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Necrocultura

Montini ha aiutato la bomba atomica. Bergoglio la bomba a mRNA

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Sta per finire anche questo triduo atomico 2022. Non è una ricorrenza molto sentita qui, ci rendiamo conto: il bombardamento di Hiroshima il 6 agosto 1945 e di Nagasaki tre giorni dopo non colpisce l’immaginario di tutti – solo di qualche apocalittico che realizza la portata del fenomeno, ossia l’introduzione del concetto di potenziale annientamento dell’intero genere umano. In pratica, sì, l’apocalisse.

 

In questi tre giorni, a Hiroshima c’è una grande manifestazione serale, capeggiata dal sindaco, dove tutti, hibakusha (i «sopravvissuti alla bomba») in testa, depongono origami lungo il fiume, a lato del genbaku dome, un palazzo liberty che hanno lasciato devastato per farne un simbolo del martirio atomico della città.

 

A Nagasaki, la città cattolica, è diverso – malgrado la distruzione sia stata perfino maggiore, e assuma uno strano sapore religioso: la bomba cadde sulla cattedrale di Urakami, durante l’orario delle confessioni. Pochi metri più in là, la piazzetta dove trovarono il martirio decine di cristiani giapponesi – tra cui alcuni bambini – tra il XVI e il XVII secolo. Nagasaki, per qualche motivo, non pare intaccata del «dolorismo» che si respira ad Hiroshima.

 

Tuttavia, dico che sono rimasto ore a fissare, nel museo sotto la cattedrale ricostruita, un rosario dissolto dalla bomba atomica.

 

A pochi importa, perché in fondo la maggior parte delle persone ha confinato la possibilità di sterminio termonucleare alle due città giapponesi bombardate dal massone Truman. Al massimo, c’era da avere un po’ di paura durante la Guerra Fredda. Ma ora? Tutto è alle spalle. Giusto?

 

La realtà è che un uomo che possa dirsi tale non può non pensare alla possibilità di distruzione del mondo, anche più volte al giorno.

 

Quindi, non è lecito abbandonare il monito mostruoso di Hiroshima e Nagasaki.

 

Noi lo facciamo a modo nostro. Ogni anno, ripubblichiamo un articolo in particolare (quest’anno lo abbiamo segnalato nella Newslettera di sabato), quello secondo cui il Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, avrebbe stoppato il canale per gli accordi di pace che Tokyo voleva creare con Washington per tramite della Santa Sede, in cui da pochi mesi (abbiamo visto pochi anni fa una cerimonia per il 75° delle relazioni: un rito pagano in Vaticano) il Giappone aveva un ambasciatore, Ken Harada, e un rappresentante  piuttosto operativo, Masahide Kanayama. La storia dice, più o meno, che gli sforzi dei diplomatici nipponici si scontrarono contro il muro di Montini, noto per essere vicino al capo dei servizi americani James Jesus Angleton.

 

In pratica, il futuro papa, che all’epoca sostituto della Segreteria di Stato, non trasmise il programma di pace giapponese a Pio XII – il risultato fu la continuazione della guerra fino al suo doppio climax nucleare, una trovata americana utile a spaventare l’Unione Sovietica che da pochissimi giorni (cose che molti non sanno…) aveva  dichiarato guerra al Giappone, preparandosi con probabilità ad invadere la grande isola settentrionale dell’Hokkaido.

 

Il destino del Giappone poteva quindi essere quello di una Paese diviso in due da una spartizione delle superpotenze, come la Germania, e poi la Corea, il Vietnam, etc.

 

Ciò non accadde, perché la dimostrazione della potenza dell’atomo diede agli americani un vantaggio militare e decisionale sulla nuova epoca.

 

Quindi, qualcuno può arrivare a dire che, con le sue azioni volte forse a favorire gli USA, il Montini aprì la strada alla distruzione atomica delle due cittadine giapponesi, una delle quali pure l’unica cattolica in tutto il Sol Levante.

 

Si tratta di una visione storica abissale: un futuro papa… responsabile dello distruzione nucleare? Qualche studioso americano ammicca. Quali forse i motivi del favore concesso da Montini agli uomini di Washington, è motivo di speculazione. Ci sono quelli che, convinti, ricordano che si tratta del Paese con la bandiera piena di stelle a 5 punte, e che un identico pentacolo si trova anche nella mano della sue effigie scolpita in bronzo sulla Porta del Bene e del Male posta in uno degli ingressi del Vaticano.

 

 

Questa storia di Vaticano atomico, che in Italia praticamente abbiamo raccontato solo noi, ci è costata vari attacchi, lettere infuocate di persone indignate, qualche insulto.

 

È comprensibile. Se ciò fosse vero, riconosciamo quanto potrebbe essere difficile da accettare. Un uomo che diviene papa non può aver lavorato per la morte di centinaia di migliaia di persone – non è possibile.

 

Tuttavia, è un pensiero che deve tornarci in mente oggi, quasi 80 anni dopo.

