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All’ombra del paganesimo papale

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Considero Corrado Guzzanti uno tra i più grandi artisti italiani, e da decenni. Lo ho scritto varie volte anche su queste pagine.

 

Il suo genio è tale che ho sopportato anche la cifra anticristiana di molti suoi sketch del passato. Avevo notato che c’era sempre qualcosa di eccessivamente acido, come se fosse in cerca di una vera dimensione di blasfemia, anche quando, di questi tempi, essa non è più interessante.

 

Tuttavia, c’è da dire che la verve comica anticattolica ad un certo punto generò un personaggio interessante, Padre Pizarro. Egli è l’emblema del prete modernista, che non crede più a nulla (al punto che non sa nemmeno bene cosa sia il crocefisso che ha al collo: «‘na specie de più»), che è imbevuto di teorie moderne che ritiene abbiano sepolto la credenza nella religione («teoria dee superstringhe, «buchi neri supermassivi… quasar, pulsar, oceani de materia oscura, de fasci neutrini, de antimateria», etc.), che considera la chiesa moderna come un grande spettacolo, al pari delle serie TV tipo Il trono di spade, che, ad un certo punto, stava per soffiare al Vaticano il personaggio di Padre Georg Gaenswein.

 

 

Padre Pizarro mi è stato citato da un sacerdote tradizionalista, il più acuto che abbiamo, in una recente conversazione: lo considera un esempio perfetto, molto realistico, dell’odierno zeitgest pretesco. Non credono più a nulla, e lo dicono pure, non se ne vergognano. Con più o meno capacità, «gestiscono» qualcosa di indefinito, una baracca che è toccata loro in sorte. Non è sbagliato farsi scappare una risata.

 

Non è Padre Pizarro però lo sketch anticattolico che più mi ha colpito dell’opera di Guzzanti.

 

Attorno all’era Monti, se n’era uscito con un altro programma TV, non riuscitissimo. Del resto fa così: forse per questioni interiori, sparisce per lunghi periodi, dove sembra meditare personaggi e scenette, talvolta con una profondità inopportuna.

 

Ecco che tra i tanti siparietti, non tutti divertenti, ne salta fuori uno disturbante.

 

Guzzanti interpreta papa Ratzinger, allora regnante, che scende delle cupe scale, inabissandosi nei sotterranei vaticani con in mano una candela. Il papa mormora fra se, con stridulo accento tedesco, alcune frasi. «La khiesa è in crande difficoltàh… gli skantali ci stanno tvavolgendoh»

 

Quindi vediamo Ratzinger tirare fuori da un muro statuine di divinità pagane antiche.

 

«Tuh Minervah, tea tella sapienzah, concedimi il lume della tua saccezzah… e tuh Marte, Tio della Gveva, fai a pezzi i miei nemicci attei e blasfemi… e tuh cupido, smetti di scagliare fvecce tra omo e omo».

 

«O antiki dei… vi abbiamo copevto per dvemila anni dietvo qvesto monoteismo di facciata, lasciandovi in pacce, come d’accovdo… adesso solennemente vi implovo, tovanate per un solo giorno al vostvo posto»

 

 

Lo sketch non fa ridere – oggi soprattutto, ma neanche allora. Il significato pesantissimo della scenetta, immagino, è che la chiesa ha esaurito il suo potere, e incapace di capire come fare, invece che rivolgersi a Dio – che ovviamente non esiste, è la finzione baracconesca tenuta in piedi dai padre Pizarro – tenta di ripiegare sugli dèi del paganesimo.

 

Guzzanti, anche in questo caso, ha più ragione di quanto non sappia.

 

Quella che per lui è satira anticattolica, è verità accertata. Lo è oggi, ma lo era anche quando pensava lo sketch. Da «laico» egli non può comprenderlo. Del resto, se lo capisse, non cercherebbe di farne spezzoni divertenti: perché quando la realtà è più deformata della finzione comica, c’è poco da ridere.

 

Ora, che il ritorno del paganesimo sia una cifra del papato di Bergoglio, crediamo non è più disputabile.

 

Ricordiamo, per esempio, lo spettacolo di videomapping sulla Basilica di San Pietro del dicembre 2015.

 

Animali, bestie feroci, proiettate sulla Santa Sede – ecco la scimmia, che secondo la, fino a poco fa, era una bestia che si associava al Diavolo (simia Dei) e da cui certamente l’uomo non discende. Ecco il leone – questo particolarmente interessante, perché San Pietro sorge laddove i cristiani, pur di non abiurare alla Vera Fede, accettavano di essere sbranati. Un’immagine che sa di vendetta. A produrre, una congerie di sigle, alcune con nomi di divinità pagane, con qualche nome interessante che spunta, come quello di un Rothschild.

