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L’America verso la violenza del monopartito. E l’Italia?

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La rete si è subito scatenata. Il terrificante discorso di Philadelphia di Biden sull’«anima della nazione» è stato ribattezzato «Dark Brandon», dove Brandon è oramai codice gergale per definire Biden e il mandarlo a. (Qualcuno, in effetti, ce lo ha mandato: ad una certa, si sente un coretto…)

 

Il discorso, con il fondo rosso, è stato paragonato a quelli visti al cinema coi dittatori di Guerre Stellari o V for Vendetta. Qualcuno ha parlato di un’immagine dall’inferno: il rosso si stagliava al punto sul nero che, non è uno scherzo, la CNN lo ha in diretta virato più verso il rosa, che è più rassicurante e LGBT-friendly.

 

A noi, più concretamente, il tutto ricordava incontrovertibilmente le potenti architetture di luce di Albert Speer, l’architetto del III Reich.

 

L’elemento marziale del quadro aggiungeva un tocco ancora più disturbante: in una deviazione dalla tradizione dei discorsi presidenziali – e questo lo era, a tutti gli effetti: non il discorso elettorale, ma una comunicazione diretta della Casa Bianca – ecco due Marines in alta uniforme ai lati del Dark Brandon.

 

Proprio così: due miliziani del corpo militare più duro posti accanto al presidente. Non si era mai visto. Il messaggio è chiarissimo.

 

Chiarissimo è stato, tuttavia, anche il discorso letto sul gobbo dal vegliardo del Delaware.

 

Come ha riassunto Sky News, «Joe Biden ha “effettivamente dichiarato guerra” a metà dell’America».

 

«I repubblicani MAGA… abbracciano la rabbia. Vivono nel caos. Vivono non alla luce della verità, ma all’ombra della menzogna» ha proclamato il presidente americano. Ombra, menzogna, rabbia… sta parlando di demoni? La scenografia ci farebbe propendere per il sì.

 

Nonostante i tentativi di Biden all’interno dello stesso discorso di separare i repubblicani tradizionali (cioè quelli corrotti e compromessi, o quelli che chiamano RINO, «repubblicani solo di nome») dai trumpiani ora chiamati «Maga republicans», sappiamo bene che la minaccia è rivolta a chiunque non ha votato per lui.

 

Perché praticamente tutti i candidati sostenuti da Trump hanno vinto le primarie di partito: quindi, dei «repubblicani tradizionali» non resta più nulla, chiedete a Liz Cheney. E 73 milioni di persone hanno votato Donald Trump nelle famigerate elezioni del 2020: più voti di quanti ne prese Obama, ma 7 milioni in meno del presidente più votato di sempre, Joe Biden, i cui voti peraltro sono arrivati nelle ore successive alle votazioni.

 

Quindi, Biden ha dichiarato guerra alla minoranza politica (se credete ai risultati elettorali oppure non volete essere bannati dai social) americana? Ha dichiarato guerra all’intera popolazione che non lo vota?

 

Sì, possiamo dire che lo sapevamo già da tempo. Perché chi non si conforma, oggi, è un problema sistemico da eliminare, piallare via per sempre. L’accusa è radicale: non la pensi come me, sei una minaccia allo Stato stesso.

 

«Donald Trump e i repubblicani MAGA rappresentano un estremismo che minaccia le fondamenta stesse della nostra repubblica», ha avuto il coraggio di dire (cioè, leggere dal teleprompter) Biden, aggiungendo che i MAGA «accendono le fiamme della violenza politica».

 

Chi legge Renovatio 21 sa che questa non è una novità. Lo abbiamo visto in questi anni, e da subito. Una delle prime cose che Biden fece una volta entrato in carica fu lo spostamento dell’attenzione delle agenzie di sicurezza verso i domestic terrorist: cioè, il problema non era più al-Qaeda o l’ISIS (che del resto pochi giorni fa a Kabul colpisce l’ambasciata russa, che coincidenza), ma gli «estremisti» interni. I bianchi suprematisti, i bianchi bigotti, i bianchi tout court o, più semplicemente, i genitori dei bambini a scuola, che rifiutano con veemenza l’indottrinamento dei loro figli a base di gender e nuovo razzismo. Ai genitori degli studenti che osano protestare, ricordiamolo, Biden ha mandato addosso l’antiterrorismo. Sul serio.

 

Non è uno scherzo: lo shift è avvenuto, e da un pezzo. Il dissenso è visto come minaccia radicale, da estirpare senza pietà. L’incredibile raid dell’FBI a Mar-a-Lago, per sequestrare documenti all’ex presidente Trump, va in questa direzione – non c’è trattativa di sorta con l’altra parte, bisogna eliminarla, cancellarla, resettarla. E basta.

 

«I repubblicani MAGA non rispettano la Costituzione, non credono nello stato di diritto… Promuovono i leader autoritari». E chi sarebbero i leader autoritari? Orban, di cui praticamente è proibito parlare in America dopo che Tucker Carlson lo ha intervistato? Oppure è un riferimento a Trump? Oppure sta parlando direttamente di Putin, che magari, nonostante il tentativo fallito di incolparlo per inflazioni e prezzo della benzina alle stelle, sanno essere più popolare di quanto si creda negli USA?

 

Qui l’unico leader autoritario, per quanto possa sembrare pazzesco visto che si tratta di un vecchio con la demenza senile, parrebbe essere Biden.

