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«Per me, cattolico, è qualcosa che non è umano». Intervista alla guardia svizzera che ha rifiutato il vaccino obbligatorio in Vaticano

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Dopo la lettera aperta pubblicata da Renovatio 21, intervistiamo il suo autore, Pierre-André Udressy, ex guardia svizzera che ha rifiutato di sottoporsi al vaccino in Vaticano e che ora lascia quindi Roma.

 

 

 

Allora signor Udressy, di dove è lei?

Sono ovviamente svizzero. Del Canton Vallese.

 

Quanti anni ha?

Sono del ‘97. Ho 24 anni.

 

Come è entrato nella Guardia svizzera pontificia?

Sono entrato il 3 gennaio 2020, ma era un interesse che avevo già da dieci anni. Prima avevo lavorato cinque anni come falegname. Avendo tutti i requisiti (essere cattolico, aver fatto il militare…), ad un certo punto mi sono detto perché non provare ad entrare nella Guardia. 

 

E cosa la attraeva?

È un privilegio. Un’esperienza unica. È una bella cosa. È bello poter essere al centro della situazione della Chiesa, a fianco al Santo Padre. Non ci sono altre occasioni del genere.

 

Lei ha già avuto il COVID?

Sì. L’ho preso durante le vacanze di Natale 2020. Mi sono sentito affaticato, dolori muscolari, febbre. Qualche giorno dopo ho perso l’odorato. 

 

E cosa ha fatto?

Ho preso solo dei medicinali per la febbre. È durata due giorni. L’olfatto è tornato dopo una settimana. Dopo la quarantena, ho fatto il test ed era negativo. 

 

Quindi, signor Udressy: negli ultimi giorni cosa è successo?

Ci era stata data la possibilità di iscriverci per il programma di vaccinazione verso il Natale 2020. Ma nessuno nella Guardia si era iscritto, perché tutti dubitavano del vaccino. Per questo sono state fatte delle conferenze per convincere le guardie a vaccinarsi.

 

Cosa dicevano in queste conferenze?

C’era un medico del Vaticano che spiegava il vaccino e i suoi princìpi. Poi rispondeva poi a tutte le domande sulla responsabilità del vaccino. Diceva che non era facile ammalarsi di COVID più d’una volta. La conferenza era per persuaderci, tuttavia c’erano delle cose che mi facevano rimanere in dubbio.

 

Quindi cosa hanno detto?

C’erano dei punti che mi dicevano che non era efficace. Dicevano che anche da vaccinati si trasmetteva il virus. Dicevano anche che nonostante il vaccino le restrizioni come le mascherine e il distanziamento sociale non sarebbero sparite. Era duro comprendere l’efficacia del vaccino e la sua utilità.

 

Nella conferenza a cui ha assistito si è parlato del tema delle linee cellulari di feto abortito usate per la produzione del vaccino?

Ne hanno solo accennato rapidamente, dicendo che la Congregazione per la Dottrina della Fede ne aveva già parlato e dato il suo assenso. 

 

Le è sembrato strano?

Sì, sono uscito dalla conferenza stranito. La conferenza mi ha dato più dubbi sul vaccino che altri. Mi ha convinto a non farlo. Ho messo in dubbio tante cose.

 

Quanti colleghi l’hanno pensato come lei?

Quando è arrivata l’estate la maggioranza si era iscritta alle vaccinazioni. Altri avevano ancora dubbi.

 

E poi?

In agosto è uscito un documento che ha scaturito una pressione maggiore. A questo punto, molti altri si sono convinti a iscriversi e a vaccinarsi.

 

Cosa diceva il documento?

Ho ricevuto il documento il 20 agosto. Bisognava dare una risposta per il 15 settembre: o si presentava un’esenzione medica, o bisognava iscriversi per la vaccinazione.

 

Cosa ha pensato?

In quel momento ho cominciato a scrivere la lettera che avete pubblicato. Perché né l’una opzione o l’altra mi riguardavano. Ho capito in quel momento che ero obbligato a fare il vaccino.

