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Epidemie

COVID-19: l’occasione per lanciare una «Nuova Era» di vaccini pericolosi e geneticamente modificati

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense.

 

Questo articolo rappresenta la prima parte di una serie in due parti che esamina le tecnologie del vaccino COVID-19 e le loro implicazioni. Renovatio 21 ha cominciato a scrivere della questione tecnologica rispetto al vaccino per il Coronavirus da qualche settimana. Continueremo anche nei prossimi giorni, in quanto la Pandemia sta spianando la strada ad una mutazione tecnologica che potrebbe inoculare – obbligatoriamente! – nella popolazione vaccini mai approvati sinora.

 

Aiutata e incoraggiata dal generoso Gates e dai finanziamenti militari, la tanto acclamata pianificazione del vaccino COVID-19 procede rapidamente

 

Per settimane, i giornalisti hanno sostenuto i vaccini esenti da ogni responsabilità che salveranno il mondo – come hanno dichiarato Bill Gates e Tony Fauci – da quella che Gates ha soprannominato «Pandemia I».

 

Mentre Microsoft News diffonde storie autocelebrative per il riorientamento della Gates Foundation dalle sue priorità per dedicare «totale attenzione alla pandemia», Fauci, facendo il giro dei talk show, promette che un vaccino debutterà nel gennaio 2021.

Per qualcuno, l’RNA del virus SARS-CoV-2, «è già mutato in almeno 30 diverse varianti genetiche». Le varianti includono 19 modifiche mai osservate prima, così come «rari cambiamenti che gli scienziati non avrebbero mai immaginato potessero accadere»

 

Per non essere da meno, la Casa Bianca ha lanciato «Operation Warp Speed» – uno sforzo congiunto farmaceutico-governativo-militare volto a «ridurre sostanzialmente i tempi di sviluppo di un vaccino» – e il Presidente Trump ne promette uno entro la fine dell’anno.

 

La vaccinazione planetaria contro il COVID-19 – obiettivo palese che tutti gli attori in campo attendono bramosamente – ignora una serie di ostacoli. Per qualcuno, l’RNA del virus SARS-CoV-2, «è già mutato in almeno 30 diverse varianti genetiche». Le varianti includono 19 modifiche mai osservate prima, così come «rari cambiamenti che gli scienziati non avrebbero mai immaginato potessero accadere».

 

La conoscenza di queste mutazioni può rivelarsi utile per i medici che desiderano personalizzare meglio i trattamenti COVID-19, ma la proliferazione delle mutazioni rende estremamente incerte le possibilità di sviluppare un vaccino efficace.

La proliferazione delle mutazioni rende estremamente incerte le possibilità di sviluppare un vaccino efficace

 

Non c’è da preoccuparsi, dicono gli enti finanziati da Gates (e anche dal Pentagono). Gli scienziati che lavorano nel fiorente campo della biologia sintetica sono fiduciosi di poter «superare» e beffare la natura utilizzando tecnologie di vaccinazione all’avanguardia come il trasferimento genico e le nanoparticelle autoassemblanti, insieme a nuovi e invasivi meccanismi di somministrazione e registrazione dei vaccini come i tatuaggi a punti quantici leggibili con uno smartphone.

 

È importante che i ricercatori che hanno sperimentato questi approcci non siano mai stati in grado di superare gli «effetti collaterali negativi»? Sembra proprio di no. Aiutata e incoraggiata dal generoso Gates e dai finanziamenti militari, la tanto acclamata pianificazione del vaccino COVID-19 procede rapidamente.

Negli anni ’80, i produttori furono entusiasti quando gli scienziati svilupparono nuove tecniche di ingegneria genetica (tecnologia del DNA ricombinante) attraverso l’uso di «sistemi di espressione» (batteri, lieviti, cellule di insetti, cellule di mammiferi o piante come il tabacco)

 

 

Velocità, non sicurezza

Dal punto di vista della produzione, i produttori di vaccini – e in particolare quelli che producono vaccini virali – hanno a lungo sfidato i limiti delle tradizionali tecnologie dei vaccini, che si basano su processi che implicano necessariamente «un considerevole scarto temporale tra la produzione di antigeni e la consegna del vaccino».

 

I ricercatori hanno ribadito questo punto nel 2018, scrivendo su Nature Reviews Drug Discovery che «per la maggior parte dei vaccini virali emergenti, l’ostacolo principale non è l’efficacia degli approcci convenzionali ma la necessità di uno sviluppo più rapido e di una diffusione su vasta scala».

Il vaccino contro l’epatite B è stato il primo a impiegare questo approccio di produzione «completamente nuovo» e un certo numero di vaccini COVID-19 attualmente in fase di realizzazione stanno impiegando le stesse tecniche

 

Negli anni ’80, i produttori furono entusiasti quando gli scienziati svilupparono nuove tecniche di ingegneria genetica (tecnologia del DNA ricombinante) che, attraverso l’uso di «sistemi di espressione» (batteri, lieviti, cellule di insetti, cellule di mammiferi o piante come il tabacco), rese possibile avviare la produzione di vaccini e produrre i cosiddetti «vaccini a subunità».

