Vaccini
Feti nei barili: una storia che sparirà immediatamente

Avrete sentito la storia dei feti trovati ieri in un barile a Granarolo, in provincia di Bologna.
Un ragazzo che recupera ferro vecchio e altri materiali nelle industrie si reca presso un capannone per eseguire una raccolta. Gli viene detto di portare via anche dei bidoni gialli, sono una quarantina, tutti accatastati lungo un muro, tra altri rifiuti. Il suo compito sarebbe di «smaltirli da qualche parte». Lui ne apre uno: è pieno di un liquido di colore verde. Dentro vi galleggia un feto umano.
Il ragazzo si spaventa. Filma la situazione, poi chiama la polizia.
Lo scoop è de Il Resto del Carlino. Il procuratore capo parla di storia «tutta da verificare». Il sindaco non commenta.
«La formaldeide viene utilizzata solo nei casi, molto rari e peraltro non previsti nelle strutture bolognesi, in cui i corpi vengano donati alla scienza per scopi di ricerca»
La notizia si diffonde. Si aggancia anche l’edizione bolognese di Repubblica che racconta che «sono stati ascoltati alcuni dipendenti del policlinico Sant’Orsola, per esempio, per capire come funzioni lo smaltimento dei rifiuti biologici provenienti dagli ospedali».
Al Sant’Orsola del resto di feti ed embrioni se ne intendono, c’è un bel servizio di Fisiopatologia della Riproduzione, cioè procreazione medicalmente assistita, cioè riproduzione artificiale, cioè bambini in provetta – ricordiamo anche il record mondiale, quando il dottor Flamigni creò nel 1987 sperimentò la prima gravidanza extracorporea, facendo attecchire un embrione in un utero asportato e tenuto in vita… ma stiamo divagando.
«Tuttavia, è emerso che solitamente i resti umani vengono cremati, e che nel caso di bimbi che non sono nati vivi il corpo viene messo a disposizione delle famiglie per l’eventuale inumazione». Non siamo sicuri che qui il giornale parli di feti abortiti, però pazienza.
E così il mistero rimane: «La formaldeide viene utilizzata solo nei casi, molto rari e peraltro non previsti nelle strutture bolognesi, in cui i corpi vengano donati alla scienza per scopi di ricerca. Tra l’altro, esistono registri specifici in cui vengono annotate tutte le operazioni di questo genere. E ovviamente, di questi resti non c’è traccia» continua Repubblica.
Insomma, un bell’enigma, anzi, un vero giallo – perché di mezzo ci sono dei morti.
Più tardi Il Resto del Carlino torna alla carica con più informazioni: «la polizia prova a risalire agli anelli di questo percorso: i feti – conservati all’interno di una dozzina di bidoni gialli con l’etichetta del simbolo dei rifiuti biologici speciali – proverrebbero da una struttura universitaria, una biblioteca di anatomia, che con ogni probabilità li conservava per motivi di studio e di ricerca».
Ci si può quindi tenere dei feti per ricerca? C’è un qualche registro da compilare? È possibile smaltirli così?
Ah sì? Ci si può quindi tenere dei feti per ricerca? C’è un qualche registro da compilare? È possibile smaltirli così?
Comincia a prendere forma una storia: un’azienda di traslochi anni fa avrebbe fatto un sgombero, e dimenticato in quel capannone i bidoni contenenti piccoli esseri umani… Il rettore dichiara subito che stanno «conducendo le opportune verifiche interne », offre il pieno sostegno alle forze dell’ordine.
Al TG regionale Emilia-Romagna, secondo sempre il Carlino, sarebbe andata in onda anche la testimonianza del titolare, «è tutto regolare, è roba di un museo, non c’è nulla di nascosto… Sono lì in magazzino da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tempo».
Esistono musei con feti in formaldeide? Sarebbe strano, perché sappiamo esservi polemiche infuocate per quelle mostre che mostrano cadaveri plastinati, in Italia è all’estero.
Museo, università… non è dato sapere. Forse non importa nemmeno.
Perché «l’ipotesi di reato per cui si procede sarebbe lo smaltimento illegale di rifiuti biologici». Per lo meno al momento.
