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Bioetica

Pontificia Accademia della Vita artificiale: il Vaticano apre agli esseri umani prodotti in laboratorio

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Un paio di settimane fa questo sito aveva notato – praticamente, unico al mondo – la strana udienza concessa a Bergoglio a Elon Musk e ad alcuni dei suoi nove figli.

 

Quei ragazzi, notavamo, erano stati tutti prodotti in laboratorio: una decisione programmatica presa da Musk dopo la morte in culla del suo primogenito.

 

Ci chiedevamo se potesse essere una svista protocollare: al cospetto del papa, un tempo, le mogli sposate da divorziati, o le concubine, non potevano essere ammesse… e anche le mogli non-cattoliche dei presidenti si dovevano velare.

 

Essendo che la riproduzione artificiale risultava ancora condannata dalla dottrina cattolica, ci domandavamo se si trattasse di sciatteria, o di totale ignoranza della realtà della chiesa, come ci possiamo aspettare dal pontificato del Bergoglio. Poi si insinuava il dubbio: forse, in verità, i preti che hanno permesso quella foto sanno perfettamente che quei ragazzi sono fatti in provetta. E sanno anche, quindi, che per farli avranno dovuto sacrificare tanti fratellini. In pratica, embrioni ammazzati, come in aborti multipli in un colpo solo, per il fine di produrre la vita umana in laboratorio, e appagare le proprie voglie famigliari borghesi.

 

Qualcosa avevamo intuito, in realtà sotto potrebbe esserci stato quello che è emerso solo in questi giorni: la fecondazione in vitro, condannata dal magistero della Chiesa per i suoi effetti mortali (milioni di embrioni uccisi!), morali (embrioni che vengono, eugeneticamente, scartati) e teologici (l’uomo che si sostituisce a Dio?), sta per essere sdoganata una volta per tutte.

 

Alla bisogna sta provvedendo la Pontificia Accademia per la Vita (PAV), che possiamo tranquillamente ribattezzare quindi Pontificia Accademia per la Vita sintetica, o, come già fanno molti in questi anni, Pontificia Accademia per la Morte, che è lo stesso.

 

La libreria Editrice Vaticana ha da pochi giorni pubblicato un testo, Etica teologica della vita. Scrittura, tradizione, sfide pratiche, il quale unisce gli interventi ad un seminario bioetico della durata di tre giorni promosso dalla PAV.

 

A pagina 305 del volume si afferma l’incredibile: che la provetta non si sostituisce al rapporto sessuale, anzi è una terapia.

 

«Nella procreazione assistita omologa nelle sue varie forme, ovviamente evitando di ottenere “embrioni sovrannumerari”, la generazione non viene artificiosamente separata dal rapporto sessuale, perché questo è “di per sé” infecondo. Al contrario, la tecnica agisce come una forma di terapia che permette di rimediare alla sterilità, non sostituendosi al rapporto, ma permettendo la generazione».

 

La FIVET – fertilizzazione in vitro con trasferimento di embrione – che non si sostituisce al rapporto?

 

Si tratta di una affermazione talmente falsa da essere sconvolgente: chiunque sa che non esiste nessun rapporto tra esseri umani nella riproduzione artificiale, tant’è che i mafiosi la utilizzano per procreare figli (facendo uscire in qualche modo il loro sperma dal carcere) e ottenere così sconti di pena.

 

Ma c’è di più: è chiaro che il testo voglia sdoganare ogni forma di riproduzione artificiale «nelle sue varie forme» presente sul mercato, e ridiamo pure sopra la storia della «procreazione omologa», paletto democristiano idiota che non cambia nulla – anche perché, come ha riportato questo sito, gli errori le cliniche li fanno piuttosto spesso.

 

Inoltre, davvero ci vogliamo prendere in giro con la storia degli «embrioni soprannumerari»? Davvero i preti bioetici credono di poter produrre un embrione alla volta, senza seguire l’iter di produrne in quantità, giudicarli, scartare quelli considerati inferiori (sì: puro hitlerismo da microscopio) e impiantarne in quantità, sperando che qualcuno attecchisca?