 

 

Rammentiamo la storia della Pachamama.

 

La divinità amazzonica che doveva riassumere la portata «sudamericana» del nuovo papato, perché al contempo dea della Terra – quindi «ecologica», surrogato indio di Gaia, il malevolo titano greco adotatto dall’ambientalismo occidentale  – e della giungla, dove le fiere sbranano gli uomini, e gli uomini vivono come selvaggi (con qualche parroco in cerca della dispensa per il cuncubinato amazzonico, ma questa è un’altra storia).

 

L’avvento della Pachamama nei discorsi religiosi fu sconvolgente. Preghiere alla Pachamama, lo sappiamo, arrivarono anche nelle parrocchie più semplici – arrivarono soprattutto là, con milioni di fedeli che, probabilmente, sono andati quindi in chiesa per pregare un idolo pagano.

 

L’istituzione del culto della Pachamama non è stato un affare secondario per il Vaticano. Quando a fine ottobre 2019 un giovane cattolico austriaco prese le statuette della Pachamama disposte nella chiesa di Santa Maria Traspontina e le buttò nel Tevere, fu scioccante vedere la reazione: fu comunicato, praticamente subito, il ritrovamento da parte dei Carabinieri.

 

 

Un attimo: hanno mandato i carabinieri a recuperare gli idoli?

 

E volete dirci che le hanno ritrovate davvero? Bisogna quindi riaggiornare Eraclito: «non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume… ma trovare nello stesso punto le effigi della Pachamama sì». Tutto scorre, tranne le Pachemame – grazie ai caramba.

 

Chi ha trovato la storia incogrua, ha dovuto ricredersi. Perché a parlarne fu lo stesso papa Bergoglio, che «come vescovo della diocesi», chiese «perdono alle persone che sono state offese da questo gesto».

 

Insomma: ne parla il Pontefice stesso. È coinvolta l’Arma dei Carabinieri. Viene annunciata ai media l’integrità dei simulacri pagani spariti.

 

A questa Pachamama, anzi, al suo culto, la nuova chiesa cattolica sembra tenerci tantissimo. Troppo.

 

È stato notato che le statuette della dea sudamericana, che «erano lì senza intenzioni idolatriche» ( incredibile excusatio non petita dalle auguste labbre dello stesso Bergoglio), stavano a Santa Maria Traspontina, ai limiti del Vaticano. Perché dicevano i fini osservatori, non avevano ancora il coraggio di portare un culto pagano dentro le Sacre Mura. Ci sarebbero arrivati per Draghi, come in una finestra di Overton dello stradario Roma-Vaticano.

 

Invece, almeno un vero rito pagano nel Sacro Palazzo c’era già stato. Non parliamo della famosa leggendaria Messa Nera che si sarebbe tenuta mezzo secolo fa, ma di un episodio molto recente.

 

Nell’estate 2017 si tenne una serata di spettacoli giapponesi in Vaticano. L’occasione, par di capire, era la celebrazione del 75° anniversario dei rapporti diplomatici fra lo Stato Città del Vaticano e il Giappone.

 

La compagnia del tradizionale Teatro Nō era in Italia per una data al Teatro Olimpico di Vicenza, dove presentava il dramma classico Hagoromo a cui aggiungeva un secondo momento dello spettacolo, chiamato Okina.

 

 

Okina, leggiamo nelle comunicazioni date a Vicenza all’epoca «non è, propriamente, uno spettacolo di Teatro Nō (…)Si tratta, piuttosto, di una rappresentazione rituale in cui gli attori interpretano delle divinità, che danzano per la pace e la prosperità».

 

«Il rituale inizia ancor prima dell’entrata in scena. L’interprete di Okina deve purificarsi prima di iniziare la rappresentazione, preparando il corpo e la mente. Tra le offerte che vengono presentate all’altare ci sono il men-bako (il baule delle maschere) che contiene le maschere usate per la rappresentazione e il sake che viene usato per il rituale».

 

«Okina ha l’atmosfera del tutto particolare e il pubblico diviene testimone di una cerimonia sacra che lo introduce in un’aura mistica e sacrale».

 

Un rituale. Una cerimonia. Una funzione religiosa. Insomma: un atto pagano, un rito di un culto non cristiano. Dentro al Vaticano.

 

Praticamente, fummo i soli al mondo ad esserne sconvolti, anche solo per il fatto che lo scoprimmo vedendone un breve video dal profilo Instagram di un’amica che vi aveva partecipato. Di tracce di questo evento ce ne sono pochissime.