Dov’è la dignità di quegli esseri umani finiti in un barile, e prima ancora umiliati chissà in che modo?
Non si fa menzione, almeno per il momento, della quantità di leggi che l’ordinamento ha riguardo ai cadaveri: per esempio, l’articolo 410 Codice Penale, il «vilipendio di cadavere». Oppure l’art. 412, l’Occultamento di cadavere». Art. 413, «uso illegittimo di cadavere». Interessante, quest’ultimo: «Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila». Sembrebbe il caso, sperando che la multa non sia fatta con il cambio euro-lira del 2002, sarebbero circa €2,50.
È possibile evitare di pensare a questi reati forse perché un feto non è un cadavere? Forse perché un feto non è un essere umano? Forse perché il feto non è un cittadino? Forse. Tuttavia da qualche parte anche il feto è tutelato dalla nostre legge: ecco il curator ventris, colui che può essere nominato per tutelare gli interessi di un concepito (art. 643 Codice Civile, «Amministrazione in caso di eredi nascituri»)
«Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila» Art. 413 C. P., «uso illegittimo di cadavere»
E poi, non ci dimentichiamo la carta dei diritti UE: art. 1, «Dignità umana»: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».
Troviamo eco anche nella nostra Costituzione, già più bella del mondo, all’art. 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo».
Dov’è la dignità di quegli esseri umani finiti in un barile, e prima ancora umiliati chissà in che modo?
Non ci stupiamo: le costituzioni, leggi potrebbero non valere più nulla, lo abbiamo imparato. Soprattutto, non vale più nulla la legge naturale. Quella legge inviolabile iscritta nel cuore di ogni essere umano, che in natura reagisce dinanzi alla visione di un feto abbandonato in un barile come ha fatto il ragazzo di questa storia: con choc e orrore.
Qualcuno, tuttavia, vuole che a questo orrore noi ci abituiamo
Qualcuno, tuttavia, vuole che a questo orrore noi ci abituiamo, come del resto ci sono abituati gli «scienziati» (fidati della scienza!) che con i feti lavorano tutti i giorni, più o meno legalmente squartandoli per esperimenti o per altri scopi, come la produzione di linee cellulare per uso scientifico e farmaceutico: le cellule HEK-293, usate praticamente in tutti i vaccini COVID in circolazione (incluso quello russo), sono state create così.
Fu un grosso scandalo, anni fa, quando David Daleiden, un’attivista pro-life, fece scoprire al mondo, grazie a delle telecamere nascoste, che la multinazionale dell’aborto Planned Parenthood si rivendeva i feti abortiti per enti e società che li utilizzavano per esperimenti ed altro. Una ragazza che divenne informatrice di Daleiden raccontò che al primo giorno di lavoro svenne – e in effetti le immagini che portò con sé sono sconvolgenti. Il collega più esperto le disse di non preoccuparsi, si sarebbe abituata. Doveva semplicemente continuare a sezionare piccoli cervelli, occhi, reni, gambette, polmoni, etc.
Ab assuetis non fit passio. Dalle cose abituali non nasce la passione. Ci si può abituare anche allo squartamento di bambini innocenti.
Solo che, al momento, non è possibile. Anzi: considerate quanta fatica hanno fatto media, pharma, politica e chiesa cattolica per allontanarvi dall’idea che questo vaccino avesse a che fare con l’aborto. Per la stragrande maggioranza, si tratta di una fake news: né questo né nessun altro vaccino c’entra qualcosa con l’aborto. Una campagna massiva, martellante. Certo, una delle menzogne più plateali mai raccontate, alla faccia dei bugiardini.
Facile capire perché: se si scoperchia il barile, come ha fatto il povero ragazzo, è facile che molti restino scioccati. E, magari, cambino idea. Una parte consistente della narrazione pandemica si incrinerebbe. Potrebbe addirittura nascere qualche sospetto: ma se fanno i vaccini con i sacrifici dei feti… cos’altro ci fanno? Cosa? Davvero Biden ha ripristinato l’uso di utilizzo dei feti per «umanizzare» i topo con organi umani?