 

Ma chi vogliono prendere in giro?

 

Si tratta del solito teatrino delle marionette che la corrotta gerarchia cattolica mette in piedi per i catto-gonzi e per gli abbaiatori goscisti, mentre sposta il mondo verso l’apocalisse degli umanoidi.

 

La riprova è, per quelli che se la ricordano, la legge 40/2004. Quella che avrebbe dovuto porre fine, se si leggevano i titoli in cartellone, al «Far West procreatico» in Italia. Il risultato è che la legge 40 ad oggi ammazza più embrioni della legge 194/1978, ossia il libero aborto.

 

La legge fu ritenuta la «Cappella Sistina» delle false istanze pro-life italiote, che altro non erano se non propaggini dei vescovi compromessi con la Cultura della Morte. Chi la conosce, sa che in alcune sue parti pare addirittura essere stata scritta appositamente per essere demolita da giudici (leggetevi, ad esempio, i punti 1 e 4 dell’art.14) – e così è stato, con i vari divieti via via spazzati via dalle Corti di Giustizia, e il «Far West procreatico» non solo restaurato, ma legalizzato.

 

Ebbene, ricordiamo come la legge «cattolica» 40/2004 prevedeva la creazione di embrioni multipli in numero «comunque non superiore a tre».

 

Fateci capire: la PAV del vescovo Paglia ora parla di embrioni soprannumerari, quando 18 anni fa spingeva una legge per consentire l’impianto di almeno tre embrioni umani? Notate che anche questo limite, ovviamente, è stato disintegrato dai giudici.

 

Sì, è così, ci prendono in giro.

 

La realtà è che abbiano il sospetto che per decenni la gerarchia abbia lavorato per arrivare all’accettazione cattolica del bambino sintetico.

 

Il defunto Carlo Casini, sultano del prolifismo istituzionale, onorevole sia a Bruxelles che a Roma, in un articolo su La Discussione (quotidiano organo della DC fondato da De Gasperi, poi passato a CDU etc.) del novembre 1997 parlava con una certa chiarezza: «Il Magistero cattolico è contrario a gran parte delle tecniche PMA (=procreazione medicalmente assistita) perché cerca di tenere collegato l’aspetto unitivo con l’aspetto generativo dell’atto sessuale. Ma questo non appartiene al minimo etico che oggi lo Stato deve garantire».

 

Come come? La riproduzione artificiale come «minimo etico» garantito dallo Stato moderno?

 

Fateci capire: il capofila dell’antiabortismo di establishment, ritiene che lo Stato oggi debba consentire la provetta? Ritiene che il sacrificio degli embrioni (da cui lo stupido paletto della legge 40 sui tre individui da impiantare in utero) sia un «male minore» praticabile? Stiamo leggendo bene?

 

Ma che cos’è questo «minimo etico», a cui, con una legge sulla PMA, non solo non ci si è opposti, ma che si è statualizzato?

 

Dovete capire, all’epoca circolavano varie idee, per esempio quella dell’adozione degli embrioni crioconservati. In pratica, se c’è un embrione, anche fatto in provetta, esso deve essere impiantato, costi quello che costi. Tale idea fu alla base di campagne roboanti, quanto inutili, di comunicazione, anche in sede europea.

 

Consentendo la riproduzione artificiale, e considerando sempre e comunque un embrioni un essere umano da impiantare, i cattolici hanno spalancato giocoforza la porta a due mostruosità specifiche.

 

La prima, è la cosiddetta ectogenesi, pratica meglio conosciuta come utero artificiale. Si tratta di una tecnologia in arrivo tra qualche anno, alla quale l’Unione Europea di recente ha pure assicurato dei fondi.

 

Quindi: se abbiamo uteri artificiali a disposizione, vi faremo crescere tutti gli embrioni creati in laboratorio? La risposta parrebbe proprio essere di sì: ad una pratica artificiale, se ne aggiunge un’altra di altrettanto artificiale, nel grande solco di una riproduzione totalmente sintetica.

