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Gender

L’Italia è ora una grande discoteca gay. Ma quanto durerà ancora la musica?

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È finalmente finito il mese arcobaleno. Lo sapete, agli omotransessualisti alfabetici non bastava prendersi un dì l’anno per celebrarsi: no, dovevano prendersi trenta giorni, e quindi tutto giugno diventa il mese arcobalenato. Ed ogni istituzione lo pretende.

 

Eppure, una canzone ancora mi turbina per la testa. È eccezionale, dire orecchiabile è sbagliato, è proprio irresistibile.

 

Una travolgente musichetta gay militante, dove a parlare però è uno che conosco – probabilmente il maggior intellettuale cattolico vivente.

 

Ascoltate voi stessi. Si chiama «One Big Gay Disco». Cioè: «una grande discoteca gay».

 

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Sentite che roba, che tiro. Ascoltate il testo:

 

«America is now one big gay disco». «L’America è ora una grande discoteca gay».

 

«One-Big-Gay-Disco».

 

L’autore è un DJ di cui ignoravamo l’esistenza, e più o meno ci sa che continueremo così così. In pratica, ha preso un pezzo disco-funk anni Settanta – basso ritmato e gai urletti «uh-aahh» inclusi – e ci ha aggiunto delle parole campionate da un discorso.

 

Nella didascalia di YouTube, il musicista scrive che il pezzo è «un perfetto omaggio alla scena dei club dalla mentalità aperta degli anni Settanta, con un video scintillante e nostalgico». Il video in realtà fa abbastanza schifo, è la classica robetta fatta senza soldi e con ancora meno idee: la bella ragazza in tuta non c’entra nulla, con il resto, ma va bene. La prosa di autopromozione, che sembra davvero, quella sì, vecchia di cinquanta anni, del DJ continua: la traccia «avrebbe potuto facilmente illuminare le iconiche piste da ballo di Studio 54, The Loft e Paradise Garage. Completo di archi vorticosi e ritmi ipnotici che richiamano i classici della discoteca del benessere».

 

Soprattutto l’autore si dichiara in grado di «riposizionare il discorso d’odio e trasformarlo in una celebrazione edificante della musica house e disco e in un inno per la comunità LGBTQ+».

 

Discorso d’odio? Ma quale discorso d’odio?

 

Dimenticavo: il discorso d’odio è qualunque discorso l’establishment e i suoi servi odino. È un genitivo oggettivo: l’odio è di chi ascolta più che di chi emette il discorso.

 

Le parole sono tratte da un video di E. Michael Jones, studioso e scrittore cattolico americano noto non a moltissimi, ma la cui portata intellettuale è senza pari, ovunque. Professore di letteratura inglese in un College cattolico dell’Indiana (zona Università cattolica di Notre Dame), fu licenziato a fine anni Settanta per la sua posizione sull’aborto: lui era contrario, tutti i «cattolici» dell’università «cattolica» erano invece a favore. Il mondo si era rovesciato già allora…

 

Ho incontrato Jones a Nuova York una decina di anni fa: io cercavo di far pubblicare i miei libri negli USA, lui voleva che i suoi fossero tradotti in Italiano. Non ricavammo molto, ma non è detto che in futuro con Renovatio 21, e l’aiuto dei lettori, non riesca a fare qualcosa.

 

Negli anni Jones ha animato una rivista, Fidelity, poi divenuta Culture Wars, e una casa editrice che ha pubblicato i suoi enormi tomi: si è occupato della degenerazione dell’arte, dell’ingegneria sociale dietro ai piani urbanistici, del significato dell’horror, della dottrina economica della chiesa, del ruolo sociale della musica da Wagner a Mick Jagger e, tema importante, della cosiddetta «liberazione sessuale», che lui ritiene essere uno strumento di controllo politico. Ad un certo punto, Jones ha cominciato ad occuparsi di un tema particolare e di lì sono stati dolori e problemi: l’influenza degli ebrei nella vita sociale. Potete capire a cosa è stato sottoposto da allora: depiattaformato già da tantissimo, tutti i suoi libri spariti da un giorno all’altro da Amazon. Tuttavia qui il discorso è un altro.