 

Bergoglio, a quanto possiamo sapere, non ha tramato per accelerare l’annientamento cattolico di alcune città, tuttavia è innegabile che si sia speso, anche apertamente, per una bomba dagli effetti ancora più massivi: la bomba all’mRNA.

 

In molti hanno sottolineato che la campagna di vaccinazione mondiale, fatta senza conoscere i rischi a lungo termine di una tecnologia di modifica genetica mai prima provata sull’uomo,  possa dirsi una potenziale «bomba ad orologeria».

 

Non sappiamo quando scoppierà: al momento possiamo solo, come tentiamo di fare qui, registrare il numero impressionante di morti e feriti, dati che trovano la loro via nonostante la spirale del silenzio dei media, della politica e dell’infame classe medica che ora, per spiegare il massacro in corso, si è inventata la «morte in culla» per adulti.

 

Possiamo ritenere, tuttavia, che siamo solo all’inizio. Potremmo vedere altri effetti nei prossimi mesi, o anni. Per esempio, un calo delle nascite, dovuto al fatto oramai certo – nonostante i mesi di smentite dall’alto – che il vaccino possa interferire con il ciclo delle donne.

 

La bomba mRNA, quindi, possiamo dire che è bella che innescata.

 

Sappiamo come il Bergoglio abbia dato una grande mano. Ha cacciato chi in Vaticano si opponeva al siero genico. Ha creato il primo volo interamente vaccinato della storia, quello che lo ha portato in Iraq. Ha incontrato in segreto due volte Albert Bourla, il CEO di Pfizer. Ha fatto campagna per il vaccino in ogni modo, al punto da sembrare, come è stato detto, un piazzista di Big Pharma.

 

Soprattutto, Bergoglio ha agito con lo strumento definitivo per vaccinare tutti: il silenzio.

 

Il silenzio papale sull’origine maligna del siero – l’uso di linee cellulare da feto abortito – ha disintegrato l’unico scudo rimasto a chi voleva evitare la siringa, l’obiezione di coscienza. Questa grande foglia di fico della morale moderna, a cui però grati si sarebbero attaccati in milioni in tutto il mondo.

 

Non avvicinandosi nemmeno al tema, il papa ha direttamente reso inservibile l’argomento: medici, infermieri, soldati, in Italia come negli USA e ovunque, si sono visti così rigettate le proprie richieste di esenzione. È inutile ricordare che non era mai successo: l’obiezione di coscienza, qui come oltreoceano, era una vacca sacra, una riserva indiana che il potere della Cultura della Morte aveva deciso di lasciare intatta.

 

Ora, grazie a Francesco, non è più così.

 

Una parte considerevole dell’umanità, grazie al papa, è ora stata iniettata con una sostanza sintetica, che in natura è talmente potente da poter trasformare il bruco in farfalla: l’mRNA. Ossia, una molecola della vita, sempre più vicina a quella utilizzata dal Signore per creare l’uomo e la natura, che nei preti dovrebbe quindi incutere riverenza e timore.

 

Sappiamo dalle gole profonde scappate dalla filiera intorno a Pfizer quanto i laboratori reputassero importante quel che pensava la gerarchia cattolica, e quindi non è un mistero che la storia delle linee cellulari da aborto sia stata occultata, o passata nei media come una fake news. Non lo è.

 

Possiamo dire, di nostro, che questo è il lavoro che nel 2017, 2018 e 2019 aveva cominciato a fare Renovatio 21: spingere il mondo cattolico, cardinali inclusi, a rendersi conto del problema etico dei vaccini fatti con pezzi di bambino innocente. Se avessimo avuto successo, se dall’altra parte non vi fosse stato solo un Vaticano quasi interamente occupato dalle forze del male, possiamo dire che avremo dato un contributo nemmeno piccolo alla follia del 2021: sarebbe bastata una parola, da parte cattolica, e le esenzioni di milioni di persone in tutto il mondo sarebbero divenute valide.

 

Non è andata così. Abbiamo fallito noi. Soprattutto, però ci siamo scontrati ingenuamente con un piano che il papa stava già portando avanti da anni, visibilmente, per quanto ci riguarda, dal 2017, quando vescovi e preti si buttarono a pesce a difendere la legge Lorenzin.

 

Il papa aveva un suo disegno da portare avanti, evidentemente. Voleva arrivare, abbiamo scritto, a universalizzare quel «battesimo di Satana» che è il vaccino.

 

Ci è riuscito.

 

La bomba genetica è detonata in tutto il pianeta, in larga parte grazie a lui, che non ha concesso ai suoi fedeli di obiettare secondo lo Spirito.

 

Ora, se dovessimo fare un calcolo utilitarista… Montini e le bombe atomiche che (forse) avrebbe contribuito più o meno involontariamente ad organizzare, oppure Bergoglio, e i suoi spot in mondovisione al siero genico, la sua protervia nel punire i non vaccinati, la sua insistenza nell’infettare il gregge con l’mRNA alieno… ?

