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Bioetica

La religione del Cambiamento Climatico e i suoi sacrifici umani (Addio P.)

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Non esiste Stato laico. Non esiste laicità: ogni realtà umana ha alla base una sua religione.

Persino la società più atea ha in fondo un afflato religioso: lo psicoanalista Carl Gustav Jung scriveva della vitalità spirituale dell’Unione Sovietica, che di fatto religiosamente spandeva con zelo il suo verbo in tutto il mondo.

 

Dobbiamo quindi cercare di capire quale sia la religione che si appresta a dominare la nostra era.

 

La chiesa climatica

La religione d’Europa, e di larga porzione del mondo sviluppato e non, è stata fino a ieri il Cristianesimo. Esso è durato a lungo, ma ha avuto le sue traversie. Per secoli hanno tentato di soppiantare il Cristianesimo con persecuzioni ed invasioni – come noto, mai prevalendo. Al punto che in molti – un nome a caso, Napoleone – in là con gli anni arrivarono a vedere la granitica consistenza del papismo.

 

Ecco la sostituzione del Cristianesimo con questa nuova, disperata «Religione Climatica»

Contro di essa si sta ora tentando un nuovo trick: l’infiltrazione della Chiesa Cattolica, la cui evidenza è emersa con la catastrofe del Concilio Vaticano II, ora sta seguendo un nuovo programmìno di autoindotta sostituzione del Cristianesimo con questa nuova, disperata «Religione Climatica».

 

Quella religione che nell’ultimo hanno ha trovato addirittura un volto pubblicitario: quello, incredibile, di una bambina nordica (forse) affetta da sindrome di Asperger – probabilmente come prova per vedere fino a che punto sono, appunto, autistiche le masse che si mettono al seguito, con tanto di giustificazioni ministeriali.

 

Questa Religione Climatica è costruita come un copia/incolla del Cattolicesimo e della sua morfologia. Per esempio:

 

I) La Religione Climatica dispone di inviolabili dogmi: come la Religione Cattolica.

 

II) La Religione Climatica dispone di una sua apocalisse. Una apocalisse che ha un valore «morale»: il castigo arriva a causa delle azioni degli uomini.

 

III) La Religione Climatica è nemica dell’autosalvazione: l’uomo non può salvarsi da solo, al contrario egli deve necessariamente essere aiutatoe guidato da un’autorità superiore in cui egli deve riporre la sua più totale  fede. 

Questa Religione Climatica è costruita come un copia/incolla del Cattolicesimo e della sua morfologia

 

IV) La Religione Climatica vuol indurre l’uomo a sentire il peso della colpa per il suo peccato; tale ineliminabile peccare è sia quotidiano (nei consumi di ogni giorno) sia ereditato alla nascita ( la cosiddetta carbon footprint), cioè per pressoché ineliminabili questioni puramente umane: un vero e proprio nuovo Peccato Originale.

 

V) La Religione Climatica ha il suo animale simbolico: nel Cattolicesimo era l’Agnello, qui abbiamo l’Orso Polare, e quello che – bufala più bufala meno – vendono come il suo sacrificio.

 

La lista potrebbe andare avanti, al momento ci fermiamo qua. Almeno, bisogna dire, stanno copiando da quelli bravi.

 

Bambini uccisi per il clima

Qualche mese fa abbiamo notato l’apparizione di un bizzarro articolo sul New York Times.

 

Il pezzo si intitolava «Massacre of Children in Peru Might Have Been a Sacrifice to Stop Bad Weather». La lettura lasciava un po’ sgomenti.

 

Vi si narrava di come gli archeologi in Perù avessero annunciato la scoperta di un immane massacro rituale. Essi ritengono che sia il più grande caso conosciuto di sacrificio infantile mai trovato. Sepolti sotto le sabbie di un sito del XV secolo chiamato Huanchaquito-Las Llamas c’erano circa 140 scheletri di bambini, così come i resti di 200 animali, dei lama. Il massacro sarebbe avvenuto presso la civiltà Chimù nel XV secolo.