 

Jones è stato preso di sorpresa da questo remix funky della sua invettiva, tuttavia adesso ogni suo show – che è trasmesso su Rumble, perché, figurarsi – si apre proprio col pezzo. One-Big-Gay-Disco. Oh-ahhhh.

 

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Lui racconta da quale suo discorso sono state estrapolate quelle parole. Era un video in cui descriveva un suo recente viaggio in Germania – Paese di cui conosce lingua e cultura, e lo ricorda spesso. Si trovava vicino alla porta di Brandeburgo a Berlino. Lì c’è l’ambasciata USA, e quindi lui, da buon americano, ha buttato l’occhio dentro.

 

Dice di aver visto che dentro, nell’atrio, c’era una grande statua dell’orso, il simbolo di Berlino (sapete: l’etimo germanico della città, come quello di Berna, è baer, appunto l’orso). Il marmoreo plantigrado diplomatico, tuttavia, recava una caratteristica che saltava all’occhio: era ricoperto da una bandiera arcobaleno.

 

«Non sapevo che l’orso di Berlino fosse omosessuale» si disse il Jones. Poi gli spiegarono che il monumento era così agghindato in occasione di un triste evento: in quei giorni di fine primavera 2016 un nightclub gay ad Orlando, era stato oggetto di un brutale attacco «terrorista»: un uomo entrò e sparò uccidendo 49 avventatori e ferendone 53. Il perpetratore era un ragazzo afghano americano, Omar Mateen, che si disse subito aveva fatto bay’ah (cioè, giurato lealtà) al califfo ISIS Al Baghdadi. Alcuni dissero che in realtà l’assassino era un gay che frequentava i locali gay e le app di incontro uraniste. Storia passata.

 

Jones quindi arrivò a pensare che se persino l’ambasciata americana a Berlino è investita del lutto arcobaleno per qualcosa avvenuto in un locale gay in Florida, significa che allora tutta l’America è ora una grande discoteca gay. Non vi sono altri valori: a pochi passi da lì, ricordiamo Kennedy pronunciò lo storico discorso dell’Ich bin ein berliner. Il potere americano tuttavia ora ha più necessità di ricordare i «martiri» omosex-discotecari.

 

Lo ha detto il segretario di Stato Blinken in settimana: i «diritti» gay sono per la superpotenza un tema di sicurezza. L’ammiraglio Kirby, portavoce militare della Casa Bianca, aveva detto più o meno lo stesso l’anno scorso: i diritti LGBT sono il cuore della politica estera americana, aveva detto l’alto militare coi capelli tinti. Si trattava di una risposta a chi gli chiedeva dell’Uganda, tagliata fuori da aiuti e commerci con gli USA (e dai fondi della Banca Mondiale) a causa della sua legge anti-sodomia. En passant, ricordiamo cosa successe subito dopo: strane, improvvise stragi nel Paese ad opera di sigle terroriste che sembravano sparite da decenni… e poi gli islamisti che in Somalia trucidano una quarantina di soldati della forza di pace ugandese

 

Ma torniamo alla One-Big-Gay-Disco.

 

Guardando le immagini del pride di Milano, con politici, cantanti e migliaia di tizi a caso ricoprono le strade della città, non si può non vedere che anche l’Italia ora è una grande discoteca gay.

 

Ma quanta gente c’era, tanta, tantissima. Ma da dove vengono tutti quelli? Sono tutti omo? Forse sì. Loro dicono di essere l’8% della popolazione, cifra molto esagerata, quando un libro di psicologia generale di quando ero all’università parlava invece di 2% – altra cifra contestata come gonfiata. Tuttavia, è innegabile: il divorzio ha prodotto ondate di omosessuali, il femminismo – che autorizza la primazia della madre sul padre, e immaginiamo la combinazione con l’inclinazione matriarcale di certe regioni del Sud – ha proseguito l’opera di creare bambini, uomini, a cui è stata fatta mancare, più o meno programmaticamente, la figura paterna – e da lì la questione dell’omosessualità, secondo la famosa teoria freudiana, ora mostruosamente proibita, dell’origine per padre assente o padre debole.