 

Va considerato che è impossibile, per chi ragione di questi temi, non considerare la possibilità dell’utero artificiale, per il semplice fatto che il supposto «avversario» del cattolico Casini al Comitato Nazionale di Bioetica (dove, in teoria, si dovrebbero scontrare dottori e bioetici laici contro quelli cattolici) aveva realizzato un vero e proprio esperimento di gestazione extracorporea nel 1986 a Bologna (sì, sempre lì).

 

Il dottor Flamigni aveva asportato l’utero di una paziente, ma gli venne in mente di tenerlo in vita artificialmente, e di impiantarci dentro un embrione, che, sorprendentemente, attecchì… L’esperimento fu quindi terminato, per paura delle ripercussioni: perfino papa Wojtyla, in visita in Emilia, si dice tuonò sulla questione, pur senza far nomi.

 

La seconda mostruosità a cui si apre la porta con l’idea della validità morale degli embrioni tecnologicamente ottenuti, è il fatto che, quindi, vanno impiantati e fatti crescere anche quelli che sono stati bioingegnerizzati, come le supergemelle cinesi, o come, in un futuro che magari è già qua, embrioni chimera uomo-animale.

 

Il lettore può capire bene che questa è esattamente la via cattolica alla creazione di una nuova umanità umanoide, con la sostituzione della discendenza di Adamo tramite esseri sintetici prodotti tramite la riprogenetica: e tutto con il bollino dei vescovi, l’imprimatur del «cattolicesimo» modernizzato.

 

Perché c’eravamo, nel 2005, quando politici goscisti e starlette di tutti i tipi invitavano ad andare a votare al referendum che avrebbe abrogato la legge 40… Poveri illusi. Persero il referendum (anche perché non andarono a votare nemmeno loro), tuttavia non vedevano che la strada era già programmata a loro favore da quegli stessi figuri che credevano di combattere, i cattolici.

 

C’erano i vescovi dietro la 40, come c’erano, con i democristiani che la firmarono, dietro la 194. E non è un caso, quindi, che vi siano stati monsignori come l’allora potentissimo Cardinal Ruini (il babau da cartellone che fa ringhiare poveri sinistroidi incapaci di comprendere minimamente questo disegno, che pure li favorisce) a difendere, in anni più recenti, la legge sull’aborto.

 

E non è un caso, quindi, che oggi si arrivi finalmente allo sdoganamento pontificio della riproduzione artificiale, cioè del bambino sintetico, cioè del nuovo corso umanoide del pianeta.

 

Di questa storia, bisogna ammetterlo, non leggerete da altre parti. Ed è tragico: perché è da  questo che dipende il futuro dell’uomo. Senza una barriera, un katechon, che la religione può offrire alla mutazione tecnologica dell’umanità, non abbiamo speranza di fermare il processo.

 

Del resto, lo abbiamo visto: il Vaticano ora lavora non per fermare il nuovo paradigma, ma per spingerlo a più non posso: con la vaccinazione mRNA, è andata esattamente così (e noi di Renovatio 21, che avevamo tentato qualcosa nel 2019 in previsione di quello che poteva succedere, lo sappiamo bene): una trasformazione genetica della razza umana, impartita a quantità massiva di popolazione mondiale, sotto l’auspicio del papa in persona.

 

Sì, la chiesa di Bergoglio non è una cura possibile, è la malattia stessa che porterà il mondo verso l’apocalittica sostituzione umanoide.

 

Citiamo spesso questi versi della Rivelazione:

 

«La Bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall’Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà» (Ap 13, 8)

 

Ecco, degli «abitanti della terra» che però non appartengono al «libro della vita». Le immagini di San Giovanni sono oscure, tuttavia chiarissime.

 

«E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco» (Ap 20,15)

 

Riflettete, cari cattolici, su queste questioni davvero apocalittiche – perché riguardano l’ora presente, vi riguardano personalmente, e decideranno il domani dei vostri figli.