 

Il vaccino contro l’epatite B è stato il primo a impiegare questo approccio di produzione «completamente nuovo» e un certo numero di vaccini COVID-19 attualmente in fase di realizzazione stanno impiegando le stesse tecniche. Tuttavia, un fattore complicante dei vaccini a subunità è che devono essere associati ad adiuvanti «immunopotenzianti» che tendono ad innescare una risposta immunitaria squilibrata.

 

Intenzionati ad ottimizzare ulteriormente la tecnologia dei vaccini e di permettere le scorte di vaccini in un arco di tempo ancora più breve, i ricercatori hanno iniziato ad armeggiare a metà degli anni ’90 con vaccini agli acidi nucleici, che includono vaccini DNA e vaccini RNA messaggero (mRNA).

Tuttavia, un fattore complicante dei vaccini a subunità è che devono essere associati ad adiuvanti «immunopotenzianti» che tendono ad innescare una risposta immunitaria squilibrata

 

Come forma di terapia genica, entrambi rappresentano un significativo allontanamento dai vaccini classici. Mentre questi ultimi introducono un antigene per produrre una risposta immunitaria, i vaccini con acido nucleico inviano invece le istruzioni al corpo per produrre l’antigene stesso. Come spiega un ricercatore, gli acidi nucleici «fanno sì che le cellule formino frammenti del virus», con l’obiettivo che il sistema immunitario «crei una risposta a quei frammenti del virus».

 

I ricercatori hanno rapidamente appreso che entrambe le opzioni di vaccinazione a DNA e mRNA presentano gravi svantaggi e, di conseguenza, i vaccini di questo tipo non sono mai stati autorizzati.

I vaccini con acido nucleico inviano invece le istruzioni al corpo per produrre l’antigene stesso. Gli acidi nucleici «fanno sì che le cellule formino frammenti del virus», con l’obiettivo che il sistema immunitario «crei una risposta a quei frammenti del virus»

 

Tuttavia, quasi un quarto (20/83) dei vaccini elencati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come «candidati» contro il COVID-19 al 23 aprile — compresi due dei principali contendenti — sono vaccini a  DNA (Inovio) o mRNA (Moderna) vaccini (vedi tabella).

 

Vaccini a DNA

I vaccini a DNA sono destinati a penetrare fino in fondo nel nucleo di una cellula. Secondo uno scienziato biotecnologico, «Questo è un compito incredibilmente difficile dato che i nostri nuclei si sono evoluti per impedire l’ingresso di qualsiasi DNA esterno (pensate ai virus!)». Non sorprende, quindi, quando alcuni vaccini a DNA sono passati agli studi clinici alla fine degli anni 2000, è stata rilevata «potenza non ottimale».

 

«Elettroporazione» – shock elettrici applicati sul sito del vaccino DMA (usando un «dispositivo intelligente») per rendere le membrane cellulari più permeabili e far penetrare a forza il DNA nelle cellule

Gli scienziati hanno poi avuto l’idea di risolvere questo problema aumentando il rilascio del vaccino tramite «elettroporazione» – shock elettrici applicati sul sito del vaccino (usando un «dispositivo intelligente») per rendere le membrane cellulari più permeabili e far penetrare a forza il DNA nelle cellule. I miglioramenti nell’efficacia del vaccino sono stati abbastanza significativi da rendere l’elettroporazione una caratteristica chiave della concezione di alcuni candidati vaccini per il COVID-19 oggi, incluso il vaccino di Moderna che sta accelerando verso gli studi clinici di Fase 2.

 

Un secondo aspetto dei vaccini a DNA – le proprietà che alterano il gene – è ancora più preoccupante e rimane irrisolto. I vaccini a DNA, per definizione, comportano il rischio di «integrazione del DNA esogeno nel genoma ospite, che può causare gravi mutagenesi e indurre nuove malattie».

 

I vaccini a DNA, per definizione, comportano il rischio di «integrazione del DNA esogeno nel genoma ospite, che può causare gravi mutagenesi e indurre nuove malattie»

In termini più comprensibili, «la modifica del DNA è come inserire un ingrediente estraneo in una ricetta esistente, che può cambiare la pietanza risultante». L’incorporazione permanente di geni sintetici nel DNA del ricevente produce essenzialmente un essere umano geneticamente modificato, con effetti a lungo termine sconosciuti.

 

Parlando della terapia genica del DNA, un ricercatore ha affermato che: «Integrazioni genetiche che utilizzano terapie geniche virali… possono avere un effetto devastante se l’integrazione è stata collocata nel punto sbagliato del genoma».

 

Discutendo specificamente dei vaccini a DNA, la Harvard College Global Health Review spiega:

 

L’incorporazione permanente di geni sintetici nel DNA del ricevente produce essenzialmente un essere umano geneticamente modificato, con effetti a lungo termine sconosciuti

«I potenziali effetti collaterali potrebbero includere l’infiammazione cronica, poiché il vaccino stimola continuamente il sistema immunitario a produrre anticorpi. Altre preoccupazioni includono la possibile integrazione del DNA plasmidico nel genoma ospite del corpo, con conseguenti mutazioni, problemi nella replicazione del DNA, innesco di risposte autoimmuni e attivazione di geni cancerogeni».

