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Oligarcato

Lista incompleta dei club privati in cima al mondo. Quelli visibili…

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Vi sono al mondo diversi circoli privati dove i potenti si incontrano, e molto spesso prendo decisioni che riguardano poi il resto della popolazione. Alcuni di essi vengono dalla finanza, altri dalla politica, altri ancora godono di un’influenza talvolta difficile da spiegare (come nei casi di Retinger e Peccei, che vedremo più sotto).

 

Lungi dall’essere materia per letteratura cospirazionista, i circoli privati che dominano la Terra sono una realtà riconosciuta, pure sbattuta in faccia alla popolazione come nel caso del World Economic Forum di Davos.

 

La stampa mainstream ha di recente parlato delle riunioni di un’organizzazione segreta di cui non si era mai sentito parlare: l’Institut International d’Etudes Bancaires. Tuttavia, le questioni delicate legate alla definizione delle politiche globali non passano solo da enti bancari.

 

L’influente l’Institut International d’Etudes Bancaires è un forum finanziario per lo scambio di idee tra i finanziatori più connessi d’Europa. Il Financial Times ha riferito di uno dei suoi incontri segreti semestrali nell’ottobre 2023, al Dolder Grand Hotel di Zurigo.

 

Il networking esclusivo e segreto che si svolge nelle location di lusso delle riunioni del forum IIEB, che è anche un club sociale d’élite in cui i capi delle banche si mescolano con una serie di ospiti che vanno da presidenti e primi ministri ai reali

 

Lo IEEB è stato descritto come più esclusivo di Davos.

 

Lasciando da parte per qualche ragione la massoneria e i suoi derivati, testata russa Sputnik ha tentato una lista delle storiche «società segrete» che possiedono potere ed influenza ancor oggi, che Renovatio 21 riprende ed amplia.

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Skull and Bones

Una delle società segrete più famose della Ivy League, intrisa di rituali e simboli misteriosi, è la famigerata Skull and Bones. Questa società di studenti senior (cioè, nel linguaggio dei College americani, universitari del quarto anno) della Yale University di New Haven, nel Connecticut, è stata fondata nel 1832 da William Huntington Russell e Alphonso Taft.

 

Il club sceglie 15 nuovi membri ogni anno, quelli selezionati denominati Bonesmen e Boneswomen. Tutti i membri hanno giurato di mantenere il segreto. Inizialmente, è stato creato per i membri delle famiglie più ricche e influenti degli Stati Uniti. Molti membri diventarono ricchi e famosi leader aziendali del mondo, con i Vanderbilt e i Rockefeller che, secondo quanto riferito, erano tutti membri della società.

 

Tre membri della Skull and Bones – William Howard Taft, George Bush padre e George Bush figliuolo – sono diventati presidenti degli Stati Uniti.

 

Le elezioni USA del 2004 imbastirono la grottesca sfida tra due iniziati della Skull and Bones, Gerge Dubya Bush e John Kerry, il quale, pur trombato, fece una carriera ai massimi livelli, divenendo segretario di Stato ed oggi «Zar del clima», con minacciose comparsate al WEF dove, tra sospetti riguardo l’emissioni di forti e squassanti peti, annunzia con tranquillità la modifica della nostra vita quotidiana.

 

La prole di Kerry pure ha seguito traiettorie interessanti: un figlio faceva con Hunter Biden nella società implicata in Ucraina (pure con i biolaboratori) e in Cina, una figlia lavora ora a fianco di Tedros ai vertici dell’OMS.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ex speaker della Camera USA Newt Gingrich, convertito al cattolicesimo, l’anno passato ha dichiarato pubblicamente che «le persone che appartengono alla Skull and Bones si uniscono per mantenere il potere sul popolo americano».

 

Alcuni ritengono che dalla Skull and Bones e da fraternità studentesche simili sia stato tratto interamente il personale per la CIA ed ancora prima l’OSS, il servizio segreto americano durante la Seconda Guerra. Tale tesi è sposata da Robert De Niro nel complesso film storico da lui diretto The Good Shepherd.

 

Il potere nascosto della Skull and Bones fu portato all’attenzione del grande pubblico da un libro dello storico Anthony Sutton, America’s Secret Establishment: An Introduction to the Order of Skull and Bones («L’establishment segreto americano: un’introduzione all’Ordine degli Skull & Bones»). I nomi dei membri fino agli anni Settanta non erano tenuti nascosti – ma le pratiche e le riunioni del gruppo sì.

 

Secondo un articolo apparso nel 2004 su Le Monde Diplomatique, la Skull&Bones funge da «condotto verso la Corte Suprema, la CIA, gli studi legali e i consigli di amministrazione più prestigiosi del paese, tra gli altri».

 

Nella lista dei membri della Skull and Bones troviamo il celeberrimo Henry Luce, fondatore ed editore delle riviste TimeLifeFortune e Sports Illustrated marito dell’ambasciatrice a Roma Claire Booth Luce, nonché uomo spesso sospettato di lavorare con l’Intelligence USA.

 

Nella lista c’è, ovviamente anche il nome di James Jesus Angleton, spia e poeta considerato «la madre della Central Intelligence Agency», nonché vero autore dell’Italia RepubblicanaRenovatio 21 si batte affinché, vista l’immane importanza che ha rivestito per il nostro Paese, almeno un comune, anche a caso, gli dedichi una via, una piazza, un largo, un vicolo.

 

Bohemian Grove

Un altro caso interessante di club dell’oligarcato globale è il Bohemian Grove. Fondato originariamente nel 1872 da un gruppo di giornalisti, scrittori, attori e avvocati di San Francisco come associazione di coloro che si definivano «liberi pensatori e liberali», il Bohemian Club divenne uno dei club maschili (o segreti) più esclusivi società) negli Stati Uniti.

