiamo quanto abbiamo ribadito più e più volte su Renovatio 21: ogni vaccino diverrà un vaccino mRNA. La terapia genica che si candida a curare qualsiasi cosa, l’alterazione genetica sarà la base della nuova medicina. Il mondo intero va spinto dentro questo imbuto. Modifica biomolecolare globale, riforma genica dell’umanità intera. Sul perché, abbiamo le nostre idee, che potete leggere in altri articoli. Sul fatto che lo stiano facendo, non abbiamo più alcun dubbio.
C’è una narrativa universale a cui il mondo va uniformato, e davanti alla quale i glitch come le stragi degli autobus vanno corretti.
Intanto, l’orrore sotto il cavalcavia di Mestre. E il terrore di mandare in gita tuo figlio.
Roberto Dal Bosco
Immagini screenshot da YouTube
Civiltà
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Pensiero
Che cos’è l’anarco-capitalismo? Da Rothbard a Milei, storia di un’idea mai applicata

La vittoria presidenziale di Javier Milei in Argentina pone a capo dello stato il primo autoproclamato «anarco-capitalista» della storia moderna – o probabilmente la prima persona ad aver vinto un’elezione a questo livello a identificarsi come tale.
Ma che cos’è l’anarco-capitalismo? Il pensiero, come racconteremo rapidamente qui sotto, va indietro di poco, forse appena duecento anni, ma è stato teorizzato davvero nella seconda metà del XX secolo.
Al centro dell’idea anarco-capitalista è la convinzione che la società possa godere dell’applicazione dei diritti di proprietà, dei contratti e della difesa senza la necessità dell’autorità coercitiva dello Stato. L’unione dei concetti di anarchismo e capitalismo non è vista come un piano per l’ordine sociale, ma piuttosto come una previsione di come una comunità civilizzata potrebbe funzionare in assenza dello Stato.
Va notato che l’anarco capitalismo non è associabile ad ideologie di destra, contrariamente a quanto sostenuto stanno sostenendo le testate del mainstream mondiale inferocite dall’elezione del Milei. L’anarco-capitalismo si discosta nettamente dai tradizionali allineamenti politici di destra, e prova ne è l’apertura totale espressa dal Milei riguardo all’immigrazione – un fenomeno che non riguarda drammaticamente, al momento, il suo Paese.
In questo contesto, l’anarchismo si riferisce all’abolizione dello Stato e alla sua sostituzione con relazioni basate sulla proprietà privata, azione volontaria, diritto privato e applicazione dei contratti, come previsto dal libero mercato.
Coloro che si definiscono «anarco-capitalisti» non rappresentano una scuola di pensiero omogenea. La designazione copre una vasta gamma di applicazioni e opinioni, con diversità di vedute all’interno della stessa ideologia.
Il termine «anarco-capitalismo» trova le sue radici nel lavoro dell’economista americano, e mio amato mentore, Murray Rothbard (1926-1995), il quale fu profondamente influenzato nel suo pensiero libertario dalla scrittrice Ayn Rand negli anni Cinquanta. Uno dei cani clonati di Milei, il Murray, si chiama così in onore dell’economista e teorico giusnaturalista neoeboraceno, che può essere tranquillamente considerato il principale ideatore dell’anarco-capitalismo, la cui bandiera fu per la prima volta sventolata dal Rothbardo nel 1963 in Colorado – un drappo oro e nero come quella che vedete come immagine di questo articolo, che il Milei ha tirato fuori pure lui per un video.
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Tuttavia, quando Rothbard esaminò attentamente le idee di Rand, iniziarono a sorgere in lui dei dubbi riguardo all’istituzione che Rand insisteva fosse necessaria ed essenziale, ovvero lo Stato stesso. Rothbard pose domande cruciali: se desideriamo avere diritti di proprietà, perché solo lo Stato può violarli? Se puntiamo all’autoproprietà, perché lo Stato è l’unica istituzione autorizzata a costringere, segregare e adottare altre misure invasive nei confronti delle persone? Se cerchiamo la pace, perché dovremmo affidarci a uno Stato che ci porta in guerra la guerra? E così via.
La separazione con la Rand, all’epoca dea dei libertari di Nuova York, fu estremamente drammatica. Rothbard offrì una reinterpretazione ironica degli eventi nel breve testo teatrale intitolato Mozart was a red («Mozart era un rosso»). Dopo che Rothbard e altri abbandonarono il movimento oggettivista da lei fondato, la Rand li etichettò come «libertari hippie che subordinano la ragione ai capricci e sostituiscono il capitalismo con l’anarchismo», invitando i suoi lettori a non associarsi a loro.
Rothbard continuò la sua opera filosofico-politica, fondando nel 1969 la rivista The Libertarian Forum, pubblicata sino al 1984 e anche il Journal of Libertarian Studies, la sua pubblicazione di maggior successo, della quale fu direttore fino alla morte.
Secondo Rothbard, una regola coerente nella società che vieti l’aggressione contro le persone e la proprietà dovrebbe estendersi anche allo Stato stesso, che egli considerava storicamente il violatore più dannoso dei diritti umani dal punto di vista sociale. L’idea è che, nonostante tolleriamo che gli Stati difendano i nostri diritti, spesso scopriamo che lo Stato rappresenta la principale minaccia a tali diritti.
Questo modo di pensare sottolinea anche la difficoltà nel trovare una tecnologia o un sistema efficace per limitare lo Stato una volta che è stato creato. Per una comprensione più approfondita di questo concetto, Rothbard consigliava la lettura del suo saggio Anathomy of the State.