 

E i suoi superiori?

Mi hanno convocato. Il comandante nel suo ufficio mi ha spiegato deluso ed afflitto che era una cosa definitiva, le guardie non vaccinate dovevano partire. In pratica le guardie non vaccinate potevano essere licenziate. Mi ha comunicato che la decisione veniva non solo dalla Segreteria di Stato, ma dall’autorità del Vaticano.

 

Vuole dire… dal papa?

È così. È stato anche spiegato che non c’era nessun altra possibilità, nemmeno aspettare un mese in più per un tipo di vaccino tradizionale. Mi è stato spiegato che prendere tempo per discutere era impossibile. La decisione era presa.

 

E i suoi colleghi?

Molti giovani hanno deciso di continuare la propria carriera e hanno accettato di vaccinarsi. Altri hanno fatto la terribile scelta lo hanno fatto per la loro funzione, non avendo veramente scelta. Tre si sono dimessi e tre sono stati licenziati. 

 

Ha parlato con i suoi colleghi che hanno rifiutato come lei?

Sì. Non capiscono cosa succede.

 

Ha già ricevuto la lettera di licenziamento?

Ho avuto una lettera che mi diceva che avevo tempo fino al 6 ottobre per licenziarmi o per fare il vaccino. Dopo quella data, ci sarebbe il licenziamento.

 

Come funziona il green pass vaticano?

La cosa più particolare è che per entrare nel Paese stesso ci vuole il green pass. Serve per entrare in ogni ufficio. In ogni servizio c’è un controllo. Chi non ha il green pass deve fare il tampone, ogni due giorni. Dal primo ottobre, per tutti. 

 

E cosa ne pensa?

In teoria tutti dovrebbero farlo: il rischio è lo stesso tra vaccinati e non vaccinati. 

 

Per le messe in Vaticano ci vuole il green pass?

Il decreto spiega che per le cerimonie liturgiche e l’udienze c’è eccezione. C’è il paradosso che un non vaccinato che abita in vaticano non può tornare a casa ma migliaia di persone da tutto il mondo possono andare alle udienze senza controlli.

 

Sa per caso quale vaccino è inoculato in Vaticano?

Il vaccino proposto a inizio anno era il Pfizer. Ma alla fine dell’estate in Vaticano hanno finito di vaccinare.

 

Perché?

Interessante… hanno detto che la maggior parte era vaccinata. I migranti e i bisognosi in ultima hanno potuto chiedere di essere vaccinati tramite l’elemosiniere.

 

Quindi se lei decidesse di vaccinarsi dovrebbe farlo in Italia?

Sì, è così. Dovrei organizzare la vaccinazione in Italia.

 

Dove avvengono le inoculazioni?

Erano organizzate in Aula Paolo VI. E poi al Braccio di Carlo Magno. Credo per liberare l’aula delle udienze.

 

I membri del clero, dai sacerdoti ai cardinali, sono tutti vaccinati?

No. Qualcuno non è vaccinato e non vuole esserlo. Ho ricevuto i complimenti per la lettera che avete pubblicato da alcuni di essi. 

 

Come fanno a stare in Vaticano?

Fanno il tampone. Loro hanno ancora l’opzione. Secondo il decreto vaticano, il tampone dovrebbe essere tollerato per tutti. Ma non è il caso della Guardia svizzera.

 

Che, al contrario, è stata obbligata al vaccino…

Sì. Hanno cominciato con la Guardia, offrendo l’argomento che siamo una forza di polizia, e siamo vicini al Santo Padre: quindi dovevamo vaccinarci. Per la Guardia è facile: basta dare un ordine, visto che si tratta di un corpo militare.

 

Esiste dentro lo Stato della Città del Vaticano una resistenza a tutto questo?