 

Chiedetevi: cosa stanno facendo al «libro della Vita dell’Agnello immolato» (Ap 13, 8)?

 

Chi sono coloro che sono vi sono esclusi?

 

Chi sta adorando la Bestia?

 

Quanti finiranno nel lago infuocato?

 

Volete, davvero, seguire i pastori che si mettono contro l’Agnello?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di cirwintech via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ambiente

Vogliono ridurre l’impronta di carbonio pure degli anestetici

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Se c’è una professione che sembra lontana dallo Sturm und Drang del cambiamento climatico, sono sicuramente gli anestesisti. Dopotutto il loro compito è farti addormentare.

 

Non così. Dietro le porte chiuse delle sale operatorie è in corso un acceso dibattito sull’impatto dei gas anestetici inalati sul riscaldamento globale. In un forum per il Journal of Medical Ethics, quattro medici britannici scrivono che «quei gas anestetici apparentemente innocui sono in realtà potenti gas serra. Il più noto, il desflurano, è migliaia di volte migliore dell’anidride carbonica nell’intrappolare l’energia termica proveniente dal sole, provocando così il riscaldamento globale».

 

Cosa dovrebbe essere fatto?

 

Il problema è ben noto tra gli anestesisti. L’anno scorso l’American Society of Anesthesiologists ha pubblicato una dichiarazione guida che consiglia ai suoi membri: «i fornitori dovrebbero evitare anestetici inalatori con impatti climatici sproporzionatamente elevati, come il desflurano e il protossido di azoto». Ma sta succedendo poco, dicono gli autori di JME: «il cambiamento è stato frammentario e incoerente. La rivoluzione è in sospeso».

 

I gas come il desflurano dovrebbero essere abbandonati? Qui è coinvolta una delicata questione etica.

 

Tradizionalmente, le opzioni terapeutiche dovrebbero essere valutate in base al beneficio per i pazienti, non al beneficio per l’ambiente. Non vi è alcun suggerimento che gli anestetici debbano essere vietati per salvare il pianeta, anche se alcuni medici potrebbero credere che i gas anestetici siano migliori dei farmaci anestetici per via endovenosa.

 

Tuttavia, gli autori di JME insistono sul fatto che è necessaria una rivoluzione nella loro professione. Ci sono quattro strade per convincere i medici a fermare il riscaldamento globale: consenso (impossibile), istruzione (troppo lenta), abbandono completo del desflurano (improbabile) e sollecitazioni (possibili). Quindi suggeriscono semplici passaggi come posizionare le bombole di gas in una stanza diversa per rendere più difficile l’uso dei gas inalanti. «Il vantaggio cruciale delle sollecitazioni», dicono, è che possono essere efficaci nel determinare il cambiamento ma non obbligano gli anestesisti a prendere determinate decisioni e possono essere implementati senza consenso».

 

C’è sempre un’altra parte in ogni dibattito. In una lettera al Guardian nel 2021, Dame Julia Slingo, ex scienziata capo del Met Office e la dottoressa Mary Slingo, anestesista, hanno affermato che l’effetto dei gas anestetici è insignificante. «Anche per un gas abbondante, ben miscelato e di lunga durata come la CO2, non siamo ancora sicuri di quanto sarà sensibile il nostro clima globale e regionale. Per quanto riguarda i gas anestetici, qualsiasi impatto delle sue minuscole emissioni e della forzante radiativa sul nostro sistema climatico sarà, francamente, «perso nella traduzione”».

 

Il dottor Sligo ha anche scritto un articolo sul British Journal of Anesthesia. In esso descrive alcuni svantaggi dell’alternativa: «sebbene l’analisi del ciclo di vita degli agenti anestetici possa sembrare a favore dell’anestesia endovenosa [endovenosa], questi calcoli sono stati nuovamente effettuati utilizzando l’equivalenza di CO2 fuori luogo. Pertanto, il passaggio dall’anestesia inalatoria alla TIVA può effettivamente aumentare l’aggiunta di carbonio a vita lunga nell’atmosfera a causa della grande quantità di plastica richiesta».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Bioetica

Il Parlamento Europeo declassa l’embrione

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Il 12 settembre 2023, mentre la Chiesa celebrava il Santo Nome di Maria, fonte di speranza e di vita, il Parlamento di Strasburgo si è espresso ancora una volta a favore della cultura della morte e della morale dello scarto. Nel mirino è l’embrione, ridotto al rango di semplice «sostanza di origine umana», pari ad un pezzo di pelle o ad un globulo rosso.