 

Tuttavia, è successo. Rito pagano in Vaticano. Laddove c’erano coloro che avevano combattuto e vinto il paganesimo, sono tornati i seguaci degli altri dèi. Laddove c’è la casa dei cristiani, hanno rimesso i leoni. Il principio ci è chiarissimo.

 

Ora, qualcuno si sta scandalizzando per questo «rito di purificazione» degli indiani canadesi (pardon, first people) al quale si sarebbe sottoposto Bergoglio, arrivato laggiù per chiedere scusa (sport nazionale della chiesa conciliare, et pour cause) per quella che pare proprio essere una bufala smontata poco tempo fa: il genocidio di bambini autoctoni da parte delle istituzioni cattoliche.

 

Ma che importa se non è vero? Oramai sappiamo che la verità, come la realtà,  non sono fondamentale: fatti il vaccino di due anni fa in tre dosi, anche per le varianti nuovissime. Non rileva nulla che non ha senso alcuno: fallo e basta, altrimenti ti licenzio. E il papa, il lettore lo sa bene, è esattamente di questa partita.

 

 

Quindi, eccotelo a chiedere scusa per una fake news anticattolica, una poverissima leggenda nera istantanea. O forse, il papa, sta facendo qualcos’altro? Non è che sta chiedendo scusa perché i suoi predecessori hanno convertito gli indiani? Non è che, quindi, sta chiedendo scusa al paganesimo?

 

La foto del papa gesuita con il copricapo pennuto dice tantissimo, sì. L’aspetto pateticamente carnevalesco, così plasticamente espresso, è quello che ci dice meno.

 

Quello che sentiamo dirci dal papa, a chiare lettere, è che il paganesimo deve ritornare.

 

Questo è il papato del ritorno del paganesimo. Dubbi a riguardo, non possono essercene.

 

Il lettore potrebbe chiedere: ma quindi, che senso ha questo paganesimo papale?

 

Ebbene, la risposta che troverete su Renovatio 21 la potete immaginare. Che cos’è il paganesimo? In termini semplici, è un culto in cui l’uomo è sottomesso ad una moltitudine di esseri potenti e capricciosi, dove non è Dio che si sacrifica per l’uomo (come Nostro Signore Gesù Cristo) ma è l’uomo che deve sacrificare agli dèi.

 

E cosa deve sacrificare l’uomo alle divinità pagane?

 

Beh, lo sapete, qual è il sacrificio più prezioso che si possa offrire: è il sacrificio umano.

 

Il sacrificio dei bambini, soprattutto. Come ai tempi di quel dio pagano chiamato Moloch, ma anche di molti altri, di tutti gli altri dèi di ogni culto precristiano. E postcristiano.

 

Il lettore può aver capito cosa lega l’aborto, la pedofilia, le vaccinazioni pediatriche, il suicidio medico e il nuovo corso della Chiesa. Tutto questo è un unico vero disegno, è il problema dell’ora presente.

 

Ne parliamo spesso qui, fino alla nausea. Siamo nel tempo del ritorno del sacrificio umano.

 

Qualcuno lassù deve averlo capito: se torna il paganesimo, torna anche il sacrificio umano. È questo è l’obbiettivo finale.

 

Un mondo in cui la dignità dell’uomo – questa cosa preziosa, insegnata ai cristiani da Dio stesso – è finalmente tolta di mezzo. Cancellata. Resa spendibile. Puoi sfruttare l’uomo (la donna, il bambino, il vecchio) come desideri: sfruttarlo, stuprarlo, schiavizzarlo, ingannarlo. Ucciderlo, se ti va. O, ancora meglio: convincerlo a uccidere, ad uccidersi – legalmente.

 

Di questo stiamo parlando: della perversione di ogni fibra dell’essere umano. Della Necrocultura. Della dimensione, oramai raggiunta, dove si potrà dare la morte a piacere. E quindi, procedere con quantità massive di sacrifici umani.

 

Questo è quello che vogliono gli «dèi». Ve lo abbiamo già raccontato. In Ucraina oggi ciò è divenuto piuttosto visibile.

 

Ma chi sono questi dèi?

 

Qui possono rispondere le scritture. Salmo 95, versetto 5: Omnes dii gentium daemonia, «gli dèi dei gentili sono demoni». Questo versetto è oggi tradotto dalla Bibbia CEI come «Tutti gli dèi delle nazioni sono un nulla». Capito: non sono demoni. Sono «un nulla». Non esistono. 