 

Sebbene gli elenchi dei membri siano custoditi, è noto che scrittori come Mark Twain e Jack London furono tra i primi ad aderire alle sue fila, che contano anche i nomi dell’Henry Kissinger, Giorgio Bush padre, Ronaldo Reagan e amministratori delegati di molte aziende inserite nella lista Fortune 500 (le prime 500 aziende degli USA) che si ritiene fossero presenti agli incontri.

 

Il club ha una vasta proprietà conosciuta come Bohemian Grove, dove si dice che l’élite si riunisca una volta all’anno per socializzare e condividere i propri pensieri su come «governare il mondo». Tale fama deriva soprattutto dalla celeberrima infiltrazione che nel luglio del 2000, agli albori della sua carriera, compì il giornalista americano Alex Jones, filmando un inquietante rito annuale del gruppo chiamato Cremation of Care («la cremazione della cura»), dove i potenti incappucciati assistono, tra urla, ad un rito di fuoco di fronte all’immagine di un gufo alta 40 piedi, in un piccolo lago artificiale in mezzo a un boschetto privato di sequoie secolari.

 

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Rotary Club

Il Rotary Club (o Rotary International), è stato fondato nel 1905 come primo club di servizio al mondo. A quel tempo, l’avvocato Paul P. Harris incontrò tre dei suoi conoscenti d’affari a Chicago, Illinois. Il nome Rotary è stato scelto in riferimento alla pratica di riunirsi a rotazione nelle varie sedi di lavoro dei soci. I Rotary club sono presenti ora in tutto il mondo, ed è difficile che vi sia una città italiana dove la classe abbiente non abbia organizzato il capitolo locale con le sue cene, le sue conferenze, i suoi eventi filantropici, etc.

 

I Rotary club si posizionano come «organizzazioni di beneficenza» non religiose e apolitiche aperte a tutti, indipendentemente dalla nazionalità, razza, religione o opinioni politiche. Ci sono oltre 46.000 di questi “club” in tutto il mondo. I principali motti del Rotary International sono «Servire al di sopra di ogni interesse personale» e «Chi guadagna di più chi serve meglio».

 

È stato riportato che, tra i tanti enti che supporta, la Fondazione Bill e Melinda Gates finanzia anche il Rotary International.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Rotary sostiene la Global Polio Eradication Initiative (GPEI), ossia la campagna vaccinale antipolio che pare aver causato problemi in Africa.

 

Quattro anni fa l’OMS ammise che il vaccino antipolio orale era responsabile di un’allarmante epidemia di poliomielite in Sudan – «collegata a un’epidemia in corso provocata dal vaccino in Ciad» – con focolai paralleli in un dozzina di altri Paesi africani.

 

È istruttivo leggere la risposta ad una lettera sulla compatibilità tra Fede cattolica e Rotary pubblicata da Famiglia Cristiana lo scorso anno.

 

«Gli antichi sospetti della Chiesa nei confronti del Rotary Club si fonda su ritenute vicinanze di questa associazione alla Massoneria, la cui attività è dichiarata ancor oggi dalla Chiesa cattolica esplicitamente inconciliabile coi suoi principi, sia sul piano della fede che delle sue esigenze e morali» scrive il settimanale paolino. «Nei confronti del Rotary, in particolare, si ricorda un decreto del Sant’Uffizio (l’attuale Congregazione per la Dottrina della Fede) del 1951, che vietava a religiosi e laici l’adesione e la partecipazione ad adunanze di tale organizzazione, perché poteva favorire un senso di indipendenza dall’insegnamento della Chiesa nel campo della fede e dei costumi e favorire l’infiltrazione di elementi massonici e anticlericali».

 

Tuttavia, scrive il sacerdote di Famiglia Cristiana, «questo atteggiamento di sospetto è venuto meno con Paolo VI, che ricevette in Vaticano nel 1965 i rotariani (dopo averli incontrati da Arcivescovo di Milano nel 1957) e con san Giovanni Paolo II, che li incontrò a sua volta a Roma nel 1979, appena diventato papa. Ovviamente per un cattolico che vi aderisca o partecipi è comunque sempre opportuna la vigilanza».

 

Una voce non verificata che girava una decina di anni fa assieme ad un presunto documento che voleva comprovarla sosteneva che Bergoglio era membro del capitolo Rotary di Buenos Aires.

 

Il sito del circolo, in un articolo del 2016 intitolato «papa Francesco ringrazia il Rotary», scrive che «circa 9000 soci del Rotary hanno partecipato alla speciale Udienza giubilare in Piazza San Pietro su invito di Papa Francesco». Anche qui tornano i sieri: «dopo l’Udienza giubilare, una delegazione di soci del Rotary – guidata dal Presidente del Rotary International K.R. Ravindran – si è incontrata con Papa Francesco che ha ribadito l’importanza delle vaccinazioni contro la polio esortando il Rotary a continuare l’opera (…) I casi di paralisi da polio prevenibili col vaccino si sono ridotti di oltre il 99,9 per cento, dai circa 350.000 casi all’anno nel 1988, ai 74 confermati nel 2015».

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Council on Foreign Relations

Fondato nel 1921, il Council on Foreign Relations (CFR), con sede a New York City e uffici a Washington, è un ramo del Carnegie Endowment for Universal Peace, un ente aggiunto dal ministero della Giustizia russo nel 2023 all’elenco dei «agenti stranieri».

 

Specializzato nella politica estera e nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti, si ritiene che il suo creatore sia stato il potentissimo banchiere americano, JP Morgan, fondatore dell’omonima banca poi fusasi con la banca Chase della famiglia Rockefeller, considerata un tempo la più ricca della storia umana.