 

Il 12 settembre gli eurodeputati hanno adottato con 483 voti favorevoli, 52 contrari e 89 astensioni la relazione sulle nuove norme che regolano l’uso delle «sostanze di origine umana» (SoHO) nell’Unione Europea (UE).

 

A prima vista l’intenzione è lodevole, poiché ufficialmente si tratta di facilitare la condivisione delle risorse su scala europea, per garantire l’accesso alle cure mediche a tutti i cittadini dell’UE. Ma come spesso accade, il diavolo è nei dettagli.

 

E in particolare nella vaghezza della definizione: il progetto votato cita, per metterle sullo stesso piano, le «sostanze umane come il sangue e i suoi componenti – globuli rossi/bianchi, plasma, tessuti e cellule – utilizzati per le trasfusioni, terapie, trapianti o riproduzione medicalmente assistita». Una vaghezza che mette un embrione e un globulo rosso nello stesso calderone…

 

Un’ambiguità che non ha mancato di rilevare la Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE) che ha reagito attraverso il suo segretario generale, padre Manuel Barrios-Prieto: «il pericolo sta nella possibilità che una tale definizione sminuisca la dignità e il valore della vita umana, creando un’equivalenza inaccettabile tra embrioni e feti e semplici cellule della pelle o plasma sanguigno».

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Una lacuna preoccupante se si considera che la normativa adottata sulle SoHo è un testo fondativo destinato a svolgere un ruolo di riferimento nello sviluppo del diritto farmaceutico e riproduttivo.

 

L’articolo 58 del testo approvato dal Parlamento di Strasburgo pone anche seri problemi etici, sottolineati dagli episcopati europei, perché ora «si autorizzano e addirittura si rendono obbligatori test genetici preliminari su embrioni e feti, che aprono potenzialmente la strada alla selezione della vita, sollevando preoccupazioni circa la compatibilità con il diritto all’autodeterminazione sia dei donatori che dei riceventi».

 

Dal voto del 12 settembre, la legge SoHo funge da posizione ufficiale del Parlamento in vista dei prossimi negoziati con la Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea.

 

In questa prospettiva desolante, i presuli della COMECE insistono affinché sia ​​garantito il diritto dei vari Stati membri dell’Ue di «regolamentare da soli questa questione altamente etica» e di «rifiutarsi di attuare la nuova legge».

 

Si vede che l’utopia di una «comunità europea sovranazionale» difesa da Robert Schuman – il «padre fondatore dell’Europa» che Papa Francesco ha dichiarato «venerabile» nel 2021 – si sta trasformando ancora una volta in una distopia: quella di una società in cui l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha solo un valore materiale e quantitativo, pari a qualsiasi altra merce, utilizzabile e smaltibile a piacimento.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Bioetica

Analisi critica della proposta di legge «Un cuore che batte»