Con la pressione fatta, come per tutti, è difficile per le persone che resistono di manifestare il proprio pensiero pubblicamente. Alcuni approfittano del fatto che stanno finendo la loro funzione per partire, altri provano discretamente di continuare, ma nessuna resistenza attiva è realizzata.

 

Cosa avrebbe potuto fare la Guardia?

Avremmo potuto riunire le persone interessate e fare una manifestazione. Avremmo potuto porre questioni prima, avremmo potuto anche domandare giustizia, perché molte cose implicate, sul pretesto dell’urgenza, erano ingiuste. Potevamo fare più rumore, anche sui media, ma siamo stati, alla fine, molto docili.

 

E nel suo caso?

Ho preferito scrivere una lettera con la mia posizione, invece che creare problemi. Ho subito tutto il resto.

 

Tornando in aereo dal suo viaggio Centro Europa, il papa ha detto che c’era in Vaticano «un piccolo gruppetto» che non voleva vaccinarsi. A chi si riferiva in particolare?

Si riferiva a tutti quelli che non vogliono vaccinarsi. Non solo alle guardie e non solo ai cardinali.

 

Perché tanti suoi colleghi si sono vaccinati?

Molti che hanno deciso di farlo lo hanno fatto per salvare il loro servizio nella Guardia. La maggioranza, tuttavia, credo l’abbia fatto per fuggire a questa pressione, per poter uscire, andare al ristorante. Non per motivi medici. Per delle false libertà.

 

Quanti nutrivano dubbi etici sui vaccini?

La questione etica è stata posta prima di Natale. Dopo il documento della Congregazione della Fede nessuno ne ha più parlato. Il problema non era etico. Il problema era solo di politica del vaccino.

 

Il problema delle linee cellulari da feto abortito era sentito?

No. E io stesso non avevo studiato questo problema prima. Ero più preoccupato dal resto dei problemi. È solo alla fine che ho rilevato questo problema etico. Per me è fondamentalmente un problema di ragione: perché accettare qualcosa che non è per me ragionevole? Poi c’è il problema politico: c’è attorno a questa cosa una pressione che non è normale. Poi c’è il problema etico.

 

Come reputa quello che le è successo?

In generale, trovo scandaloso che sia imposta questa cosa in questo modo per un fatto politico, quando dovrebbe essere qualcosa fatto con coscienza con un medico. È estremamente grave che questo obbligo sia esteso a tutto il mondo. Soprattutto la soppressione della libertà… ed è ancora più grave che ciò accada in Vaticano, in maniera ancora più forte che in altri Paesi. Il Vaticano è il centro della Chiesa, dovrebbe difendere la libertà di coscienza, la libertà in generale. Per me, cattolico, è qualcosa che non è umano.

 

Perché secondo lei il Vaticano ha implementato con questa ferocia la vaccinazione obbligatoria?

È un piccolo Paese. Credo che abbiamo provato a farne un modello.

 

Come Israele?

Sì, effettivamente.

 

Cosa c’è all’origine di questo male in Vaticano?

I medici hanno preso il potere con l’emergenza, e hanno cominciato a decidere loro. Ma non solo, c’è anche un’altra cosa. C’è il fatto che non si cerca più a difendere la verità, ma si cerca di adattarsi a quello che accade fuori, e addirittura essere i primi a applicare i cambiamenti.

 

Cosa farà adesso?

Tornerò in Svizzera. Dovrò riadattarmi alla vita di laggiù. Riprenderò il lavoro di falegname. In tranquillità. Senza green pass – per il momento.

 

Spirito

Mons. Viganò: omelia per le Rogazioni contro il cancro conciliare

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Renovatio 21 ripubblica questo discorso di monsignor Carlo Maria Viganò.

 

 

FIRMAMENTUM MEUM

Omelia nelle Litanie Maggiori, o Rogazioni Pozzolatico (Firenze). 25 Aprile 2024

 

 

 

Dominus firmamentum meum, et refugium meum, et liberator meus.
Il Signore è mia roccia, mia fortezza e mio liberatore.