 

Adesso realizziamo: si tratta di negare la loro esistenza, per spalancare loro la porta e lasciarli di nuovo liberi nel mondo degli uomini. Il pastore che invita il lupo, lo evoca, e gli indica il gregge.

 

Il mondo ri-paganizzato (dall’ecologismo, dal modernismo e dall’idolatria tout court promossa dal paganesimo papale) non può che riportare in superficie i vecchi prìncipi di questo mondo, assetati di sangue più che mai dopo la lunga pausa.

 

Sono gli esseri a cui l’umanità assassina e pervertita non può che finire a consacrare i suoi figli sopravvissuti. 

 

La ripaganazzazione è la ri-possessione diabolica del mondo – con il contorno di milioni di sacrifici umani.

 

Questo pare proprio essere il compito del Vaticano bergogliano.

 

Fino a quando il Signore della Vita non lo spazzerà via.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

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«Lo Stato Ebraico è il messia dei giudei»: mons. Viganò contro Leone XIV sulla chiesa di Gaza colpita da Israele

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Renovatio 21 pubblica l’intervento apparso sul social X dell’arcivescovo Carlo Mario Viganò sul massacro presso la parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza bombardata ieri dalle forze israeliane. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il bombardamento della chiesa della Sacra Famiglia – unica parrocchia cattolica di Gaza – costituisce l’ennesimo, sfrontato attacco assassino in violazione del diritto internazionale da parte di Israele. Lo stesso Patriarca latino cardinale Pizzaballa ha messo in dubbio la sincerità delle parole del Primo Ministro Netanyahu, che attribuisce l’attacco ad un errore, dal momento che non vi sono obiettivi nelle immediate vicinanze della chiesa.

 

Leone deplora le vittime dell’attacco a Gaza, ma non ne menziona gli autori.

 

Netanyahu, responsabile dell’attacco, ringrazia Leone e ribadisce che Israele tutela la sicurezza dei civili e dei luoghi sacri. Intanto, nell’impunità più assoluta, Israele colpisce con armi occidentali la popolazione civile inerme di Gaza, attacca Libano, Siria, Iran.

 

 

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Numerosi esponenti del governo israeliano sostengono il progetto sionista del «Grande Israele», perché dalla fine dell’Ottocento il messia atteso dagli ebrei è lo Stato Ebraico. Questa ideologia (una vera e propria «eresia» del giudaismo) considera gli Ebrei una razza superiore per decreto divino e sulla base di questa autoproclamata superiorità – e dell’inferiorità dei goym che essa implica – Israele si ritiene legittimato a violare ogni principio morale e pretende di godere della più assoluta impunità.

 

Nessun Presidente o primo ministro delle nazioni vassalle di Tel Aviv – in primis gli Stati Uniti d’America – oserà mai fiatare, essendo con ogni probabilità tenuto sotto ricatto dal Mossad e dai suoi emissari.

 

Se si trattasse della Federazione Russa, quali sarebbero le reazioni della comunità internazionale?

 

A quanti morti, a quanti feriti dovremo ancora assistere, prima che gli Stati Uniti d’America e l’intero Occidente si destino da questo asservimento a uno Stato che replica con maggior ferocia (e dopo esserne stato vittima) gli orrori del totalitarismo nazionalsocialista?

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Immagine da Twitter

 

Renovatio 21 offre questo testo di monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Ecco la «Onniguerra»: «militarizzazione di tutti i diversi sistemi, cibo, sanità, finanza»

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Catherine Austin Fitts è di sicuro una delle voci da seguire in questo nostro tempo. Già Segretario assistente per l’edilizia abitativa e lo sviluppo urbano per l’edilizia abitativa per l’amministrazione Bush, i lettori possono ricordarla quando a Milano, in piena pandemia, si palesò in conferenza con Robert F. Kennedy jr. per parlare di moneta digitale in correlazione al green pass.   Dopo una persecuzione legale legata alle sue idee, ha fondato il Solari Report, una pubblicazione ricca di informazioni fondamentali non certo disponibili a tutti e analisi di profondità abissale.   La Fitts ha idee precise, e talvolta spiazzanti, su molte cose – come quando un mese fa ha sconvolto Tucker Carlson e milioni di ascoltatori dicendo che l’élite ha fatto sparire diecine di trilioni di dollari per creare le infrastrutture (sotterranee, o spaziali) per una «breakaway civilization», ossia per una civiltà separata che sopravvivrà ad una qualche apocalisse prevista o programmata ma taciuta alle masse.   Renovatio 21 l’anno passato ha pubblicato la sua tirata contro i codici QR, che a suo giudizio non andrebbero usati «mai». La signora è nemica giurata delle CBDC, le monete elettroniche da banca centrale – come l’euro digitale – che ritiene essere, più che denaro, un «control grid», cioè una rete di controllo degli esseri umani.