 

Al momento dell’istituzione del CFR, il Senato degli Stati Uniti aveva bloccato il tentativo dell’allora presidente Woodrow Wilson di far aderire l’America alla Società delle Nazioni. I membri solo su invito del CFR, che includono politici di alto livello, numerosi segretari di stato, direttori della CIA, banchieri, avvocati, professori, direttori e amministratori delegati aziendali e figure senior dei media, devono essere cittadini statunitensi o residenti permanenti e nominati da un membro attuale a titolo oneroso per entrare a far parte dell’organizzazione.

 

Si ritiene che il compito del consiglio, spacciato per think tank americano, sia quello di esercitare il potere «dietro il trono» per modellare il mondo secondo il gradimento economico e politico di Washington . Si ritiene che numerosi alti funzionari del governo americano siano stati tratti dai suoi elenchi.

 

Dopo la seconda guerra mondiale, il consiglio fu trasformato in un importante centro strategico. Per inciso, l’iniziativa di lanciare un attacco nucleare “preventivo” contro l’Unione Sovietica fu concepita nelle viscere del CFR.

 

Tra i membri del consiglio figurano molti membri del Pentagono e della NATO generali, ma anche personaggi di spicco della CIA e di altri servizi segreti, tra cui ideologi come Allen Dulles (dal 1933 al 1944 segretario del consiglio, dal 1945 al 1950 presidente del consiglio), Zbigniew Brzezinski ( direttore del consiglio dal 1972 al 1977), Henry Kissinger (direttore del consiglio dal 1977 al 1981) e Richard Pipes, storico americano di origine ebraico-polacca esperto di Russia che durante la guerra fredda guidò il Team B, creato all’interno della CIA per impulso dell’allora Segretario alla difesa Donald Rumsfeld su dure posizioni antisovietiche e perciò antagonista del più ufficiale Team A. Il figlio Daniel, che si è specializzato in Medio Oriente, è considerato uno dei capisaldi della schiera dei neocon.

 

Sono membri italiani del CFR l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Ha fatto interventi nella sede del CFR a Nuova York l’ex premier italiano piddino Enrico Letta.

 

Il CFR fu teatro dell’incredibile ammissione di Biden che raccontò di aver ricattato il governo ucraino, chiamando quindi «figlio di puttana» il procuratore generale di Kiev da sostituire, il quale stava indagando, tra le altre cose, anche sulla società che aveva messo nel board suo figlio Hunter.

 

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Club Bilderberg

Il notorio Club Bilderberg Club è un incontro annuale non registrato delle élite nordamericane ed europee fondato nel 1954. Prende il nome dall’Hotel de Bilderberg a Oosterbeek, nei Paesi Bassi, dove i suoi membri si riunirono per la prima volta su invito del principe Bernhard di Lippe-Biesterfeld. L’enigmatico studioso polacco Jozef Retinger, un massone con reputazione di «eminenza grigia» in vari contesti, fu uno dei suoi fondatori. Il Retinger, che nel 1958 fu nominato per il premio Nobel, fu fondatore del Movimento Europeo Internazionale, attivo ancora oggi e che conta tra le sue fila anche esponenti del Partito Democratico.

 

Il Bilderberg fu una delle realizzazioni massime della trama del Retinger: l’obiettivo era avvicinare le élite del Nord America e dell’Europa occidentale oltre i riflettori politici, offrendo un luogo di «società di dibattito». L’organizzazione è composta da almeno 150 membri invitati dal suo «comitato direttivo».

 

Il forum riunisce analisti, politici, finanzieri e intellettuali. Un terzo dei membri del club sono nordamericani, il resto sono europei. Poiché il luogo, i partecipanti e gli argomenti di discussione sono stati tenuti nascosti, sono circolate teorie cospirative, sostenendo che il Gruppo Bildelberg è un «governo mondiale ombra» che governa il mondo.

 

Club di Roma

Il Club di Roma è stato fondato a Villa Farnesina a Roma nell’aprile 1968 da Aurelio Peccei, un ex dirigente FIAT molto introdotto in tutto il mondo, e Alexander King, uno scienziato scozzese. Scienziati, personaggi politici e pubblici si riuniscono qui per scambiare idee su tutti i tipi di tattiche e strategie.

 

Il Club di Roma pare essersi concentrato in particolare su un tema: la riduzione della popolazione terrestre.

 

Le idee di decrescita e le basi stesse dell’ecologia contemporanea – anche se nessun attivista verde lo sa – le dobbiamo a Peccei e al suo Club, consesso di potentissimi uniti solo dall’agenda magica di Peccei, che per qualche motivo aveva buoni rapporti con i vertici di qualsiasi realtà globale – pensate ad un Kissinger, o ad uno Klaus Schwab, ma più tetro e più concentrato.

 

Il documento con cui iniziò tutto fu lo studio che il Club di Roma di Peccei commissionò nel 1972 al politecnico bostoniano MIT, The Limits to Growth («I limiti dello sviluppo»), una primitiva simulazione al computer che ripeteva con gergo scientifico coevo quanto già espresso dal reverendo Malthus, teorico delle atrocità dell’Impero britannico (lavorava per il Collegio della Compagnia delle Indie), secoli prima: fermate la crescita della popolazione e il consumo di risorse o sarà il disastro.