Ps 17, 3

Le Rogazioni riportano molti di noi a tempi remoti, nei quali il 25 Aprile era dedicato alla Benedizione dei campi. Ed era nelle campagne, un tempo nemmeno troppo distanti dalle città, che vedevamo processioni di fedeli e popolo seguire il sacerdote al canto delle Litanie.

 

Ut fructus terræ dare et conservare digneris… Contadini vestiti con l’abito della festa accompagnavano i nostri parroci fino ai loro poderi, dove la sua preghiera echeggiava in un silenzio rotto solo dal canto degli uccelli. Gli alberi da frutto erano in fiore e nell’aria volavano i semi dei pioppi. E si sapeva, nell’intimo di una coscienza che parlava ancora, che il Signore premia il giusto e punisce il malvagio: non solo perché questo era ciò che si sentiva predicare in chiesa, ma anche perché questa giustizia semplice nella comprensione e divina nelle sue manifestazioni mandava le cavallette nel campo di chi lavorava la domenica, e rendeva feconde le coltivazioni, generosi i fianchi delle mucche e delle pecore di chi viveva in Grazia di Dio. 

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La nostra educazione radicatamente cattolica ci mostrava incastonati in un elaboratissimo disegno della Provvidenza; ed anche se il Creato ci era ostile dopo la cacciata dall’Eden, eravamo nondimeno aiutati dal ritmo sereno delle stagioni e dallo scandire confortante delle ricorrenze religiose a condurre una vita ancora rispondente all’armonia voluta dal Creatore. 

 

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore…

 

Potevamo ancora ammirare all’alba, in questa stagione, il cielo che si schiariva e brillava nel suo blu radioso: oggi ci siamo ormai abituati alla grigia coltre di cieli irrorati artificialmente. E comprendiamo, solo oggi, quanto dessimo per scontata la luce del sole, che qualche autoproclamato filantropo vorrebbe schermare: 

 

de te, Altissimo, porta significatione.

 

Pensiamoci bene: l’odio del Nemico sembra progressivamente mostrarsi con sempre maggior arroganza, e privare il genere umano della luce del sole è un’inquietante figura dell’oscuramento di Cristo, Sol justitiæ, da parte dei servi dell’Avversario. 

 

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

 

Quella società ancora cattolica, pur essendo minata dagli errori del liberalismo o del materialismo ateo, è riuscita a sopravvivere fino agli Anni Sessanta perché era tenuta in vita dall’opera santificatrice della Chiesa e da una generazione di sacerdoti formati secondo l’impostazione tradizionale.

 

Per far ingoiare a questi buoni parroci e religiosi l’indigesto boccone del Vaticano II furono necessari anni e anni di rieducazione e di epurazioni, ma nel frattempo – anche dove il rito riformato aveva sostituito la Messa cattolica – dai pulpiti veniva ancora predicata la Fede di Cristo. Solo per questo gli errori moderni non poterono attecchire ovunque: rimaneva nelle anime il timor di Dio, il rispetto della santità della vita, il riconoscimento del ruolo sociale della famiglia, la volontà di Bene.

 

Nel frattempo il cancro conciliare si diffondeva nelle Università pontificie, nei Seminari, nei Conventi, nelle associazioni cattoliche. 

 

Fu allora che la Gerarchia Cattolica lasciò cadere le Rogazioni, considerandole una vieta manifestazione di fideismo quasi superstizioso. La mente orgogliosa e superba dei novatori non poteva tollerare che il popolo cristiano chiedesse perdono per i propri peccati, invocando la misericordia del Signore e propiziando le Sue benedizioni sui campi.

 

Era una visione «medievale», indegna delle elevate e adulte coscienze dei modernisti. Era un ostacolo al dialogo religioso, perché riconosceva alla Maestà divina una centralità che l’uomo moderno rivendicava a sé e alla sua dignitas infinita – intelligenti pauca. Così la Provvidenza venne bandita sia nel Suo intervento nella Storia, sia nella nostra possibilità di invocarLa.