 

«Mentre il ragionamento dietro il macabro omicidio di massa di ragazzi e ragazze “che avevano solo tra i 5 ei 14 anni” non può essere determinato in modo definitivo, i ricercatori ora dicono che l’atto è stato fatto per disperazione in risposta a un disastroso evento climatico: El Niño».

 

Centinaia di bambini sacrificati al dio del clima, cinque secoli fa

C’est-à-dire: centinaia di bambini sacrificati al dio del clima, cinque secoli fa.

 

Gli antropologi hanno cercato di ricostruire la storia del perché abbiano ucciso questi bambini, presumibilmente aprendo il petto e strappando loro il cuore.

 

«Le uccisioni, suggeriscono gli autori, sono state fatte per ordine dello stato Chimù come appello ai loro dei o spiriti ancestrali per mitigare le piogge».

 

In pratica, dalla lettura dell’articolo del Times si arrivava quasi a giustificare i sacrifici umani nel Perù del XV secolo mettendoli in correlazione con i cambiamenti climatici del loro tempo.

 

«Il quadro che inizia a emergere è che in condizioni di grave disastro climatico, il sacrificio dei bambini potrebbe essere stato il mezzo più potente di comunicazione con il soprannaturale»

 

«Portare a termine un massacro massivo di bambini costituiva un richiamo al potere e all’autorità dei leader sui loro cittadini. È un ottimo modo per far sì che le persone si mettano in fila». Bambini in fila, società indottrinata. Vi dice qualcosa?

 

Ma soprattutto, ci chiediamo: siamo in piena finestra di Overton per l’infanticidio di massa su base climatica?

 

Siamo in piena finestra di Overton per l’infanticidio di massa su base climatica?

In verità sì: come in ogni vera battaglia culturale del sistema, l’obbiettivo è sempre e solo la riproduzione umana: «siamo troppi sul pianeta!». «Sovrappopolazione!». Refrain che abbiamo sentito ripetere anche in questi giorni. Bisogna pur fare qualcosa! Aborto , contraccezione, fecondazione in provetta servono agli stessi scopi dei sacrifici umani peruviani: solo con numeri esponenzialmente più alti.

 

Addio P.

Ma non è dei massimi sistemi che qui voglio dire. Volevo raccontarvi di P.

Di lui in realtà vi ho accennato alla fine di uno scritto, un po’ doloroso, di oramai un anno fa, «La vita senza il dolore».

 

Ma è da tanti anni che volevo scrivere estesamente di P.

Un po’ per pudore, un po’ per altre esitazioni, non ce l’ ho mai fatta. Ora lo voglio ricordare.

 

P. era il fratello di una compagna di liceo. Era alto, aveva i capelli rossi, e fondamentalmente era una persona buona. Frequentava la parrocchia, studiava con grande tranquillità. La famiglia gli voleva bene, e lui contraccambiava senza il minimo tentennamento. Stava qualche anno davanti a noi, e in lui intravedevo, e un po’ invidiavo, la traiettoria esistenziale di una persona sostanzialmente pulita, spensierata. Pura.

 

Come in ogni vera battaglia culturale del sistema, l’obbiettivo è sempre e solo la riproduzione umana

P. era uno di quelli che finita l’università, si era gettato con entusiasmo nel mondo della cosiddetta cooperazione internazionale. E con successo. Viaggi in Africa, villaggi sperduti dove creava il sistema di istruzione per bambini neri sorridenti. Alcuni miei lettori forse lo sanno, ho sempre detestato questo mondo, tuttavia che P. vi trionfasse mi pareva una bella cosa.

 

Via Facebook, avevo visto poi che era tornato in Europa, si era rimesso a studiare per un Master prestigioso in Inghilterra, aveva preso casa in Isvizzera, insomma tutta la trafila – anche questa invidiabile – delle fortune dei globetrotter da ONU o da ONG. Opportunità di stare ovunque, danaro sufficiente, una certa pienezza dell’esistenza dovuta al fatto che si ama quel che si fa, e quel che si fa, cosa importante, si crede sia per il Bene del pianeta.