 

Nel suo libro Cento pagine per l’avvenire, un libro che per qualche ragione è stato ristampato pochi anni fa, che il Peccei tocca vette di trasparenza antiumana: «ci siamo chiesti se tutto sommato, rispetto al maestoso fluire dell’evoluzione l’homo sapiens non rappresenti un fenomeno deviante. Se non sia un tentativo ambizioso andato male, un errore di fabbricazione che gli aggiustamenti che assicurano il rinnovarsi della vita si incaricheranno a tempo debito di eliminare o rettificare in qualche modo».

 

La potenza del suo Club di Roma fu tale che si narra che la politica cinese del figlio unico sia stata indotta da lì: approcciarono un esperto aerospaziale del governo Deng, tale Song Jian, ad una conferenza missilistica a Helsinki, e gli dissero che avevano simulazioni che mostravano il collasso della Repubblica Popolare Cinese se la popolazione non sarebbe stata fermata… Deng, che forse con l’Europa aveva altre aderenze di club avendo studiato a Parigi, attivò la politica autogenocida costata la morte di centinaia di milioni di bambini, facendo diventare Pechino un mega-laboratorio della Cultura della Morte realizzata.

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Commissione Trilaterale

Il Council on Foreign Relations degli Stati Uniti ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione della Commissione Trilaterale nel 1973 su iniziativa del Club Bilderberg. L’idea di una tale organizzazione è stata articolata da Brzezinski nel suo libro-manifesto Between Two Ages: America’s Role in the Technetronic Era, un testo che ancora oggi sorprende per come preoconizza l’architettura mondiale e la conseguente necessità di controllo della popolazione. Già cinquanta anni fa, lo stratega antirusso polacco-americano poteva scrivere che ««lo Stato-nazione come unità fondamentale della vita organizzata dell’uomo ha cessato di essere la principale forza creativa: le banche internazionali e le multinazionali agiscono e pianificano in termini che sono lontani in anticipo sui concetti politici di Stato-nazione».

 

Il nome «Commissione Trilaterale» riflette il fatto che fin dall’inizio è stata concepita come un’organizzazione in cui «le migliori menti del mondo» (secondo il suo fondatore David Rockefeller), rappresentavano gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e il Giappone ( che ora include tutta l’Asia-Pacifico) potevano discutere i problemi e «decidere il destino del mondo».

 

Il presidente della Chase Manhattan Bank David Rockefeller (membro del comitato direttivo del Bilderberg e ispiratore del Council on Foreign Relations degli Stati Uniti) divenne presidente della Commissione Trilaterale e lo Zbig Brzezinski, fatto reclutare dai Rockefeller al fido Enrico Kissinger, ne divenne direttore esecutivo.

 

La Trilaterale aveva il compito di incoraggiare la cooperazione tra le élite di Stati Uniti, Europa e Giappone. Per coordinare al meglio le attività furono create tre sedi a Washington, Parigi e Tokyo. Oggi, l’incontro annuale dei membri della Commissione Trilaterale ruota tra le tre regioni: Nord America, Europa e Asia-Pacifico.

 

Le sessioni plenarie annuali includono politici di spicco, banchieri e direttori di grandi imprese, che agiscono come un «organo consultivo» per i governi mondiali.

 

Come riportato da Renovatio 21, nella riunione dell’anno passato nella capitale giapponese la Trilaterale si è lamentata del comportamento degli USA verso la Cina. Ricordiamo che, un po’ controintuitivamente, i miliardari Rockefeller, che vi investivano danaro già dal primo Novecento, hanno nel corso dei decenni lodato ripetute volte la Cina per la politica del figlio unico imposta dal governo comunista.

 

Il gruppo italiano della Trilaterale è presieduto dalla giornalista e dirigente RAI Monica Maggioni, già membro anche del Club Bilderberg. Il vicepresidente risulta essere Enrico Tommaso Cucchiani, CEO di Intesa San Paolo.

 

Il gruppo italiano della Trilaterale è presieduto dalla giornalista e dirigente RAI Monica Maggioni, già membro anche del Club Bilderberg. Il vicepresidente risulta essere Enrico Tommaso Cucchiani, CEO di Intesa San Paolo.

 

Secondo quanto riportato, altri nomi italiani coinvolti sono Ornella Barra (del grande gruppo di distribuzione Walgreens), Giampaolo Di Paola (già Ministro della Difesa), Marta Dassù (già viceministro degli Esteri), Yoram Gutgeld (israeliano ma deputato in Italia con Renzi di cui era consigliere, poi commissario alla spending review), Enrico Letta (che già frequenta il CFR), Giampiero Massolo (ex capo dei servizi segreti, poi vertice di Fincantieri), Carlo Messina (sempre di Intesa Sanpaolo), Maurizio Molinari (direttore de La Repubblica ed ex direttore de La Stampa), Maurizio Sella (della banca omonima, fondata dall’avo ministro dell’Italia unita ottocentesca) e Marco Tronchetti Provera (ex marito di Afef Jnifen).

 

In passato sono stati membri della Trilaterale anche nomi come Gianni Agnelli e Mario Monti, il quale fu oggetto di polemica a livello europeo quando divenne Commissario UE nel tardo 2003: l’eurodeputata Patricia McKenna ricordò che, oltre a partecipare al Club Bilderberg, «tre Commissari sono o sono stati membri della Commissione Trilaterale: Mario Monti, Chris Patten e Pedro Solbes Mira»

 

Nel 2016, la riunione plenaria della Commissioni Trilaterale si svolse a Roma, nientemeno che al Palazzo del Quirinale. Il presidente della Repubblica Mattarella fece un intervento in cui non mancò di citare elogiativamente il David Rockefeller.