 

Il Vaticano II, con la sua visione orizzontale, ci ha precluso quella consolante consapevolezza di essere parte di un cosmo in cui la nostra esistenza individuale è insostituibile perché frutto dell’amore provvidente del Dio Creatore, Redentore e Santificatore. 

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La voce della «chiesa conciliare» ci faceva credere che eravamo tutti salvi per il solo fatto che Cristo fosse uomo come noi; e quindi che non vi poteva essere nessuna punizione perché non vi era alcuna colpa da punire; dunque non vi era più un Dio da implorare perché fermasse il braccio della Sua giusta ira su di noi peccatori.

 

Questo voleva dire – e lo vediamo confermato oggi – che non serviva nemmeno un Redentore, e che il Sacrificio della Croce era inutile. Ma se tutti si salvano, a cosa serve la Chiesa? Se non c’è diluvio, a cosa serve l’Arca? Se il mondo può vivere in pace e in armonia senza Dio, perché dovremmo pregarLo? Se vogliamo la pioggia, ce la facciamo cadere noi, e se i campi inaridiscono facciamo crescere piante ogm in idrocultura, creiamo la carne sintetica, sostituiamo il frumento con gli scarafaggi, la natura con i pannelli solari, la vita con la sua grottesca replica in provetta. 

 

Nelle Rogazioni è riassunta l’anima del popolo cattolico, perché nell’invocare la misericordia e la benedizione di Dio sui frutti della terra che vanno maturando nei campi e lungo i filari, quel popolo si riconosceva con umile realismo peccatore, capace di emendarsi, di far penitenza, di difendere la propria Fede con il generoso e sincero impeto di Pietro: Signore, con Te sono pronto ad andare in prigione e alla morte (Lc 22, 33).

 

Quel mondo cristiano, cari fratelli, è stato cancellato: in molte nazioni seguirne i principi è considerato un reato. Ma se è umanamente arduo pensare che sia possibile ricostruire quel modello sulle rovine di un’umanità abbrutita e ribelle, abbiamo tuttavia la possibilità di formare piccole comunità in cui sia custodita e conservata la Fede cattolica secondo quel modo di vivere antico e sacro, nella consapevolezza che dovremmo forse adattarci anche alla clandestinità e alla macchia. Sarà allora che i nostri figli scopriranno con stupore e incredulità quanto sia preferibile arare un campo, dissodare un orto, coltivare frutta, allevare il bestiame, pascolare le pecore, saper fare il formaggio e cuocere il pane. Perché quel benedetto sudore della fronte ci riporta alla concretezza della nostra condizione di exsules filii Hevæ ma ci affranca dalla servitù dei call center, dall’usura, dalla necessità di comprare e mangiare quel che altri hanno deciso. 

 

Tornare alla Fede è possibile creando piccole comunità tradizionali, in cui confrontarsi con gli elementi, seguire i ritmi delle stagioni, la fatica dell’estate e il riposo dell’inverno, la preghiera costante a punteggiare le giornate; giornate in cui ci si alza con la luce del Sole e il segno della Croce, e alla fine delle quali ci si corica con il nome di Gesù e di Maria sulle labbra; giornate in cui la grandine si allontana con una giaculatoria e accendendo la candela benedetta, in cui l’agonia di un’anima è accompagnata dal rintocco della campana, e non dall’arroganza di medici corrotti e infermieri senza cuore. 

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Ecco perché preghiamo oggi: perché vi siano agricoltori nei campi, vignaioli nelle vigne, pastori per le greggi, operai infaticabili nei tempi di sereno e di tempesta, nella canicola e con la galaverna. E questo vale per le coltivazioni e il bestiame, ma anche e soprattutto per il campo del Signore, per la Sua vigna, per il Suo gregge: è il motivo per cui nelle Litanie invochiamo di essere risparmiati a fulgure et tempestatea peste, fame et bello, ma anche per cui preghiamo ut domnum Apostolicum et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris.