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Ora Catherine ha pubblicato Omniwar («onniguerra»), dove si asserisce che l’umanità è sotto attacco da ogni parte, e non solo per controllarci, ma anche per ucciderci.   «La guerra omnicomprensiva è la militarizzazione di ogni cosa» scrive la Fitts utilizzando una parola usatissima nel gergo inglese, «weaponization» (cioè, l’«uso come arma») difficilmente traducibile in italiano. «Si tratta della militarizzazione di tutti i diversi sistemi che utilizziamo, tra cui cibo, sanità e finanza…»   «Esistono letteralmente iniezioni che sono armi biologiche, e questa è la militarizzazione del nostro sistema sanitario» dice in un’intervista a USAWatchdog, alludendo chiaramente alla vaccinazione di massa. «Faccio uno screening per un fondo comune di investimento, e una delle società di pompe funebri è un titolo azionario, il cui valore è più che raddoppiato o quasi raddoppiato da quando l’abbiamo acquistata. Quindi, abbiamo un titolo di un’assicurazione sanitaria che di recente è sceso del 40%, mentre le imprese di pompe funebri stanno salendo significativamente».   «La gente se ne è accorta perché questa non è la prima compagnia assicurativa a crollare a causa del calo dell’aspettativa di vita e dell’accelerazione dei decessi» afferma l’ex funzionaria del governo Bush jr.   Il veleno che stiamo ricevendo ci viene somministrato di proposito, suggerisce: è altamente tecnologico, e non si trova solo nelle iniezioni COVID.   «Stiamo ingerendo queste nanoparticelle o nanobot. Abbiamo rilasciato interviste su Solari sui misteriosi ingredienti presenti nel cibo. Quindi, sono presenti nelle iniezioni, negli spray e nel cibo. Questa è una delle cose che credo causi tutte queste malattie (…) Tutto questo fa parte del grande avvelenamento» spiega la Fittsa. «Ho abbonati che sono al corrente di tutto questo da più di un decennio. Capiscono che il grande avvelenamento è in atto. Sono in guerra, è una guerra totale, e hanno iniziato a intervenire su come organizzare la loro salute, il loro cibo e le loro finanze. (…) Lo so, è deprimente».   In Omniwar, la Fitts affronta i numerosi fronti di guerra. Analizza a fondo la griglia di controllo in continua espansione. Lo scrittore David Hughs descrive il fenomeno di Omniwar come «una guerra in ogni ambito concepibile condotta da una classe dirigente transnazionale contro il resto dell’umanità». La Fitts racconta come gli esseri umani vengano riprogettati con la biologia sintetica.   L’indomita attivista mostra come reagire a questo scenario con una «lista di azioni da controllare».   In chiusura dell’intervista, la direttrice del Solari Report sottolinea perché è ancora ottimista sull’oro: «uno dei motivi per cui sono rialzista sull’oro è ciò che l’amministrazione Trump farà con le stablecoin (…) faranno sì che molte grandi banche e altre aziende lavorino per creare filiali per emettere stablecoin. È molto simile a una CBDC, ma più pericolosa… Il primo obiettivo delle stablecoin è convincere le persone che non usano il dollaro a passare al dollaro (…) Credo che molti Paesi con grossi problemi di debito passeranno al dollaro».

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«L’obiettivo è costruire un nuovo, vasto mercato per i titoli del Tesoro. Ci sarà un’esplosione, o uno tsunami, di stablecoin e di credito. Potrebbe essere uno dei più grandi eventi di iperinflazione al mondo. Questo potrebbe dare un significato completamente nuovo al termine “helicopter money“, perché sarà globale».   «Pensate ai pallet di denaro contante iracheni» dice, ricordando un episodio emerso durante l’occupazione americana dell’Iraq. «Questi sono i pallet di denaro contante iracheni in formato digitale. Stiamo semplicemente diffondendo dollari in tutto il mondo».   «Questo potrebbe dare altri 10-15 anni al dollaro come valuta di riserva… I beni reali brilleranno. Questo significa oro, e questo significa argento… C’è una forte spinta a monetizzare l’oro».   Come sempre, quando si ascolta la Fitts si rimane a bocca aperta. L’intervista completa, in inglese, è visibile su Rumble.  
 

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Bombardata la parrocchia cattolica di Gaza. Quando finirà il privilegio distruttore israeliano?