Magari salterebbe fuori la storia delle creme di bellezza, registrata in alcuni libri come «leggenda metropolitana», tuttavia raccontata a chi scrive anche da ricercatori di staminali stranieri.
E guardando quel piccolo essere umano morto che galleggia nel liquido, non è che qualcuno può cominciare a pensare che sia legittimo non aver a che fare con niente che sia legato anche solo lontanamente a questa cosa orrenda? Farmaci, prodotti vari, pratiche mediche… trasfusioni di sangue? A Bologna quest’ultimo problema lo hanno affrontato di recente. Mai che la visione del feto che galleggi faccia segnare qualche punto ai maledetti no vax.
No, non è possibile, al barile va rimesso il coperchio.
Non è tempo di scandalizzare la gente, come faceva un tempo una celebre politica italiana che si vantava di mettere i feti in un barattolo.
È tempo di rasserenare il pubblico. Va tutto bene, rimettete il coperchio, presto. Non pensateci. Si tratta di roba scientifica, dell’università. Fidatevi della scienza. Non bisogna fare tante domande.
E poi erano davvero esseri umani?
In un Paese che garantisce l’aborto come un diritto, non lo erano. Quindi, secondo una logica utilitaristica (ed ecologica: gli scarti si riutilizzano!), sarebbero tranquillamente utilizzabili per ogni sorta di esperimento. Non essendo umani, non sono coperti dalle leggi che tutelano la dignità umana. In realtà, non sono neppure cadaveri.
Voi capite: nessuno ha davvero voglia di cominciare a fare questo discorso, soprattutto ora. Davvero nessuno: nemmeno le femministe e gli abortisti più radicali. Anche perché lo schifo organolettico di questa storia è enorme.
Nel 2017 si correva il rischio che il vaccino ritirasse fuori la questione dei feti morti. Nel 2022 si rischia che i feti morti ritirino fuori la questione dei vaccini
Soprattutto, è l’autorità che non ha intenzione di dover discutere di questa cosa. Né lo Stato, né la Chiesa hanno intenzione di riaprire questa pagina, che dovettero affrontare già nel 2017 con la legge Lorenzin che implica un vaccino che contiene (sì, contiene, materialmente, non c’entra l’uso nei test: è nelle fiale e poi nei corpi dei vostri figli) cellule di feto abortito, le MRC-5. Noi c’eravamo, e ricordiamo bene con che fatica tentarono di chiudere il discorso, con quante balle, con che insistenza.
Nel 2017 si correva il rischio che il vaccino ritirasse fuori la questione dei feti morti. Nel 2022 si rischia che i feti morti ritirino fuori la questione dei vaccini.
Per cui facciamo una scommessa: questa storia sparirà con velocità impressionante. Si inabisserà, non ne sapremo più niente, puf. Coperchio, coperchio.
Già un po’ lo presentiamo nell’aria: nessuno si sta ponendo le vere domande – a cosa servivano quei feti? Perché venivano conservati? Dove sono nati? Perché sono stati abbandonati? Perché sono stati smaltiti? Quanti erano? Quali pratiche hanno subito? L’uso dei feti sta continuando anche oggi nelle stesse strutture da cui provengono i bidoni?
Non so, non percepiamo, a leggere i primi articoli, questa voglia di grande inchiesta, con rivelazioni sconvolgenti almeno quanto la scena descritta in apertura.
Perché a questo punto nemmeno voi, come il feto nel barile, siete esseri umani.
Niente da vedere. Circolare.
Una storia che sparirà in fretta, verrà accantonata e dimenticata come il feto nel barile. O forse anche peggio: la storia potrebbe fare la fine dei feti abortiti con la pillola RU486, che in genere, invece che nella formaldeide, finiscono nel gabinetto di casa, e di qui alle fogne, dove saranno i festosi banchetti di ratti, pesci e anfibi della situazione.
Schifo vero? È la realtà, è il fondamento di prodotti che definiscono la nostra vita – qualche estremista potrebbe dirvi che il vostro green pass certifica che siete passati sopra al problema.