 

Ecco, non vogliamo dare una risposta. Il lettore se la dia da sé.

 

L’importante per noi era significare che c’è la bomba atomica, ma c’è anche la bomba genica. Non c’è solo la distruzione nucleare, ma anche la distruzione biomolecolare. E il papa ha decisamente le sue responsabilità in materia.

 

Il tema, ad ogni modo, è sempre lo stesso: la Necrocultura, che ha sovvertito anche i palazzi della divina istituzione fondata per combatterla.

 

Scrivevamo, all’inizio di questo articolo, di quegli uomini che, in quanto uomini, temono l’apocalisse.

Vi sono, con evidenza, uomini che l’apocalisse la desiderano.

 

Chi servono?

 

Chi è il signore di costoro?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di Dark-Wayfarer via Deviantart pubblicata su licenza Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-NC-SA 3.0); immagine modificata nel colore.

 

 

 

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L’arcidiocesi inizia a offrire opzioni di sepoltura «ecologiche»

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L’arcidiocesi di Chicago ha svelato le prime opzioni di sepoltura «ecologiche» in uno dei suoi cimiteri, citando un «riflesso di una crescente coscienza ambientale tra gli americani».

 

Verso la fine della scorsa settimana, l’arcidiocesi cattolica di Chicago ha annunciato l’introduzione di una «opzione di sepoltura naturale» che offrirà «inumazioni ecologiche». Lo riporta LifeSite.

 

«Siamo onorati di offrire una nuova opzione di sepoltura naturale che non solo rispetta l’ambiente, ma è anche in linea con gli insegnamenti cattolici per trattare il corpo umano con dignità», ha annunciato Ted Ratajczyk, direttore esecutivo dei cimiteri cattolici dell’arcidiocesi di Chicago. «Questa iniziativa riflette il nostro impegno nel fornire scelte che onorano la dignità della vita, le esigenze della nostra comunità e i valori della nostra fede».

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Catholic Cemeteries Chicago scrive sul suo sito web che «le sepolture naturali rinunciano a fluidi per imbalsamazione aggressivi, bare tradizionali e contenitori per sepoltura esterni a favore di materiali biodegradabili, fibre organiche e tecniche di imbalsamazione ecologiche. Ciò riduce al minimo l’impatto ambientale e al contempo onora il ciclo naturale della vita e della morte».

 

La sepoltura presumibilmente «ecologica» fornirà «alle famiglie modi nuovi e significativi per onorare i propri cari», ha affermato l’arcidiocesi, aggiungendo che è stata la prima diocesi cattolica nello stato dell’Illinois a offrire tale opzione.

 

I lotti di sepoltura «ecologici» saranno situati su un acro di terra che l’arcidiocesi ha appositamente riservato nei prati presso il cimitero di San Michele Arcangelo a Palatine.

 

Annunciando il terreno appositamente designato, l’arcidiocesi ha affermato che l’area «offrirà uno spazio sacro e meraviglioso per una riflessione tranquilla e un contatto con la natura, dove le famiglie potranno fare visita e ricordare i propri cari».

 

«L’ambiente tranquillo sarà caratterizzato da sentieri tortuosi, piante autoctone e un mix di prati e terreni forestali», ha aggiunto l’arcidiocesi.

 

Le cosiddette sepolture «naturali» o «verdi» stanno diventando sempre più popolari nella società laica, e ora stanno riscuotendo successo anche tra i membri della Chiesa cattolica. L’arcidiocesi di Chicago ha descritto il processo come uno che “sottolineerebbe la semplicità e la responsabilità ambientale consentendo al corpo di tornare alla terra in modo naturale».

 

«La pratica», ha aggiunto l’arcidiocesi del cardinale Cupich, «è in linea con gli insegnamenti cattolici sulla sacralità della vita e sul rispetto per l’ambiente e onora la fede cattolica nella Resurrezione, il ciclo di morte e rinascita».

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Descrivendo una sepoltura «naturale» come «un ritorno alla tradizione», il gruppo dei cimiteri ha affermato che la «Chiesa cattolica consente la sepoltura naturale, poiché è in linea con le pratiche funerarie cattoliche tradizionali ed è stata la norma per la maggior parte della storia umana. La Chiesa incoraggia il trattamento rispettoso del corpo e la sepoltura in luoghi sacri consacrati».

 

Invece di utilizzare una lapide verticale per ogni tomba, una tomba naturale utilizzerebbe un «monumento a livello del prato, un masso inciso o un masso con una targa in bronzo».

 

Piuttosto che un cimitero formale con tombe posizionate a distanze misurate, il sito Meadows of St. Kateri rappresenterà un campo, pieno di vegetazione naturale e di fauna selvatica: «i nostri cimiteri naturali offrono una splendida area per una riflessione silenziosa e un contatto con la natura. L’ambiente tranquillo presenta sentieri tortuosi, piante autoctone e un mix di prati e terreni forestali».

 

L’arcidiocesi di Chicago ha spiegato ulteriormente la sua nuova mossa facendo riferimento a una «crescente coscienza ambientale tra gli americani» che devono defungere.