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Alle 10 di questa mattina, ora italiana, bombe israeliane hanno colpito la chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza.

 

Fonti sanitarie dell’ospedale Al-Ahli di Gaza City riportano almeno due vittime: Saad Issa Kostandi Salameh, portinaio della parrocchia, e Foumia Issa Latif Ayyad, una fedele anziana. Nove persone sono rimaste ferite, alcune gravemente. La comunità dopo il 7 ottobre 2023 conta solo 500 persone: in pratica è stata dimezzata.

 

Il parroco, padre Gabriel Romanelli, ha subito una ferita a una gamba ed è stato curato in ospedale prima di rientrare in comunità.

 

 

I lettori di Renovatio 21 non sentono per la prima volta il suo nome: il parroco cattolico di Gaza in questi anni è stato al centro delle grida di angoscia che arrivano – contrariamente a quello che fa sembrare la propaganda goscista filoislamica – anche dai cristiani, stritolati dall’angoscia del bagno di sangue dietro l’angolo.

 

La chiesa, che ospita circa 500 sfollati a causa della guerra, ha riportato danni materiali.

 

 

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Vanno registrate le reazioni dal nostro Paese e dalla sfera cattolica.

 

La Conferenza Episcopale Italiana: «apprendiamo con sgomento dell’inaccettabile attacco alla chiesa della Sacra Famiglia di Gaza. Esprimiamo vicinanza alla comunità della parrocchia colpita, con un particolare pensiero a coloro che soffrono e ai feriti, tra i quali padre Gabriel Romanelli. Nel condannare fermamente le violenze che continuano a seminare distruzione e morte tra la popolazione della Striscia, duramente provata da mesi di guerra, rivolgiamo un appello alle parti coinvolte e alla comunità internazionale affinché tacciano le armi e si avvii un negoziato, unica strada possibile per giungere alla pace».

 

La premier Giorgia Meloni: «i raid israeliani su Gaza colpiscono anche la chiesa della Sacra Famiglia. Sono inaccettabili gli attacchi contro la popolazione civile che Israele sta dimostrando da mesi. Nessuna azione militare può giustificare un tale atteggiamento».

 

Il ministro della Difesa Guido Crosetto (che dovrebbe avere ancora il dente avvelenato per l’attacco israeliano di mesi fa ai nostri soldati dell’UNIFIL in Libano): «oggi, come ieri, come una settimana fa, come il mese scorso e tre mesi fa, sono morti altri palestinesi innocenti, uomini, donne, bambini, che non fanno parte di Hamas ma semmai ne sono prigionieri e ostaggi. La loro sola colpa è essere nati in una terra straziata dall’odio, in un tempo drammatico nel quale la ragione si è addormentata. Noi assistiamo ormai da mesi a qualcosa di disumano, straziante, orribile»

 

Trova, abbastanza ineditamente, parole di condanna netta pure il ministro degli Esteri di Forza Italia Antonio Tajani: «Gli attacchi dell’esercito israeliano contro la popolazione civile a Gaza non sono più ammissibili. Nel raid di questa mattina è stata colpita anche la Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, un atto grave contro un luogo di culto cristiano. Tutta la mia vicinanza a Padre Romanelli, rimasto ferito durante il raid. È tempo di fermarsi e trovare la pace».

 

Anche il vertice del mondo cattolico sarebbe turbato. Telegramma del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin: «Sua Santità Papa Leone XIV è profondamente addolorato nell’apprendere la perdita di vite e di feriti causati dall’attacco militare alla chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza e assicura al parroco, don Gabriel Romanelli e a tutta la comunità parrocchiale la sua vicinanza spirituale affidando le anime dei defunti all’amorevole misericordia di Dio. Il papa rinnova il suo appello per un immediato cessate il fuoco ed esprime la sua profonda speranza di dialogo, riconciliazione e pace durevole nella regione».

 

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, sino a poco fa custode della Terra Santa nonché porporato papabile, che ha partecipato con gli altri patriarchi l’altro giorno ad una manifestazione pubblica contro le violenze dei coloni israeliani: «Noi cerchiamo sempre di raggiungere Gaza in tutti i modi possibili, direttamente e indirettamente. Adesso è presto per parlare di tutto questo, bisogna capire cosa sia accaduto, cosa si deve fare, soprattutto per proteggere la nostra gente, naturalmente cercare di verificare che queste cose non accadono più e poi si vedrà come proseguire, ma certamente non li lasceremo mai soli».

 

 

Tutti, apparentemente sconvolti. Nessuno però che riesce ad andare oltre alle parole di condanna circostanziata. Nessuno fa la domanda: da dove arriva questa strage?