 

Maree di uomini gay, certo. Ma anche tante ragazze: perché? Sono tutte lesbiche? Ma no, è che in una società dove la maschilità è definita «tossica», la femmina sincero-democratica vede nell’omosessuale l’unico umano dotato di pene rimasto frequentabile.

 

È, a suo modo, una forma di desessualizzazione della donna: invece che stare con gli uomini, vuole stare con gli uomini gay, dove non rischia nulla (non è osservata, desiderata, o ancora peggio, non desiderata) e dove trova magari una claque adorante (…«adoro!») con cui esibire magari una versione forsennata della propria femminilità, o forse il contrario – l’importante è che in giro non ci sia la sfida del maschio, perché costa tensione, incertezza, dolore, fatica. Ecco spiegato anche il fenomeno delle cicci (in gergo, i gay chiamavano così le donne che frequentano omoessessuali) o fag-hug («abbracciafroci»): e non siamo nemmeno sicuri del fatto che non sappiano che, quando non ci sono, i loro amici gay magari si lasciano andare a crudeli battute di scherno e disprezzo nei loro confronti.

 

Tuttavia, la musica pompa alla grande al gay pride meneghino, e sul carro c’è Elly Schlein. Massì, proprio lei, il segretario PD, che ballonzola con a fianco l’onorevole Zan, intonso dopo le inchieste di Report sulle colossali manifestazioni LGBT da lui organizzate. Eccola che tira l’urletto: «uuh-oooh», poi mette in fila due parole aggressive sull’«orgoglio», mentre intorno ha una quantità di persone travestite come nemmeno a carnevale.

 

Elly Schlein, sì. La guardiamo e continuiamo a non capire: gli eredi del PCI davvero hanno preferito lei a Bonaccini? Lei che in Svizzera guardava la sigla di Occhi di gatto mentre il Bonaccia martellava il consiglio comunale di Modena e la Festa dell’Unità di qualsiasi microcomune emiliano? Lei che non sembra nemmeno toccata dalla responsabilità – nonostante l’armocromista, non pare grande lo sforzo estetico, diciamo così – mentre quell’altro per le elezioni 2020 (perse di un soffio contro la Lega…) aveva accettato un restyling metrosessualizzante fatto di barbetta e occhiali a goccia, finiti in un logo dove dietro ad essi non vi era nulla, un po’ come il ras democristiano Giovanni Goria (il maestro di Crosetto) disegnato da Forattini negli anni Ottanta.

 

Elly – Nully, la chiamano i cattivi – non è che sembra tremare al pensiero che siede nel trono che fu di Togliatti (sì): maddeché, le sta facendo, appunto, un giro sul carro. Finché dura. Musica appalla.

 

Uuh-oooh.

 

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E poi, una domanda, che sorge a visionare un po’ di immagini del festone omotransessualoide: ma perché non ci sono, da nessuna parte, persone avvenenti? Perché sono tutti o sovrappeso, o vecchi, o con qualche elemento (taglio o colore di capelli, piercing) che sembra negare ogni possibilità di beltà personale?

 

È un rifiuto programmatico? Forse: rigettando la legge naturale ci si deve allontanare, giocoforza, anche dalla bellezza.

 

E poi: tutte queste persone che hanno occupato, oltre che un intero mese e le città e le scuole e i palinsesti TV, anche un aggettivo che indica la felicità – gay, «gaio» – sono felici?

 

In realtà, ci si chiede dove siano finiti anche tutti quei gay, palestrati e magari un po’ pompatelli di steroidi, che si vedevano sfilare in gruppi pettonudisti o nudisti tout court (o con la mise sadomaso, o da puppy: quelli che fingono di essere dei cani dobermanni, e si fanno portare a spasso con guinzagli borchiati, e abbaiano) alle grandi marce arcobaleniste. Perché al loro posto ci sono occhialute lesbiche diabetiche? Perché ci sono ometti in gonna, che mai sono passati per una sala pesi? La risposta drammatica potrebbe essere che oggi essere frocio è divenuto troppo facile. Nessun sacrificio, perché tutto quello che vuoi, incluso il sesso, lo ottieni subito, per «diritto». Quindi perché sbattersi in palestra?