 

O meglio, autoritario è il sistema che lo ha messo lì: chiamiamolo Deep State, chiamiamolo Swamp (la «palude»), chiamiamolo Permanent Washington, chiamiamolo «la Cattedrale» (come fa Curtis Yarvin), chiamiamolo complesso militare-industriale, o una somma di tutto questo, che si esprime nei pupari prima facie Ron Klain, Barack Obama etc., cioè coloro che hanno il vero potere oggi alla Casa Bianca. Il vero presidente è chi scrive il teleprompter, cioè il gobbo del presidente, ha detto ieri il futuro candidato presidenziale (e probabile parte del ticket repubblicano finale) governatore della Florida Ron De Santis.

 

Costoro, a dispetto del loro burattino sempre più imbarazzante, stanno costruendo un Paese autoritario davvero: un’autocrazia, nel vero senso della parola. Dissentire, in America, diverrà impossibile: il biennio del COVID, con discriminazioni alienanti e libertà della parola sancita dalla Costituzione distrutta per sempre, sta qua ad indicarcelo.

 

È cos’è una delle prime cose che accadono in un’autocrazia? Beh, qui la storia dà tanti esempi: su tutti, c’è l’imposizione del monopartito.

 

Un partito unico che decide tutto, che si fonde con lo Stato stesso – uno Stato-partito, dove la scelta elettorale per qualsiasi altro movimento, qualora venga lasciato cosmeticamente in vita, è risaputa essere una cosa inutile.

 

L’Italia fascista (proprio lei) aveva l’assetto monopartitico. Ce lo aveva l’URSS. Ce lo aveva anche la Germania nazista, dove lo Stato-partito a tal punto si identificava con la Nazione e la Repubblica che la bandiera del partito divenne bandiera del Paese. In ognuno di questi esempi, il dissenso sappiamo come veniva trattato. E sappiamo con che velocità sono stati eliminati tutti gli altri gruppi politici, compresi quelli che pure magari avevano propositi simili.

 

Il lettore avrà capito che c’è un esempio recente ancora più impressionante di Stato partitico. No, non parliamo dell’Emilia-Romagna piddificata, di cui abbiamo già detto in passato.

 

Ci riferiamo, ovviamente, al capolavoro dello Stato-partitico che è la Repubblica Popolare Cinese. Il Partito Comunista Cinese decide qualsiasi cosa – dall’economia agli affari militari, fino al numero di figli che puoi avere (quelli in più li ammazziamo, o ti multiamo, o tutt’e due) – e si identifica di fatto non solo con la politica cinese tutta, ma con lo stesso Regno di Mezzo.

 

Abbiamo sentito Mario Monti, di recente, lodare la leadership pechinese, parlare di quanto bene sono formati, selezionati, istruiti i quadri. Ancora una dimostrazione di come quello che 11 anni fa ci avevano venduto come un «professore» pieno di «competenza» forse non è esattamente come ce lo dipingevano: caro Monti, l’unica cosa che conta, per la classe dirigente in Cina, e per il potere in generale, è la distanza che si ha da una manciata di famiglie facenti parti dell’aristocrazia del PCC, dove il nonno magari ha fatto la Lunga Marcia con Mao, cose così.

 

Xi Jinping è figlio di Xi Zhongxun, già vicepremier con Deng, uomo che istituì le zone ecnomiche speciali. Il suo è l’esempio più alto, assieme a quello di Bo Xilai, il sindaco di Chongqing ora in galera dopo una trama di spionaggio con contorno di morto britannico. Sono in politica il figlio e la figlia di Deng, il figlio di Zhou Enlai, il nipote di Mao, che è generale dell’Esercito di Liberazione Popolare.  Il loro gruppo è chiamato Taizidang, «principi ereditari di partito». Una lista dei principini principali conta qualcosa come 226 voci.

 

Sì, la Cina è un’aristocrazia monopartitica.

 

I rampolli dei principini non di rado finiscono invischiati in storiacce, Ferrari accartocciate in incidenti, droga, morti, etc. Nessuno però li tocca, nessuno in realtà ne parla. Perché, nello Stato aristo-monopartitico, non c’è altro potere se non quello delle loro famiglie, cioè quello del Partito, che non è – come non lo è ovunque nel mondo – un insieme di persone accomunate da ideali, ma un consorzio di interessi di clan.

 

Quando pensate ad Hunter Biden, alle cose incredibili contenute nel suo laptop – e non parliamo solo di selfie drogastici e di autopornografia estrema, ma di prove del coinvolgimento della famiglia Biden in affari loschi e potenzialmente molto illegali – dovete tenere a mente quanto abbiamo scritto sopra. Del resto Hunter, cioè la famiglia Biden, faceva affari con la Cina, qualcuno dice perfino con operativi direttamente legati al clan Xi.

 

Gli USA si stanno sinizzando? La Casa Bianca sta diventando sempre più una Città Proibita? Le 50 stelle della bandiera americana possono diventare 5 come in quella della RPC?

 

Sì, il monopartito alla cinese – autocratico, aristocratico, totalista – è stato oramai dichiarato definitivamente.

 

E non c’è scampo alla conseguenza più logica ed immediata che avrà il monopartito: la violenza.

 

Perché lo Stato-partito non può accettare alcun potere oltre al suo, pena il crollo della sua raison d’etre principale presso il popolo: ascoltami, votami, obbediscimi perché ci sono solo io.

 

È del tutto possibile, a questo punto, che la Seconda Guerra Civile americana non sarà iniziata dai buzzurri delle militias degli Stati dell’America interna, dove ancora oggi è un tripudio di cappelli rossi MAGA.

