Pensiero
L’educazione sessuale come «educastrazione»
La notizia la leggiamo sepolta dentro un’intervista del quotidiano La Verità al presidente della Società Psicoanalitica Italiana, cioè al capo dei seguaci di Freud – autore divenuto, nell’era del gender, lettura mostruosamente proibita. Parlando della follia dei bloccanti alla pubertà inflitti ai bambini – la famosa triptorelina offerta gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale – Sarantis Thanopulous sgancia en passant un dato clamoroso:
«La sessualità è seriamente repressa. È usata come dispositivo eccitante e antidepressivo o come calmante, ma sotto lo spettacolo in superficie si diffonde l’astensione dalla profondità del coinvolgimento erotico profondo» commenta. «Tra il 1991 e il 2021 la percentuale degli adolescenti americani che durante le High School hanno fatto l’amore almeno una volta è scesa dal 60%al 30% (dati ufficiali del governo americano)».
Fermi tutti. Cosa ci dice Thanopulous? Che i giovani figli della società laica americana, dove pure si è creata una vaga antropologia della perdita della verginità legata al ballo di fine anno del liceo, non si accoppiano più?
La questione è gigantesca, e riguarda, in verità, tutto l’Occidente moderno: in un mondo dove il sesso è stato detabuizzato, dove le oscenità e le perversioni vanno a finire persino in TV, in radio, a Sanremo, dove la pornografia è destigmatizzata e ubiqua, dove le pornostar diventano modelli di vita, la gente copula di meno?
E ancora: adesso che la cosiddetta «educazione sessuale» viene imposta nelle scuole fin dalla più tenera infanzia, per rendere tutto esplicito, visibile in ogni dettaglio, accessibile sempre, e così demolire a forza l’innato senso del pudore, davvero i ragazzi fanno l’amore meno di quelli che erano cresciuti nel rigoroso silenzio del sesso, con i gettoni telefonici in tasca al posto degli smartphone?
Pare, secondo la statistica, che sia davvero così: il sesso liberato genera meno sesso. È una clamorosa eterogenesi dei fini, in apparenza. In realtà, non lo è affatto.
Tutto questo non nasce dal nulla. È un preciso un impegno istituzionale, continuo e radicatissimo, quello di spingere i giovani alla conoscenza di tutto ciò che riguarda il sesso, magari terminologicamente edulcorando il tema con ritocchi cosmetici orwelliani, come accade con l’etichetta tanto carina dell’«affettività».
Accade ovunque. Prendiamo l’esempio di un prestigioso liceo italiano, dove in tutte le classi nel corrente anno scolastico viene avviato il progetto di Educazione all’affettività e alla sessualità «approvato dal Collegio dei Docenti e realizzato in collaborazione e con il finanziamento del Comitato Genitori».
Si parte dalla lezione su «Emozioni e sentimenti: riconoscere, vivere e raccontare il mio sentire: riconoscere le emozioni e riconoscerle nel corpo», per arrivare presto a quella su «Anatomia sessuale: piacere, strutture biologiche esterne ed interne: la mia rappresentazione dei genitali», nella quale bisogna «creare un clima di condivisione e di confronto, anche in assenza dell’esperto, affrontare l’imbarazzo e conoscere e ri-conoscere le strutture anatomiche dei genitali esterni ed interni adibite al piacere e alla salute sessuale». Per familiarizzare col tema «ognuno disegna i genitali esterni maschili e femminili. Si disegnano insieme alla lavagna, analizzando l’anatomia genitale insieme, confrontandosi e lasciando spazio di espressione e dialogo ai ragazzi».
Non è impossibile pensare che tali discorsi anatomici possano causare, nei maschietti, tracolli di testosterone se non disfunzioni erettili conclamate.