 

 

Vaccini mRNA

Poiché i vaccini mRNA sono «particolarmente adatti allo sviluppo rapido», forse non sorprende che stiano attirando l’attenzione come «i favoriti contro il Coronavirus».

 

«I potenziali effetti collaterali potrebbero includere l’infiammazione cronica, poiché il vaccino stimola continuamente il sistema immunitario a produrre anticorpi. Altre preoccupazioni includono mutazioni  innesco di risposte autoimmuni e attivazione di geni cancerogeni»

Secondo quanto riferito, i vaccini mRNA possono far risparmiare «mesi o anni per standardizzare e accelerare… la produzione di massa».

 

Sfruttando la situazione, gli addetti ai lavori dichiarano casualmente che «mentre nessun vaccino mRNA è mai stato autorizzato, la minaccia di una pandemia è un grande incentivo per accelerarne il progresso».

 

Le aziende adorano l’approccio mRNA nonostante le osservazioni secondo cui le grandi molecole di mRNA sono «intrinsecamente instabili», «inclini al degrado» e possono causare iperattività del sistema immunitario.

 

Tra i lati positivi, dal punto di vista degli scienziati vaccinali, i vaccini mRNA devono raggiungere solo il citoplasma cellulare anziché il nucleo – una «sfida tecnica apparentemente più semplice» – sebbene l’approccio richieda ancora «tecnologie di rilascio che possono garantire la stabilizzazione dell’mRNA in condizioni fisiologiche».

Gli addetti ai lavori dichiarano casualmente che «mentre nessun vaccino mRNA è mai stato autorizzato, la minaccia di una pandemia è un grande incentivo per accelerarne il progresso»

 

Formulazioni come il vaccino mRNA-1273 di Moderna affrontano queste sfide utilizzando «modifiche chimiche per stabilizzare l’mRNA» e nanoparticelle liquide per «produrlo in una forma iniettabile».

 

Gli approcci dell’mRNA sembrano attrarre ricercatori con una visione altamente meccanicistica degli esseri umani.

 

Uno di questi individui elogia l’mRNA per la sua «programmabilità» intrinseca, affermando: «Proprio come [un] computer [sistema operativo], la terapia con mRNA può riprogrammare il corpo per produrre le sue terapie» [enfasi in originale].

I vaccini mRNA hanno mostrato una componente infiammatoria «intrinseca» che rende difficile stabilire un «profilo rischio/beneficio accettabile»

 

L’amministratore delegato di Moderna descrive gli approcci dell’mRNA, che utilizzano filamenti di mRNA «personalizzati» per «trasformare le cellule del corpo in fabbriche farmaceutiche ad hoc», «come un software: puoi semplicemente girare la manovella e far funzionare molti prodotti». Allo stesso modo, la rivista Nature (commentando la tecnologia dell’mRNA da «una prospettiva biotecnologica e industriale») si rallegra del fatto che l’approccio «consente un rapido raffinamento con combinazioni quasi illimitate di derivati».

 

I ricercatori vaccinali che hanno familiarità con i vaccini sia del DNA che dell’mRNA elogiano la sicurezza del vaccino mRNA, citando il fatto che i vaccini non devono penetrare nel nucleo cellulare. Tuttavia, con anni di sperimentazione sul vaccino mRNA alle spalle, nessuno di questi ricercatori ha ancora ottenuto la licenza. Perché?

 

I sostenitori dell’mRNA ammettono che esiste ancora una comprensione inadeguata dell’infiammazione e delle reazioni autoimmuni che possono derivarne

Una risposta potrebbe essere che negli studi preclinici, i vaccini mRNA hanno mostrato una componente infiammatoria «intrinseca» che rende difficile stabilire un «profilo rischio/beneficio accettabile».

 

I sostenitori dell’mRNA ammettono che esiste ancora una comprensione inadeguata dell’infiammazione e delle reazioni autoimmuni che possono derivarne. Ciò solleva molti interrogativi su cosa accadrà se i regolatori esaudiranno il desiderio dei produttori di vaccini mRNA per il COVID-19 di «un processo accelerato per ottenere quanto prima i vaccini mRNA per le persone».

 

La corsa allo sviluppo di vaccini COVID-19 che alterano i geni sta inoltre accelerando la fusione dei gemelli siamesi che sono la farmaceutica e la biotecnologica.

La corsa verso il profitto

L’interruzione di quasi tutte le attività economiche, sociali, artistiche e religiose dovuta al SARS-CoV-2 è inquietante su molti livelli, non ultimo a causa di ciò che rivela sull’accettazione acritica da parte del pubblico della rotazione ufficiale e del suo desiderio di proiettili d’argento medici.