 

A iniziare la Guerra Civile sarà con probabilità l’establishment. Certo, magari useranno un false-flag, o chissà quale altra provocazione. Ma la funzione dell’operazione a questo punto deve essere chiarissima: è un’epurazione, un genocidio, un «democidio», dice qualcuno.

 

Perché alla fine non due partiti in lotta, a quanto dice Biden: c’è, da una parte l’establishment di Washington (i politici, i produttori di armi, l’esercito, la CIA, l’FBI, gli interessi del grande capitale finanziario), che si esprime di facciata con un Partito che dice «noi siamo la democrazia, noi siamo gli USA»; dall’altre, settanta e passa milioni di persone di cui non viene più considerata la rappresentanza parlamentare e politica – contro di essa, anzi, vengono fatti raid in casa.

 

Sappiamo anche che il 6 gennaio è stato di fatto un test che il sistema ha organizzato per fare una valutazione riguardo alla Guerra Civile: siamo convinti della teoria di quanti sostengono che il vero obbiettivo della insurrezione di cartapesta del 2021 (per la quale sono ancora in galera, in isolamento, diverse persone…) non fosse né Trump né il suo popolo, ma l’esercito. Una Patriot Purge, la «purga dei patrioti».

 

Il 6 gennaio sarebbe servito come cartina tornasole per capire dove si sarebbero posizionate le forze armate USA in caso di rivolta. Sarebbero state con Trump (ricordate, quelle strane toppe con la Q che comparivano sulle divise dei soldati…) o avrebbero obbedito a generali come Milley (che in quelle ore telefonava a generali cinesi dicendo che nel caso Trump avesse dato l’ordine di attaccare la Cina lui non l’avrebbe fatto: in pratica, un golpe) già compromessi con la mafia democratica della Washington permanente?

 

Il risultato del test lo conosciamo: i militari non si sono uniti alla popolazione. Eliminato per via giudiziaria Flynn (a cui hanno pure cancellato il conto in banca) non sembra che nessun’altra personalità militare americana fosse in grado di guidare i ragazzi in un ammutinamento. E il 7 gennaio, si racconta, nelle basi d’America tutte le automobili dei soldati avevano adesivi mancanti: avevano fatto sparire il teschio, l’aquila dalla testa bianca, lo slogan trumpista, in alcuni casi addirittura la bandiera americana.

 

Ora che lo Stato profondo può contare saldamente sulla base militare, è chiaro che piani di distruzione dell’eventuale opposizione popolare sono stati fatti. Ricordiamolo: l’opposizione popolare americana è, grazie al Secondo Emendamento della Costituzione, assai armata. Tuttavia, essa non può competere al livello di distruttività tecnologica che possiede l’esercito USA.

 

Non sappiamo nulla di piani del genere, ma possiamo immaginare: dopo tanta pratica in Afghanistan negli anni di Obama a far saltare centinaia di persone ai matrimoni fra le montagne, il programma dei droni (diretto dalla CIA) potrebbe essere impiegato anche sul territorio nazionale.

 

In pratica, in una eventuale conflitto interno USA, i dissidenti armati potrebbero fare come i partigiani di Alba Rossa, e salire sulle montagne rocciose, nascondersi nelle foreste di sequoie, sparire nei deserti, inabissarsi in qualche paesino sperduto: sarebbero, tuttavia, scovati e disintegrati all’istante grazie ad un robot assassino volante. Aspettando, come ricordiamo spesso su Renovatio 21, non solo il robot-killer aereo, ma anche il robocane assassino, o quello che sarà.

 

La Seconda Guerra Civile americana è stata predetta da tantissimi in questi mesi. Noi aggiungiamo qualcosa di scioccante: essa potrebbe essere l’unica via di fuga alla situazione di stallo in cui è finito il pianeta. Con gli USA che rivolgono la loro attenzione all’interno invece che all’esterno, le questioni in Ucraina, in Medio Oriente e a Formosa si risolvono in velocità.

 

(Era già successo con l’altra guerra civile, 150 e passi anni fa: Washington muoveva qualche pedina in Mediterraneo per favorire, ovviamente, Garibaldi: la guerra lasciò libero il campo del nostro Risorgimento ai soli inglesi e ai loro minions massonici come Mazzini & Co.)

 

Tuttavia, la Seconda Guerra Civile non può essere vinta dal popolo americano, se non ad un prezzo di sangue infinito, e con alla base una determinazione in grado di farla durare anni e anni. Perché la Bestia di Washington non si farà abbattere con facilità, e non a scrupoli a spargere il sangue del suo popolo, anzi ricordiamo quanti dicono che essa è fondata su un demone che chiede proprio quello, sempre e comunque, nei secoli.

 

E noi? Beh, lo sappiamo, neanche l’Italia è così lontana dal monopartito e dai processi derivati, come non lo sono la Francia, la Germania. Le nostre elezioni, dove in pratica non esiste un partito che sarà rappresentato che si discosta da green pass e attacco alla Russia, stanno ad indicarcelo precisamente. Ma, ripetiamo, è così ovunque. Lo abbiamo visto.

 

Si tratta di una riga di codice che hanno inserito nel sistema operativo di tutto il mondo moderno: sacrifica la minoranza, distruggi il diverso, cancella l’altro da te, resetta il quadro precedente. Odia chi dissente.

 

Tutti devono obbedire – lo dice la Scienza, lo dice la Democrazia, lo dice il Cambiamento Climatico, lo dice l’Ucraina.

