Pensiero
Hanno ribaltato anche Fantozzi

Più passano gli anni, più l’immortale capolavoro di Paolo Villaggio – la serie Fantozzi – acquisisce valore. Si tratta oramai di un classico, ben presente nella mente di più di una generazione di italiani.
I più anziani hanno visto i film (specialmente i primi due episodi) fino allo sfinimento. Tuttavia se lo riguarderebbero ancora, per quanto bene poteva descrivere alcuni cascami gerarchici, monarchici del lavoro del dopoguerra.
I meno anziani lo hanno visto in TV ripetute volte, e ammettono che è una visione che li ha segnati, il vero bildungsroman di una generazione, altro che Dostoevskij, altro che Stendahl, altro che I dolori del giovane Werther.
I giovani –perfino talmente giovani da non aver visto le repliche su Italia 1 e Retequattro o da non sapere nemmeno cosa sia un VHS – citano a memoria intere scene del film.
Più passano gli anni, più l’immortale capolavoro di Paolo Villaggio – la serie Fantozzi – acquisisce valore
Fantozzi ha fornito una serie infinita di battute, di gag, di topoi che spuntano nella vita quotidiana dell’italiano di ogni censo.
«Come è umano lei!» se si viene trattati male da qualche caporione del sistema.
«Pekkato tu non pole manciare!» se si prende in giro qualcuno a dieta.
«È un bel direttore, un santo, un apostolo!» se si vuole scherzare su qualcuno che ha il titolo, o sul servilismo di qualcuno nei suoi confronti.
Riguardo ai direttori, c’è la memorabile serqua di superiori subiti da Fantozzi.
C’è l’onorevole Cavaliere Conte Diego Catellani, quello che fa adorare ai sottoposti la statua di sua madre vivente, ed è patito del biliardo – quello che «sabato sera a casa mia. Tutti!».
C’è il Direttore Conte Corrado Maria Lobbiam, quello che presiede ai vari della navi, dove troviamo anche l’azionista della megaditta Contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, nobildonna incapace di rompere una bottiglia per inaugurare l’imbarcazione, ma in grado di tranciare di netto il mignolo di un cardinale.
C’è il Gr. Ladr. Farabut. di Gr. Croc. Mascalz. Assas. Figl. di Gr. Putt. Marchese Conte Piermatteo Barambani Megalom, vero farabutto appassionato di nautica, il quale è però una figura minore, che turlupina Fantozzi addossandogli le responsabilità di uno scandalo finanziario, avendo promosso il ragioniere a Dott. Ing. Lup. Man. Presidente Natural. Prestanom. Om. Di Pagl. Gran. Test. Di Caz. Rag. Fantozzi.
C’è il Megadirettore Clamoroso Duca Conte Pier Carlo ing. Semenzara, che è un assenteista puttaniere sopraffatto dalla superstizione in quanto posseduto dal demone del gioco d’azzardo.
C’è il dottor Ing. Gran Mascalzon di Gran Croc. Visconte Cobram, che ha ruolo di «direttore totale», appassionato di ciclismo e fondatore della cosiddetta Coppa Cobram, che qualche genio ha davvero portato nella vita reale qualche anno fa.
E poi c’è lui, il potentissimo Megadirettore Professor Guidobaldo Maria Riccardelli, amante del cinema espressionista tedesco e soprattutto russo.
È con il Riccardelli che ne Il secondo tragico Fantozzi, scatta una delle scene più memorabili: la rivolta populista contro la cinefilia intellettualoide delle élite.
Conoscerete la storia: il Riccardelli obbliga gli impiegati a vedere pallosissimi film d’autore, che peraltro sono quelli che si studiano ad ogni corso di storia del cinema, e hanno durate non così tremende.
«In vent’anni Fantozzi ha veduto e riveduto: Dies irae di Carlo Teodoro Dreyer – sei ore –, L’uomo di Aran di Flaherty – nove tempi –, ma soprattutto il più classico dei classici, La corazzata Kotiomkin – diciotto bobine – di cui il professor Riccardelli possedeva una rarissima copia personale». (Non è mai stato chiarito il mispelling de La corazzata Potemkin del regista russo Ejezenstein, che qui è chiamato Einstein: forse questioni di diritti d’autore sovietici?)