 

Tra una foto di una maratona, di un compleanno tra amici internazionali o di un giro in bici con la tutina di lycra attillata sui muscoli, avevo notato erano comparsi messaggi insistenti su una tematica: il cambiamento climatico.

 

«Non è questione di se, è questione di quando» scriveva P.

Il linguaggio era quello di uno zelota. Non pareva convinto dell’argomento: pareva esserne invasato. Come, appunto, si può essere invasati di una religione.

 

Vittime di un dio falso che odia l’uomo

Confesso, avevo provato fastidio nel leggere quei post. Pensavo: eccolo qui, il politicamente corretto globale; del resto non farebbe parte di quel mondo, se non ne avesse accettato ciecamente i dogmi più antiumani. Tuttavia, visto che le foto di viaggi e conseguimenti vari continuavano, non avevo nemmeno lontanamente pensato che potesse succedere quel che poi è accaduto.

 

Il traffico ferroviario fermo per un giorno intero. Ricordo ancora le imprecazioni che io stesso tirai «al solito suicida» che, in genere durante la primavera (con i picchi a marzo e a maggio) decide di ammazzarsi rovinando la giornata a tutti i viaggiatori della bisettrice Milano-Venezia.

 

Lo avrei saputo solo giorni dopo. Il «solito suicida», era P.

Aveva camminato, il mattino presto, lungo i binari appena fuori dalla stazione. Avrei poi saputo che una conoscente di mia zia lo aveva visto dalla finestra; un uomo che cammina sui binari si nota. Lui si era sentito come scoperto, aveva abbassato la testa, quasi si vergognasse. Probabilmente questa è stata l’ultima interazione umana che P. ha avuto su questa terra.

 

Quindi, si è gettato sotto un treno in corsa.

Addio P.

 

Non so fino a che punto la religione climatica avesse in lui sostituito la fede cattolica; non so nemmeno in realtà se, nel caso, se ne rendesse conto. So che mille volte ho pensato che se invece del Climate Change avesse avuto nel cuore l’immagine dell’Inferno, forse sotto quel treno non si sarebbe buttato. Forse se vi fosse stata ancora una religione che gli avesse detto «sei figlio di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza» invece che «sei un parassita colpevole, il pianeta non ti vuole», lui sarebbe qui.

 

Certo, tutti hanno detto che era la depressione la causa dell’autosacrificio di P.; tuttavia, tra questo e l’ecatombe dei bambini sacrificati sugli altari pagani del Perù del XV secolo non v’è una grande distanza.

 

Vittime di un dio falso che odia l’uomo. 

 

Addio P. Ancora ti penso. Ancora sento il dovere di combattere la falsa religione del niente e della morte che ti ha portato via, e che ci vuole sacrificare tutti al Niente e all’Inferno.

 

 

Roberto Dal Bosco

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Bioetica

Ennesimo bambino morto dopo la circoncisione. È ora di dire basta

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Un bambino nigeriano è morto pochi giorni fa in zona Castelli Romani dopo una circoncisione fatta in casa.

 

Secondo quanto riportato, una donna nigeriana sarebbe scesa in strada all’alba con in braccio il bambino sanguinante e privo di sensi. Trovati dei carabinieri in un posto di blocco vicino al capolinea della Metro, è stata chiamata l’ambulanza, che ha portato il bimbo al Policlinico di Tor Vergata, dove è stato dichiarato morto.

 

Le ferite lo avrebbe ucciso, dissanguandolo durante il trasporto. Morte per emorragia. Nella zona pubica. Sul corpicino è stata disposta l’autopsia. Si tratta di un bimbo di venti mesi.

 

È piuttosto chiaro cosa potrebbe essere successo: l’ennesima circoncisione domestica, come da costume di talune comunità immigrate africane. Si tratta, per certi musulmani ma anche per africani di diversa confessione religiosa, di un rituale cui sottopongono la prole magari servendosi dell’aiuto di qualche «esperto» o «esperta» della stessa comunità.