 

Sottomettiti. Ti daremo qualche cosa da mangiare, la libertà di drogarti ed essere sodomizzato (i «diritti» del vaiolo delle scimmie), più qualche soldino suo tuo portafogli di euro digitali – sempre che non siano le ore, più o meno concordate, del blackout.

 

La polarizzazione della società è oramai irreversibile. E no, non l’abbiamo voluta noi. Non l’hanno voluta neanche loro, i vicini con la mascherina e la bandiera ucraina fuori dalla finestra.

 

È un disegno. È stato pensato per distruggerci. È stato pensato per schiavizzarci, terminarci, e più ancora per sterilizzarci.

 

Noi la chiamiamo Necrocultura, la Cultura della Morte. Ora, grazie al discorso di Biden possiamo aggiungere una nuova immagine esplicativa al suo album fotografico.

 

Ringraziamo Necro-Brandon, i suoi sceneggiatori, i suoi scenografi.

 

Quindi, infine, ci uniamo anche noi al coro: «Let’s go Brandon»

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine da Twitter, modificata

 

 

 

 

 

Scuola

«Volontariato» satanista nelle scuole pubbliche: Carducci gode

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Le scuole pubbliche in Florida potrebbero presto essere invase da membri del Tempio Satanico, poiché il governatore Ron DeSantis ha lanciato un appello per più consulenti scolastici in seguito alla firma di una legge statale che consente ai cappellani religiosi di entrare nelle scuole pubbliche a causa della carenza di personale.

 

Il disegno di legge 931, entrato in vigore questo luglio, consente alle organizzazioni esterne di fornire «ulteriore consulenza e supporto agli studenti». DeSantis ha chiarito che la legge è intesa come un mezzo per reintrodurre legalmente i valori cristiani nell’istruzione pubblica.

 

Tuttavia, il disegno di legge ha lasciato l’attuazione dei programmi di cappellania ai singoli distretti scolastici e richiede alle scuole solo di elencare la religione del volontario «se ne ha una».

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La nota organizzazione chiamata Satanic Temple («Tempio Satanico) vede questa come un’opportunità per sfidare il favoritismo incostituzionale verso il cristianesimo. Il co-fondatore e portavoce del Satanic Temple, Lucien Greaves, ha sostenuto che se ai cappellani cristiani viene concesso l’accesso agli studenti, allora dovrebbe esserlo anche ai loro membri, per mantenere la separazione tra chiesa e stato.

 

«Ci sono teocrati che spingono sempre più in là, firmando leggi incostituzionali e realizzano che non ci sono conseguenze», ha dichiarato il Greaves. «Stanno dando a tutti l’impressione che questo tipo di cose siano legali, che questo è solo l’ambiente in cui viviamo. E in questo modo, stanno davvero desensibilizzando le persone a quando queste cose hanno effettivamente effetto, o quando sono sostenute da un giudice corrotto che sta solo giocando a politica di parte».

 

Il Greaves, riconoscibile per l’occhio di vetro non esattamente rassicurante, ha assicurato che non ci sono piani per introdurre studi sulle arti oscure o rituali satanici nelle aule scolastiche. Al contrario, dice, il Satanic Temple vede Satana come un simbolo di ribellione e resistenza all’autoritarismo, e i volontari del Satanic Temple useranno presumibilmente le loro piattaforme per denunciare chiare violazioni della separazione tra chiesa e stato protetta dalla costituzione.

 

Si tratta delle posizioni di quello che è classicamente definito come «Satanismo razionalista», sul solco del pensiero massonico di personaggi come il premio Nobel Giosuè Carducci, il cui inno A Satana si trova ancora in vari libri di testo della scuola pubblica italiana a fianco di altri versi da vomito come «la nebbia agli irti colli / piovigginando sale»: poesie da cui la poesia fugge urlando, ma che evidentemente per motivi extraletterari (e cioè massonici, e cioè satanici) sono mandati giù a memoria da generazioni di italiani vittime del canone letterario antireligioso programmato per l’istruzione dell’Italia unita da grembiulini come il critico e storico letterario più volte ministro dell’istruzione Francesco De Sanctis (1817-1883).

 

Passando da De Sanctis a DeSantis, bisogna rilevare che finora almeno nessun distretto scolastico della Florida ha annunciato la propria partecipazione al programma dei cappellani, dato che le scuole sono attualmente in pausa estiva. Tuttavia, Greaves ha affermato che i membri del Satanic Temple sono pronti a fare volontariato una volta che i distretti inizieranno a iscriversi.

 

Il Satanic Temple è riconosciuto come un’organizzazione religiosa dagli Stati Uniti che sostiene il pluralismo religioso e l’uguaglianza dei diritti. Alcune delle sue campagne di alto profilo includono i controversi club del «doposcuola di Satana» e la proposta di installare una statua in bronzo alta sette piedi della divinità occulta Baphomet presso l’edificio del Campidoglio dello Stato dell’Oklahoma a Oklahoma City.

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Durante la firma del disegno di legge ad aprile, DeSantis aveva chiarito che la nuova legge non avrebbe permesso ai membri del Tempio Satanico di prestare servizio come cappellani scolastici.

 

«Alcuni hanno detto che se si fa un programma di cappellani scolastici, in qualche modo, si avranno satanisti in giro in tutte le nostre scuole. Non stiamo giocando a quei giochi in Florida. Non devi preoccuparti di questo», ha detto all’epoca.

 

La Freedom From Religion Foundation (FFRF) ha prontamente pubblicato una dura replica, sottolineando le contraddizioni intrinseche nella premessa del disegno di legge.