 

Israele ha attribuito l’attacco a un «errore di tiro». Il solito. Perfino alcuni giornali della stampa mainstream hanno cominciato, finalmente, a definire ridicole affermazioni come questa. Israele riesce a centrare, come il mese scorso, un appartamento con dentro i massimi generali israeliani, beccando esattamente la stanza in cui si trovano. Poi fa errori di tiro e colpisce le chiese. Non è, il lettore di Renovatio 21 lo sa, la prima chiesa ad essere colpita: distrussero, con la gente dentro, San Porfirio, la chiesa più antica di Gaza, ora degli ortodossi.

 

Ora, ci vogliono dire che Hamas si nascondeva in parrocchia? E ricordiamo anche le due signore cattoliche trucidate da cecchini israeliani mentre camminavano per strada ad inizio conflitto: anche quelli, errori? Oppure nella borsa della spesa si nascondeva anche lì un virgulto di Hamas, cresciuto a pane, jihadismo e finanziamenti israeliani?

 

La realtà è che Israele ha il privilegio (lo abbiamo chiamato così in un precedente articolo) di dire e fare quel che vuole – e di uccidere chi vuole. Nessuno, la storia lo insegna, ha mai davvero reagito. Rapiscono Eichmann in una periferia argentina in barba ad ogni legge, lo portano in Israele dove lo processano con le loro leggi (di uno Stato che nemmeno esisteva ai tempi del reato) e poi lo uccidono. Uccidono un cameriere a Lillehammer, in Norvegia convinti che fosse il terrorista palestinese Salameh, ma è solo un uomo innocente. A Roma rapiscono lo scienziato atomico Mordechai Vanunu, che voleva dire al mondo del programma atomico israeliano, e lo mettono al gabbio per decenni.

 

Le bombe nucleari di Sion sono in effetti l’esempio definitivo di quello che stiamo dicendo: tutti lo sanno, ma il protocollo prevede che si faccia spallucce – perfino quando ciclicamente riemerge che forse è quello il motivo per cui hanno ucciso John Kennedy, e quindi indovinate da chi. Lo Stato Ebraico tira dritto, anzi, proietta l’accusa sugli altri: no, l’Iraq, la Libia, l’Iran non possono avere l’atomica.

 

Sappiamo che c’è una parola ebraica per questo tipo di tracotanza: chuzpah. La stiamo vedendo in questi mesi nel suo massimo splendore. Lo Stato creato con la giustificazione morale fondante del genocidio subito, è ora accusato, in tribunale, di praticare un genocidio – anzi, qualcuno ha detto «genocidio robotico di massa». I suoi soldati uccidono a casa, torturano e stuprano, mettono i video sui canali Telegram e vengono pure difesi dai loro parlamentari (arrivati a dire pubblicamente della legittimità di sodomizzare con un bastone un prigioniero palestinese). I loro droni, quando non uccidono, emettono versi di bambini che piangono per far uscire le persone e poi sparare loro. Hanno armi ad Intelligenza Artificiale (definita come «fabbrica di assassinii di massa»), lanciano cadaveri dai palazzi, usano bulldozer automatici che spianano tutto, e cantano canzoni sul destino della Striscia di venire spianata per fare un bel parcheggio che arriva fino al mare.

 

È la chuzpah di Binyamin Netanyahu, il cui vero nome di famiglia potrebbe essere Mileikowsky (Polonia, Ucraina), già noto in USA negli anni Settanta e Ottanta come Ben Nitay – ora capite il motivo per cui Renovatio 21 si permette di chiamarlo Beniamino: anche noi ci prendiamo un po’ di libertà con i nomi – il quale è andato in visita da Trump e, invece che dargli un cercapersone assassino come la volta precedente (allucinante) lo ha vellicato dicendo che gli avrebbe fatto vincere il premio Nobel per la pace.

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Fateci capire: l’uomo accusato all’Aia di crimini di guerra e genocidio può parlare degli esiti della Commissione del premio Nobel per la Pace? Vengono certi pensieri sui legami tra ebrei e massoni (che controllano il premio nordico da sempre, chiedete a Carducci), ma andiamo oltre.

 

La scenetta di Bibi che promette il Nobel a Trump è avvenuta durante il recente incontro tra i due a Washington. Fateci caso: lo stesso giorno che vede Netanyahu Trump getta sotto il tram tutta la base MAGA cominciando a sproloquiare dicendo che il caso Esptein è chiuso e non vedremo più niente. Cosa sia successo, non lo sappiamo. È lecito pensare, a questo punto, qualsiasi cosa.