 

A questo servono i Ministri dell’Altissimo: a dissodare e seminare la Parola di Dio con la predicazione; a moltiplicare i grappoli dell’unica vite; a pascere le pecore che il Signore ha affidato loro. 

 

L’anniversario dell’Ordinazione sacerdotale di don Lorenzo e don Emanuele e della mia Consacrazione episcopale ci ricordano l’importanza del Sacerdozio cattolico, specialmente in un’epoca in cui i Ministri rimasti fedeli a Cristo sono sempre meno.

 

Il Collegium Traditionis è appunto un seminarium, un luogo – e lo comprenderanno bene quanti conoscono la vita di campagna – in cui il seme della Vocazione è fatto crescere e portato a sviluppo, prima che la pianta possa esser messa a dimora e irrobustirsi dando frutto.

 

Chiediamo anche noi, sull’esempio e per l’intercessione del glorioso Apostolo ed Evangelista Marco, di veder benedetti i frutti soprannaturali di questo vivaio di futuri sacerdoti: per la gloria di Dio, l’onore della Chiesa, la salvezza delle anime. E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

25 Aprile 2024
S.cti Marci Ev.

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Immagine: Jules Breton, La Bénédiction des blés en Artois (1867), Museo di Orsay, Parigi.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Spirito

I vescovi tedeschi preparano le «diaconesse»

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Il vescovo ausiliare di Essen, mons. Ludger Schepers, ha celebrato il 15 aprile 2024 la messa di chiusura di un corso di formazione per «diaconesse». Il Netzwerk Diakonat der Frau, o Rete del Diaconato femminile, propone una serie di corsi pluriennali, volti a preparare l’inserimento delle diaconesse nella Chiesa. È stata organizzata per la terza volta nel convento di Waldbreitbach.  

Presentazione della formazione deviante

Il Netzwerk Diakonat der Frau, fondato nel 1997, organizza dal 1999 corsi per donne che si sentono chiamate a diventare diaconi. La presidente, Irmentraud Kobusch, spiega: «Siamo un’organizzazione indipendente e possiamo offrire e certificare tali corsi per le donne».   Ufficialmente il corso si intitola: «Educazione continua: servizi di leadership diaconale per le donne nella Chiesa». La formazione appena conclusa è la terza, la prima ha avuto luogo nel 1999.   La formazione si svolge a Waldbreitbach, nei locali del convento delle Suore Francescane. È richiesto il corso per corrispondenza teologica di Würzburg. La formazione si estende su tre anni al ritmo di un fine settimana ogni due mesi. 37 donne sono state formate in tre cicli.   Irmentraud Kobusch dice che l’idea di questa formazione le è venuta dopo aver letto la Lettera Ordinatio sacerdotalis in cui si afferma che il sacerdozio è riservato agli uomini, per diritto divino, e conclude che «il diaconato delle donne» non riguarda.   La presidente ripone la sua speranza in Francesco e nel Cammino sinodale. «Come rete, discutiamo con il gruppo di lavoro sul diaconato permanente», spiega Kobusch. Un ministero comune per uomini e donne sarebbe il modello ideale per il futuro della Chiesa.   Irmentraud Kobusch è convinta che un giorno ci saranno donne diacono cattoliche, in modo del tutto ufficiale. «Persevereremo finché la prima donna non sarà ordinata diacono in Germania», ha detto. Ci vorrà ancora un po’ di tempo.