 

Citando un rapporto del 2023 della National Funeral Directors Association, l’arcidiocesi chicagoana ha citato il riepilogo del rapporto per affermare che «il 60% sarebbe interessato a esplorare opzioni funerarie “verdi” a causa dei loro potenziali benefici ambientali e risparmi sui costi, rispetto al 55,7% del 2021».

 

Il suggerimento di Chicago di sepolture «verdi» non è una novità tra le diocesi cattoliche degli Stati Uniti. Nel 2021, l’allora arcivescovo ordinario locale Michael Jackels di Dubuque raccomandò ai cattolici di usare metodi meno «offensivi» per seppellire i morti.

 

Criticando sia la sepoltura che la cremazione perché presumibilmente non sono ecologiche, Jackels ha raccomandato di liquefare un cadavere. Ciò implicherebbe la combinazione di «acqua calda, liscivia, pressione dell’aria e circolazione» per «liquefare un cadavere in poche ore, che può poi essere tranquillamente versato nel terreno».

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Dell’acquamazione, Renovatio 21 aveva già parlato: la scelta fatta dal vescovo anglicano-mandeliano Tutu, che per non inquinare (bruciare un corpo produce CO2) ha voluto far dissolvere il suo corpo nell’acido, un po’ come accadeva, viene da pensare alle povere vittime della mafia Matteo Messina Denaro. Secondo quanto è dato di capire, i resti liquidi del cadavere vengono quindi gettati in fogna.

 

Il monsignore aveva anche suggerito il «recompositing», o ricomposizione, un metodo in cui il corpo «viene posto in un contenitore, coperto con trucioli di legno, paglia ed erba medica, usando il calore per uccidere i contagi e il flusso d’aria per la decomposizione. Dopo un mese, il risultato è terra».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ecologismo alla base «compostaggio umano» prevede nientemeno che la trasformazione del corpo del defunto in concime, che poi viene dato ai campi coltivati. Più Stati americani hanno già leggi in merito. Qualche lettore può capire che si tratta, di fatto, di reintrodurre il corpo umano nella catena alimentare: il prossimo passo potete dire voi quale potrebbe essere.

 

Jackels ha difeso l’idea controversa, dicendo che «la Chiesa chiede solo che il corpo sia trattato con rispetto e che venga deposto in un luogo benedetto dal clero, che sia nella terra, nell’acqua, nel fuoco o nell’aria, in un cimitero o meno». In una dichiarazione rilasciata l’anno scorso, intitolata «Sulla corretta disposizione dei resti corporei», la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB) ha condannato la distruzione di corpi umani deceduti tramite compostaggio.

 

Attualmente, 12 stati degli Stati Uniti, tra cui Washington, Colorado, Oregon, Vermont, California, New York, Nevada, Arizona, Maryland, Delaware, Minnesota e Maine, hanno legalizzato la pratica del compostaggio dei defunti.

 

Nel 2016, il documento Ad resurgendum cum Christo della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha continuato ad allontanarsi dalla tradizionale condanna della cremazione da parte della Chiesa, diffusasi a partire dal Concilio, e liberalizzata, bizzarramente, come primo atto dall’elezione di Paolo VI.

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Tuttavia, il documento continuava a stabilire che la Chiesa «raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti siano sepolti nei cimiteri o in altri luoghi sacri», con una sepoltura tradizionale che è «il modo più appropriato per esprimere fede e speranza nella risurrezione del corpo».

 

La Chiesa «non può, pertanto, tollerare atteggiamenti o permettere riti che implichino concezioni erronee sulla morte, come quella di considerarla come l’annientamento definitivo della persona, o il momento della fusione con Madre Natura o con l’universo, o come una tappa nel ciclo della rigenerazione, o come la liberazione definitiva dalla “prigione” del corpo», ha dichiarato la CDF.

 

La cremazione è passata per lo sdoganamento cattolico definitivo quando l’anno scorso Bergoglio decise di omaggiare il defunto ex presidente comunista piddino, pure chiamato per qualche motivo «Re Giorgio», dichiarato falsamente dai diffusori di fake news come possibile figlio biologico di Umberto II di Savoia, Giorgio Napolitano nella Camera Ardente.