Come noto, una sera il Riccardelli esagera: durante la partita Italia-Inghilterra, convoca la visione obbligata del film muto russo, e perquisisce i sottoposti che si erano pure ingegnati nel nascondere ovunque (in un gesso, in bocca) le radioline per ascoltare la partita. Parentesi: una cosa del genere è successa davvero (con probabilità senza che fosse un omaggio fantozziano) durante il Festival di Cannes 2021, quando all’anteprima dell’ultimo film del cinefilo Nanni Moretti ritirarono i telefonini a critici e giornalisti – l’ora proiezione coincideva con la finale degli Europei Italia-Inghilterra…
Vessati dall’élitismo intellettuale per l’ultima volta, gli impiegati della megaditta danno vita ad una rivolta sovranista, capitanata da Fantozzi. Il quale dichiara l’immortale formula: «la corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!».
Vessati dall’élitismo intellettuale per l’ultima volta, gli impiegati della megaditta danno vita ad una rivolta sovranista, capitanata da Fantozzi. Il quale dichiara l’immortale formula:
«La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!».
Seguono immagini di una standing ovation trionfale. La voce fuori campo aggiunge le storiche parole: «novantadue minuti di applausi».
Gli applausi dei colleghi di Fantozzi per la cultura popolare hanno assunto un significato specifico: quando la collettività non tollera più una finzione, quando un’insofferenza taciuta trova sfogo per il coraggio di qualcuno, quando il bambino improvvisamente grida «il re è nudo» – ed è vero, il re è senza vestiti
Gli applausi dei colleghi di Fantozzi per la cultura popolare hanno assunto un significato specifico: quando la collettività non tollera più una finzione, quando un’insofferenza taciuta trova sfogo per il coraggio di qualcuno, quando il bambino improvvisamente grida «il re è nudo» – ed è vero, il re è senza vestiti.
I 92 minuti di applausi sono l’espressione che, nei discorsi, preludono ad una rivoluzione, quantomeno delle percezioni: è quando un’imposizione illogica, inumana, accettata solo per sottomissione collettiva, d’un tratto crolla.
Quindi, non è possibile in alcun modo pensare alla rivolta di Fantozzi contro il potere del megadirettore Guidobaldo Maria Riccardelli, quando leggiamo oggi degli applausi scroscianti verso il discorso del neo-vetero-ex-ri-presidente della Repubblica appena reinsediatosi (dopo essersi deinsediato, con tanto di trasloco, vero o fittizio secondo alcuni, iniziato alla volta della Sicilia).
Apprendiamo che il discorso del nuovo già presidente è stato applaudito dai parlamentari 55 volte.
I giornali ci stanno facendo i titoli.
Il Corriere manda in stampa anche un inedito applausometro presidenziale, spalmato diacronicamente con infografica ricca di icone di manine.
Il lettore cerchi di leggere la seguente lista facendo andare nella testa l’enfatica voce del narratore di Fantozzi.
Presidente Alessandro Giuseppe Antonio Pertini detto Sandro, 6 applausi.
Presidente Francesco Maurizio Cossiga, 9 applausi.
Presidente Oscar Luigi Scalfaro, 14 applausi.
Presidente Carlo Azeglio Ciampi, 19 applausi.
Presidente Giorgio Napolitano primo giro, 29 applausi.
Presidente Giorgio Napolitano secondo giro, 32 applausi.
Presidente Sergio Mattarella prima elezione, 40 applausi.
Presidente Sergio Mattarella seconda elezioni, 40 applausi.
Il numero degli applausi cresce aritmeticamente ad ogni elezione, quasi a significare la rotta della Repubblica verso il presidenzialismo o, se volete pensarla male, l’indebolimento del Parlamento – della democrazia rappresentativa – e la conseguente ricerca di una figura forte
Il dato, di per sé, è già interessante: il numero degli applausi cresce aritmeticamente ad ogni elezione, quasi a significare la rotta della Repubblica verso il presidenzialismo o, se volete pensarla male, l’indebolimento del Parlamento – della democrazia rappresentativa – e la conseguente ricerca di una figura forte di riferimento (non vogliamo dire «uomo forte», no).