 

Abbiamo ascoltato qualche discorso dal palco, dove tizi vari, in alcuni casi dal sesso davvero indefinibile, sparano truismi e nullismi, di vario tipo, educandoci sul fatto che adesso si dice LGBTQI+, con il più letto «plus», cioè «plas», all’anglofona: tanto per capire dove tira il vento geopolitico della «frociaggine» (copyright Staff Bergoglio) .

 

Ma non tutto è privo di succo: ecco sul palco un tizio con evidente paura dei capelli bianchi che, dopo aver detto che «siamo tutti uguali perché diversi» (esiste per i luoghi comuni più estremi un premio internazionale chiamato Bulwer-Lytton, autore di un romanzo il cui incipit suonava: «era una notte buia e tempestosa») si lascia scappare qualcosa di interessante.

 

Dice: non lo Stato, né Dio, può ordinare loro come devono vivere. Interessante: quindi, Dio esiste? E se esiste, posso fare il contrario di quello che mi comanda? Un attimo: come è che si chiama quello che iniziò facendo il contrario di quello che chiedeva Dio? Sul tema: ricordo uno striscione, ad una manifestazione dinanzi la Casa Bianca: «I bet hell is faboulous», «scommetto che l’inferno è favoloso».

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La bandiera arcobaleno, che in verità ora è diversa da quella di pochi anni fa perché dispone di un inserto incistatovi dentro, il triangolone rosa-bianco-marron-nero dei trans, garrisce possente ovunque. Su Twitter si vedono immagini di Londra, dove le bandierine omotransessualiste hanno totalmente sostituito l’Union Jack, e in Gran Bretagna ti arrestano se in rete fai ironia con un meme sull’argomento. Australia, stessa cosa: difficile pensare, vista l’assenza di simboli nazionali e l’abbondanza di bandiere aliene, che non sia il segno del fatto che si sia finiti sotto un potere occupante.

 

Rammentate la Casa Bianca l’anno passato? Il drappo omotrans splendeva al centro del colonnato palladiano, le bandiere degli USA ai lati – il posto d’onore è per il vessillo di Sodoma… E solo la settimana scorsa Biden stava sul prato, sempre in evidente stato di amenza, mentre a due metri da lui ballava un nero barbuto vestito da donna.

 


La faccenda è che, parrebbe, la faccenda potrebbe non durare. Un signore, padre di famiglia ed investitore famigliare, ha vergato pochi giorni fa un lungo post su Twitter, raccontando di aver notato come Greenport, un ricco paesino turistico della costa di Long Island, si è svuotato dal flusso di famiglie allegre ed altri visitatori.

 

Come mai? Lui fa capire che è perché una serie di negozi hanno esposto la bandiera omotransessuale, e le famiglie in USA cominciano a non sentirsi più sicure davanti a questo segno.

 


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Un commentatore scrive del pendio scivoloso per cui «sono passati dal “non ti deve interessare quello che faccio in camera da letto” al “devi assolutamente sapere cosa faccio in camera da letto”».

 

È un’osservazione bonaria: la realtà è che siamo passati – in pochi anni! – dal «diritto di visitare il compagno in ospedale» al diritto alla mutilazione sessuale dei bambini. Siamo lontani da una presa di coscienza della massa rispetto alla questione: tuttavia le immagini provenienti dalle drag queen story hour – dove, si raccontano, abbondano i bambini portati dalle loro mamme single – stanno svegliando qualche genitore.

 

C’è poi lo specioso caso dei murales stradali: bandiere arcobaleno al posto delle strisce pedonali, così da essere simbolicamente obbligati a passare per i colori dell’iride sodomista. Non ogni americano, tuttavia, sembra starci: ecco che si è innescata questa nuova tradizione di fare sgommate (con il SUV, con il motorino, con qualsiasi veicolo su ruota) sopra le strisce del gender stradale obbligatorio. Arresti e processi per i perpetratori: ma pensano sul serio che la repressione farà cambiare idea di chi non ne può più? Davvero non si rendono conto che la repressione non farà che radicalizzare ancora di più la crescente massa dei dissidenti?