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Il cardinale, la DC e lo sterminio degli italiani

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Tendo a dimenticarmi, talvolta, che il cardinale Ruini è ancora qui.   Lui, tuttavia, ha ciclicamente modo di ricordarcelo, spuntando fuori sui grandi media. Il prelato emiliano ha poc’anzi dato un’intervista al Corriere della Sera che ha destato scalpore.   Della conversazione dell’ex presidente CEI con il quotidiano «laico» la politica ha recepito soprattutto una piccola rivelazione (in realtà, una conferma di quanto già scritto nel libro Il colle d’Italia) di carattere storico. In pratica, subito dopo l’estate 1994 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, aveva invitato a pranzo Ruini, il cardinale Angelo Sodano e monsignor Jean-Louis Tauran per chiedere di «aiutarlo a far cadere il governo Berlusconi».   «Effettivamente andò così. La nostra decisione di opporci a quella che ci appariva come una manovra — al di là della indubbia buona fede di Scalfaro — fu unanime». Notare la bontà del cardinale verso il democristiano Scalfaro. «E pensare che Scalfaro era stato per me un grande amico».   L’ammissione dà un senso nuovo anche alle parole di Giovanni Agnelli, che anche lui confessò in tranquillità di aver ricevuto una telefonata dallo Scalfaro mentre a Natale 1994 era in crociera nei Caraibi. Secondo Repubblica, lo Scalfaro avrebbe «chiesto invano all’Avvocato di formare il nuovo governo, in nome dell’amor di patria».   «Dopo di me dovrebbero chiamare un cardinale o un generale» disse l’Agnelli, che immaginiamo pronunziare queste parole con il solito ghigno e l’inevitabile erre moscia. La realtà, prendiamo atto: è che l’erede dell’impero industriale para-statale fu ascoltato anche quella volta: chiamarono un cardinale, mentre per il generale, nel caso sia stata fatta anche quella telefonata, non sappiamo di chi si possa essere trattato, e neanche lo vogliamo sapere – perché parlare di generali e politica in Italia nella Prima Repubblica faceva suonare sirene d’allarme, mentre oggi… Vannacci.   Insomma, un piccolo colpo di palazzo, al cui racconto ora in Forza Italia stanno reagendo in molti. Erano tuttavia cose note.

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Come noto è il fatto che il vero golpe fu fatto, pochi anni prima, con Tangentopoli. Un’operazione certamente diretta dall’estero, pensano in tanti. Caduto il muro, il potere profondo americano – ciò che rende l’Italia un Paese a «sovranità limitata», espressione anticostituzionale che si usava e si usa con sempre minor pudore – doveva cambiare i cavalli. Craxi e il PSI gli avevano fatto qualche scherzetto: baciano Arafat, mandano i carabinieri a circondare i soldati americani a Sigonella. E la DC…   La DC è il vero tema dell’intervista, che giunge guarda caso proprio mentre si stanno per stappare le bottiglie per gli 80 anni dalla sua fondazione. È il macabro compleanno di una cosa morta, ma in verità, lo sappiamo, la DC non è mai davvero morta. E tenerla in vita, sotto forma di spezzatino frankensteiniano disseminata ovunque, è stato il lavoro di Ruini per decenni.   «Ed è stato un brutto modo di cadere» dice il cardinale nell’intervista, parlando della DC. «Quando accadde ci interrogammo, perché anche per noi si poneva un problema. Dissi subito: “Un altro partito dei cattolici è impossibile”. Percepii che, storicamente, non c’era più lo spazio».   «In quel periodo di passaggio da un partito all’altro ero molto ricercato da uomini politici della DC e di altre forze che volevano consultarmi. Da Mino Martinazzoli a Giovanni Spadolini».   Qui anche l’intervistatore di Via Solferino salta sulla sedia: ma cosa c’entra Giovanni Spadolini? Il capo del Partito Repubblicano, che del laicismo (che, in molti casi, è parola che sta a significare altro) ha fatto la sua bandiera esistenziale? Spadolini, e tutte le chiacchiere che si portava dietro?   «Spadolini venne da me per opporsi al cambio di nome della DC. Mi chiese di fare qualcosa per impedirlo». Insomma, Spadolini consulente del branding politico per i cattolici italici. «Ricordo le sue parole: “Da storico le dico che il nome Democrazia cristiana è il nome della vittoria dei cattolici. Partito popolare è invece il nome della sconfitta”. Gli risposi: “Presidente, sono d’accordo con lei, ma non decido io”».   C’è da ricordare, a questo punto, che il «laico» Spadolini nel 1981 divenne il primo presidente del Consiglio dei ministri non democristiano dal 1945. Quindi, vi erano commistioni, tra vescovi e «laici», sulle quali forse avevamo sorvolato, ma che sono effetto di un patto più profondo che lega la chiesa italiana – cioè la chiesa cattolica dopo il Concilio – ai poteri non-cristiani che hanno dato forma al disastro italiano pienamente visibile nell’ora presente.   La dottrina Ruini fu quella di aprire a Berlusconi, che invece aveva ricevuto tanta antipatia dai democristiani sopravvissuti ai giudici (Mino Martinazzoli, Rosa Russo Jervolino, Rosy Bindi), che infatti passarono in scioltezza agli ex-comunisti del PDS (poi DS poi PD: loro il brand hanno dovuto aggiornarlo).   Di più: Ruini immaginò che la diaspora della DC poteva essere una strategia in sé: ficcare in ogni partito una pattuglia di uomini vescovili, di modo da concorrere sempre comunque agli sterzi della politica.   «Nel 1995, nel suo discorso conclusivo al convegno ecclesiale di Palermo, Giovanni Paolo II dichiarò che la Chiesa non avrebbe dovuto coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito» dice Ruini. «Ma – aggiunse – ciò non implica in alcun modo una diaspora culturale dei cattolici.   Secondo il cardinale, Woytila «voleva dire che non si può ritenere compatibile con la fede l’adesione a forze politiche che si oppongono o non prestano attenzione ai principi della dottrina sociale della Chiesa: sulla persona, sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace. Fu una linea saggia e producente».   Ci chiediamo: «saggia e producente», esattamente, in cosa? Nell’intervista Ruini dà immediatamente risposta.   «Allungando un po’ lo sguardo, i momenti salienti furono il referendum sulla procreazione assistita: puntando sull’astensione ottenemmo il 74%», rivendica il porporato.   Ricordiamo al lettore brevemente di cosa si tratta: la riproduzione artificiale fu normata in Italia da una legge concepita da democristiani, la famosa legge 40/2004. In molti osservano che legge sembra scritta in modo tale da poter essere smontata in un secondo tempo dall’intervento di giudici di vario grado. La legge permette la produzione di esseri umani in laboratorio, ma in un certo numero. Quanto poi è scritto rispetto allo scarto degli embrioni cozza, ovviamente, con l’intoccabile legge 194/1978, che oltre agli embrioni consente di uccidere anche feti e bambini.   Soprattutto: la legge sui bambini sintetici voluta dai democristiani e difesa boicottando il referendum 2005 è, ad oggi, la causa della distruzione di centinaia di migliaia di embrioni l’anno, più esseri di quanti non se ne uccidano annualmente con l’aborto di Stato. Ricordiamo pure che, grazie al ministro Lorenzin – un’altra transitata dal NCD – la creazione di bambini in provetta è ora nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), cioè il massacro è pagato, esattamente come il feticidio 194, direttamente dallo Stato, dalle tasse del contribuente.