 

Specie se si pensa che accanto ad Epstein c’era Ghislaine Maxwell, figlia del controverso miliardario britannico Robert Maxwell (vero nome Jan Ludvik Hyman Binyamin Hoch, ebreo boemo) che fu, secondo quanto ritenuto da tanti, una potentissima atomica israeliana, con tutti i vertici del Mossad e dello Stato Giudaico a presenziare alla cerimonia di interramento in Israele del suo cadavere. Come dire: intrighi, bombe atomiche, ricatti – gli ingredienti sono sempre gli stessi. Ora la Maxwell, unica in carcere, sembra che abbia sempre avuto voglia di vuotare il sacco parlando in audizione a Washington, ma nessuno (strano) l’ha mai invitata…

 

Il privilegio della chuzpah distruttrice potrebbe, però, essere arrivato al capolinea. Non è più possibile reggere l’evidenza. Ci hanno infilato intesta la crudeltà nazista della legge del taglione alla fine della guerra: da ammazzare per ogni soldato tedesco ucciso. La logica, il senso comune saltano fuori: di fronte alle forse 50.000 vittime di Gaza, che proporzione fare con il migliaio di morti dell’attacco del 7 ottobre? Una legge per il taglione 1:50? Cinque volte la barbarie hitlerista?

 

Gaza verrà spianata totalmente, forse ne faranno davvero un resort, come vuole Trump forse inzigato dal vermilinguo genero, figlio di un palazzinaro criminale ricattatore ebreo ortodosso eterno sostenitore di Netanyahu. Quella, tuttavia, diverrà dinanzi al mondo la prova definitiva ed incontrovertibile della violenza annientatrice sionista, e quindi l’erosione del privilegio olocaustico, quello per cui tutti i nostri politici, e neanche solo loro, hanno dovuto per anni sottomettersi alla gita in sinagoga e allo Yad Vashem con la kippah e baciare la pantofola della ragione morale per l’esistenza dello Stato di Israele: lo sterminio, di cui però ora gli ebrei sono chiaramente accusati.

 

Ci sono altri timori tuttavia, specie tra i giudei. C’è, per esempio, la storia della «maledizione dell’ottava decade».

 

Il primo Stato ebraico, istituito dal re Davide, raggiunse traguardi notevoli e mantenne l’unità per 80 anni. Nell’81º anno, divisioni interne causarono la frammentazione del regno della Casa di Davide nei regni di Yehuda e Yisrael, avviando il suo declino. Durante questo processo, milioni di membri delle Dieci Tribù andarono perduti, e Rabbi Akiva affermò che non sarebbero mai tornati.

 

Il secondo Stato ebraico, il regno asmoneo dell’epoca del Secondo Tempio, durò 77 anni come entità unita e indipendente. Nella sua ottava decade, però, conflitti interni lo divisero, spingendo i leader delle fazioni rivali per il trono a chiedere l’intervento di Pompeo in Siria, offrendosi come vassalli di Roma. Di conseguenza, il regno asmoneo perse la sua sovranità, diventando un protettorato romano privo dell’orgogliosa indipendenza ebraica.

 

Ora, all’ottantesimo compleanno dello Stato di Israele mancano pochi mesi. Si tratta di un’idea piuttosto apocalittica. Stiamo assistendo alle ultime ore di questa edizione del Regno di Giudea? E perché gli israeliani lo temono davvero che stiamo vedendo tale feroce annientatrice?

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E poi, la domanda abissale, che nessuno, nemmeno quando piovono le bombe sulle chiese, osa fare: chi deve custodire davvero la Terra Santa? Chi può farlo? Chi può, deve, portare la pace nei luoghi dove nacque, visse e morì nostro Signore?

 

Tra uno Stato Ebraico e una miriade limitrofa di versioni di Stato Islamico, ci sarà mai uno Stato Cristiano – uno Stato Crociato – in grado di riportare il logos nell’inferno che dal Medio Oriente arriva a bruciare anche noi?

 

La risposta a questa domanda, riteniamo, è fondamentale: non solo per i cristiani sopravvissuti allo Stato moderno, ma per la Civiltà stessa. Al punto da arrivare alla vertigine ultima: senza una Gerusalemme pacificata nel nome di Cristo nessuno Stato Cristiano è possibile.

 

Non sappiamo se il concetto, mentre i nostri sacerdoti vengono bombardati, è chiaro abbastanza.

 

«Gli orecchi per udire li avete, ma non volete capire, avete gli occhi per vedere, ma non volete intendere» (Is 6,9).

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine da Twitter; modificata

 

 

 

 

 

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