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Renovatio 21 pubblica questo testo di Alfredo De Matteo, attivista già tra gli organizzatori della Marcia per la Vita, riguardo della recente proposta di legge «Un cuore che batte», portata avanti da diverse realtà pro-life italiane. Renovatio 21 aveva espresso un giudizio in merito in un articolo del mese scorso: l’iniziativa è in partenza inaccettabile in quanto non chiede l’abolizione dell’iniqua legge genocida, ma una sua micro-modifica con la quale, ingenuamente, si pensa che dottori e donne in procinto di uccidere i bambini si fermeranno per magia. Tutto questo sforzo pro-life, ricordiamo, mentre al governo ci sono spezzoni di network democristiano che hanno giurato di non voler toccare la legge (così come hanno fatto, anche piuttosto esplicitamente, esponenti del sedicente mondo pro-vita italiano) e il primo ministro dichiara solennemente, più volte, di essere a favore del feticidio. Il contesto del Paese, abbiamo scritto, forse è molto più grave, e più oscuro, di quanto immaginino gli attivisti pro-life: mentre si perde tempo intorno a raccolte firme per limitare l’aborto, qualcuno sta nascondendo in giro per l’Italia aborti in barattolo, mentre emergono misteriosi barili che contengono quantità di feti abortiti. Solo questo dovrebbe farci temere che il tema è più grande di quanto pensassimo, e che forse il nemico è molto diverso da quello che si credeva di avere – e questo nemico gioca pure su un altro piano, e con rara e malefica intelligenza.   RDB     Il 16 maggio scorso è stata depositata presso la Corte Suprema di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare volta all’introduzione all’interno della legge 194, nello specifico all’articolo 14, del seguente comma 1-bis: «il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».   Ora, fatte salve le intenzioni dei promotori, riteniamo tale proposta di legge discutibile per una serie di ragioni di opportunità e di principio.    Innanzitutto, lo strumento scelto è particolarmente inefficace perché molto raramente, o quasi mai, tali proposte di legge giungono in Parlamento. Infatti, il suo tortuoso iter prevede il giudizio della conferenza dei capogruppo e successivamente dell’aula parlamentare, prima dell’eventuale calendarizzazione della discussione,   C’è da tenere in considerazione poi che la stessa attuale maggioranza di governo ha dichiarato intoccabile la legge 194. Pertanto, trattandosi di un’iniziativa che richiede un certo impegno e una certa mobilitazione generale (è necessario raccogliere in un ristretto lasso di tempo 50.000 firme di elettori che devono essere vidimate da un funzionario pubblico) sussiste il concreto rischio che l’iniziativa finisca per rappresentare l’ennesimo doloroso flop per il mondo prolife italiano.   Tra l’altro, la formulazione di tale proposta di legge rischia di comprometterne l’efficacia giuridica: infatti, l’obbligo di far ascoltare il battito cardiaco del nascituro è in capo al medico e non alla donna, la quale può evidentemente sottrarvisi. Ne consegue che il medico sia obbligato unicamente a proporre l’ascolto del battito fetale ed è piuttosto facile immaginare come tale norma possa essere aggirata o semplicemente ignorata.   Inoltre, gli eventuali effetti positivi della legge potrebbero essere molto limitati, dal momento che le abominevoli pratiche abortive vanno sempre più spostandosi verso l’utilizzo dei «pesticidi umani» (aborto chimico). Infatti, la sensibile diminuzione degli aborti chirurgici in questi ultimi anni è in gran parte dovuta proprio all’immissione in commercio di farmaci abortivi e cripto abortivi che tende a relegare l’aborto nel privato.   C’è chi obietta che anche se le probabilità di riuscita dell’iniziativa sono pressoché inesistenti sia comunque necessario «fare qualcosa» per contrastare l’aborto di Stato. Secondo il nostro giudizio, quando si affrontano temi particolarmente delicati e importanti come la difesa della vita innocente è conveniente fare solo ciò che ha ragionevoli speranze di successo; c’è il rischio, altrimenti, di disperdere forze ed energie che potrebbero invece essere canalizzate su altre iniziative, più efficaci, sempre a favore della vita nascente.   Veniamo ora alle ragioni di principio.    