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E poi, quali altri ricordi, cardinale? «Più tardi l’opposizione alla legge del governo di Romano Prodi sui DICO, che apriva le porte al riconoscimento delle unioni tra omosessuali. Non ero più presidente della CEI, ma guidai ancora io quel passaggio».   «Grazie alla manifestazione del Family day quel provvedimento si fermò. Ecco, sia il referendum sia il Family Day furono esempi del modo in cui la Chiesa si posizionò in proprio, esprimendo direttamente la sua posizione».   Eccoci: il Family Day, quella serie di grandi eventi dove per un giorno i cattolici vanno in piazza a Roma e sembrano tantissimi (in genere, grazie alle parrocchie neocatecumenali della periferia della capitale, dove giocoforza ci sono tante famiglie numerose), una vera forza politica. Poi il giorno dopo sparisce tutto, e la Necrocultura politica segue il suo corso. Il cardinale gioisce per aver fermato i DICO di Prodi, ma pochi anni dopo ecco che ci ritroviamo con le Unioni Civili, cioè il matrimonio omosessuato. Non un gran lavoro.   Tuttavia, i Family Day sono importanti: perché consentono di gestire, e lanciare, figure politiche che poi rimangono persistenti nel tempo. È il caso di Eugenia Roccella, ex radicale abortista presentatrice del primo Family Day. Ce la ritroviamo eletta con Berlusconi, poi parte del dimenticato partito scissionista di Angelino Alfano NCD (nel quale, disse qualche cronaca, i vescovi pure potrebbero averci messo lo zampino), poi, dopo una pausa perché non eletta, d’un bleu rispunta in lista con FdI nel 2022 e viene immediatamente fatta sedere nello scranno del ministero della famiglia.   Le posizione della Roccella sono note: la 194 non si tocca («mi occupo del contrario»; «L’aborto? Non è roba mia, chiedetelo al ministro della Salute»), apertura ai bambini delle coppie gay con una bella sanatoria («la strada corretta è la stepchild adoption»).   È quindi utile chiedersi, per il lettore sbadato, chi fosse sul palco del secondo Family Day. Renovatio 21 ha cercato di descrivere il quadro in un articolo dell’ottobre 2022, quando era fresca la vittoria dei Meloni alle urne. Parlavamo di un «network democristiano» dietro a Giorgia, le cui posizioni su aborto etc. sono, casualmente, proprio quelle dei personaggi di Ruini, che con evidenza è riuscito ad infiltrarsi anche qui.   Perché, in fondo, si tratta della posizione del cardinale stesso: Ruini nel 2008 chiese di «non rivoltarsi» contro la 194. «L’ex presidente della CEI ha evitato, “parlando a titolo personale”, di utilizzare la parola “omicidio” per l’aborto» scriveva La Stampa, descrivendo un’intervista TV del cardinale con Giuliano Ferrara.   L’intervista termina con una strana dichiarazione di affetto del cardinale ad un’altra figura laica di alto livello Carlo Azeglio Ciampi e alla moglie 102enne. Su Ciampi, e sul suo ruolo nell’attacco che nel 1992 George Soros portò alla lira, abbiamo scritto altre volte.   Insomma, arrivati in fondo, non si scorge nel discorso del prelato non diciamo l’amarezza, ma anche la semplice constatazione di cosa davvero sia successo in Italia mentre lui stava nella stanza dei bottoni, con o senza DC.   La legge per l’aborto di Stato 194/1978 – una legge prodotta e votata da un governo democristiano, quello papale papale di Giulio Andreotti – ha prodotto, si dice, sei milioni di cittadini in meno. Un calcolo, come abbiamo visto altre volte, che è possibile considerare con l’unità di misura inventata per i danni delle bombe atomica, il megadeath, «megamorte». Ogni megadeath vale un milione di vittime.   L’Italia starebbe, in teoria, a 6 megamorti. Praticamente, è come se avessero nuclearizzato una grande regione, o anche due: considerate che a Hiroshima vi furono sul momento 66 mila morti, pari a 0,06 megadeath. All’Italia pare essere andata peggio. E ai megadeath della 194 aggiungiamo quelli degli embrioni distrutti dalla 40: per ogni bambino artificiale in braccio se ne uccidono quantità, forse 150 mila l’anno, forse di più.   In verità, c’è una considerazione aritmetica ulteriore, che non ho sentito fare in Italia. Associato all’aborto, vi è un ghost number, una cifra nascosta di persone che vengono a mancare.   Considerate che una bambina abortita nel 1978, nel 1980, nel 1982, potrebbe aver avuto già nei primi anni 2000 una figlia. E costei, se avesse partorito alla medesima età della madre, potrebbe aver avuto a sua volta una figlia in questi stessi anni che stiamo vivendo.   Proprio così: gli aborti della legge democristiano potrebbero essere, oggi, nonni.   Quindi, lo sterminio degli italiani, del quale il cardinale non sembra avere alcuna contezza, è di proporzioni molto, molto superiori a quanto si possa immaginare. È un massacro infinito, dai contorni metafisici – ricordate il detto ebraico, «chi salva un uomo salva l’umanità»? Ecco, realizziamo qui che uccidere un bambino significa distruggere, per sempre, la sua discendenza.   Una bomba atomica sganciata sull’Italia, sul suo futuro. Un’intera nazione – parole che deriva dall’etimo nascere – devastata nell’unica cosa che conta davvero: la vita dei suoi cittadini.