 

«Sono davvero lieto di ricevere al Palazzo del Quirinale i partecipanti alla riunione Plenaria della Commissione Trilaterale» disse la Prima carica dello Stato italiano. «Quando, oltre quaranta anni fa, David Rockefeller ebbe l’intuizione di dar vita alla Commissione, si mosse nell’intento di capitalizzare le risorse e le energie degli ambienti imprenditoriali, culturali e sociali in America, Europa e Giappone, per superare le rigidità che sovente accompagnano le relazioni ufficiali tra Governi, così da fornire interpretazioni non formali ma originali di fenomeni complessi e dalle ampie ramificazioni».

 

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Club di Budapest

Il Club di Budapest è da considerarsi come uno spinoff relativamente recente del Club di Roma: p stato fondato nel 1993 dal filosofo di origine ungherese Ervin Laszlo, membro del circolo di Peccei, con l’idea di creare uno spazio per persone delle arti, della letteratura e della cultura è stata presentata come un luogo «democratico» per elaborare «un nuovo modo di pensare» per affrontare le sfide del 21° secolo.

 

«Il Club di Budapest è un’associazione informale di creativi in ​​diversi campi dell’arte, della letteratura e della spiritualità. È dedicato all’affermazione che solo cambiando noi stessi possiamo cambiare il mondo – e che per cambiare noi stessi abbiamo bisogno del tipo di penetrazione e percezione che l’arte, la letteratura e i regni spirituali possono meglio fornire» scrive il Laszlo nella presentazione pubblicata sul sito.

 

L’obiettivo pubblicizzato del Club di Budapest è creare una «coscienza culturale globale», e vanta filiali in 17 paesi. Leggiamo dalla voce dell’enciclopedia online che «Il Club interpreta se stesso come un costruttore di ponti tra scienza e arte, etica ed economia, tra cognizione e realizzazione, tra vecchio e giovane, così come tra le differenti culture del mondo».

 

Secondo quanto riportato, uno dei suoi primi obiettivi è lo sviluppo di una «Nuova Etica».

 

Tra i membri più noti, l’ex presidente costaricano Óscar Arias Sánchez, il Dalai Lama, il cantante pannelliano Peter Gabriel, l’ex presidente cecoslovaccoVaclev Havel, il teologo modernista Hans Küng, il direttore d’orchestra indiano Zubin Mehta, l’ex presidente irlandese Mary Robinson, il violoncellista russo Mstislav Rostropovich, il vescovo anglicano sudafricano Desmond Tutu (poi acquamato), l’attrice premio Oscar musa di Ingmar Bergman, Liv Ullman.

 

Tra il 1996 e il 2004 il club ha assegnato una serie di premi. Il Premio per la Coscienza Globale è stato assegnato a individui per i loro eccezionali esempi di consapevolezza globale in azione. Il Premio Change the World – Best Practice Prize mirava invece a promuovere progetti innovativi utilizzando le migliori pratiche a livello mondiale riguardanti, tra le altre cose, lo sviluppo sostenibile: applicando i criteri dell’Agenda 21 – un controverso programma ambientalista ONU scaturito dal Summit della Terra di Rio del 1992 – «a livello sociale ed ecologico in modo particolarmente innovativo, esemplare, efficace e globale; avere un potenziale particolare per avviare il processo fondamentale di cambiamento verso un mondo responsabile e orientato verso un modo di pensare vantaggioso per tutti; avendo allo stesso tempo un implicito potenziale di applicazione in diversi campi», si legge in una descrizione enciclopedica francese.

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World Economic Forum

Non ci sarebbe bisogno di parlarne al lettore di Renovatio 21. L’ incontro annuale del World Economic Forum (WEF) a Davos, in Svizzera, è rinomato come un club esclusivo per i ricchi e i potenti, dove ogni anno si ritrova, tra orde di prostitute e 5000 soldati elvetici a protezione della kermesse, la crème dell’economia e della politica globale.

 

Secondo alcuni, come ad esempio lo studioso americano William Engdahl, il gruppo sarebbe gemmato oscuramente da consessi come il Club di Roma e affini, ma vi sarebbero tetri agganci anche con antiche figure della Teologia della Liberazione.

 

Il WEF è stato guidato fin dalla sua fondazione nel 1971 dall’economista svizzero 82enne Klaus Schwab, pupillo del solito Kissinger, autore del libro La quarta rivoluzione industriale (in Italia prefato da John Elkan), vero manifesto che mescola transumanismo all’utopia di una società digitalizzata e quindi sorvegliata sin dentro alla mente degli individui: «una fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica» che implicherà che negli aeroporti scannerizzeranno il nostro cervello in cerca di idee potenzialmente pericolose.

 

L’idea di tracciamento della popolazione è stata ripetuta a Davos varie volte, incluso quest’anno, dove la causa della sorveglianza digitale totale è stata perorata dalla regina d’Olanda Maxima. Le idee che saltano fuori dal WEF sono sempre più preoccupanti: dall’ingegneria genetica per produrre persone più basse ed intolleranti alla carne quindi meno inquinanti al rischio che comportano le elezioni democratiche visto che potrebbero eleggere «i leader sbagliati».

 

L’organizzazione internazionale non governativa e di lobbying tiene ogni anno il suo evento più atteso nella località turistica alpina svizzera di Davos. Secondo quanto riferito, l’ingresso all’evento di Davos costa circa 28.000 dollari.

 

Mentre il WEF è pubblicizzato da alcuni come una piattaforma in cui i decisori possono discutere i problemi globali, il crescente coro di critici ha criticato il forum per una presunta mancanza di trasparenza finanziaria e per essersi trasformato in un club elitario globalista e tecnocratico che cerca di dettare regole per il resto del mondo.