Quello che ci lascia basiti è che il record di applausi ad un presidente che proviene dalla Prima Repubblica (e da un partito perdente alle elezioni) è scattato in un Parlamento dove il primo partito era accusato di essere «populista», e ha preso i voti per dimostrata, sonante allergia a certe balle del potere.
Il secondo partito – il cui capo prima nel 2015 disse che «Mattarella non è il mio presidente» – invece è definito, oltre che populista, sovranista. Ancora peggio. L’Economist poco dopo scrisse che il ragazzo lombardo era «l’uomo più pericoloso d’Europa».
Di fatto, Mattarella tentennò quando si trattò di permettere un governo, nel 2018, con questi soggetti.
Ricordate? Ad una certa, spuntarono gli incontri, con foto sorridenti, di Mattarella con Cottarelli.
La narrazione per cui La corazzata Kotiomkin è un capolavoro deve rimanere in piedi, nonostante gli abusi, le vessazioni, le contraddizioni le offese insopportabili
Ricordate? Il presidente, mentre Lega e 5 stelle scalpitavano, era arrivato a dire «fiducia a governo neutrale o voto entro autunno». Vi sembra un universo parallelo? Vi riportiamo la cronaca che ne fece La Repubblica.
«L’Italia ha bisogno di un governo, o appoggiate un esecutivo neutrale ma con pieni poteri pronto a sciogliersi appena nascerà in Parlamento una maggioranza, oppure riportate i cittadini alle urne, ma esponendo a gravi rischi il Paese. Il presidente scioglierà la riserva sul premier incaricato della formazione del governo neutrale entro due giorni, poi si andrà a verificarne la fiducia in Parlamento». (Un qualcosa di simile ad un governo neutrale, con la pandemia, infine è arrivato…)
Ricordate? Di Maio parlava di impeachment. In una telefonata TV a Fabio Fazio, il napoletano grillino, riporta ancora sul suo sito Il Fatto Quotidiano, confermava «che i vertici del M5s stavano ragionando della messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica: “Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va alle urne, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi”».
Tutto è stato ribaltato, rovesciato, invertito. I sani devono essere curati. I malati, invece, non si curano. Le forze dell’ordine si occupano dei cittadini invece che dei criminali. Il razzismo va combattuto con ogni mezzo, ma è lecito discriminare chi non si è vaccinato – a breve anche chi non si è vaccinato abbastanza
L’articolo 90 della Costituzione è qualcosa di pazzesco, di abissale, di completamente inedito per la storia della Repubblica: «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune [cfr. art. 55 c.2], a maggioranza assoluta dei suoi membri».
In pratica, discutevano davvero di impeachment. Non sappiamo dire se poi avrebbero avuto i numeri per farlo. Ma quello era, nella bolgia degli elettori pentastellati aizzati a dovere che su internet si lasciavano andare ad improperi illegali.
I rappresentati che facevano questi discorsi ora si spella le mani in Parlamento, davanti alla stessa figura per cui invocavano l’articolo 90.
Cosa è successo?
Beh, lo sappiamo tutti. Il mondo è cambiato. L’esistenza di tanti eletti grillini pure.
È cambiato tutto anche per noi. Tutto è stato ribaltato, rovesciato, invertito.
Solo una cosa: credono che, quando si volgeranno agli elettori, prenderanno gli stessi applausi?
I sani devono essere curati. I malati, invece, non si curano.
Le forze dell’ordine si occupano dei cittadini invece che dei criminali.
Il razzismo va combattuto con ogni mezzo, ma è lecito discriminare chi non si è vaccinato – a breve anche chi non si è vaccinato abbastanza.
Credono che faranno loro una Ola quei (tanti, tantissimi) cittadini che a causa della Corazzata Kotiomkin hanno perso diritti costituzionali, i diritti umani, e giù giù fino alla perdita del tetto e del cibo, il primo povero gradino fisiologico della piramide di Maslow…
Ieri ci hanno detto che siamo liberi, hanno riaperto tutto: per comprare i giornali che lo dicono dobbiamo esibire il green pass in edicola, al supermercato non è detto che possiamo comprare il giornale, perché è un «bene non essenziale».