Consapevoli del disagio che possiamo causare al lettore con la seguente citazione (della citazione), dopo averci pensato a lungo, ci sentiamo tuttavia di riportare un brano del Di[zion]ario erotico, bizzarro libro uscito lustri fa, del giornalista e scrittore Massimo Fini, perché rappresenta perfettamente ciò che potrebbe toccare ai giovani studenti. Si tratta di una lunga descrizione tecnica, tratta dall’Espresso, delle dinamiche biomeccaniche e biochimiche che investono l’organo maschile sottoposto a stimolo erotico: «”Lungo è il cammino che porta lo stimolo sessuale dall’ipotalamo (la zona del cervello dove ha sede l’eros) al muscolo liscio del pene causandone il rilassamento e il conseguente riempimento di sangue delle arterie che lo irrorano (l’erezione). A portare il messaggio al pene sono i trasmettitori che viaggiano lungo il midollo spinale fino ai nervi periferici situati nel pene. Qui, prima dell’arrivo del messaggio erotico, la situazione è tranquilla: il muscolo del pene è teso e arterie e vene fanno scorrere il sangue liberamente. Ma quando il neurotrasmettitore arriva col suo messaggio di eccitazione, le migliaia di caverne che formano il muscolo si rilassano, le spugne del tessuto si gonfiano di sangue, le arterie si dilatano e irrigano i corpi cavernosi e le vene bloccano il riflusso sanguigno mantenendo l’erezione. Uno dei messaggeri chimici che il cervello invia al pene è l’ossido di azoto che viene trasportato nell’organo genitale da un enzima, il GmpC. È questo enzima che induce l’erezione e, dopo l’orgasmo, viene distrutto da un’altra molecola, il Pde5, che ha il compito di ripristinare la quiete” (L’Espresso, 17 giugno 1999)».
L’autore quindi commenta: «È chiaro che dopo questa lettura terrorizzante uno il cazzo non se lo ritrova più, tanto è diventato piccolo, ci vuole la pila».
«La modernità – leggiamo ancora nel libretto finiano –, con la sua pretesa di illuminare tutto, spiegare tutto, smontare tutto, vivisezionare tutto, destrutturare tutto, ha tolto anche al sesso il mistero e quindi l’incanto. Il sesso vuole zone d’ombra, passaggi sconosciuti e mente sgombra da troppe elucubrazioni. “Il cazzo non vuole pensieri” dicono saggiamente i napoletani». Ancora: «il corpo funziona in base a certi automatismi di cui quello sessuale è uno dei più delicati. Per molte cose l’ignoranza è meglio della conoscenza. Se io mi metto a pensare intensamente al meccanismo che mi fa camminare mi paralizzo».
Torniamo ai programmi di «affettività» del prestigioso liceo. Un ulteriore incontro si intitola «Valori e norme interpersonali contrastanti in famiglia e nella società: il corpo delle donne» si tratterà di «potenziamento del pensiero critico, della libertà di scelta; legittimare la libertà di scelta e di pensiero. Identificare stereotipi e pregiudizi di genere». Possiamo immaginare di cosa si tratti questo fervore a favore della «scelta» (ci basta tradurre in inglese: pro-choice), ed è interessante che si tirino fuori, così, esplicitamente, gli eventuali contrasti tra quanto si respira in famiglia e l’aria che tira nella società.
Non accade solo dei licei. Anche le scuole inferiori sono oramai zeppe di pratiche di riprogrammazione psicosessuale dei bambini.
Raccogliamo storie da una chat di genitori sempre più sconvolti.
«Il mio l’ha fatto in terza media. Solo il primo incontro poi l’ho tenuto a casa. Ha portato a casa dei disegni che a momenti vomitavo io. Passando oltre ai soliti genitali descritti con minuzia, addirittura una partoriente con bimbo mezzo fuori in veduta frontale. Vi lascio il tempo di visualizzare e vomitare» dice una madre disgustata. «Ditemi a cosa serve in terza media sapere esplicitamente come nasce un bambino. L’avessi visto io alla sua età manco avrei fatto figli». La signora, forse inconsapevolmente, centra alla perfezione il discorso.