Quei bambini morti sono la concrezione della «libertà» assicurata dalla legge, protetta da quelle stesse persone che vi hanno impedito di uscire di casa per mesi e che ora non vi permettono di andare a lavoro, dove i cani magari possono entrare e voi no.
Perché a questo punto nemmeno voi, come il feto nel barile, siete esseri umani.
Roberto Dal Bosco
Genetica
Siero mRNA contaminato dal DNA, ricercatori in allarme. Il vaccino è l’alba dell’era umanoide?

Scienziati e ricercatori lanciano l’allarme sulla possibile presenza di frammenti di DNA nei vaccini COVID.
Phillip Buckhaults, esperto di genomica del cancro e professore presso l’Università della Carolina del Sud, ha testimoniato davanti a una commissione per gli affari medici del Senato della Carolina del Sud affermando che il vaccino mRNA è contaminato da miliardi di minuscoli frammenti di DNA.
Buckhaults, che ha un dottorato in biochimica e biologia molecolare, ha affermato che «esiste un rischio molto reale» che questi frammenti di DNA estraneo possano inserirsi nel genoma di una persona e diventare un «elemento permanente della cellula».
Il genetista statunitense ha dichiarato che si potrebbe trattare di un meccanismo plausibile che potrebbe «causare alcuni degli effetti collaterali rari ma gravi come la morte per arresto cardiaco» nelle persone che hanno effettuato la vaccinazione con il siero genico sperimentale.
«Buckhaults non è un allarmista ed è stato riluttante a rendere pubbliche le sue scoperte per paura di spaventare la gente» scrive il Brownstone Institute. «Lui stesso è stato vaccinato tre volte con il vaccino COVID della Pfizer e lo ha consigliato a parenti e amici. Ha descritto la tecnologia della piattaforma mRNA come “rivoluzionaria” e ha affermato che il vaccino ha salvato molte vite».
«Sono un vero fan di questa piattaforma», ha detto Buckhaults al Senato. «Penso che abbia il potenziale per curare i tumori, credo davvero che questa piattaforma sia rivoluzionaria. Nel corso della tua vita, ci saranno vaccini mRNA contro gli antigeni del tuo unico cancro. Ma devono risolvere questo problema».
Il ricercatore si è detto molto preoccupato per il «rischio teorico molto reale di cancro futuro in alcune persone, a seconda di dove questo pezzo estraneo di DNA finisce nel genoma, può interrompere un gene soppressore del tumore o attivare un oncogene».
«Sono un po’ allarmato per la presenza di questo DNA nel vaccino… Il DNA è un dispositivo di memorizzazione delle informazioni di lunga durata. È ciò con cui sei nato, con cui morirai e lo trasmetterai ai tuoi figli… Quindi le alterazioni del DNA… beh, rimangono», ha detto.
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Buckhaults ritiene che i vaccini siano stati distribuiti in buona fede, ma dato il panico e l’urgenza della crisi, «sono state prese molte scorciatoie».
Lo scienziato ha quindi spiegato come sono stati utilizzati due diversi processi di produzione per produrre il vaccino mRNA. La produzione iniziale del vaccino COVID ha utilizzato un metodo chiamato reazione a catena della polimerasi (PCR) per amplificare il modello di DNA che è stato poi utilizzato per la produzione dell’mRNA.
Questo metodo, chiamato PROCESSO 1, può essere utilizzato per realizzare un prodotto di mRNA altamente puro.
Tuttavia, al fine di potenziare il processo di distribuzione su larga scala del vaccino alla popolazione per la fornitura di «autorizzazione di emergenza», il produttore del vaccino è passato a un metodo diverso – PROCESSO 2 – per amplificare l’mRNA.
PROCESSO 2 utilizzava batteri per produrre grandi quantità di «plasmide di DNA» (istruzioni circolari del DNA), che sarebbe stato utilizzato per produrre l’mRNA. Quindi, il prodotto finale conteneva sia DNA plasmidico che mRNA.
Il passaggio dal PROCESSO 1 al PROCESSO 2, alla fine, ha provocato la contaminazione del vaccino.