 

A quanto riportano i giornali nelle ultime ore, sarebbero state fermate due donne nigeriane, che – secondo la ricostruzione – avrebbero ricevuto da parte della madre del bambino la richiesta di praticare il rito di mutilazione in casa. Ora sarebbero ospiti del carcere di Rebibbia, accusate di omicidio preterintenzionale nonché di esercizio abusivo della professione, attendendo la convalida del provvedimento. I giornali dicono che in casa hanno trovato siringhe, medicinali e più di 4000 euro in contanti.

 

Non è il primo caso del genere. A Tivoli, nel 2018, morì un altro bambino nigeriano di appena due anni: aveva subito la circoncisione da parte di un sedicente medico; in quel caso, almeno, si salvò il gemello, portato d’urgenza in ospedale. Reggio Emilia, marzo 2019: neonato di famiglia ghanese, cinque mesi, morto dopo «diverse ore di agonia». Monterotondo, provincia di Roma, tre mesi prima: bimbo nigeriano di due anni morto per lo stesso motivo. Genova, aprile 2019, neonato morto nel quartiere Quezzi, e condannato a otto anni di carcere il nigeriano 34enne che aveva eseguito il taglio del prepuzio. Torino, giugno 2016: bebé di genitori ghanesi, circonciso in casa, morto in ospedale. Treviso, ottobre 2008: bimbo di due mesi morto per emorragia. Bari,  luglio 2008: bambino deceduto per grave emorragia, «causata probabilmente da circoncisione fatta a domicilio».

 

La lista è sterminata: e si tratta solo dei casi visibili. Possono essercene alcuni di cui non si ha contezza: finiti nelle statistiche, mostruose, dei bambini che spariscono, o forse nemmeno in quelle.

 

Secondo dati ripetuti in questi giorni da tutti i giornali, le circoncisioni clandestine in Italia costituirebbero il 40% del totale. Su più di 15.000 circoncisioni richieste all’anno solo 8.500 vengono eseguite su territorio nazionale, mentre 6.500 operazioni di taglio del prepuzio sono effettuate nei Paesi d’origine dove gli immigrati tornano per «turismo etnico» (talvolta, come si è appreso, anche quando si dichiarano «rifugiati» e stanno facendo il percorso burocratico per essere riconosciuti tali totalmente a spese del contribuente italiano).

 

Nei Paesi di provenienza la circoncisione non è operata da medici – essendo più una questione socio-religiosa – e si risolve con un obolo, mentre in Italia l’operazione, condotta privatamente, può costare dai 2.500 ai 4.000 euro.

 

Secondo una sigla di medici stranieri operanti in Italia, il 99% delle famiglie musulmane circoncide il bambino quando ha ancora pochi mesi.

 

Ovviamente, il fenomeno non riguarda solo gli islamici, ma anche e soprattutto la comunità ebraica, dove, trattandosi di un rito ancora più strutturato – il Brit Milah: «patto del taglio» –, immaginiamo che la percentuale di circoncisi sia del 100%.

 

Abbiamo sentito, come sempre, levarsi le solite voci: rendiamolo gratuito e coperto senza problema dal Servizio Sanitario Nazionale. Come l’aborto, e, da qualche anno, anche la produzione di bambini in provetta. Non sono mancati in questi anni progetti affinché della circoncisione se ne possa usufruire presso la sanità pubblica.

 

Come riportato in passato da Renovatio 21, grazie alla legge 101 del 1989 che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane, i maschi di religione ebraica e musulmana possono usufruire di alcuni progetti «clinico-culturali» ed essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.

 

Nessun, davvero, nessuno, si perita di riflettere un secondo su cosa la circoncisione rappresenti per il bambino – oltre che una possibile minaccia di morte.