Alcuni portano a sostegno della liceità morale della proposta di legge «Un cuore che batte» il n. 73 dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II:   «Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. Simili casi non sono rari. Si registra infatti il dato che mentre in alcune parti del mondo continuano le campagne per l’introduzione di leggi a favore dell’aborto, sostenute non poche volte da potenti organismi internazionali, in altre Nazioni invece — in particolare in quelle che hanno già fatto l’amara esperienza di simili legislazioni permissive — si vanno manifestando segni di ripensamento».   «Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui»   La questione morale sottesa al n. 73 di Evangelium Vitae è molto complessa e meriterebbe ben altro approfondimento.     In estrema sintesi, la morale cattolica indica chiaramente quali azioni non si possono mai compiere, in nessuna circostanza, e nel caso in esame limitare i danni di una legge ingiusta non può costituire a sua volta un’azione ingiusta. Infatti, anche se il fine di ridurre il danno è lecito, è necessario che l’atto con cui si ottiene tale fine sia esso stesso moralmente lecito.   Secondo quanto ritenuto da vari osservatori che hanno analizzato la questione, la ragione per cui tale voto è considerato illecito risiede nel fatto che votare a favore conduce all’effetto di «legittimare il male», e questo effetto costituisce l’oggetto dell’azione di votare, anche se il votante potrebbe non riconoscerlo come tale. Questo perché l’oggetto del voto rimane intrinsecamente sbagliato, e l’atto materiale del voto non è guidato dall’intento di «limitare i danni» associato alla tolleranza dell’effetto negativo, ovvero la «legittimazione della condotta ingiusta».   In realtà, la mitigazione dei danni rappresenta l’effetto risultante dall’approvazione di una legge ingiusta, che coincide con la legittimazione della condotta scorretta.   D’altro canto, il vero scopo dell’atto di votare è proprio la legittimazione della condotta illecita, mentre l’obiettivo a lungo termine è limitare i danni.   Solo attraverso l’approvazione dell’ingiustizia grazie ai voti a favore sarà possibile limitare i danni. Pertanto, quando l’effetto negativo è la causa dell’effetto positivo, desiderare quest’ultimo significa volere direttamente il primo.   L’allora Cardinale Joseph Ratzinger, in qualità di Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, in occasione della presentazione dell’Evangelium Vitae in Vaticano ebbe a commentare: «Ma si possono fare compromessi, laddove si tratta della scelta tra il bene e il male? Il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) dice in proposito: fondamentale è che il deputato non lasci alcun dubbio circa la sua personale opposizione all’aborto, e che questo atteggiamento anche pubblicamente sia messo in chiaro in modo inequivocabile. A queste condizioni il parlamentare può approvare proposte, il cui fine dichiarato sia finalizzato a limitare i danni e a diminuirne gli effetti negativi. Mai certamente egli può dare il suo voto perché l’ingiustizia venga dichiarata giustizia».   Partendo dalla corretta esegesi del n. 73 di Evangelium Vitae il parlamentare in questione, poste determinate condizioni, potrebbe appoggiare una proposta mirata a limitare i danni di una legge ingiusta, ma se essa venisse approvata e giungesse al voto finale egli, dal punto di vista morale, non potrebbe far altro che votare contro o astenersi dal voto; questo, anche qualora l’intenzione di voto sia diretta solo alle parti accidentali della legge ingiusta, in quanto esse non potrebbero sussistere se la norma stessa non rendesse legittimo l’aborto volontario.    Pertanto, il voto ad una legge che emenda la 194 e inserisce, come nel caso che stiamo esaminando, l’obbligo da parte del medico di far ascoltare alla madre il battito cardiaco del nascituro, sarebbe comunque un voto dato ad una legge che legittima l’aborto, visto che «Tutto ciò che è per accidens ha il suo principio in ciò che è per sé» (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 19, a. 2 c.).     In ogni caso, la stessa Evangelium Vitae pone delle condizioni ben precise affinché il nostro parlamentare possa legittimamente offrire il proprio sostegno a tali proposte: è necessario, come abbiamo visto, che esse siano (dichiaratamente) mirate a limitare i danni di una legge ingiusta e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica.   