L’educazione sessuale, alla pari della cosiddetta «rivoluzione sessuale» (e la sua musica: l’espressione Rock and Roll è di fatto un riferimento osceno al sesso prematrimoniale che i giovani praticavano in auto, magari nei drive in), è stata concepita come strumento di controllo sociale, o meglio, come strumento e sterilizzazione delle masse.
Solo apparentemente si tratta di qualcosa di controintuitivo: più il sesso è libero e disinibito, più diventa centrale nella vita dell’individuo (al punto da generare minoranze), più ne sono ossessivamente esplorati, indagati, esaminati i meccanismi, meno è gioioso e fecondo. Semplicemente viene abbattuto il suo slancio vitale.
La «rivoluzione sessuale» del resto viene introdotta, casualmente, proprio quando compaiono sul mercato ormoni steroidei in grado di sterilizzare la donna (la pillola, dei cui allucinanti effetti collaterali si parla solo ora) e mentre spuntano leggi che, nei vari ordinamenti, permettono di sbarazzarsi degli effetti indesiderati della sessualizzazione precoce e totale, ovvero con la legalizzazione dell’aborto.
Più sesso, meno popolazione. Una contraddizione solo apparente. Ora i dati raccontano che si è andati ben oltre: più educazione sessuale, più pornografia, meno sesso.
Con ciò certamente il padrone del vapore vuole degradarci e umiliarci, e il sesso disordinato è una tecnica sublime per farlo. Ma non è questa la cosa che gli importa di più. Vuole, soprattutto, la diminuzione della popolazione sulla terra. E ci sta riuscendo. Sessualità, omosessualità, transessualità, polisessualità, sono tutti strumenti per contrarre le nascite.
A rivoluzione sessuale (anzi omotransessuale) pienamente compiuta, ci tocca usare una parola coniata da Mario Mieli, tratta da un suo famigeratissimo passo – che non ripeteremo – contenuto nel suo libro-manifesto Elementi di critica omosessuale: «educastrazione». E tocca persino ringraziare per lo spunto. Grazie, Mario!
È un fatto. L’educazione sessuale è precisamente questo: educastrazione. L’educazione sessuale è di fatto un anticoncezionale. Un modo per allontanare l’essere umano non solo dalla riproduzione, ma perfino dal sesso in generale. Un sistema di controllo biologico fatto per interrompere la vita con i suoi processi.
Del resto, nella follia dei cambi di sesso promossa presso i giovani, le castrazioni sono materialmente una pratica centrale. Gli educastrati, imbottiti di ormoni sintetici e mutilati delle parti intime (quelle mostrate loro con perizia alla lavagna) non faranno figli. Ma ne faranno meno anche quelli che semplicemente si sono sciroppati a scuola anni di letteratura biomedica sul membro, con gli effetti anatomo-patologici di cui parlava più su il Fini.
Il progetto è tutto qua ed è chiarissimo. Chi combatte la vita vuole riportarvi all’inorganico – quindi non solo darvi la morte, ma evitarvi la riproduzione.
Se per realizzarlo devono distruggere i magici tremori dell’adolescenza – viva la mononucleosi! – di milioni di esseri umani, pazienza: l’hanno già fatto chiudendoli in camera per due anni in compagnia di un schermo elettronico.
Ora si tratta di capitalizzare il disagio prodotto e di ingranare un cambio di marcia, e accelerare sull’autostrada diretta verso un inferno dove la tangenziale della fornicazione corre il rischio di restare deserta, o chiusa per sempre.
RDB
EF
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I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo
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«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.
Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.
«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».
Silenzio sacro
Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.
Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra
Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.
La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.
È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.
È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…
Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».
Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».
«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».
LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».
Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.
Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.
La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.
Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».
«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.
«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».
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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.
E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?
Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.
Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.
Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.
Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.
Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.
Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.
Roberto Dal Bosco
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