 

«Il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto)» hanno scritto due bioeticisti oxoniani i due bioeticisti Lauren Notini e Brian D. Earp, dimostrando che esiste qualcuno che ancora può mantenere una logica basica. «Plausibilmente, la persona le cui “parti private” saranno permanentemente influenzate dal taglio dovrebbe avere la possibilità di valutare se è ciò che desidera, alla luce delle loro preferenze e valori a lungo termine»

 

L’individuo circonciso perde per sempre la sua integrità, vedendosi amputata una parte del corpo straordinariamente ricca di terminazione nervose, che sono quelle che danno il piacere durante l’atto sessuale. In un Paese dove i «laici» (cioè gli anticristiani, i massoni, gli atei ossessi) si lamentano del fatto che il Battesimo non è giusto perché non rispetta la volontà del bambino, che non è in grado di scegliere e si ritrova addosso il volere dei genitori, è semplicemente pazzesco che nessuno muova un dito contro la mutilazione genitale.

 

Perché, a pensarci bene, qualcosa sul tema lo fanno – ma solo se riguarda le femmine. L’«infibulazione» è una pratica che – giustamente! – provoca ribrezzo, orrore. La sua realtà speculare, la circoncisione, no: è pura libertà religiosa, anzi, fermi tutti, è una cosa che fa bene, perché poi «è più pulito…»

 

Il doppio standard, ad ogni bambino che muore, ci diventa sempre più intollerabile. È ora di dire basta.

 

Circoncisione e infibulazione sono la stessa medesima pratica. Entrambe sono mutilazioni genitali. Entrambe hanno origini tribali, religiose. Entrambe non prevedono il consenso. Entrambe amputano irreversibilmente dei bambini, che diventeranno grandi alterati nelle parti anatomiche deputate alla sessualità.

 

Ma a livello di riflessione sull’argomento, c’è il vuoto. E non solo nell’opinione pubblica, ma pure ai convegni degli «esperti» di bioetica.

 

Anni fa abbiamo visto organizzare conferenze sull’infibulazione da professori di bioetica che non avevano alcuna contezza dei danni prodotti dalla  circoncisione (resisi conto dell’esistenza della cosa, a cui non avevano giammai pensato mentre si occupavano cavallerescamente di mutilazione femminili, balbettano… «mandami materiale»).

 

Il taglio non è una cosa da poco. Si tratta di un numero enorme di terminazioni nervose vengono recise, rendendo le future esperienze sessuali del nascituro diverse da coloro che invece il prepuzio lo hanno conservato: ci è toccato di sentirlo ammettere alla Zanzara, principale trasmissione radio presso la radio di Confindustria (e abbiamo detto tutto), dove un cittadino israeliano italofono confessava  che il piacere forse può essere minore, ma ciò, precisava con una punta di orgoglio, faceva guadagnare in longevità del rapporto sessuale.

 

Al di là delle battute, il niente. O meglio: c’è la paura. Guardate il caso dell’Islanda. Dopo aver operato per poibire di fatto i down (uccidendoli tutti in grembo materno), Reikiavik voleva legiferare contro la circoncisione.

 

«Ogni individuo, non importa di che sesso o di quanti anni dovrebbe essere in grado di dare il consenso informato per una procedura che è inutile, irreversibile e può essere dannosa», aveva dichiarato nel 2018 la deputata Silja Dögg Gunnarsdóttir, 44 anni, del Partito progressista dell’Althing, il Parlamento islandese. «Il suo corpo, la sua scelta». Chiaro: è lo slogan delle femministe e dell’aborto. È un dogma inscalfibile del mondo moderno. L’autonomia. Come no.

 

E invece no: il disegno di legge fu affondato. Le nanocomunità ebraiche e musulmane fecero campagna, e gli eredi dei vichinghi si sono subito spaventati: «l’impatto di questa legge sarebbe sentito molto al di là dei confini dell’Islanda», scriveva una lettera del Comitato degli affari esteri della Camera dei Rappresentanti, spiegando che la «mossa renderebbe l’Islanda la prima e unica nazione europea a mettere fuori legge la circoncisione. Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in Paesi con popolazioni più diversificate». Generosi: continuiamo a circoncidere i bambini qui così in Germania, in Slovacchia e in Italia i nazi non entrano in Parlamento. Non una grinza.