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Ma, di questa Nazione Non Nata, a chi importa? Gli italiani non nati votano? Pagano le tasse? Offrono l’8 per mille? No. Forse per questo, meritano di essere eliminati a piacimento, anche tutti. La parola per descrivere tale fenomeno è tornata recentemente di moda: genocidio.   Di tale abisso, che è stato creato da democristiani assieme ai vescovi, che dimostra l’esito anticristiano dello Stato moderno – il dominio violento ed assassino del più forte sul più debole – non c’è traccia nella riflessione di nessuno. Né cardinali, né intellettuali, al riparo nei loro pranzetti e nei loro stipendioni, paiono anche solo volersi avvicinare al pensiero.   Pensiamo all’articolo di Marcello Veneziani – uno che aveva già dimostrato la sua posizione sulla questione ai tempi della sentenza della Corte Suprema USA che de-federalizzò l’aborto – comparso oggi su La Verità a celebrare un convegno per gli 80 anni della Democrazia Cristiana, la quale, è scritto, «aderiva così profondamente alle fibre del nostro Paese da essere considerata un elemento naturale della nostra vita pubblica e privata».   La DC non è il partito che ha legalizzato lo sterminio di milioni di italiani e cancellazione della loro discendenza, ma è «quasi l’autobiografia degli italiani, come si disse pure del fascismo: il fascismo-Stato pretende di essere la versione paterna mentre la DC-Stato fu la versione materna».   Forse è così: una madre moderna, però, una madre che abortisce i propri figli in tranquillità, per edonismo (deve andare ad Ibiza, per far carriera, o difendere il clima) e per sciocchezza ed immoralità, senza nemmeno le motivazioni psicotiche di Medea. Perché la psicosi, per una società che uccide la propria prole, non può che essere è la norma.   E quindi, tornando al cardinale, vogliamo dirgli – noi sopravvissuti alla strage, noi che siamo chiamati a vivere i suoi postumi apocalittici – che la sua voce non vorremo interviste al Corriere, ma per ben altro: la realizzazione del fatto che le forze sedicenti cattoliche nel Paese hanno costruito una macchina di morte massiva che grida vendetta al cielo, e che ha preparato di fatto ad una società ancora più folle, tra obblighi di vaccini prodotti (guarda caso) con feti abortiti, islamizzazione (cioè: anarco-tirannia su base migratoria), biototalitarismo molecolare, crollo delle nascite, violenza e follia, alimentate magari da psicodroghe legali, in ogni dove – e non è ancora finita, perché l’obbligo di fare i bambini in provetta, con sicuro imprimatur papale, è dietro l’angolo – e le leggi, statene sicuri, saranno preparate dai democristiani e digerite dal Vaticano.   Bel lavoro, non c’è che dire.   E se, invece di parlare ai giornaloni, i responsabili stessero in silenzio, magari in un convento, a pregare e a meditare su quanto accaduto – e quanto sta venendo inflitto ai nostri figli, ai sopravvissuti di questo infinito massacro?   Il pentimento non era una cosa cattolica?   Forse. Ma di cattolico, caro cardinale Ruini, chi – cosa – è rimasto in Italia?   Roberto Dal Bosco