 

Nel 2023, molti dei leader più influenti del mondo hanno deciso di saltare il WEF, tra cui il presidente russo Vladimir Putin, il presidente cinese Xi Jinping, il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

 

Anche l’immancabile George Soros, un miliardario di 93 anni che è stato per decenni una figura chiave delle campagne di soft power occidentali, spendendo ingenti somme di denaro per aiutare a installare leader politici allineati agli Stati Uniti nell’Europa orientale, ha snobbato il WEF a causa di un non meglio specificato «inevitabile conflitto di programmazione».

 

Nonostante mantenga grazie al programma Young Global Leaders vari «allievi» nei governi di tutto il mondo«penetrati», secondo la terminologia esatta utilizzata dallo Schwabbo – l’importanza del WEF, causa forse una sbadata sovraesposizione, pare scemata assai.

 

Del resto oramai le parodie del Klaus e dei suoi non si contano più, e talvolta sono irresistibili, come la video-parodia dei suoi auguri per il Natale 2023.

 

 

Altri video straordinariamente comici erano stati realizzati sullo Schwabbo, una notte comparso perfino in un incubo del fondatore di Renovatio 21. Tuttavia, spesso succede che tali video-prese per i fondelli del calvo guru estremista spariscano da YouTube. Che sia perché il cofondatore di Google (cioè, il padrone di YouTube) Sergej Brin e lo stesso Klaus confabulano pubblicamente di chip da impiantare nel cervello degli utenti?

 

Chissà.

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Oligarcato

Soros finanzia le proteste universitarie filopalestinesi in America

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Diversi gruppi studenteschi che hanno organizzato accampamenti di protesta nelle principali università statunitensi hanno ricevuto denaro dall’attivista miliardario George Soros, ha riferito venerdì il New York Post.   Le proteste iniziate all’inizio di questo mese alla Columbia University di New York City si sono poi diffuse in 40 università e college negli Stati Uniti e in Canada, tra cui Harvard, Yale e UC Berkeley. La protesta in Colombia è stata organizzata da Students for Justice in Palestine (SJP), Jewish Voice for Peace (JVP) e Within Our Lifetime.   Tutti e tre hanno ricevuto finanziamenti dalla Open Society Foundations di Soros attraverso una rete di organizzazioni no-profit, ha affermato il giornale neoeboraceno, citando la propria ricerca. Altri importanti donatori ai gruppi studenteschi furono identificati come il Rockefeller Brothers Fund e l’ex banchiere di Wall Street Felice Gelman.

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L’organo di informazione ha anche nominato tre «membri» della Campagna statunitense per i diritti dei palestinesi (USCPR), finanziata da Soros, che hanno pagato diverse migliaia di dollari per organizzare campagne nel campus. Due di loro sono ex stagisti per i democratici del Congresso.   Gli attivisti hanno chiesto che le università americane, che hanno enormi fondi impegnati in borsa, «disinvestano» da aziende come Amazon, Google e Microsoft, nonché Lockheed Martin, che hanno contratti con il governo israeliano. Vogliono anche che il governo degli Stati Uniti smetta di fornire risorse a Israele, citando il suo «genocidio» dei palestinesi a Gaza.   Il leader del gruppo filo-israeliano Anti-Defamation League, Jonathan Greenblatt, ha attribuito le proteste ai «delegati nei campus» dell’Iran in un’intervista con MSNBC questa settimana.   Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che «folle antisemite hanno preso il controllo delle principali università» negli Stati Uniti e chiedono «l’annientamento di Israele», paragonando i manifestanti ai nazisti tedeschi negli anni Trenta e ha detto che le loro azioni dovevano essere «condannate e condannate inequivocabilmente».   I rapporti tra Soros e Netanyahu sono tesi da decenni.   Come riportato da Renovatio 21, molti segni facevano proprio pensare che l’anno scorso, durante le proteste massive contro le riforme giudiziarie del governo Netanyahu, in Israele fosse in corso una «rivoluzione colorata» del tipo utilizzato dagli americani (con l’aiuto, in genere persistente, di George Soros e delle sue fondazioni «filantropiche») i per i tentativi di regime change in Paesi di tutto il mondo a cavallo tra gli anni Novanta e i 2000.   A quel tempo, il figlio di Netanyahu, Yair, ha affermato che il Dipartimento di Stato americano era «dietro le proteste in Israele, con l’obiettivo di rovesciare Netanyahu, apparentemente per concludere un accordo con gli iraniani».   Come noto, il ragazzo qualche anno fa pubblicò un meme, incredibilmente definito come «antisemita» pure dalla stampa italiana, che ritraeva George Soros come puparo del mondo.  

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Lo scontro nelle università americana sulla questione palestinese ha provocato sconquassi inaspettati, come nel caso del rettore di Harvard, la donna di colore Claudine Gay, costretta alle dimissioni dopo essere stata accusata di non aver contenuto l’odio anti-israeliano nel campus.   La Gay, che ha rappresentato il più breve rettorato nella storia del prestigioso ateneo americano (si era insediata nel luglio precedente) era stata trascinata in polemiche accesissime con scavo ossessivo sul suo operato, fino a trovare segni di plagio in alcuni suoi lavori.   Le proteste anti-Israele nei campus USA sembrano una continuazione della campagna BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni), una campagna globale avviata nel 2005 da 171 ONG palestinesi, che coinvolse moltissime facoltà, professori e studenti, al punto che nel 2014 il ministro delle finanze israeliano Yair Lapid disse che i boicottaggi stavano portando Israele nella situazione internazionale del Sudafrica prima della fine dell’apartheid.   38 stati hanno approvato progetti di legge e ordini esecutivi volti a scoraggiare il boicottaggio di Israele. Separatamente, il Congresso degli Stati Uniti ha preso in considerazione una legislazione anti-boicottaggio in reazione al movimento BDS.