Tutto è sottosopra. La democrazia, è sottosopra. In senso letterale: il sotto è completamente soggiogato dal sopra, e in teoria dovrebbe essere il contrario. Anche perché, se invertiamo lo schema della democrazia, sappiamo cosa dobbiamo aspettarci: il totalitarismo, la schiavitù. Malattie metastoriche verso le quali, per decenni, siamo stati vaccinati con dosi multiple, continue. E invece…
Così, anche gli applausi rivoluzionari di Fantozzi sono perduti. La carica politica del ragioniere è stata invertita.
La narrazione per cui La corazzata Kotiomkin è un capolavoro deve rimanere in piedi, nonostante gli abusi, le vessazioni, le contraddizioni le offese insopportabili.
La corazzata Kotiomkin va applaudita: è ad essa, non alla verità, che devono andare i 92 minuti di battimani.
Credono davvero che il popolo si guarderà un’altra volta la Kotiomkin?
Solo una cosa: credono che, quando si volgeranno agli elettori, prenderanno gli stessi applausi?
Credono che quella parte della popolazione, che ha rigettato La corazzata Kotiomkin sin dai primi mesi del biennio pandemico, riserverà loro cori di approvazione?
Credono che faranno loro una ola quei (tanti, tantissimi) cittadini che a causa della Corazzata Kotiomkin hanno perso diritti costituzionali, i diritti umani, e giù giù fino alla perdita del tetto e del cibo, il primo povero gradino fisiologico della piramide di Maslow…
Credono davvero che il popolo si guarderà un’altra volta la Kotiomkin?
Credono davvero che resteremo schiavi delle loro cagate?
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Referendum sul divorzio 2025: quello di sindacati e compagni dalla realtà

Il referendum sul lavoro dipendente e l’invasione migratoria è fallito, tuttavia quello sul divorzio 2025 è riuscito: possiamo dire, senza ombra di dubbio, che non andando a votare gli italiani hanno ratificato il divorzio dalla realtà di istituzioni, enti, corpi sociali, vescovadi ed interi partiti politici.
Il mondo reale, ora è certificato democraticamente, è separato totalmente dai cascami sovietici della grande mangiatoia repubblicana: nessuno ha votato per i loro quesiti. Anzi andiamo oltre: nessuno sapeva davvero quali fossero.
Non è stato captato interesse, nessuno davvero, per il referendum – e questo al di là del fine settimana al mare. Attorno a me, non solo non c’è una persona che sia andata a votare, ma nemmeno che sapesse per cosa si votasse.
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Ognuno ha capito, senza bisogno di tante spiegazioni, che erano fisime sul feticcio del lavoro, cose di un mondo che sul serio non esiste più: mentre la gente arranca nella rovina post-industriale, ci parlano di licenziamenti illegittimi, giudici che decidono le indennità di licenziamento per le piccole imprese, contratti a tempo determinato, responsabilità di appaltatori e pure committenti sugli infortuni sul lavoro. Poi la ciliegina: 5 anni di residenza in Italia acciocché gli immigrati divengano cittadini italiani a tutti gli effetti.
Non uno di questi temi – e son dovuto andare a guardarmeli ora, ad urne chiuse, perché anche io ci ero volato sopra serenissimo – pare avere attinenza con la realtà. Non uno sembra essere allineato con il sentimento non solo della classe produttiva (compresi i dipendenti) ma del cittadino quivis de populo: rendiamo gli immigrati che stanno mettendo a ferro e fuoco le città subito italiani?
Maranza al voto? Sì: così poi però, invece che il Partito Maranza, ci troviamo il Partito Islamico – chiunque può fare questo pensiero, chiunque è finito per sentire ed ammettere, e in tutto il pianeta (FPO primo partito in Austria, Le Pen rampante in Francia, AfD in vetta in Germania… e Trump alla Casa Bianca) che la migrazione massiva è un problema da risolvere, non da facilitare.
Tutti lo sanno, tranne la sinistra e i sindacati. I quali, per fare bella figura e spingere sempre più gente a votare, hanno pensato bene pure di farsi vedere che litigano a sangue. Il che vuol dire, il divorzio ce lo hanno anche loro, infra: la parte piddina oramai metamorfosata in partito neoliberale e neoradicale di massa mai poteva votare per l’abrogazione del Jobs act.