 

Per arrivare a tollerare tranquillamente la circoncisione serve un tipo di ginnastica mentale simile, serve essere pronti a difendere l’indifendibile – o semplicemente, a ignorare l’evidenza, e pure un po’ di storia.

 

La circoncisione è tollerata, forse, anche per la sua straordinaria diffusione presso gli americani. Contrariamente a ciò che possono pensare beceramente alcuni, la questione in nessun modo è legata ai rapporti tra l’ebraismo e gli USA. La fonte della pratica è la stessa dei cereali che con probabilità il lettore consuma il mattino: John Harvey Kellogg (1852-1943).

 

Il Kellogg era un dottore nutrizionista, oltre che un imprenditore di successo e un gran cultore dell’eugenetica. Tuttavia, un pensiero lo ossessionava: quello della riduzione della masturbazione presso la popolazione maschile.

 

Ecco quindi che raccomandò la circoncisione come rimedio: si taglia subito il prepuzio al bambino e lui non si toccherà crescendo. La cosa ancora più allucinante è che anche i cereali da lui commerciati avevano in teoria lo stesso scopo: erano sostanze che riteneva «anafrodisiache» e che quindi andavano impiegate in massa per scoraggiare l’onanismo.

 

Kellogg, che come si è visto godeva di una certa influenza, era convinto sostenitore anche del vestirsi di bianco e dei clisteri, da praticare soprattutto se si erano assorbiti veleni come tè, caffè, cioccolato. Il Kellogg, inoltre, scoraggiava il mescolarsi tra le razze: a fine carriera si dedicò alla creazione di una «Race Betterment Foundation, («Fondazione per il miglioramento della razza»), che propalava pure eugenetica razzista americana (registri genetici, sterilizzazioni delle «persone mentalmente difettose»), di quella che poi piacque assai a Hitler, che – cosa poco nota – prese alcune leggi degli Stati americani come suo modello per la Germania nazionalsocialista.

 

L’America odierna, e il mondo tutto, si trova quindi ancora alle prese con l’eredità di questo tizio: circoncisione e colazione con cereali tostati.

 

Due anni fa abbiamo riportato il caso dell’immigrato africano finito in carcere con l’accusa di aver infibulato le figlie mentre era, un classico, nel suo Paese d’origine in vacanza. Giusto. Per la mutilazione ai genitali maschili in carcere si va solo se il bambino muore, pare di capire.

 

Quanto ancora dovremmo vedere durare questo deserto dove non è possibile alcuna discussione?

 

Ci rendiamo conto: nessun politico vuole infilarsi in una simile tematica – nemmeno, soprattutto, quelli che, discesi dall’estrema destra, ora siedono al governo.

 

Sissì, faccenda delicata. Meglio non disturbare, far finta di niente, fischiettare. Intanto però la macelleria sessuale pediatrica continua.

 

E i bambini muoiono.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

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Bioetica

Donne in coma che affittano l’utero: la bioeticista dice di aver scherzato

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Renovatio 21 riprende brani di questo articolo di Bioedge.

 

 

Una bioeticista norvegese, Anna Smajdor, ha recentemente presentato un caso per la «donazione gestazionale di tutto il corpo» – utilizzando gli uteri di donne in morte cerebrale come madri surrogate – in un importante giornale. La risposta era prevedibile. Come ha commentato in seguito:

 

«Sono stata definita una misogina, una nazista, una scienziata malvagia, un’analfabeta scientifica, un’estremista di estrema destra, un’estremista di estrema sinistra e molto altro. In mezzo a questo rumore e a questa furia, sembra che sia più divertente intraprendere una caccia alle streghe piuttosto che affrontare seriamente domande su cosa ci succede se e quando diventiamo cerebralmente morti».

 

Il suo scopo, ha spiegato, non era quello di avanzare questa proposta come seria, ma di giocare con l’idea e vedere fino a che punto potevano portarla le supposizioni sulla maternità surrogata e sulla donazione di organi.