 

Come un ricercatore vaccinale presso l’Istituto svedese Karolinska ha dichiarato:

 

Il redditizio settore biofarmaceutico è ora il segmento in più rapida crescita nell’industria farmaceutica globale, attualmente rappresenta il 20% del mercato mondiale e mostra un tasso di crescita annuale che è più del doppio rispetto al settore farmaceutico convenzionale

«Quando la Cina ha messo in quarantena un’intera megalopoli a gennaio, la gente diceva che “solo la Cina può farlo”. Poi abbiamo visto misure altrettanto drastiche in diversi paesi democratici. Penso che la dica lunga sulla nostra fiducia nelle soluzioni mediche. Oggi ci aspettiamo di essere in grado di sviluppare medicinali e vaccini contro diverse malattie in un modo che non abbiamo fatto in passato».

 

La corsa allo sviluppo di vaccini COVID-19 che alterano i geni sta inoltre accelerando la fusione dei gemelli siamesi che sono la farmaceutica e la biotecnologica.

 

Il redditizio settore biofarmaceutico è ora il segmento in più rapida crescita nell’industria farmaceutica globale, attualmente rappresenta il 20% del mercato mondiale e mostra un tasso di crescita annuale che è più del doppio rispetto al settore farmaceutico convenzionale. E i vaccini COVID-19 stanno aiutando a salvare le instabili fondamenta di alcune aziende biofarmaceutiche.

 

È probabile che i vaccini COVID-19 geneticamente modificati inizino ad alterare in modo permanente i geni, innescando malattie autoimmuni e fungendo da catalizzatore per altre lesioni o decessi da vaccino. Senza essere ostacolati da alcuna responsabilità legale, nessuno degli attori commerciali o governativi responsabili probabilmente si preoccuperà.

Nel 2017, ad esempio, Moderna stava lottando per «mantenere a galla la sua sfacciata promessa di reinventare la medicina» dopo che una terapia sperimentale su cui contava si è rivelata troppo pericolosa per essere testata sull’uomo. D’un tratto, nel 2020, «le cattive notizie sul Coronavirus sono buone notizie per le azioni di Moderna». Anche altre società biofarmaceutiche che prima erano in bilico sono in procinto di realizzare profitti record dal COVID-19.

 

Mentre la biofarmaceutica persegue la sua corsa sfrenata, in barba all’etica medica, verso il pentolone d’oro del COVID-19, il pubblico deve osservare con sguardo critico i disincentivi del settore per la sicurezza e anche prendere una posizione ferma contro l’orribile prospettiva dell’obbligo del vaccino contro il Coronavirus.

Altrimenti, è probabile che i vaccini COVID-19 geneticamente modificati inizino ad alterare in modo permanente i geni, innescando malattie autoimmuni e fungendo da catalizzatore per altre lesioni o decessi da vaccino. Senza essere ostacolati da alcuna responsabilità legale, nessuno degli attori commerciali o governativi responsabili probabilmente si preoccuperà.

 

 

Il Team di Children’s Health Defense

 

 

 

 

Traduzione di Alessandra Boni

 

© 7 maggio 2020, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21

 

 

 

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Epidemie

Vaccini per le zecche, ecco gli «Open Day»: ma sappiamo di cosa si tratta?

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Dopo settimane in cui i media nazionali e locali hanno martellato sulla presenza di varie tipologie di zecche in Nord Italia, ecco che si manifesta un fenomeno che avevamo di fatto quasi dimenticato fra le memorie pandemiche: gli «Open Day» vaccinali, i grandi eventi usati dall’autorità per spingere la sierizzazione di massa.

 

Ecco che la Suedtiroler Sanitaetsbetribe – l’Azienda Sanitaria pubblica dell’Alto Adige – indice non uno ma due Open Day vaccinali (il primo già consumatosi lo scorso 20 luglio, con 2.500 persone che si sarebbero fatta vaccinare) per inoculare la popolazione contro le zecche, in quanto «è il modo sicuro per prevenire la Meningoencefalite primaverile-estiva (TBE), scrive il sito dell’istituzione sanitaria altoatesina.

 

«L’Azienda sanitaria investe ancora, con informazione e azioni mirate, nel contrasto alla Meningoencefalite primaverile-estiva (TBE), causata dalle punture di zecca. Per questo il Servizio aziendale di Igiene e Sanitá [sic] pubblica, ha organizzato due Open Day vaccinali dedicati per il 20 luglio e il 21 settembre 2024» scrive la pagina, sbagliando per qualche ragione l’accento su Sanità, che in lingua italiana sarebbe, andrebbe, grave.

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«Lo scorso anno si sono registrati 7 casi di Meningoencefalite primaverile-estiva» avverte l’Azienda Sanitaria, ammettendo che la vaccinazione di massa avviene sullo fondo di poco più una manciata di casi isolati. In tutto il Paese, secondo quanto riportato da dati ISS, ci sarebbero stati 20 casi e nessun decesso.

 

«Trattandosi di una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale che può anche essere mortale gli esperti invitano alla vaccinazione, che è sicura e protegge» continuano, ripetendo il sempiterno mantra che il lettore ha imparato a riconoscere: il vaccino è «sicuro ed efficace»…

 

In un mondo post-pandemico dove senza prenotazione elettronica non ti fanno entrare nemmeno nella tua banca, apprendiamo che «l’Open day del 20 luglio non prevede alcuna prenotazione», e che vi sono punti preposti all’inoculo massivo a Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico.