Ora, nel comunicato diffuso dai firmatari dell’iniziativa si legge: «La proposta di legge che abbiamo presentato, obbligando il medico che effettua la visita che precede l’aborto, a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso, intende dare piena applicazione alla legge sul consenso informato. La donna ha il diritto di essere resa consapevole della vita che porta nel grembo, una vita con un cuore che pulsa. Solo in tal modo può essere realmente libera e responsabile delle sue azioni».    Inoltre, il portavoce nazionale di una delle associazioni promotrici ha rilasciato il 20 maggio scorso all’Huffington Post la seguente dichiarazione:   «Abbiamo depositato l’altro ieri una proposta di legge di iniziativa popolare per modificare un articolo della 194 semplicemente per far sì che il medico della ecografia pre-aborto sia obbligato a mostrare l’ecografia alla donna e a far sentire il battito cardiaco, non è nessuna volontà di abrogare la legge, lo scopo è di inserire una tutela in più anche perché la legge 194 si chiama tutela della maternità non legge sull’aborto».   Sembrerebbe che la proposta di legge «Un cuore che batte» non sia direttamente, né tantomeno dichiaratamente, finalizzata a ridurre gli aborti (o comunque a frapporre un ostacolo oggettivo alla fruizione della pratica abortiva), bensì a cercare di rendere la donna intenzionata ad abortire pienamente consapevole delle proprie azioni.   Di fatto, il comma 1-bis della proposta di iniziativa popolare viene posto all’interno dell’articolo 14 della 194 che ne disciplina unicamente l’aspetto informativo. In effetti, la riduzione del danno è tutt’altro che certa in quanto, come abbiamo visto, l’obbligo contenuto nella norma non è formulato come divieto (solamente in quel caso, tra l’altro, la proposta sarebbe eticamente lecita, dal momento che i proponenti si limiterebbero ad inserire un impedimento alla pratica abortiva).    In altri termini, non solo l’emendamento è giuridicamente inefficace e discutibile da un punto di vista etico, ma la sua ratio non si discosta per nulla da quella della norma abortista che si fonda sul falso principio dell’autodeterminazione femminile. Affinché la donna sia realmente libera è infatti necessario che ella scelga il bene, ossia custodire la vita, non che sia «correttamente informata», qualunque cosa questo voglia dire.   Cosicché, la proposta che stiamo analizzando anziché limitare gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica, come prescrive sempre il n. 73 di Evangelium Vitae, potrebbe addirittura accrescerli.   Sussiste anche il concreto rischio che qualora la proposta stessa venga approvata la legge 194 ne esca sostanzialmente rafforzata, soprattutto da un punto di vista ideologico; anche perché il comma inserito nell’articolato della legge sarebbe voluto proprio dal mondo cattolico e pro-life: a quel punto le probabilità di giungere all’abrogazione della norma abortista (che deve rimanere il fine ultimo verso cui orientare tutte le nostre azioni) diventerebbero ancora più remote.   I pro-life italiani devono chiarirsi le idee: o ritengono che la strategia migliore da adottare sia quella di cercare di limitare i danni dell’aborto bypassando la morale oppure decidono di intraprendere azioni di contrasto all’aborto cercando di mantenere «la barra dritta».   Qualora scelgano la prima opzione non pretendano però di agire secondo la dottrina perché «l‘attività civile e politica mirante a ridurre gli effetti negativi di una legge gravemente ingiusta deve rispettare i principi generali della morale» (A. Rodriguez Luno, «Il parlamentare cattolico di fronte ad una legge gravemente ingiusta. Una riflessione sul n. 73 dell’Enciclica Evangelium vitae»).   D’altra parte, ci teniamo a sottolineare che la proposta di far ascoltare il battito cardiaco del nascituro alla madre che intende abortirlo è di per se stessa lodevole. Il problema nasce nel momento in cui si pretende di inserire la norma correttiva all’interno della 194, legge integralmente iniqua, finendo inevitabilmente col colludere con essa.    In conclusione, i frutti avvelenati dell’aborto di Stato possono essere eliminati solo eradicando la mala pianta della legge 194 e, come la storia insegna, i tentativi di mettere mano a norme la cui ratio è malvagia finiscono inevitabilmente per fare il gioco del nemico.   Alfredo De Matteo  

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Immagine di Wolfgang Moroder via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata    
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