 


I gay lo hanno capito? Gli oligarchi, loro creatori, pure? Probabilmente no, non ancora. È l’atteggiamento classico di chi sa che qualcosa di fondamentale esiste – tipo: Dio, la natura, la morale, la coscienza, etc. – ma preferisce far finta di niente e ignorare tutto. Fino al «ritorno del rimosso», un altro concetto del Freud ora in via di divieto totale. Cioè, fino a che la realtà, la verità, non torna in superficie, e ti esplode in faccia.

 

Ma, con questo ritmo che pompa, qualcuno si preoccupa?

 

Per il momento, tutti in strada a ballare. Perché l’Italia, l’Europa, il mondo, è una grande discoteca gay. One-Big-Gay-Disco.

 

Il problema è che la musica potrebbe finire prima di quello che pensano.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine screenshot da YouTube

Gender

5 attivisti transgender ceneranno con Papa Leone all’evento «Giubileo dei poveri» domenica

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Un famoso attivista trans ha dichiarato che domenica prossima si unirà a Papa Leone XIV per una cena in occasione dell’evento del Giubileo dei Poveri.   Secondo quanto riportato dalla stampa italiana, tale «Alessia Nobile», ha ricevuto l’invito alla cena del Giubileo dei Poveri del 16 novembre, che si è tenuta nell’Aula Paolo VI di Roma.   La cena con il papa vedrà la partecipazione di centinaia di ospiti poveri, senzatetto ed «emarginati». Nobile ha affermato che lui e altri quattro uomini che si identificano come donne sono stati invitati al pranzo dopo aver richiesto un’udienza con il papa per esprimere le sue preoccupazioni sul fatto che la Chiesa potesse «fare marcia indietro sui diritti LGBTQ» dopo la morte del Bergoglio.   Nobile ha descritto Francesco come un amico e un mentore. Ha incontrato il defunto papa per la prima volta nel giugno 2022 durante un’udienza con altre cinque donne che si identificavano come «transgender». Francesco ha incontrato Nobile più volte e lo ha invitato alle sue udienze generali pubbliche. Il defunto papa gli ha anche scritto una lettera personale in cui si rivolgeva all’attivista transgender chiamandola «cara sorella».   Secondo tutti i resoconti pubblici disponibili, Francesco non ha detto a Nobile che un uomo che vive come se fosse una donna è contro natura e che la Chiesa rifiuta l’ideologia transgender.   La Repubblica a settembre ha scritto che Nobile avrebbe partecipato al giubileo omotransessualista in Vaticano, parlando di «lettera che Bergoglio mi scrisse di suo pugno mi ha permesso di mostrare chi sono».

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Il tema della normalizzazione transessualismo è stato cavalcato in modo plateale dal predecessore di Leone, Giorgio Mario Bergoglio.   Nel 2020 Bergoglio aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia.   Nel novembre 2023, Francesco ha accolto il gruppo e il loro parroco a un pranzo per i poveri organizzato dal Vaticano e si è «seduto di fronte a un’ex prostituta transgender». L’evento fu ripreso dalla grande agenzia stampa mondiale Associated Press, che aveva seguito il gruppo transessuale sin da quando erano saliti in pullman.
E ancora: a fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale.   A Napoli, sempre nel 2015, il Francesco, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».   A novembre 2023 il papa aveva approvato il testo del cardinale Victor Manuel Fernandez che consente ai transessuali di fare da padrini alle funzioni religiose. Tale idea era stata respinta nel 2015 all’interno dello stesso papato di Bergoglio.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 il Bergoglio aveva detto ad una suora pro-LGBT che i transessuali «devono essere integrati nella società».   L’anno scorso papa Francesco fu elogiato per la sua «inclusività» pro-LGBT dagli attivisti transgender perfino in Indonesia, dove l’arcidiocesi della capitale del Paese ha «accolto» nelle parrocchie negli ultimi anni individui transessuali.   In realtà non c’era bisogno di ulteriori prove riguardo al fatto che lo scandalo della «frociaggine» altro non è stato che un espediente dialettico creato ad arte (tesi, antitesi, sintesi).   Il disegno è stato ben delineato dal commento sulla vicenda da parte di monsignor Carlo Maria Viganò: «lo scopo di Bergoglio è normalizzare sodomia e perversione e distruggere il Sacerdozio».