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Immagine di Grzegorz Artur Górski via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine modificata
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Ambiente

Fermare il cambiamento climatico con «l’abbattimento della popolazione tramite pandemia mortale»: parla un professore

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Un professore di rischi geofisici e climatici dell’University College di Londra (UCL) ha pubblicato sabato un messaggio controverso sui social media che sembrava fornire sostegno ad una prospettiva di riduzione della popolazione umana tramite tremenda pandemia.

 

Condividendo sul suo account X un articolo del Guardian in cui si chiedeva quanto sia preparata l’umanità per una potenziale epidemia di influenza aviaria, il cattedratico inglese ha scritto: «Se devo essere brutalmente onesto, l’unico modo realistico in cui vedo le emissioni diminuire alla velocità necessaria, per evitare un catastrofico collasso climatico, è l’abbattimento della popolazione umana da parte di una pandemia con un tasso di mortalità molto elevato».

 

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Il professore l’indomani avrebbe cancellato il messaggio, «non perché me ne pento, ma perché così tante persone là fuori l’hanno erroneamente o intenzionalmente presa nel modo sbagliato» ha scritto su un tweet.

 

 

Davanti ad una ridda di commenti, l’esperto in seguito ha poi puntualizzato che per «l’abbattimento della popolazione» intendeva in realtà «un crollo improvviso dell’attività economica. Non le persone che muoiono», ha affermato.

 

«Sto parlando di una riduzione dell’attività economica, NON di una riduzione della popolazione», ha affermato ancora.

 

 

«Ditemi come le emissioni possono diminuire del 50% necessario entro 66 mesi, se non a causa di un grave shock socio-economico come una grave pandemia, una guerra nucleare o una catastrofe geofisica globale. Sto parlando di una ridotta attività economica, NON di una riduzione della popolazione» ha continuato.

 

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Il climatologo, specializzato in vulcanologia, è stato membro del gruppo di lavoro sui rischi naturali del governo britannico, istituito nel 2005 in seguito allo tsunami nell’Oceano Indiano del 2004, e nel 2010 membro del gruppo consultivo scientifico per le emergenze (SAGE), che si occupava del problema delle ceneri islandesi emesse dal vulcano islandese Eyjafjallajökull. Più tardi il SAGE sarebbe divenuto noto al mondo per l’implementazione delle restrizioni pandemiche COVID, che colpirono la Gran Bretagna con una brutalità perfino maggiore a quella degli altri Paesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, idee estreme per la «soluzione» del cosiddetto cambiamento climatico sono in circolazione da tempo, pubblicate tranquillamente anche da grandi giornali.

 

Due anni fa il principale scienziato fautore della cosiddetta geoingegneria solare, l’harvardiano David Keith, ha rivendicato la tecnologia di controllo del clima planetario in un lungo editoriale sul New York Times, che esprimeva concetti allucinanti, come l’accettazione della morte di quantità massive di esseri umani a causa delle ricadute delle sostanze chimiche spruzzate con gli aerei per deflettere la luce solare (cioè oscurare il sole: altro progetto finanziato da Bill Gates, e non solo da lui), un male minore rispetto all’apocalisse climatica prospettata dall’esperto.

 

Il pensiero della riduzione della popolazione, come noto, non è sconosciuto alle élite dominanti, con il guru del World Economic Forum Yuval Harari a dichiarare platealmente che il pianeta non ha più bisogno di una vasta maggioranza degli esseri umani che vi vivono. Di qui, un’agenda indicibile che, mentre siamo distratti da stupidaggini, sterilizza e ammazza in varie parti del mondo.

 

Come riportato da Renovatio 21, una pandemia «peggiori di quelle del COVID», che ora cominciano a chiamare «Malattia X», è discussa apertis verbis da miliardari come Bill Gates e Warren Buffett, oltre che dagli immancabili Rockefeller, attivi «filantrocapitalisticamente» nei decenni scorsi in programmi di contrasto a quella che chiamano «sovrappopolazione», un mito fasullo (è vero il contrario: l’implosione demografica è imminente) ammannito al pubblico per giustificare lo spopolamento di un pianeta che gli oligarchi, che non abbisognano più di mano d’opera umana, vogliono solo per sé e per i loro robot.

 

Ecco dove pandemia e cambiamento climatico si toccano: nel cuore della Necrocultura, nella pratica di una nuova religione di morte che serve a svuotare la Terra con uno sterminio infinito, un grande sacrificio umano di cui non vediamo i confini.

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