 

«È stato avanzato con la promessa che le posizioni di cappellano nelle scuole pubbliche sarebbero state aperte a tutti e che i cappellani avrebbero fornito consulenza spirituale agli studenti che lo desideravano, ma non avrebbero fatto proselitismo o costretto gli studenti ad attività religiose», ha affermato la FFRF. «Quando i distretti scolastici della Florida prendono in considerazione questa nuova legge, ora sanno che quelle promesse erano false».

 

«Se non ci si aspetta che i cappellani impongano la loro religione agli studenti, perché DeSantis e altri dovrebbero essere così preoccupati di escludere i cappellani dalle religioni minoritarie sfavorite?» ha continuato la FFRF. «La garanzia che la legge non favorirà i cappellani cristiani è stata una sfacciata menzogna fin dall’inizio».

 

«Quando [DeSantis] è salito sul podio e ha detto alla gente che avrebbero messo dei cappellani nelle scuole, ma ai satanisti non sarebbe stato permesso, stava mentendo ai distretti scolastici e li ha esposti a una responsabilità che non avrebbe coperto», ha detto il satanista Greaves. «Non c’era nulla di scritto nella legge che ci avrebbe esclusi. Non può semplicemente dichiarare qualcosa del genere per decreto e aspettarsi che venga trattato come una legge, e se non lo capisce, il che probabilmente non lo capisce davvero, ovviamente non ha alcun posto come governatore».

 

Come riportato da Renovatio 21, il Satanic Temple sta continuando i tentativi di revocare il divieto di aborto negli Stati USA pro-vita intentando azioni legali sostenendo che l’aborto è parte della loro religione. La stessa idea di feticidio come sacramento religioso, va ricordato, è portata avanti anche diverse organizzazioni ebraiche.

 

Il Tempio Satanico ha creato un rituale di aborto che, a suo avviso, esenterà le donne dalle leggi dei loro Stati, riporta Epoch Times. Il rituale, insieme alla nuova clinica per aborti della TST nel Nuovo Messico, è stato presentato con entusiasmo sulla rivista Cosmopolitan di novembre.

 

Il rituale dell’aborto del Satanic Temple prevede la recitazione di due principi del gruppo e rafforza l’idea di «autonomia corporea» cara alle femministe e al goscismo generico, anche se ne sono totalmente dimenticati al momento dell’obbligo vaccinale mRNA. Del resto, ricordiamo en passant, agli incontri del Tempio Satanico si entra solo se plurivaccinati, mascherinati e greenpassati: è ci mancherebbe che non fosse così.

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Il gruppo aveva fatto notizia lo scorso Natale per aver allestito per Natale, nel Campidoglio dell’Iowa un altarino satanico con una testa di capra montata sopra vesti rosso sangue – una rappresentazione del demonio-Bafometto che ha condiviso lo spazio con un’esposizione natalizia finché non è stata decapitata da un veterano dell’esercito USA, ora accusato di crimine d’odio.

 

Renovatio 21 ritiene che i ragazzi del Tempio Satanico vadano in ultima analisi ringraziati: fanno detonare così, una volta per tutte, la balla dello Stato laico, completamente insostenibile nel medio e lungo periodo.

 

Pochi, tuttavia, hanno il coraggio di vedere quale è la vera conclusione da trarre: uno Stato cristiano è l’unica via nella quale la civiltà può procedere. Lo Stato aconfessionale genera giocoforza al suo interno tumori socio-spirituali che lo portano alla morte, e ad essi, per la farsa che cui poi vogliono dare il nome di «democrazia», deve conferire la piena legittimità – il tutto mentre il Cristianismo e la vita umana stessa divengono oggetto di persecuzione.

 

Nel frattempo, cari amanti della scuola pubblica laica, tenetevi gli inni satanici di Carducci nei libri dei vostri figli. Altro che teoria del gender.

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Bioetica

La destra italiana vuole davvero punire l’utero in affitto?

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La proposta di legge che trasforma la pratica della maternità surrogata – eufemismo orwelliano, assieme a «gestazione per altri» (GPA) dell’utero in affitto – in un «reato universale» è stata approvata dalla Commissione al Senato poche ora fa. La maggioranza, che pare aver ritrovato compattezza, celebra questa decisione con entusiasmo.   «L’Italia si conferma una nazione all’avanguardia sul fronte dei diritti, contro le nuove forme di sfruttamento delle donne e dell’infanzia» ha tripudiato il ministro della Famiglia Eugenia Roccella.   Finalmente «introdotto il diniego ad una pratica indegna, che trasforma il corpo delle donne e la procreazione di bambini in merce da vendere al miglior offerente. Tutto questo è oltremodo abominevole» ha dichiarato l’onorevole fiddina Augusta Montaruli.   Verrebbe da dire che tratta di uno dei primi risultati «di destra» visibili di un governo della Meloni, che tra asservimento al massacro NATO, occhi dolci ai moderati di Bruxelles e sbarchi clandestini mai fermati, ben poco aveva fatto per attuare il programma di un partito che da qualche parte nel logo ha ancora la fiamma tricolore.