 

Altre notizie, sulla pagina del sito della Sanità della provincia autonoma, non vengono date.

 

Per esempio, abbiamo una curiosità: di quale vaccino si tratta? Scopriamo che si tratta del Ticovac, un farmaco prodotto da una farmaceutica di cui il lettore potrebbe aver sentito parlare, la Pfizer. Una confezione di Ticovac da 0,5 ml costa alla Sanità – cioè a noi contribuenti – 81 euro. Ai vaccinandi, tuttavia, viene detto che la dose è gratis, anche se giocoforza ciò non può essere vero. Varrebbe la pena di rispolverare anche per le siringhe la grande regola dell’economia di internet: se non costa nulla, il prodotto sei tu.

 

E questo vaccino, che effetti collaterali può avere? Anche qui, non è che la presentazione dell’Open Day offerta dall’ente pubblico ci dia una mano a capire; del resto, il consenso informato è sempre più demandato al paziente, che deve fare le sue ricerche, purché non le faccia in siti no-vax come quello che state leggendo.

 

Ebbene, facciamo noi dunque lo sforzo di andare a cercare il bugiardino del siero anti-zecca della Pfizer per le dosi da 0,25 e da 0,5.

 

Tra le «Reazioni avverse registrate durante la sorveglianza post-marketing» troviamo «Herpes zoster (verificatosi in pazienti precedentemente esposti)», «Precipitazione o aggravamento di disordini autoimmuni (es. sclerosi multipla), reazione anafilattica», «Patologie del sistema nervoso (Disordini demielinizzanti (encefalomielite acuta disseminata, sindrome di Guillain-Barré, mielite, mielite trasversa), encefalite, convulsioni, meningite asettica, meningismo, disordini sensoriali e disfunzioni motorie (paralisi/paresi facciale, paralisi/paresi, neurite, ipoestesia, parestesia), neuralgia, neurite ottica, capogiri»; « Compromissione della vista, fotofobia, dolore oculare», «Tinnito», «Tachicardia», «Dispnea», «Orticaria, rash (eritematoso, maculo-papulare), prurito, dermatite, eritema, iperidrosi», «Dolore alla schiena, gonfiore alle articolazioni, dolore al collo, rigidità muscoloscheletrica (inclusa rigidità del collo), dolore alle estremità», «Disordini dell’andatura, brividi, malattia simil influenzale, astenia, edema, disturbi al movimento articolare a livello del sito di iniezione come dolore articolare, noduli e infiammazione».

 

Com’era il mantra? «Sicuro ed efficace»…

 

«In poche ore di Open Day, gli operatori sanitari hanno fatto tutte queste domande ai residenti in Alto Adige? Hanno verificato che non ci fossero controindicazioni?» scrive il quotidiano La Verità. «La Food and Drug Administration (FDA), che l”ha autorizzato nell’agosto 2021, riporta 289 farmaci noti per interagire con questo vaccino e 286 interazioni sono definite moderate. Quindi problematiche, hanno una rilevanza clinica, l’impatto di questi vaccini non è trascurabile».

 

Ancora dal foglietto: «In caso di una malattia autoimmune nota o sospetta nel soggetto da vaccinare, è necessario valutare il rischio di una possibile infezione da TBE rispetto al rischio che TICOVAC 0,5 ml possa produrre un effetto avverso sul decorso della malattia autoimmune stessa».

 

Di più: «necessaria cautela nel considerare la necessità di vaccinazione in soggetti con preesistenti malattie cerebrali, quali malattie demielinizzanti in corso o epilessia non adeguatamente controllata».

 

Uno di quei siti che riassume i foglietti dei farmaci scrive, riguardo la versione del Ticovac da 0,25 ml, che bisognerebbe rivolgersi «al medico, al farmacista o all’infermiere prima della vaccinazione se lei o suo/a figlio/a è affetto da una malattia autoimmune (ad esempio artrite reumatoide o sclerosi multipla); ha un sistema immunitario debole (per cui lei o suo/a figlio/a non è in grado di combattere le infezioni efficacemente); non produce anticorpi efficacemente; assume medicinali contro il cancro; assume medicinali chiamati corticosteroidi (che riducono le infiammazioni); o è affetto da una qualunque malattia cerebrale».

 

Nel bugiardino pubblicato online, troviamo segnalata inoltre che la «Grave ipersensibilità all’uovo e alle proteine del pollo (reazione anafilattica dopo ingestione di proteine dell’uovo) possono causare gravi reazioni allergiche nei soggetti sensibilizzati (…). La vaccinazione anti-TBE deve essere rimandata nel caso in cui il soggetto sia affetto da una malattia acuta moderata o grave (con o senza febbre)».

 

Quella sul pollame, si spera, sia stata una delle domande rivolte dal vaccinatore a chi ha voluto offrirsi nuovamente all’ago Pfizer. È stato fatto così, giusto? Così come per tutta la lista di interazioni e possibili reazioni avverse: consenso informato, no?