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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Pastora tedesca «sposa» quattro uomini in un «matrimonio poliamoroso»

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Una «pastora» protestante avrebbe «sposato» quattro uomini in un «matrimonio poliamoroso», scatenando polemiche in Germania. Lo riporta LifeSite.

 

A giugno, una pastora trentatreenne della Chiesa evangelica di Berlino-Brandeburgo-Slesia dell’Alta Lusazia, appartenente alla Chiesa protestante in Germania, ha celebrato un «matrimonio poliamoroso» con quattro uomini durante un «festival nuziale pop-up» a Berlino.

 

L’evento è stato recentemente riportato dalla stampa tedesca, suscitando polemiche e discussioni. Secondo quanto riportato la pastora, Lena Müller, avrebbe pubblicato una foto del «matrimonio» su Instagram, ma il post è stato successivamente cancellato.

 

 

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Un post condiviso da Lena Müller (@metablabla)

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La Müllerra ha scritto del matrimonio su Instagram: «Venerdì sera ho avuto il privilegio di celebrare il mio primo matrimonio poliamoroso con Christopher e Gloria. Quattro giovani si sono detti “sì, lo voglio”, hanno celebrato l’amore con noi e si sono affidati alla colorata benedizione di Dio».

 

Di recente, la sedicente «femminista e pastora» ha parlato dell’evento alla Neue Osnabrücker Zeitung: «si vedeva subito che c’era molto amore tra loro. Per questo ci siamo subito trovati d’accordo come squadra: cosa avrebbe Dio contro il fatto che ora fossero quattro invece di due?»

 

Due degli uomini sono lettoni, uno thailandese e un altro spagnolo. Secondo la Müllerra, alcuni dei quattro uomini si conoscevano da molto tempo, ma solo quest’anno hanno iniziato una relazione poliamorosa.

 

Il vescovo protestante di Berlino, Christian Stäblein, ha sottolineato che la Chiesa protestante «accetta solo coppie sposate con rito civile» e che quindi il «matrimonio poliamoroso» non è valido. La chiesa protestante ha affermato in una dichiarazione che matrimoni e nozze «sono forme di benedizione per due persone attraverso Dio».

 

La chiesa protestante progressista e omotransessualista «sposa» coppie omosessuali da anni, ma il matrimonio tra più di due persone non è consentito in Germania ed è punibile dalla legge.

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I parlamentari del Kazakistan hanno votato per vietare la «propaganda LGBT»

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La camera bassa del parlamento kazako ha varato un disegno di legge che proscrive «la pedofilia e la propaganda LGBT» sui media e in rete, al fine di salvaguardare i minori da «contenuti pregiudizievoli».   Il testo, licenziato mercoledì, interviene sulle normative relative ai diritti dell’infanzia, ai mass media, alla pubblicità, alla cultura e all’istruzione. Una petizione del 2024 che reclamava il bando alla promozione della comunità omotransessualista aveva superato le 50.000 sottoscrizioni. Il provvedimento dovrà ora passare al vaglio del Senato per l’approvazione definitiva, prima della ratifica del presidente Kassym-Jomart Tokaev, che ha spesso enfatizzato il ruolo cardine dei valori tradizionali.   Per la commissione parlamentare allo sviluppo socioculturale, l’iniziativa intende «tutelare i bambini da informazioni lesive per la loro salute e crescita» ostacolando la circolazione pubblica di materiali che esaltano la pedofilia o «l’orientamento sessuale non convenzionale».   Il deputato Elnur Beisenbaev, relatore del disegno di legge, ha spiegato che esso traduce l’allarme montante dell’opinione pubblica sui contenuti digitali.   «Bambini e giovani sono bombardati ogni giorno da dati che possono alterare la loro percezione della famiglia, dell’etica e delle prospettive future», ha dichiarato. Beisenbayev ha insistito sul fatto che schermarli da materiali illeciti sia una priorità per la sicurezza e il benessere psicologico.