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Oligarcato

«Epstein rap»: Puff Daddy avrebbe segreti su «politici» e «principi»

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L’icona dell’hip-hop Sean «Diddy» Combs è stata accusata in un tribunale federale degli Stati Uniti dall’ex fidanzata Casandra Ventura di numerosi casi di stupro e traffico sessuale in quella che secondo lei è stata una campagna decennale di abusi e violenze contro di lei.

 

La causa, depositata giovedì presso il tribunale distrettuale federale di Manhattan, sostiene che l’artista rap e produttore ha ripetutamente violentato e abusato fisicamente di Ventura – una cantante che si esibiva sotto il nome di Cassie – per un periodo di dieci anni a partire da quando lei aveva 19 anni e lui aveva 37 anni. Ha aggiunto che Combs ha controllato ogni aspetto della sua vita sotto una costante minaccia di violenza fino alla fine della loro relazione nel 2018.

 

In una dichiarazione pubblicata giovedì dal New York Times, la Ventura ha affermato di essere «finalmente pronta a raccontare la mia storia e a parlare a nome mio e a beneficio di altre donne che affrontano violenza e abusi nelle loro relazioni».

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La causa descrive Combs come un «aggressore domestico seriale» che, a suo dire, avrebbe spesso abusato fisicamente di Ventura «lasciando occhi neri, lividi e sangue». Si sostiene inoltre che Combs «ha tormentato la vulnerabile signora Ventura» con droghe e alcol al punto che le sostanze «controllavano la sua vita».

 

Tra le varie altre accuse descritte nella causa, si aggiunge che Combs ha costretto Ventura a fare sesso con prostituti maschi mentre filmava gli incontri e che, nel 2018, è entrato con la forza nella sua casa e l’ha violentata. In un altro incidente, l’accusa dice che Combs ha fatto penzolare un socio di Ventura dal balcone di un grattacielo.

 

Le magioni del Combs in Florida e California sarebbero quindi state oggetto di un raid da parte del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, durante i quali gli agenti federali hanno sequestrato computer e altri dispositivi elettronici. Notizie per cui l’uomo sarebbe scappato all’estero con il suo jet privato si sono rivelate infondate. Il 54enne è stato visto in pubblico giovedì mentre andava in bicicletta a Miami e sembrava indifferente. Non è stato accusato di alcun crimine.

 

Quello che sta emergendo, tuttavia, è un quadro diverso rispetto ad un brutto conflitto legale tra due ex amanti. Secondo quanto pare emergere, Puff Dady avrebbe istituito una sorta di sistema à la Epstein dove avrebbe segretamente videoregistrato tanti personaggi di calibro che frequentavano i suoi party.

 

A sostenere questa tesi è l’ex guardia del corpo del Combs, il quale afferma che il magnate della musica aveva registrazioni di ricatti di politici, principi e altri personaggi importanti coinvolti nelle sue feste a sfondo sessuale.

 

Combs, che è stato colpito da una raffica di accuse di abusi fisici, stupri e traffico sessuale, il mese scorso ha subito un’irruzione nelle sue case di Miami e Los Angeles da parte del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale.

 

Il bodyguard Gene Deal, che era presente la notte in cui Notorious B.I.G. è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel 1997, ha fatto i commenti sensazionali durante un’intervista per un canale YouTube.

 

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«Non penso che solo le celebrità saranno colpite. Lì c’erano dei politici, c’erano dei principi. C’erano anche un paio di predicatori lì», ha detto il Deal. «Puoi immaginare, aveva messo delle microspie in ogni stanza».

 

Quando gli è stato chiesto perché il dipartimento dei media di Combs fosse rimasto in silenzio sulle accuse contro di lui, Deal ha risposto: «o hanno preso parte ad alcune delle cose che sono accadute, o hanno paura che ciò possa rovinare il loro marchio».

 

Il conduttore di Fox News Jesse Watters ha ipotizzato che i nastri, se esistono, sono ora nelle mani dei federali e «questo equivale un sacco di ricatti».

 

I commenti del Deal fanno eco a quelli del rapper Rodney «Lil Rod» Jones, che affermava che Combs aveva telecamere nascoste in tutta la sua casa per registrare video porno che coinvolgevano celebrità durante le sue feste «fuori di testa».

 

Il Jones ha affermato che il Combs aveva «centinaia di telecamere» nelle sue case di Los Angeles, New York e Miami, che usava per registrare «celebrità, dirigenti di etichette musicali, politici e atleti» in atti sessuali con prostitute minorenni drogate.

 

Le affermazioni hanno alimentato paragoni con il defunto finanziere Jeffrey Epstein, caduto in disgrazia, che tendeva anche a intrattenere politici, magnati e celebrità nelle sue proprietà – con donne minorenni vittime di tratta, come si è scoperto. Epstein è stato trovato morto in una prigione di Nuova York nell’agosto 2019 e la spiegazione ufficiale del governo secondo cui si sarebbe suicidato è stata oggetto di alcune controversie.

 

Combs ha negato tutte le accuse contro di lui e non è stato ancora colpito da alcuna accusa penale.

 

La storia di questo incredibile «Epstein rap» si è infittita ulteriormente con le dichiarazioni dell’ex rivale di Puff Daddy, Marion «Suge» Knight, in un podcast fatto in prigione.

 

Il Knight, già fondatore della Death Row Records, ha inviato un avvertimento a Combs negli scorsi giorni. «Ti dico una cosa, Puffy, la tua vita è in pericolo perché conosci i segreti, chi è coinvolto in quella piccola stanza segreta a cui voi ragazzi state partecipando», ha detto Knight nel suo podcasto «Collect Call», registrato al telefono mentre è detenuto in un carcere californiano, dove sconta una pena di 28 anni per omicidio colposo.