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E le donne incinte? «Non ci sono dati sull’utilizzo di Ticovac 0,5 ml in donne in gravidanza» leggiamo ancora nel foglio illustrativo. «Non è noto se Ticovac 0,5 ml venga secreto nel latte materno. Pertanto, Ticovac 0,5 ml deve essere somministrato durante la gravidanza e alle donne che allattano al seno solo se è considerato urgente ottenere la protezione contro la infezione da TBE e dopo aver attentamente considerato il rapporto rischio / beneficio».

 

Ecco, ci risiamo. Ricordate il balletto sulle donne gravide ai tempi del vaccino COVID? Prima no, poi sì, poi forse, poi certo – con buona pace di tutti quei dottori e farmacisti che ci hanno detto, in privato ed in pubblico, che si trattava di buttare nel cesso interi volumi con i quali si era sostenuto l’esame di immunologia: fino a qualche anno fa, ricorderete, le donne incinte non si vaccinavano – mai. Stesso dicasi per gli immunodepressi (che, anzi, erano usati come clava vaccinista: vaccinati tu che loro poverini non possono) e perfino – memoria più distante, dissoltasi prima delle altre dai lanci dei vaccini stagionali antinfluenzali – gli over 65.

Ecco che quindi che, tra obblighi e costrizioni, saltano fuori storie allucinanti sugli del siero genico effetti ai feti, le nascite premature… poi c’era quella questione del calo delle nascite in tanti Paesi…ma è acqua passata. No?

 

Torniamo al vaccino zecchino. Perché, fermi tutti, come l’altra volta, ecco che nella versione del siero da 0,25 ml la mano siringata si allunga verso i bambini. Anche se, bugiardino alla mano, mica si dovrebbe: «Non ci sono dati relativi alla profilassi post-esposizione con Ticovac 0,25 ml per uso pediatrico». Quindi il foglietto si lascia andare ad un’ammissione che per quanto da applausi, è come sempre inutile, inascoltata. «Come per tutti i vaccini, Ticovac 0,25 ml per uso pediatrico può non proteggere completamente tutti i soggetti vaccinati contro l’infezione che si intende prevenire».

 

In realtà, il principio del vaccino, che forse così efficace non è, è ripetuto anche a pagina 12: «come per tutti i vaccini, TICOVAC 0,5 ml può non proteggere completamente tutti i soggetti vaccinati contro l’infezione che si intende prevenire».

 

Potrebbe non servire a niente, e avere effetti avversi anche brutti. Tuttavia, fatevelo.

 

Eccoci, dunque, ripiombati nell’incubo della filiera tecno-epidemica. Il malefico insetto ci mostra che le meccaniche del dominio vaccinale non sono cambiate: al contrario, sono sedimentate, si sono rafforzate.

 

A tutto questo va aggiunto, cosa che Renovatio 21 ha già ricordato in passato, che la TBE non è l’unica tremenda malattia che può arrivare dalle zecche. Lo abbiamo già detto: chi vi vende, anche con pubblicità e canzonette, l’idea che vaccinandovi non dovete più temere che una zecca vi morda durante una passeggiata nel bosco o in montagna, sta colpevolmente omettendo una parte immensa della questione.

 

Rileggiamo il bugiardino: «le punture di zecca possono trasmettere infezioni diverse dalla TBE, incluse quelle derivanti da certi patogeni che talvolta possono causare un quadro clinico simile a quello della encefalite da zecca. I vaccini anti-TBE non forniscono protezione contro infezioni da batteri del genere Borrelia».

 

Già, il genere Borrellia. È più discussa della TBE, anche per la sua durata e la complessità delle sue cure – oltre che per il fatto che pochi dottori sembrano saperla diagnosticare – una patologia associata al microorganismo, chiamata sindrome di Lyme, un male scoperto da non troppi anni, in grado (tra le altre cose) di abbattere le energie della persona e tenerla lontana dalla vita sociale per anni. Un vero flagello, di cui si parla ancora, notiamo, con una certa pudicizia…

 

Come riportato da Renovatio 21, negli USA, anche grazie ad un nuovo libro di inchiesta in uscita, comincia a delinearsi uno scenario allucinante, quello per cui la sindrome di Lyme deriverebbe, pure lei, da esperimenti militari per la creazione di bioarmi.

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Zecche trattate in laboratorio per divenire strumenti di attacco verso altri Paesi: l’autrice del libro in uscita Bitten: The Secret History of Biological Weapons and Lyme Disease («Morsi: la storia segreta delle armi biologiche e della malattia di Lyme»), Kris Newby, dice di aver parlato con un vecchio agente CIA che raccontava come ancora negli anni Sessanta bombardava i campi cubani con zecche «militarizzate». (È il caso di dire: «zecche di Stato», ma non sappiamo se faccia ridere)

 

Ragionateci: le zecche si muovono da sole, mordono, infettano gli uomini, rendendoli di fatto incapaci di combattere. Sono armi perfette. Il programma di militarizzazione degli insetti, portato avanti negli ultimi anni dalla DARPA (il reparto ricerche e sviluppo del Pentagono) ha a quanto sembra origini risalenti, e pure molto segrete.