Si tratta di un pensiero piuttosto in linea con la critica fatta negli anni dall’anarchismo socialista, tuttavia la particolarità della prospettiva di Rothbard risiedeva nella sua previsione analitica su cosa avrebbe occupato il posto dello Stato in sua assenza.
Rothbard sosteneva che una società priva di Stato non avrebbe assunto la forma di una comunità governata da una perfetta condivisione delle risorse e da un’uguaglianza egualitaria. Al contrario, respingeva le visioni utopiche della sinistra e delineava un quadro in cui sarebbero emersi concetti come la proprietà, il commercio, la divisione del lavoro, gli investimenti, i tribunali privati, i mercati azionari, la proprietà privata del capitale e così via.
In altre parole, Rothbard prevedeva che in un contesto senza Stato, un’economia libera avrebbe prosperato in modo significativo, portando a un livello massimo di realizzazione della libertà ordinata.
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Questa idea pose Rothbard in contrasto con praticamente tutti, dalle correnti marxiste ai trotskiste, dai seguaci della Rand, ai conservatori e ai liberali classici d’antica scuola, i quali ritenevano che gli stati fossero necessari per garantire tribunali, legge e sicurezza. Questa posizione lo portò addirittura a scontrarsi con il suo mentore, l’economista oriundo austriaco Ludwig von Mises, che degli anarchici aveva una visione europea classica.
Contrariamente a quanto percepiva il suo maestro, l’anarchismo di Rothbard era profondamente radicato nella tradizione americana: influenzato più dal periodo coloniale che dalla guerra civile spagnola. Egli sosteneva che le comunità avrebbero potuto autogestirsi senza un’autorità suprema con il potere di tassare, inflazionare la valuta, arruolare e uccidere.
Rothbard credeva fermamente che i mercati e la creatività derivante dalla cooperazione pacifica umana avrebbero costantemente prodotto risultati superiori rispetto alle istituzioni create dalle élite e imposte attraverso la costrizione. Questa prospettiva si estendeva anche ai tribunali, alla sicurezza e al diritto, i quali, secondo Rothbard, sarebbero stati meglio forniti attraverso le forze di mercato, all’interno di norme universali che regolano la proprietà e l’azione umana.
Come nota un articolo di Epoch Times, in questo contesto, Rothbard stava ripercorrendo un dibattito che ebbe luogo in Francia nel XIX secolo. Frédéric Bastiat (1801–1850), un notevole economista e liberale classico, scrisse alcuni dei saggi più persuasivi per la libertà della sua generazione, dove tuttavia, Bastiat mantenne sempre la convinzione della necessità di uno Stato per mantenere il sistema in funzione e impedire il caos nella società. A contrastarlo su questo punto fu il meno noto intellettuale Gustav de Molinari (1819-1912), il quale affermò che tutte le funzioni necessarie per le operazioni sociali in libertà potevano essere fornite attraverso le forze di mercato. In molti sensi, il Molinari può essere considerato il primo vero «anarco-capitalista», anche se non impiegò mai quel termine.
Milei ora si trova a prendere le teorie della Parigi dell’Ottocento e della Nuova York degli anni Cinquanta e a metterli in pratica a fronte di uno Stato amministrativo enorme e radicato, una valuta collassata più e più volte, dove il cambio con il dollaro sulla strada è assai diverso da quello annunciato del governo, che tutti semplicemente ignorano. Milei avrà contro di lui 100 anni di statalismo parassita ingenerato dal peronismo e l’ostilità di parte del Parlamento e di un’opinione pubblica completamente polarizzata.
«Né Reagan né la Thatcher, per quanto di vasta portata fossero le loro riforme, hanno mai tagliato il bilancio complessivo e tanto meno hanno abolito intere agenzie. Erano riformatori all’interno del quadro» scrive J.A. Tucker su Epoch Times. «Milei è chiamato a fare qualcosa di mai fatto prima, nel mezzo di una grave crisi per la Nazione».
Quello che farà Milei, ad ogni modo è da vedere. Se si farà cavaliere dell’anarco-capitalismo del Rothbardo (cioè del pensatore ebreo-americano, non del cane clone del defunto cane Conan, con cui Milei parla per mezzo di medium e spiritisti) o se semplicemente porterà avanti i dettami del World Economic Forum, dei cui eventi ha fatto parte, è da vedere.
La dottrina del World Economic Forum, ricordiamo, è tuttavia l’esatto contrario di una teoria che va contro lo Stato, anzi: essa è la convergenza, la fusione definitiva tra Stato e mercato, non più nei termini del marxismo (che fallisce nella sua missione di creare l’infrastruttura umana e materiale per la tecnocrazia) ma in quelli dell’ultraliberismo, della libertà assoluta delle multinazionali che divengono esse stesse legittimate dagli Stati.
Il senso di Davos, con i suoi incontri tra capi di Stato e massimi paperoni globali, è tutto qui. Il sistema con i suoi arconti è il vero padrone, e il popolo – una volta retoricamente definito sovrano e teoricamente «padrone» degli Stati – è considerato come una forza da sottomettere, se non già sottomessa quasi del tutto. Guardatevi i video WEF della Mazzuccato che vuole infliggere cambiamenti nella popolazione attraverso crisi idriche, o dell’altro professore che sogna di modificare geneticamente la popolazione per renderla più bassa di statura, per capire a quale livello di delirio spudorato è giunta la managerial class, a quale punto del percorso siamo nel percorso
C’è da capire, ora, quali padroni vuole davvero servire il nuovo presidente. Le voci che girano a suo riguardo, fuori dal circuito del lancio di coriandoli della destra sempre più disorientata, non sono esattamente rassicuranti.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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