 

«È un brutto giorno per l’hip-hop, per la cultura, per i neri, perché quando uno sembra brutto, sembriamo tutti cattivi», ha detto Knight nel podcasto. «Non c’è sicuramente niente di cui rallegrarsi».

 

Il Combs era conosciuto come «Puffy» e «Puff Daddy» durante la sua ascesa all’Olimpo dell’hip-hoppo negli anni ’90, quando fondò la Bad Boy Records e lavorò con artisti del calibro di Notorious BIG, Mary J. Blige e Lil’ Kim. Il soprannome artistico fu in seguito per qualche ragione abbreviato in «P. Diddy».

 

Il rapperro neoeboraceno aveva incuriosito molti per il fatto che mentre i suoi colleghi morivano in sparatorie (i casi Notorius B.I.G. e Tupac) o finivano nel dimenticatoio, lui era sempre riuscito a mantenersi sulla cresta dell’onda, e per decenni.

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Immagine di Daniel Incandela via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic

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Oligarcato

«Corruzione e conflitto di interessi»: la Procura Europea indaga su Von der Leyen e vaccini Pfizer

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I procuratori dell’UE hanno preso in carico un’indagine di corruzione in corso sulla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Lo riporta il sito Politico, che cita un portavoce anonimo della procura di Liegi in Belgio.   L’indagine riguarda l’acquisto di quasi due miliardi di dosi di vaccino Pfizer COVID-19 per l’UE al culmine della pandemia di coronavirus. L’accusa sostiene che il capo della UE abbia negoziato l’accordo multimiliardario con l’amministratore delegato del colosso farmaceutico, Albert Bourla, in privato tramite messaggi di testo prima che gli studi clinici sul vaccino fossero completati.   La Von der Leyen si è rifiutata di rivelare il contenuto di quei messaggi, sostenendo di non riuscire a trovarli.

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Gli investigatori della Procura Europea (EPPO), che hanno lavorato sul caso negli ultimi mesi, ritengono che Von der Leyen possa essere colpevole di «interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi», scrive Politico citando i documenti legali che avrebbe visionato.   Nonostante le accuse e la stessa von der Leyen abbia ammesso di aver comunicato privatamente con Bourla per quasi un mese prima di firmare l’accordo da quasi 20 miliardi di euro (21,5 miliardi di dollari), nessuna accusa formale è stata ancora mossa contro il capo della Commissione Europea.   Il caso è stato sostenuto dai governi di Polonia e Ungheria, che hanno anche presentato denunce ufficiali sul ruolo di Von der Leyen nei negoziati sui vaccini, hanno detto fonti di Politico. Il quotidiano ha osservato, tuttavia, che Varsavia si è mossa per ritirare la denuncia dopo che il governo pro-UE del primo ministro Donald Tusk è salito al potere lo scorso anno.   Il New York Times, che per la prima volta nel 2021 riferì che conversazioni private tra Von der Leyen e Bourla erano effettivamente avvenute prima della firma dell’accordo sui vaccini, ha anche intentato una causa contro la CE per essersi rifiutata di rivelare il contenuto degli SMS e respingere una richiesta di accesso ai documenti.   Il caso contro il capo della Commissione europea ha raccolto «un interesse pubblico estremamente elevato», secondo i funzionari dell’UE, tra le preoccupazioni che il blocco abbia acquistato significativamente più vaccini COVID del necessario.   Nel dicembre dello scorso anno, Politico riferì che gli stati dell’UE avevano scaricato almeno 215 milioni di dosi, che erano costate ai contribuenti fino a 4 miliardi di euro. Nonostante ciò, i vaccini continueranno ad arrivare nell’UE secondo il contratto con Pfizer, almeno fino al 2027.   La presidenza Von der Leyen ha una storia carica di scandali, alcuni dei quali sembrano ripetere altre controversie che le erano capitate quando era in forze al governo della Repubblica Federale Tedesca.

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Come riportato da Renovatio 21, la Von der Leyen, quando era ministro della Difesa tedesco, era incappata in accuse dopo aver «ripulito» il suo cellulare che doveva divenire prova importante all’interno di uno scandalo di appalti militari. La medesima situazione pare esser capitata con i messaggini che si sarebbe scambiata con Albert Bourla, CEO di Pfizer, spariti nel nulla proprio quando le si chiede conto dei contratti per l’iniezione massiva di mRNA nei corpi di centinaia di milioni di europei. (Bourla ha riconosciuto la preparazione del presidente della Commissione sui sieri genici, ma non ha poi avuto il coraggio di presentarsi davanti ai deputati europei, mandando una sua sottoposta a fare l’ammissione sulla mancanza di test di trasmissibilità del COVID dopo il vaccino Pfizer).   L’Ursula è inoltre incappata in ulteriore scandalo famigliare basato riguardo proprio l’mRNA, quando è emerso un conflitto di interessi con il marito, che lavora presso un’azienda di terapia genica, partecipante ad una cordata di aziende-università che dovrebbe intercettare fondi europei.   La sua posizione di falco nella questione Ucraina ha visto, oltre ai continui inutili e dannosi round di sanzioni antirusse, con il programma di sequestro di 300 miliardi russi presenti su banche straniere nonché con l’esortazione al governo tedesco di «dare a Kiev tutte le armi di cui hanno bisogno».   Secondo alcune indiscrezioni, il presidente americano Joe Biden vorrebbe la Von der Leyen a capo della NATO – altra istituzione transnazionale che, guarda caso, sempre sta a Bruxelles… SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Kuhlmann/MSC via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Germany
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