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Le associazioni per i diritti umani e l’uguaglianza hanno aspramente contestato il disegno di legge, mentre l’International Partnership, organizzazione con sede in Belgio, ha denunciato una «flagrante» infrazione agli obblighi internazionali del Kazakistan.   Beisenbaev ha replicato che la norma «non incide sui diritti individuali delle persone LGBTQ», ma traccia «confini netti vietando la pedofilia e la propaganda LGBTQ», in armonia – a suo dire – con le consuetudini globali.   Il parlamentare ha rilevato che il Kazakistan non è pionieristico in questo campo, richiamando normative analoghe in Ungheria, Bulgaria, Lituania, Polonia, Kirghizistan e Russia.   La Slovacchia ha recentemente approvato un emendamento costituzionale che afferma il binarismo sessuale e limita l’adozione alle coppie eterosessuali, e l’Ungheria ha modificato la legge sulla protezione dell’infanzia del 2021, che vieta l’ideologia LGBT nelle scuole e la propaganda LGBT in prima serata in TV, includendo il divieto delle manifestazioni del gay pride.   Come riportato da Renovatio 21, ancora due anni fa la Corte Suprema russa ha messo fuori legge il «movimento pubblico internazionale LGBT», definendolo un gruppo estremista. Negli ultimi anni, la Russia ha progressivamente inasprito la propria legislazione volta a contrastare la diffusione della cosiddetta «ideologia LGBT». Nel 2013, il Paese aveva vietato la diffusione di tale propaganda tra i minori, estendendo la misura agli adulti nel dicembre 2023.
Nell’estate di due anni fa, la Russia ha anche introdotto il divieto di interventi chirurgici di cambio di genere e di terapia ormonale effettuati come parte del processo di transizione di genere. Oltre a ciò, la legislazione vietava di alterare i dettagli di genere nei registri pubblici.   La sentenza della Corte di messa al bando del movimento omotransessualista era arrivata pochi giorno dopo che Putin, rispondendo ad una domanda del regista serbo Emir Kusturica durante un evento culturale a San Pietroburgo, aveva fatto un discorso di apparente apertura nei confronti della «cultura LGBT». In passato Putin aveva fatto battute sull’ambasciata USA a Mosca che aveva issato alla finestra la bandiera arcobaleno. «Lasciateli festeggiare» aveva sorriso davanti a chi gli indicava il fenomeno. «Hanno mostrato qualcosa sulle persone che lavorano lì».

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Come riportato da Renovatio 21, il governo russo anni fa ha progettato la creazione un nuovo istituto psichiatrico dedicato allo studio, tra le altre cose, del comportamento delle persone LGBT e delle questioni relative ai ruoli e all’identità di genere.
La Russia, come percepibile nei discorsi al Club Valdai del presidente Putin (che ha paragonato, ad esempio, il gender al coronavirus), sta offrendo una certa resistenza al processo di omotransessualizzazione del pianeta, e con essa anche vari Paesi africani – gli stessi divenuti teatro, dopo le scelte politiche anti-LGBT, da improvvisi, sanguinari attacchi terroristici che non si vedevano da decenni.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso anche la Bulgaria ha vietato la propaganda omotransessualista nelle scuole. Proteste anti-LGBT si sono avute mesi fa in Moldavia.   Lo scorso anno, la Georgia ha approvato una legge simile per stabilire una base giuridica per vietare gli eventi del pride e la propaganda LGBT; la legge includeva il divieto di cambio di sesso e limitava l’adozione alle coppie eterosessuali. Il «matrimonio» tra persone dello stesso sesso è già vietato in Georgia. I leader del partito di governo Sogno Georgiano hanno affermato che la legge è necessaria per salvaguardare gli «standard morali tradizionali» in Georgia, la cui Chiesa ortodossa profondamente conservatrice è molto influente.

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Immagine di United States Mission Geneva via Flickr pubblicata su licenza CC BY-ND 2.0
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