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L’opposizione, al solito, schiuma pavlovianamente di rabbia, promettendo di andare in piazza, etc. Come sempre, con evidenza, non hanno idea di cosa sta succedendo nemmeno quando è chiaro che le cose stanno andando nella loro direzione, ammesso pure che essi sappiano quale che sia.   Il festone a destra è in realtà un paravento, perché una crepa inquietante si era aperta martedì. La Lega infatti aveva proposto sanzioni importanti contro l’utero in affitto, riportate dai giornaloni, più o meno scandalizzati, come «10 anni di carcere e milioni di multa».   Molte testate mainstream riportano la notizia come «l’utero in affitto è reato». C’è da stropicciarsi gli occhi. Prima non lo era?   Sì, lo era, e sempre con anni di carcere e milioni di euro di multa. Tuttavia i professionisti dell’informazione (e i blogger e pro-vita professionali abbaianti al seguito) lo ignorano, o fanno finta di non saperlo per tirare qualche coriandolo all’imperatrice Giorgia.   Fatto sta che l’emendamento della Lega, che prevedeva l’inasprimento della pena e la punibilità dei pubblici ufficiali che registrano i bambini nati via utero in affitto, è stato bocciato in Commissione Giustizia. A votarci contro, i senatori di FdI e di Forza Italia, assieme, ovviamente, all’intero arco dell’opposizione. A favore quindi erano risultati solo due senatori della Lega, che aveva preso la decisione di non togliere la protesta e lasciarla al voto, anche se il relatore e il governo avevano espresso parere contrario.   Fateci capire: il centrodestra al potere ora si bea del fatto che l’Italia sarebbe il primo Paese al mondo a dotarsi del «reato universale» per la surrogata – chiamata disumana ed equiparata al traffico di esseri umani oltre che ad un oltraggio alla maternità e alla donna in sé – ma al contempo rifiuta pene severe (nemmeno troppo) per i perpetratori?   Proprio così. Le motivazioni per cui FI e FdI (quest’ultimo un partito dell’ordine, sulla carta) hanno votato contro l’emendamento che produceva la dura lex, – quante coppie gay, o eterosessuali FIVET, scambierebbero la voglia matta di dotarsi anche di un bambino con dieci anni di carcere? – non sono chiare.   Sul giornale dei vescovi Avvenire leggiamo che «dai partiti di opposizione i rilievi – anche molto severi – sono rivolti contro un provvedimento che l’emendamento della Lega avrebbe allontanato ancora di più da un possibile consenso almeno di principio sulla necessità di fermare il lucroso commercio globale di mamme e bambini».   Cioè, era una mano tesa all’opposizione? Ammettiamo di non comprendere bene cosa stiano dicendo, ma vi è infilata anche un notevole ragionamento piazzato in un virgolettato del capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, il quale ha «sdrammatizzato le frizioni» dicendo che «in sintesi, più si rafforza il reato, inserendolo nel Codice penale, più aumenta la possibilità che ci sia una moratoria a livello internazionale».   C’est-à-dire, se fai una legge che ritieni giusta, deve andarci piano perché poi qualche organo transnazionale ti dice qualcosa? Il senatore Romeo sta dicendo questo?   I nostri legislatori hanno paura delle «moratorie internazionali»? La sovranità del popolo italiano finisce dove iniziano le rimostranze di UE, ONU, OMS, etc.?   Il tema della sovranità devastata era apparso chiaro anche in un altro frangente del tema riproduttivo, peraltro intimamente connesso all’utero in affitto: l’aborto.   Ricordate il discorso di Giorgia Meloni durante l’insediamento? I discorsi fatti fare prima ancora dai famigli? I discorsi dei suoi ministri e dei suoi candidati pro-vita? La 194 non si tocca. L’assassinio di milioni di italiani (e non solo!) ancora nel grembo materno rimane una componente fondamentale dello Stato italiano, anche quando al governo ci va un partito che è discendente da partiti che per decenni e decenni hanno avversato il feticidio.   Renovatio 21 ha definito il fenomeno come «inchino a Moloch»: chi arriva al potere, deve annunciare subito che il sacrifizio degli innocenti continuerà. Lo stesso fenomeno avviene, abbiamo notato, negli USA, dove la prima cosa che fanno i presidenti democratici è occuparsi della Mexico City Policy, ossia la legge che previene l’amministrazione dal finanziare gli aborti all’estero.