 

E allora, ci chiediamo: come sono arrivate queste malattie da zecca in Europa?

 

Qualcuno le ha portate dagli USA?

 

Sono arrivati con i cani e i gatti dei soldati di stanza a Ramstein o ad Aviano? Oppure sono state portate e basta?

 

A questo si aggiunge una questione ulteriore: i casi di malattie da zecche si sono moltiplicati con l’aumento, nei nostri boschi e sui nostri monti, della tipologia animale il cui manto è il luogo preferito per l’accoppiamento dell’artropode: cervi, caprioli, daini…

 

Ho parlato, pochi mesi fa, con un agricoltore e apicoltore, una casetta tra i boschi in cima alla collina da almeno quattro generazioni. Mi ha detto che né suo padre, né suo nonno, né il suo bisnonno gli avevano mai raccontato di caprioli e cerbiattelli. Poi, di colpo, a fine anni Novanta, ecco che ha cominciato ad avvistarne tanti, tantissimi. All’inizio, dice, era struggimento e stupore per questa bella creatura, apparentemente timida e fragile. Poco dopo, subentra la realtà: devastano le piantagioni, rovinano il ciclo delle api mangiando fiori, fanno danni di tutti i tipi – in più portano le zecche.

 

È stato notato, negli USA, che i casi di Lyme aumentano laddove le autorità locali hanno emesso leggi sull’obbligo di collare per i cani. Con i cani non più liberi, i cervi si avvicinano sempre più ai centri urbani, e seminano zecche. E con esse le loro malattie.

 

Immaginiamo, dunque, quanto delicata è la questione. Immaginiamo pure quanta poca voglia hanno le autorità di parlarne.

 

Vogliamo davvero prendere in considerazione che potrebbe esserci stata una Wuhan delle zecche, portataci – pure quella – dal nostro grande alleato NATO?

 

Vogliamo pensare che esista un politico che davvero voglia intraprendere politiche contro i bambi?

 

Ma no. Meglio risolvere come l’altra volta: sulla pelle del popolo. Open Day spalancati, per la gioia della superfarmaceutica e delle autorità sanitarie, più di qualche babbeo non pago di aver offerto il deltoide alla siringa genica di Stato per poi ritrovarsi riammalato di COVID (se va bene) o con la miocardite (se va male) o magari morto (se va peggio ancora).

 

Per gli effetti collaterali, come l’altra volta, pazienza: se ci pensiamo erano chiamati così le vittime delle «bombe intelligenti» di recenti guerre NATO.

 

Una dimostrazione in più di quanto dicevamo qualche giorno fa: c’è una strana correlazione tra Patto Atlantico e vaccini. Se vuoi stare in Occidente, ci hanno detto chiaramente con green pass et similia, devi farti siringare. Sembra che questa legge, oramai slatentizzata del tutto, crei un discrimine che attraversa tutta la società, tutta l’umanità, nell’ora presente e negli anni a venire

 

Voi avete deciso da che parte state?

 

Roberto Dal Bosco

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Epidemie

Epatite dopo i vaccini anti-COVID: casi di studio

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Alcuni casi di studio documentano lo sviluppo di eptatiti negli individui a cui è stato iniettato il vaccino COVID.   Il fenomeno si manifesta indipendentemente dal fatto che il vaccino COVID sia basato su mRNA, come nel caso di Pfizer, su un vettore virale, come nel caso di AstraZeneca, o su un’iniezione classica a base di virus denaturato, come nel caso del siero cinese Sinopharm.   Vi sono tre casi di studio sulla questione, uno per ciascuna delle tecnologie vaccinali, riporta il sito americano Infowars.

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Nel primo caso di studio, un uomo di 35 anni è morto dopo aver contratto l’epatite a causa del vaccino AstraZeneca.   «Questo articolo presenta un giovane che ha sviluppato un’epatite fulminante pochi giorni dopo la vaccinazione con la prima dose del vaccino AstraZeneca COVID-19″, si legge nell’abstract dello studio. «Ha ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca COVID-19 8 giorni prima. È stato ricoverato in ospedale con un disturbo principale di dolore addominale. Al momento del ricovero e a causa dei suoi alti D-dimeri, della bassa conta piastrinica e del basso livello di fibrinogeno, è stata sospettata una trombosi immunitaria trombocitopenica indotta dal vaccino, che è stata esclusa in seguito».   «Quindi, dopo un aumento dei suoi test di funzionalità epatica, una diminuzione delle piastrine e test di coagulazione anomali, è stata presa in considerazione un’epatite fulminante per questo paziente» prosegue il paper. «Sono state quindi sospettate diverse eziologie batteriche, virali e autoimmuni, tutte escluse. Pertanto, è stata confermata un’epatite fulminante secondaria al suo vaccino AstraZeneca COVID-19».   Il secondo caso di studio ha documentato come un uomo abbia contratto l’epatite in seguito alla somministrazione del vaccino COVID della farmaceutica cinese Sinopharm.   «Questo studio presenta un caso di epatite innescata dal vaccino Sinopharm per COVID-19. Un uomo di 62 anni si è presentato con ittero, perdita di peso ed enzimi epatici elevati tre giorni dopo aver ricevuto la seconda dose di vaccino COVID-19. Le sezioni microscopiche hanno mostrato un modello di lesione epatitica con infiammazione sia portale che lobulare e marcata infiltrazione di eosinofili», scrive la presentazione della ricerca.   È interessante notare che, mentre è stato dimostrato che i vaccini mRNA e quelli a vettore virale contro il COVID causano l’epatite, lo stesso vale per il vaccino Sinopharm contro il COVID, nonostante sia un vaccino classico.   «Sono stati segnalati diversi casi di epatite dopo i vaccini COVID-19, ma quasi tutti sono stati diagnosticati come epatite autoimmune, innescata da vaccini mRNA COVID-19 o vettori virali, ma il caso attuale è uno dei primi casi di epatite segnalati dopo il vaccino Sinopharm, un vaccino COVID-19 a virus inattivato. La diminuzione spontanea dei livelli degli enzimi epatici, senza terapia con corticosteroidi, è contraria alla diagnosi di epatite autoimmune in altri casi segnalati», afferma lo studio.   In un terzo caso di studio, la sua epatite autoimmune, in remissione, si è riattivata in una donna di 35 anni dopo la somministrazione del vaccino anti-COVID della Pfizer.