Personalmente, mi impressiona non poco la questione dei sindacati. Ininfluenti sul piano politico (il referendum lo sancisce incontrovertibilmente), invisibili sul piano sociale (quante persone conoscete che sono state aiutate da un sindacato?), sono tuttavia realtà ricchissime, dove la cornucopia diviene sempre più visibile sullo sfondo di una società in sfacelo.
Voglio raccontarvi un angolo della mia città, quello dove svetta il palazzotto del principale sindacato, tetro ed eloquente con la sua colata di cemento grigio e il logo rosso che spunta in cielo: poco più avanti, c’era un’edicola, ora c’è uno dei quei buchi pieni di distributori automatici con dentro tutto: bibite, preservativi, cartucce per le sigarette elettroniche, latte, cioccolatini, olio da massaggio (che in realtà ipotizziamo serva agli invertiti, e non per massaggiarsi), cracker, e su tutto le casseforti cibernetiche che fanno da casella postale Amazon, grande simbolo del lavoro in Italia.
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A pochi metri, c’era un negozio di giocattoli e cartotecnica, durato decadi, con il nome di una famiglia cimbra: un posto eccezionale, che conoscevo da bambino, e in cui credo di aver fatto in tempo qualcosa anche per il primo figlio. Ora, invece, c’è una succursale del sindacato – la cui sede, ripetiamo, è lì a trenta metri – ci fanno dentro non so cosa, dalle vetrine si vede un bell’ufficio modernissimo, illuminato anche di notte, con il cartellino «Open» alla porta, neanche fosse un diner americano stile Happy Days.
In breve: il tessuto produttivo italiano è andato, da mo’, in malore: ma il sindacato proprio no. Anzi: può approfittare ed espandere il suo raggio. Ciò non vale solo per le quisquilie immobiliari. Il sindacato, in realtà, da diversi ha lanciato una vera e propria espansione morale. Ecco la crociata al Consiglio d’Europa per cancellare l’obiezione di coscienza sull’aborto in Italia.
Ecco la sollecitudine sui vaccini, che come abbiamo rilevato su Renovatio 21, è iniziata ben prima della pandemia, con ad esempio gli appelli ai pensionati (si allargano proprio: sono lavoratori, i pensionati?) a fare il vaccino antinfluenzale, nonostante in quegli anni ogni tanto sui giornali c’era qualche timido articolo sulla possibilità di qualche lotto assassino… per non parlare dei vaccini pediatrici (anche i bambini non sono lavoratori, ma pazienza), dove quando entrò in vigore la legge Lorenzin nel 2017 ad esempio a Palermo i sindacati lanciarono l’allarme sul fatto che c’erano pochi vaccinatori, bisognava assumere.
Insomma: come da piramide di Maslow, il sindacato è talmente ricco da aver soddisfatto tutti gli strati inferiori (bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, di appartenenza, di stima) e fluttua al vertice, dove può perseguire il fine dell’autorealizzazione: creatività, spiritualità moralità. Non c’è da ridere: questa è la sola spiegazione scientifica che trovo se penso al sindacato che si occupa di libero feticidio e sierizzazioni – e di concertoni rock, i quali, come detto dal poeta oramai lustri anni fa, in effetti hanno un po’ «rotto i coglioni».
Il sindacato è come un vecchio aristocratico, un nobile di quelli stile Gattopardo: il mondo è cambiato totalmente, e in teoria ti rifiuta pure, ma tu sai che invece starai lì, hai la sicurezza della tua ricchezza, e quindi può permetterti di correre dietro al superfluo, le amanti, le speculazioni di pensiero, etc.
Dobbiamo capire che tale nobiltà parassita ha in Italia un colpevole precipuo: la Costituzione. La quale essendo nata da comunisti e da democristiani (cioè, la specie creata in laboratorio da massoni e angloamericani per lasciare libero il passaggio a comunisti e liberali), è leggermente «sovietica», amava dire Silvio Berlusconi, al punto da mettere l’idolatria del lavoro in testa alla Carta stessa, e poi a dettagliare il goscismo istituzionali in altri articoli.