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Ora è chiaro che non voler punire davvero l’utero in affitto – che prostituisce la donna, mercifica il bambino, produce e uccide quantità di embrioni in provetta, e apre decisamente all’eugenetica (le «donatrici» dell’ovulo e le surrogate si possono scegliere da cataloghi, così come, in caso, i «donatori» di spermatozoi) – testimonia che la direzione non cambierà affatto.   Andiamo verso la riproduzione artificiale totalizzante, con non solo uteri in affitto, ma ectogenesi (cioè uteri artificiali), e non solo bambini in provetta, ma esseri prodotti con la gametogenesi (che permette a due omosessuali di divenire «padre» e «madre» genetici, e alle donne di divenire «padri»), raffinati con la bioingegneria CRISPR o con le tecniche che la soppianteranno.   Il destino del mondo, qualcuno ha programmato, è questo: il transumanismo sessuale, la riprogenetica come unica forma di procreazione, con buona pace del sesso, lasciato solo come strumento di intrattenimento (magari tramite perversioni sempre più inimmaginabili, e consentite).   Del resto, la politica si è mai veramente occupata della cosa?   Rammentiamo che uno dei Paesi che il nostro governo ama di più, al punto da finanziarlo ed armarlo, costituisce la principale centrale di utero in affitto, anche durante la guerra: l’Ucraina per anni ha fornito bambini surrogati alle coppie italiane. È mai stata presa un’iniziativa politica riguardo al fenomeno?   Più di dieci anni fa parlai con personale dell’ambasciata di Kiev. Mi dissero che i casi sospetti venivano sistematicamente segnalati alle procure della Repubblica competenti. Parlavano di diversi casi al mese.   In Ucraina l’utero in affitto è una realtà organizzata in business enormi, che non si ferma nemmeno sotto i missili russi. Su Renovatio 21 abbiamo scritto delle dichiarazioni di uno dei boss della filiera, Albert Tochilovsky, che già qualche anno fa preconizzava che per l’ectogenesi, cioè l’utero artificiale, è questione di pochi anni. Lui ha capito esattamente dove sta andando il mondo. I cataloghi di ragazze ucraine, bionde e sorridenti con le didascalie dove dicono di amare lo sport e l’università, saranno da cestinare a breve.   Quante coppie italiane che hanno affittato l’utero di una ragazza ucraina sono state, infine, perseguite? Non lo sappiamo. Alla stampa arrivano solo casi estremi, come quelli in cui la coppia è formata da anziani.   Al contempo, va ricordato che la politica possiede un ulteriore, più intimo, buco nero rispetto alla surrogata.   Quanti politici, gay o meno che siano, hanno un bambino prodotto con la surrogata? Ci sono esempi lampanti, autodichiarati. Qualcuno dice che sarebbe da vedere se i bimbi sono stati prodotti in alcuni Paesi rispetto ad altri forse per le leggi che consentono la selezione dell’ovocita, cioè della genetica del bambino. Scegliere l’ovulo significa guardare questi elenchi fotografici di belle ragazze, dove non mancano mai, ovviamente, le bionde (così come nei cataloghi dei donatori maschi primeggia la Danimarca, regina dell’export, oltre che dei mattoncini lego e dell’Ozempic, dello sperma).   Decidere a tavolino i tratti genetici di proprio figli si chiama, in una parola, eugenetica. Che poi coppie LGBT possano finire a volere un bambino biondo dolicocefalo come da ideale hitleriano è qualcosa che può sorprendere molti, certo non i lettori di Renovatio 21.

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Ora, la domanda da porre, in termini istituzionali, è un’altra: come mai nessuna di queste coppie, anche famose, è stata davvero arrestata e processata?   Perché, per tornare allo stupore cretino di giornali e politici nei confronti dell’emendamento «draconiano» della Lega, una legge contro l’utero in affitto esiste già.   Si chiama legge 40/2004, quella contro cui nel 2005 le forze gosciste chiesero un referendum, che perdettero, per la gioia del cardinale Ruini, che la considera una delle grandi vittorie della sua carriera.   Riteniamo che la legge 40 sia profondamente iniqua. Non solo: essa è alla base dell’uccisione di un numero di embrioni perfino superiore, annualmente, a quello degli aborti, che sono oramai solo uno specchietto per le allodole per il ritardo cattolico. La legge 40, pensata e sostenuta da personaggi di origine democristiana ed appoggiata dalla CEI, è stata costruita con una serie di debolezze (il numero di embrioni da produrre ed impiantare, la contraddizione con la 194) che sembrano poste lì come bombe a tempo pronte a detonare in sentenze di tribunali, cassazioni e consulte.   La legge 40, è il nostro giudizio, ha costituito un passo deciso verso l’accettazione dei bambini artificiali – cioè del transumanismo – da parte dei cattolici. Il risultato è visibile più che mai ora nei convegni della Pontificia Accademia per la Vita sotto monsignor Paglia, che paiono aprire sempre più alla riproduzione artificiale totale. La foto del papa con i primi quattro figli di Elon Musk, tutti fatti in botte provetta (qualcuno dei più recenti pure con la surrogata), abbiamo rilevato, dice la medesima cosa. La neochiesa accetta la riprogenetica…   Tuttavia, la malvagia legge 40, a leggerla, contiene punti decisamente chiari riguardo all’utero in affitto. Articolo 12, comma 6: «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».   Quindi, il reato c’era già? Sì. Eccome.   Quindi, gli anni di carcere, i milioni di euro di multa, c’erano già? Sì. Eccome.   Quindi, perché in questi 20 anni dalla legge, non abbiamo mai sentito di un grande nome, di quelli che sbandierano l’utero in affitto come diritto e che ora sarebbero dunque tacciabili di «reato universale», andare in galera? Perché non sono state perseguite associazioni e realtà di altro tipo che promuovevano l’utero in affitto?   Quindi, tutti coloro che gridavano e gridano ancora oggi – sui giornali, sui social, in Parlamento – la meraviglia umana della «gestazione per altri», incorrono nel reato di istigazione a delinquere? Art. 414 del vigente codice penale italiano: «chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione».   Non siamo giuristi, non siamo giudici, non siamo poliziotti. Ci chiediamo addirittura se sia lecito fare questa domanda, o se non sia essa stessa considerabile fuori da quella che recentemente è stata definita dal presidente della Corte Costituzionale come «Costituzione materiale»: una legge che non è scritta da nessuna parte, ma che domina la società, perché quella è la percezione diffusa, quello è il senso delle cose.   È forse possibile dire che l’eutanasia, non ancora pienamente legalizzata in Italia, costituisca, «Costituzione materiale». L’utero in affitto lo è? È per questo che sembra non venire perseguito? È per questo che i partiti della destra moderna evitano di volerlo punire sul serio?   Ecco di fronte alla vera riflessione da fare: uno Stato senza morale, retto da partiti «post-bioetici» se non «post-etici» (definiamoli così) tout court, scivola giocoforza verso la Necrocultura più pura, e dunque nella violenza più crudele e devastante.   Lo Stato moderno – che è amorale per programma – non può che trasformarsi, sempre meno gradualmente, in una definitiva macchina per la degradazione umana e per la morte.   Lo avevamo già scritto in occasione di quanto fatto dal presente governo riguardo ai vaccini: uno Stato senza principio, non può che finire per ferirvi ed uccidervi.   Sì, lo stato non vi protegge, fa il contrario. Tutto si è rovesciato. Il rovescio della libertà è l’obbligo. Il rovescio del diritto è la sottomissione. E il rovescio del cittadino è lo schiavo.   Siamo schiavi dello Stato della morte e della sua cultura. Credete che vi potevano, quindi, risparmiare l’utero in affitto combattendolo davvero?   Roberto Dal Bosco

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Stato

Giorgio Agamben: lo spettro dell’Europa che non esiste

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Renovatio 21 pubblica questo scritto di Giorgio Agamben apparso sul sito dell’editore Quodlibet su gentile concessione dell’autore.