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«Una donna asiatica di 35 anni con una pertinente storia clinica passata di epatite autoimmune si è presentata con una recidiva acuta di epatite autoimmune due settimane dopo aver ricevuto la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech a RNA messaggero (mRNA) contro la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19). Sono stati segnalati nove casi di epatite autoimmune dopo la somministrazione del vaccino COVID-19, ma questo è il primo caso documentato di una riattivazione di epatite autoimmune in remissione», leggiamo nell’abstract della ricerca.   In un archivio sarebbero quindi presenti 35 casi di studio sul fenomeno: «sono riassunte le caratteristiche cliniche di un totale di 35 casi attualmente segnalati di AIH [epatite autoimmune] dopo la vaccinazione contro il COVID-19 e si suggerisce che i pazienti con malattie autoimmuni potrebbero essere a più alto rischio di sviluppare AIH dopo la vaccinazione».   Come riportato da Renovatio 21, circa due anni fa fu riscontrata una strana crescita dei casi di epatite tra i bambini europei ed americani. Tra le prime spiegazioni, vi fu la possibile causa del sistema immunitario compromesso dal lockdown. Tuttavia, altri ipotizzarono correlazioni con il virus COVID e con i vaccini.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
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Epidemie

Un uomo in Israele muore dopo essere stato infettato da un’ameba mangia-cervello

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Un giovane è morto di encefalite in Israele pochi giorni dopo aver contratto l’ameba Naegleria fowleri, chiamata anche «ameba mangia-cervello», che penetra nel cervello umano attraverso il naso, in un secondo caso simile registrato nel Paese, ha riferito domenica il quotidiano online, citando l’ospedale in cui il paziente era stato curato.

 

L’uomo potrebbe aver contratto l’infezione mentre nuotava nel lago Kinneret, noto anche come Mar di Galilea, nel nord del paese, dove la temperatura dell’acqua in estate raggiunge i 30 gradi, un ambiente favorevole allo sviluppo di tali microrganismi

 

Tuttavia, il Ministero della Salute israeliano ha successivamente prelevato campioni sulla spiaggia dove l’uomo aveva fatto il bagno, ma non ha trovato alcuna prova di contaminazione da amebe nell’acqua.

 

La Naegleria fowleri è un’ameba che prospera in laghi di acqua dolce calda, fiumi e sorgenti termali, ma può essere trovata anche nell’acqua del rubinetto, secondo l’ente epidemico americano CDC. L’ameba potrebbe causare infezioni cerebrali se l’acqua che la contiene entra nel cervello attraverso il naso. Tale infezione cerebrale è rara, ma quasi sempre fatale con un tasso di mortalità del 97%, secondo l’autorità statunitense.

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato un cittadino dello Stato americano della Georgia era morto per infezione dell’ameba mangia-cervello.

 

Si trattava all’epoca della terza persona a morire negli Stati Uniti in un solo anno a causa della mostruosa creatura microscopica, che pare diffondersi sempre più a Nord.

 

Uno studio del CDC pubblicato nel 2020, ha rilevato che cinque dei sei casi di meningoencefalite amebica primaria (PAM), come viene chiamata l’infezione cerebrale causata da Naegleria fowleri, si sono verificati durante o dopo il 2010.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2022 un cittadino del Missouri e un bambino del Nebraska sono stati ammazzati dall’ameba mangia-cervello.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso è emersa la rilevazione di vibrio vulnificus, cioè di un tipo di batteri «carnivori», nelle spiagge della Florida.

 

Negli ultimi 15 anni, una malattia neurodegenerativa estremamente rara che mangia il cervello umano lasciando buchi è diventata sempre più comune in Giappone, ma il caso PAM statunitense sembra molto diverso.

 

Prioni sarebbero stati invece alla base di un’epidemia di cervi-zombie nel 2019.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; modificata

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