Il produttore del vaccino ha provato ad affrontare il problema aggiungendo un enzima (la DNAsi) per tagliare il plasmide in milioni di minuscoli frammenti. Tuttavia il Buckhaults sostiene che ciò peggiora la situazione perché più frammenti si hanno, maggiore è la possibilità che uno dei frammenti si inserisca nel genoma e distrugga un gene vitale.
«Li hanno fatti a pezzi per cercare di farli andare via, ma in realtà hanno aumentato il rischio di modificazione del genoma nel processo», ha spiegato.
«Non penso che ci sia stato qualcosa di nefasto qui, penso solo che sia stata una specie di stupida svista», ha aggiunto. «Semplicemente non hanno pensato al rischio della modificazione del genoma… non è poi così costoso aggiungere un altro processo per eliminarlo».
Un’indagine del BMJ ha rilevato che i lotti di vaccino derivati da PROCESS 2 hanno dimostrato di avere un’integrità dell’mRNA sostanzialmente inferiore e alcuni affermano che questi vaccini sono stati associati a maggiori eventi avversi.
La ricerca di Buckhaults non è un’eccezione. L’esperto di genomica Kevin McKernan aveva segnalato la contaminazione del DNA plasmidico nei vaccini bivalenti COVID-19, in quantità che superavano di gran lunga il limite di sicurezza fissato dall’ente regolatorio del farmaco statunitense FDA.
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Buckhaults ha affermato che le persone vaccinate devono essere sottoposte a test per vedere se parte del DNA estraneo si è integrato nel genoma delle loro cellule staminali. Questo è facilmente rilevabile perché il DNA estraneo ha una firma unica. «Lascia un biglietto da visita», ha detto lo scienziato. «Non è molto costoso fare questo tipo di test», ha aggiunto
«Non farò di nuovo il vaccino a meno che non riceva un lotto e scopra che è privo di DNA”, ha dichiarato, dicendo che gli piacerebbe analizzare il nuovo booster appena raccomandato in USA a tutti i cittadini dai 6 mesi di età in su. Il costo per l’analisi di una fiala è di 100 dollari di reagenti e tre ore di lavoro, ha detto.
Come riportato da Renovatio 21, nel marzo 2022 ricercatori svedesi dell’Università di Lund avevano scritto in un paper – «Intracellular Reverse Transcription of Pfizer BioNTech COVID-19 mRNA Vaccine BNT162b2 In Vitro in Human Liver Cell Line» («Trascrizione inversa intracellulare del vaccino COVID-19 mRNA Pfizer-Biontech in linee cellulari di fegato umano in vitro») – in cui illustravano che l’RNA messaggero (mRNA) del vaccino COVID-19 di Pfizer è in grado di entrare nelle cellule del fegato umano e viene convertito in DNA.
Il video del cardiologo texano Peter McCullough che spiegava l’ipotesi degli scienziati svedesi era stato sottotitolato da Renovatio 21 e pubblicato su YouTube, ma la piattaforma ha rimosso il video e assegnato uno strike, cioè minacciato di espellerci dal sito in caso vi fossero altre «violazioni» di questo tipo.
Abbiamo caricato il video su Twitter, dove sembra che resista ancora.
Dottor McCullough: i vaccini mRNA potrebbero alterare il DNA umano per produrre proteine spike a lungo termine https://t.co/avo5jU15Is pic.twitter.com/LYpZ3smZ8t
— Renovatio 21 (@21_renovatio) April 13, 2022
Da notare come l’ente per il controllo delle epidemie USA, il noto CDC, aveva nella lista delle bufale sul COVID il fatto «Il materiale genetico fornito dai vaccini mRNA non entra mai nel nucleo delle tue cellule». L’affermazione, che parrebbe sempre più tragicamente smentita, campeggiava sulla pagina del suo sito web chiamata «Leggende e fatti sui vaccini COVID-19».
Il tema ha un’importanza capitale all’interno ad una prospettiva sempre più discussa: la modifica della linea germinale umana sulla modifica della quale, come riportato da Renovatio 21, bioeticisti e scienziati stanno discutendo in merito ai bambini bioingegnerizzati con il CRISPR.