 

È probabile che ben pochi fra coloro che si apprestano a votare per le elezioni europee si siano interrogati sul significato politico del loro gesto. Poiché sono chiamati a eleggere un non meglio definito «Parlamento europeo», essi possono credere più o meno in buona fede di star facendo qualcosa che corrisponde all’elezione dei Parlamenti dei Paesi di cui sono cittadini.

 

È bene subito chiarire che le cose non stanno assolutamente così.

 

Quando si parla oggi di Europa, il grande rimosso è innanzitutto la stessa realtà politica e giuridica dell’Unione europea. Che si tratti di una vera e propria rimozione, risulta dal fatto che si evita in tutti i modi di portare alla coscienza una verità tanto imbarazzante quanto evidente.

 

Mi riferisco al fatto che dal punto di vista del diritto costituzionale, l’Europa non esiste: quella che chiamiamo «Unione Europea» è tecnicamente un patto fra Stati, che concerne esclusivamente il diritto internazionale.

 

Il trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993, che ha dato la sua forma attuale all’Unione europea, è l’estrema sanzione dell’identità europea come mero accordo intergovernativo fra Stati. Consapevoli del fatto che parlare di una democrazia rispetto all’Europa non aveva pertanto senso, i funzionari dell’Unione europea hanno cercato di colmare questo deficit democratico stilando il progetto di una cosiddetta Costituzione europea.

 

È significativo che il testo che va sotto questo nome, elaborato da commissioni di burocrati senza alcun fondamento popolare e approvato da una conferenza intergovernativa nel 2004, quando è stato sottoposto al voto popolare, come in Francia e in Olanda nel 2005, è stato clamorosamente rifiutato.

 

Di fronte al fallimento dell’approvazione popolare, che di fatto rendeva nulla la sedicente Costituzione, il progetto fu tacitamente – e forse bisognerebbe dire vergognosamente – abbandonato e sostituito da un nuovo trattato internazionale, il cosiddetto Trattato di Lisbona del 2007.

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Va da sé che, dal punto di vista giuridico, questo documento non è una Costituzione, ma è ancora una volta un accordo tra governi, la cui sola consistenza riguarda il diritto internazionale e che ci si è pertanto guardati dal sottoporre all’approvazione popolare. Non sorprende, pertanto, che il cosiddetto Parlamento europeo che si tratta di eleggere non sia, in verità, un parlamento, perché esso manca del potere di proporre leggi, che è interamente nelle mani della Commissione Europea.

 

Qualche anno prima il problema della Costituzione europea aveva dato del resto luogo a un dibattito fra un giurista tedesco di cui nessuno poteva mettere in dubbio la competenza, Dieter Grimm, e Jürgen Habermas, che, come la maggior parte di coloro che si definiscono filosofi, era del tutto privo di una cultura giuridica.

 

Contro Habermas, che pensava di poter fondare in ultima analisi la costituzione sull’opinione pubblica, Dieter Grimm ebbe buon gioco nel sostenere l’improponibilità di una costituzione per la semplice ragione che un popolo europeo non esisteva e pertanto qualcosa come un potere costituente mancava di ogni possibile fondamento.

 

Se è vero che il potere costituito presuppone un potere costituente, l’idea di un potere costituente europeo è il grande assente nei discorsi sull’Europa.

 

Dal punto di vista della sua pretesa costituzione, l’Unione Europea non ha pertanto alcuna legittimità. È allora perfettamente comprensibile che una entità politica senza una costituzione legittima non possa esprimere una politica propria. La sola parvenza di unità si raggiunge quando l’Europa agisce come vassallo degli Stati Uniti, partecipando a guerre che non corrispondono in alcun modo ad interessi comuni e ancor meno alla volontà popolare. L’Unione Europea agisce oggi come una succursale della NATO (la quale NATO è a sua volta un accordo militare fra Stati).

 

Per questo, riprendendo non troppo ironicamente la formula che Marx usava per il comunismo, si potrebbe dire che l’idea di un potere costituente europeo è lo spettro che si aggira oggi per l’Europa e che nessuno osa oggi evocare. Eppure solo un tale potere costituente potrebbe restituire legittimità e realtà alle istituzioni europee, che – se impostore è secondo i dizionari «chi impone ad altri di credere cose aliene dal vero e operare secondo quella credulità» – sono allo stato attuale nient’altro che un’impostura.

 

Un’altra idea dell’Europa sarà possibile solo quando avremo sgombrato il campo da questa impostura.

 

Per dirla senza infingimenti né riserve: se vogliamo pensare veramente un’Europa politica, la prima cosa da fare è togliere di mezzo l’Unione Europea –, o quanto meno, essere pronti per il momento in cui essa, come sembra ormai imminente, crollerà.

 

Giorgio Agamben

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