Come l’articolo 39: «L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce».
In pratica, dice la Costituzione più bella dello mondo, sindacato libero! Sindacati per tutti! Ma allora, perché sono così pochi? Perché non sono usciti nuovi sindacati a fare concorrenza a quelli divorziati dalla realtà? Magari ci sono pure: ma non prendiamoci in giro, sappiamo tutti che siamo dinanzi a logiche di feudo, un feudo ultramiliardario, inscalfibile, intoccabile, invincibile.
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Vediamo, tuttavia, che a potersi permettere il divorzio dal reale: ecco che la Carta sovietica d’Italia prevede addirittura la creazione di un ente che talmente tante persone potrebbero definire inutile da farci sopra un referendum – anche quello fallito, forse a causa del giovane borioso premier-genio che aveva accluso il voto per abolire il Senato. Parliamo, ovviamente, del CNEL.
Articolo 99 della Costituzione della Repubblica Italiana: «Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa». Ebbene sì, il CNEL ha copertura costituzionale. Noi, confessiamo apertamente, non abbiamo idea di cosa faccia, e crediamo di non essere gli unici: ma, sapete, nella nostra Repubblica basta la parola «lavoro» e si può fare tutto, tranne obiettare i sieri genici sperimentali.
Un vecchio amico – nel senso, un signore anziano, che dal suo incarico per una grande azienda ne ha viste molte – mi diceva di un conoscente che, per ragioni a caso, era stato messo a fine carriera al CNEL, ed era felicissimo, perché neanche lui capiva bene quale fosse questo lavoro, ma lo stipendio arrivava. Non siamo in grado di verificare questa notizia, tuttavia, un po’ come per i quesiti del referendum 2025, come una immane porzione di popolazione italica non sentiamo l’impulso ad approfondire. Un altro ente, un altro turbine di leggi, uffici, salari, lontani anni luce dalla mia libertà, dalla difficoltà di tirare avanti la carretta tutti i mesi: ma chi davvero ha la forza per pensarci?
È quindi con questa mesta rassegnazione che registro come il divorzio in Italia sia stato approvato per referendum una seconda volta: il divorzio tra le istituzioni sociali – mica scordiamo l’ente sociale chiamato CEI, con il cardinale Zuppi che aveva invitato a recarsi alle urne – e la società stessa, che non vuole più saperne di loro e delle loro proposte, che non sono solo irrilevanti, sono con evidenza nocive, contrarie in tutto e per tutto alla percezione attuale del bene comune.
Lo sappiamo: la rassegnazione non va bene. Ma capiteci: abbiamo paura di dire qualsiasi cosa.
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Il sindacato può comunicare apertis verbis di non voler difendere i lavoratori (per il vaccino mRNA, e magari i soldini del Recovery Fund), può cambiare volti di leader che non ci colpiscono esattamente per il pensiero (il tizio con il diastema, il baffotto bianco, l’occhio mandorlato che scrive le prefazioni dei romanzi di Philip Dick, l’orsetto democristiano, la tizia flemmatica che fuma, quello professorale con gli occhiali spessi e la pelle tra il diafano e il rosso, il sindacalista metalmeccanico professionista), travasandoli poi in larga parte, autista e scorta e quant’altro, alle elezioni politiche per il voto feudale automatico dei soliti partiti della sinistra postcomunista e democristiana.
Come tutto questo non inorridisca i lavoratori, non sappiamo dirlo, ma tuttavia ora sappiamo che inorridisce assai gli elettori. I quali elettori, che non sono principi e conti che possono vivere di rendite politico-costituzionali, dalla realtà non vogliono divorziare, altri, loro non possono.
Come non possono permettersi di avere, a decidere per loro, qualcuno che, come Landini due anni fa, comizia letteralmente a favore del «Nuovo Ordine Mondiale». Cioè ciò che, con nel silenzio se non nel tifo del sindacato stesso, ha distrutto il loro lavoro, la loro famiglia, la loro esistenza.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di Maritè Toledo via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Pensiero
Orban denuncia il piano «progressista» per l’Europa di «sostituire il cristianesimo e la nazione»

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Pensiero
Fico ribadisce il suo sostegno ai valori della famiglia cristiana

Nel corso di un acceso discorso al CPAC Ungheria 2025, il primo ministro slovacco Robert Fico ha sottolineato che continuerà a sostenere i tradizionali valori cristiani della famiglia nel Paese.