 

L’editore della rivista in cui è apparsa la sua proposta, Theoretical Medicine and Bioethics, ha usato la controversia per spiegare perché le proposte oltraggiose hanno un posto nella bioetica.

 

Daniel Sulmasy insiste di non essere un sostenitore della «donazione gestazionale di tutto il corpo», ma sostiene che «tali argomenti possono contribuire all’etica (e alla bioetica in particolare) sia favorendo progressi più rapidi nel campo sia stimolando i difensori della status quo morale per approfondire gli argomenti che giustificano le posizioni comunemente accettate che questi argomenti sfidano».

 

L’articolo della Smajdor era una delle tre sfide alla saggezza convenzionale. Gli altri due erano ugualmente controversi. Uno aveva proposto un programma di doula sessuale finanziato dal welfare, partendo dal presupposto che il piacere sessuale è un diritto umano fondamentale anche per le persone con disabilità fisiche o mentali. L’altro chiedeva se i vegani dovrebbero avere figli e rispondeva di no. «Dopo tutto, gli esseri umani soffriranno nella vita e avere figli non è necessario per una buona vita. Quindi i vegani, e probabilmente anche i vegetariani, non dovrebbero avere figli».

 

Sulmasy crede che essere oltraggiosi non sia necessariamente una virtù. «I filosofi potrebbero assumere posizioni oltraggiose semplicemente per scioccare e attirare l’attenzione. Tali motivi scaturiscono dal cinismo e dal nichilismo. Si può fare etica in modo non etico. La posa di argomenti oltraggiosi non dovrebbe mai scaturire da tali motivi».

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

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Bioetica

Conferenza di Bioetica in Qatar?

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

La scelta della FIFA del Qatar per i Mondiali del 2022 ha suscitato enormi controversie etiche. E il suo abominevole record sui lavoratori migranti? E il suo record sulle questioni LGBTQ +? E i diritti delle donne?

 

Nessuno di questi è cambiato in modo sostanziale, il che rende sorprendente che l’Associazione Internazionale di Bioetica [IAB] abbia scelto Doha come sede della sua conferenza del 2024. Lo IAB spiega sul suo sito web:

 

«Il Congresso del 2024 rappresenta una serie di primati per lo IAB: è la prima volta che il Congresso sarà ospitato in Medio Oriente, nella regione del Golfo e in un paese arabo. Questo Congresso offre un’opportunità unica per l’IAB di espandere la sua portata a nuove regioni del mondo e di interagire con un pubblico più diversificato. IAB accoglie con favore l’opportunità di costruire ponti tra le culture, promuovere l’apprendimento reciproco tra i bioeticisti di tutto il mondo e, nel processo, adempiere alla sua missione di essere un’Associazione internazionale».

 

Non va bene, scrivono cinque bioeticisti olandesi sulla rivista Bioethics . La scelta del Qatar è «eticamente problematica».

 

Le questioni che hanno circondato la Coppa del Mondo perseguitano anche l’IAB: «rappresenteranno un problema per la libertà di parola e per un accesso diversificato, inclusivo ed equo, poiché non tutti si sentiranno liberi, sicuri o a proprio agio nel viaggiare in Qatar per questa conferenza».

 

Come se il benessere dei lavoratori migranti, delle persone LGBTQ+ e delle donne non fosse sufficiente, c’è l’impronta di carbonio della conferenza di cui preoccuparsi. L’aria condizionata nel Centro di ricerca per la legislazione e l’etica islamica sarà necessaria in un’area in cui le temperature superano i 45°C.

 

I bioeticisti olandesi sostengono che esiste un serio pericolo di «lavaggio etico» di un regime autoritario. Propongono:

 

«Se l’IAB vuole organizzare il suo Congresso mondiale in Qatar e noi come bioeticisti vogliamo partecipare, allora dovremmo iniziare a discutere ora su come affrontare le principali preoccupazioni morali che ci attendono per questo luogo, tra cui il rispetto dei diritti umani, la promozione della diversità, equità e inclusione e minimizzare l’impatto sul clima».

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Immagine di Alex Sergeev via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

 

 

 

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