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La cerimonia del 15 aprile con mons. Ludger Schepers

In un comunicato si ricorda il sistema formativo delle neodiplomate. Il vescovo ausiliare, mons. Schepers, sostiene e accompagna da tempo la rete del diaconato femminile» precisa il comunicato.   E continua: «Nella sua omelia, pronunciata con suor Edith-Maria Magar, superiora generale dei francescani di Waldbreitbach, ha sottolineato che anche le donne vengono chiamate. Le donne si sentono giustamente discriminate ed emarginate nella Chiesa a causa della loro vocazione».   Il comunicato continua: «Le donne sono scioccate dal fatto che questo squilibrio non sia considerato un problema a cui bisogna porre rimedio. (…) Sebbene non potesse ancora ordinare le donne, il vescovo le ha benedette quando hanno ricevuto il certificato».   Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, ha inviato un messaggio di congratulazioni: «Sei una benedizione per la nostra Chiesa», ha scritto.  

Un percorso chiaramente scismatico ed eretico

Tutta questa energia porterà o allo scisma e all’eresia, oppure all’abbandono della Chiesa. Bisogna (ancora) ricordare che, secondo una definizione del Concilio di Trento, che sancisce soltanto una dottrina ancora creduta, il sacramento dell’Ordine è uno, ed è composto di almeno tre gradi: episcopato, sacerdozio e diaconato.   Chi riesce a ricevere l’ultimo potrà ricevere gli altri due. L’impossibilità dell’ordinazione sacerdotale implica quindi quella dell’ordinazione diaconale… o della consacrazione episcopale.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Sacrifici animali fermati sul Monte del Tempio di Gerusalemme

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Non si ha notizia del sacrificio sul Monte del Tempio di Gerusalemme della Giovenca Rossa, che doveva avvenire in questi giorni. Tuttavia, altri sacrifici animali sarebbero stati programmati – e, secondo le cronache, fermati – in queste ore.

 

La polizia dello Stato Ebraico ha arrestato 13 giovani israeliani vicino al complesso del Monte del Tempio di Gerusalemme. Secondo la dichiarazione della polizia del 22 aprile, trasportavano agnelli e capre che intendevano sacrificare in un rituale per la Pasqua ebraica. Le avvisaglie di sacrifici rituali giudaici sul Monte del Tempio sono da anni considerati un modo di provocare una reazione violenta tra i musulmani.

 

In un caso, una capra è stata trovata nascosta all’interno di una carrozzina, mentre un altro sospettato ha tentato di introdurre di nascosto una capra sul luogo in un sacchetto della spesa riutilizzabile, ha dichiarato la polizia.

 

I 13 giovani israeliani, di età compresa tra i 13 e i 21 anni, sono stati tutti arrestati per essere interrogati, mentre gli animali sono stati tutti portati in strutture veterinarie.

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«La polizia israeliana opera a Gerusalemme e in tutti i settori, insieme ad altre agenzie di sicurezza, sia apertamente che segretamente, contro chiunque cerchi di infrangere l’ordine e agire in contraddizione con la legge e le pratiche esistenti nei luoghi sacri di Gerusalemme» spiega un comunicato della polizia.

 

«Chiediamo al pubblico di non dare spazio agli estremisti che tentano o chiamano per violare la legge e l’ordine. La pratica esistente sul Monte del Tempio e in altri luoghi santi di Gerusalemme è stata preservata e continuerà ad essere preservata in ogni momento, e non permetteremo a estremisti e criminali di alcun tipo di violarla».

 

Il Times of Israel spiega che «negli ultimi anni, gruppi religiosi marginali hanno sempre più cercato di celebrare il sacrificio pasquale sul Monte del Tempio, ma senza alcun risultato, poiché la maggior parte dei funzionari della sicurezza israeliani ritengono che ciò sarebbe visto come un cambiamento importante nello status quo del sito religioso e scatenerebbe feroci reazione da tutta la regione».

 

Come riportato da Renovatio 21, gruppi sionisti aveva annunciato lo sgozzamento della giovenca rossa sul Monte del Tempio per il 22 aprile, chiedendo anche il permesso alle autorità.

 

Non si hanno notizie dell’avvenuto sacrificio rituale, che è considerato necessario nel processo di apparizione del messia degli ebrei, che per alcuni cristiani corrisponderà all’anticristo.

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Immagine di Andrew Shiva via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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