Tuttavia, senza passare dall’eugenetica in provetta, una modifica genetica della linea germinale umana è già stata innestata, miliardi di volte, grazie ai sieri genici sperimentali mRNA forzati sulla popolazione mondiale durante il biennio pandemico.
Come riportato da Renovatio 21, il Regno Unito ha già approvato ufficialmente la prospettiva della modifica della linea germinale umana.
Riguardo alla modifica della struttura genetica l’umanità, è in corso una vera campagna di manipolazione mondiale, visibile chiaramente dalle posizioni assunte nei convegni mondiali sull’editing del genoma umano.
Il fine di tutto questo è, chiaramente, una società basata sulla genetica, o meglio, sull’eugenetica.
C’è da chiedersi: se il codice genetico dei vaccini si sta tramandando di padre in figlio… significa che sta emergendo una nuova razza umana?
Il vaccino è l’alba di un’era umanoide?
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Reazioni avverse
Miocardite post-vaccino: anni dopo, alcuni ancora non sono guariti

Epidemie
L’RNA virale può persistere per 2 anni dopo il COVID-19: studio

Un nuovo studio potrebbe spiegare perché alcune persone che contraggono il COVID-19 non tornano mai alla normalità e sperimentano invece nuove condizioni mediche come malattie cardiovascolari, disfunzioni della coagulazione, attivazione di virus latenti, diabete mellito o quello che è noto come «Long COVID» dopo l’infezione di SARS-CoV-2. Lo riporta Epoch Times.
In un recente studio preliminare pubblicato su medRxiv, i ricercatori hanno condotto il primo studio di imaging con tomografia a emissione di positroni (PET) sull’attivazione delle cellule T in individui che in precedenza si erano ripresi da COVID-19 e hanno scoperto che l’infezione da SARS-CoV-2 può provocare un’attivazione persistente delle cellule T in una varietà di tessuti corporei per anni dopo i sintomi iniziali.
Anche nei casi clinicamente lievi di COVID-19, questo fenomeno potrebbe spiegare i cambiamenti sistemici osservati nel sistema immunitario e in quelli con sintomi COVID di lunga durata.
Va segnalato, ad ogni modo, la maggior parte dei partecipanti era stata vaccinata e lo studio non ha indagato il legame tra l’esistenza dell’RNA virale e la vaccinazione.
Per effettuare lo studio, i ricercatori hanno condotto scansioni PET di tutto il corpo di 24 partecipanti che erano stati precedentemente infettati da SARS-CoV-2 e guariti dall’infezione acuta in momenti che vanno da 27 a 910 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi di COVID-19.
Una scansione PET è un test di imaging che utilizza un farmaco radioattivo chiamato tracciante per valutare la funzione metabolica o biochimica di tessuti e organi e può rivelare un’attività metabolica sia normale che anormale. Il tracciante viene solitamente iniettato nella mano o nella vena del braccio e si raccoglie in aree del corpo con livelli più elevati di attività metabolica o biochimica, che possono rivelare la sede della malattia.
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Utilizzando un nuovo agente radiofarmaceutico che rileva molecole specifiche associate a un tipo di globuli bianchi chiamati linfociti T, i ricercatori hanno scoperto che l’assorbimento del tracciante era significativamente più elevato nei partecipanti alla fase post-acuta di COVID-19 rispetto ai controlli pre-pandemia nel tronco cerebrale, nella colonna vertebrale midollo osseo, tessuto linfoide nasofaringeo e ilare, tessuti cardiopolmonari e parete intestinale.
Tra maschi e femmine, i partecipanti maschi tendevano ad avere un assorbimento maggiore nelle tonsille faringee, nella parete rettale e nel tessuto linfoide ilare rispetto ai partecipanti femmine.
I ricercatori hanno specificatamente identificato l’RNA cellulare del SARS-CoV-2 nei tessuti intestinali di tutti i partecipanti con sintomi da Long COVID che si erano sottoposti a biopsia in assenza di reinfenzione, con un range da 158 a 676 giorni dopo essersi inizialmente ammalati di COVID.