Nel discorso del 29 maggio , Fico ha sottolineato che l’essenza della Slovacchia si fonda su migliaia di anni di valori familiari cristiani tradizionali, in particolare sull’idea che il matrimonio sia tra un uomo e una donna e che ci siano solo due sessi, e che si impegnerà a sostenere questi valori sacri. Il primo ministro vanta una lunga storia di affermazione dei valori familiari cristiani e di opposizione al globalismo.
To all our domestic and foreign critics, I have a message: Let our diversity be our strength, not a weakness. pic.twitter.com/jHJfCP9aiF
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) May 29, 2025
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Dopo aver sottolineato di non voler che l’identità nazionale della Slovacchia «si dissolva» a favore dei valori liberali promossi dall’Unione Europea (UE), Fico ha evidenziato i valori cristiani che costituiscono l’identità nazionale del Paese.
«Certamente non intendo sacrificare l’essenza della Slovacchia, che si basa su più di mille anni di tradizione cristiana, (con) la famiglia tradizionale come componente fondamentale della nostra società», ha affermato il primo ministro.
Fico ha inoltre sottolineato il suo sostegno all’emendamento del 2014 alla Costituzione del Paese, che ha confermato la definizione tradizionale di matrimonio, e a un nuovo emendamento proposto dal suo governo, che affermerebbe che esistono solo due generi: maschile e femminile.
«Sono il promotore dell’importante emendamento alla Costituzione slovacca, che definisce il matrimonio come l’unione unica tra un uomo e una donna», ha affermato. «A nome del governo, ho presentato al Parlamento un ulteriore emendamento costituzionale riguardante l’esistenza di soli due sessi».
Fico che sta svolgendo il suo terzo mandato non consecutivo come primo ministro, si oppone da tempo al «matrimonio» tra persone dello stesso sesso e all’ideologia di genere.
Fico ha definito l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso, illegale in Slovacchia, una «perversione». Durante la campagna elettorale per tornare primo ministro nel 2023, Fico ha anche irritato gli attivisti LGBT attaccando la promozione dell’ideologia di genere nelle scuole e la possibilità per le coppie dello stesso sesso di sposarsi legalmente.
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«L’ideologia di genere nelle scuole è inaccettabile e il matrimonio è un’unione unica tra un uomo e una donna», ha affermato in uno spot elettorale. «Non sarò mai un sostenitore del fatto che le persone LGBTQ possano sposarsi, come avviene in altri Paesi», ha affermato Fico durante una conferenza stampa.
Il primo ministro ha anche criticato i vaccini anti-COVID , mettendo recentemente in guardia dalle scoperte degli esperti sulla contaminazione del DNA nei vaccini e sugli altri rischi per la salute associati alle iniezioni sperimentali. Nel 2024, Fico, assieme a tanti depuati slovacchi, annunciò che il Paese non avrebbe sostenuto l’accordo pandemico globalista proposto dall’OMS, che il primo ministro criticò definendolo «un’assurdità» che «poteva essere inventata solo da avide aziende farmaceutiche, che avevano iniziato a percepire la resistenza di alcuni governi contro la vaccinazione obbligatoria».
Pochi giorni dopo questo annuncio, Fico venne colpito da un fallito tentativo di assassinio. Per quell’ora, Fico aveva reso ampiamente nota la sua posizione su COVID e vaccini.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Fico ha lanciato un sentito allarme sugli effetti del vaccino COVID, parlando di «gravi risultati». Un anno fa Fico aveva ordinato un’indagine sulla risposta al COVID-19 e sui vaccini, notando gli oltre 21.000 morti in eccesso dal 2020.
Come riportato da Renovatio 21, Fico e il presidente serbo Aleksandr Vucic sono stati gli unici alti funzionari europei a partecipare alla parata del 9 maggio sulla Piazza Rossa.
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