Ciò suggerisce che la persistenza del virus nel tessuto potrebbe essere associata a problemi immunologici a lungo termine.
Sebbene l’assorbimento del tracciante in alcuni tessuti sembrasse diminuire con il tempo, i livelli rimanevano comunque elevati rispetto al gruppo di controllo di volontari sani pre-pandemia.
«Questi dati estendono in modo significativo le osservazioni precedenti di una risposta immunitaria cellulare duratura e disfunzionale alla SARS-CoV-2 e suggeriscono che l’infezione da SARS-CoV-2 potrebbe portare a un nuovo stato stazionario immunologico negli anni successivi a COVID-19», scrivono i ricercatori.
I risultati hanno mostrato un «assorbimento leggermente più elevato» dell’agente nel midollo spinale, nei linfonodi ilari e nella parete del colon/retto nei soggetti con sintomi COVID prolungati.
Nei partecipanti con COVID lungo che hanno riportato cinque o più sintomi al momento dell’imaging, i ricercatori hanno osservato livelli più elevati di marcatori infiammatori, «comprese le proteine coinvolte nelle risposte immunitarie, nella segnalazione delle chemochine, nelle risposte infiammatorie e nello sviluppo del sistema nervoso».
Rispetto sia ai controlli pre-pandemia che ai partecipanti che avevano avuto il COVID-19 e si erano completamente ripresi, le persone con Long COVID hanno mostrato una maggiore attivazione delle cellule T nel midollo spinale e nella parete intestinale.
I ricercatori attribuiscono i loro risultati all’infezione da SARS-CoV-2, sebbene tutti i partecipanti tranne uno avessero ricevuto almeno una vaccinazione COVID-19 prima dell’imaging PET.
Per ridurre al minimo l’impatto della vaccinazione sull’attivazione delle cellule T, l’imaging PET è stato eseguito a più di 60 giorni da qualsiasi dose di vaccino, ad eccezione di un partecipante che ha ricevuto una dose di vaccino di richiamo sei giorni prima dell’imaging. Sono stati esclusi gli altri che avevano fatto un vaccino COVID-19 entro quattro settimane dall’imaging, scrive Epoch Times.
I ricercatori hanno affermato che il loro studio presentava diversi altri limiti, tra cui dimensioni ridotte del campione, studi correlati limitati, varianti in evoluzione, lancio rapido e incoerente dei vaccini COVID-19, che hanno richiesto loro di modificare i protocolli di imaging, utilizzando individui pre-pandemici come controlli e l’estrema difficoltà di trovare persone che non fossero mai state infettate dal SARS-CoV-2.
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«In sintesi, i nostri risultati forniscono prove provocatorie dell’attivazione del sistema immunitario a lungo termine in diversi tessuti specifici in seguito all’infezione da SARS-CoV-2, compresi quelli che presentano sintomi COVID lunghi», concludono i ricercatori. «Abbiamo identificato che la persistenza del SARS-CoV-2 è un potenziale motore di questo stato immunitario attivato e mostriamo che l’RNA del SARS-CoV-2 può persistere nel tessuto intestinale per quasi 2 anni dopo l’infezione iniziale».
Come riportato da Renovatio 21, già un anno fa la stampa mainstream aveva cominciato ad ammettere che forse «i vaccini potrebbero non prevenire molti sintomi del Long COVID, come ha scritto il Washington Post.
Nella primavere 2022 il professor Harald Matthes dell’ospedale di Berlino Charité aveva dichiarato di aver registrato 40 volte più «effetti collaterali gravi» delle vaccinazioni contro il COVID -19 rispetto a quanto riconosciuto da fonti ufficiali tedesche.
Matthes aveva delle strutture che sarebbero chiamate a curare i pazienti con complicazioni vaccinali: «Abbiamo già diversi ambulatori speciali per il trattamento delle conseguenze a lungo termine della malattia COVID», spiega il prof. Matthes. «Molti quadri clinici noti da “Long COVID” corrispondono a quelli che si verificano come effetti collaterali della vaccinazione».
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