Economia
Vaccini ed euro digitale, sottomissione biotica e abolizione del contante: la fine della vostra libertà

Quest’estate se ne è cominciato a parlarne. Volenti o nolenti, subiremo l’euro digitale – così come abbiamo subito la siringa genetica. Le due cose parrebbero essere legate.
Di fatto, i personaggi che spingono entrambi i programmi sono gli stessi.
Il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, ha accolto in questi giorni con favore il rapido dispiegamento della campagna di vaccinazione nell’area dell’euro, dove il 70% della popolazione adulta si è sottoposta al programma di iniezione mRNA.
Il presidente della BCE ha parlato anche della creazione di una «Banca Centrale Euro Digitale»
In un recente forum delle Banche Centrali, la Lagarde si è beata del fatto che vi sono state «in Europa meno resistenze ai vaccini rispetto agli USA».
«L’Eurozona sta sperimentando una ripresa rapida attribuibile soprattutto alla campagna di vaccinazioni» ha dichiarato alla tavola rotonda la presidente BCE
La Lagarde, habitué del Forum di Davos di Klaus Schwab, a luglio aveva lanciato un progetto di euro digitale:
Il progetto era in cantiere da tanto tempo.
Chiunque è in grado di capire che il fine è l’abolizione definitiva del contante, e la cosa non è più nemmeno dissimulata da chi la implementerà
«Sono passati nove mesi da quando abbiamo pubblicato il nostro rapporto sull’euro digitale – aveva dichiarato a mezza estate la BCE in un comunicato – In quel periodo abbiamo svolto ulteriori analisi, chiesto spunti a cittadini e professionisti, e condotto alcune sperimentazioni, con risultati incoraggianti. Tutto ciò ci ha portato a decidere di cambiare marcia e avviare il progetto dell’euro digitale».
«Il nostro lavoro mira a garantire che nell’era digitale i cittadini e le imprese continuino ad avere accesso alla forma di denaro più sicura, la moneta della banca centrale» aveva dichiarato la Lagarde.
Il presidente della BCE ha parlato anche della creazione di una «Banca Centrale Euro Digitale».
«L’euro digitale sarebbe come le banconote, ma in forma digitale: una moneta elettronica emessa dall’Eurosistema (la BCE e le banche centrali nazionali) accessibile a tutti, cittadini e imprese» scrive il sito della BCE.
«Ci stiamo lavorando tutti e volevo assolutamente inserire la questione della MNBC (moneta digitale della banca centrale) nella nostra agenda, perché penso che dobbiamo essere pronti », aveva dichiarato la presidente Lagarde, assicurando però che le banconote e l’euro digitale coesisteranno almeno per qualche tempo.
Se il tuo denaro è digitale, sarà tracciabile ogni suo movimento, in un sistema di trasparenza infernale che non prevede più alcuna privacy – un concetto demolito ai tempi del green pass.
Ora, chiunque è in grado di capire che il fine è l’abolizione definitiva del contante, e la cosa non è più nemmeno dissimulata da chi la implementerà.
L’abolizione del contante obbedisce ad un unico compito: l’aumento del controllo sulla vita del cittadino.
Si tratta dello stesso principio di sorveglianza innestato nella società con lockdown, vaccino, greenpass. Controllo sulla tua vita – perfino nel suo aspetto biologico – e sottomissione all’istituzione.
Se il tuo denaro è digitale, la tua banca dovrà per forza essere controllata verticalmente dalla Banca Centrale Europea.
Con l’euro digitale, come con il green pass, voi dipendete dall’Istituzione: persino per le attività più basilari, perfino per i diritti «prepolitici»: mangiare, bere, muoversi…
Se il tuo denaro è digitale, sarà tracciabile ogni suo movimento, in un sistema di trasparenza infernale che non prevede più alcuna privacy – un concetto demolito ai tempi del green pass.
Se il tuo denaro è digitale, potrà esserti tolto con un clic – lo farà il ministro, il giudice, il poliziotto, il medico, chiunque sarà incaricato di questo nuovo sopruso dei tuoi diritti.
Se il tuo denaro è digitale, potrà essere legato al green pass: non sei vaccinato? La multa ce la preleviamo direttamente dal conto, oppure decidiamo di bloccartelo totalmente – e non crediate che sia una situazione da fantascienza, perché lo hanno appena fatto: hanno tolto i viveri a tutta la popolazione, minacciandoli di togliere loro lavoro e stipendio se non si sottomettono alla siringa genica.
E non si tratterà solo del green pass: sulla piattaforma potranno caricare qualsiasi compito, qualsiasi sistema. Passi con il rosso? La multa prelevata direttamente dal conto. Pazienza se non sei stato tu perché ti hanno rubato la macchina: l’importante è abbreviare i tempi di impatto dell’istituzione sul cittadino, chiaramente a scapito dello Stato di diritto, che sarà liquidato più ancora a fondo di quanto non abbia fatto la pandemia.
Con l’euro digitale, come con il green pass, voi dipendete dall’Istituzione: persino per le attività più basilari, perfino per i diritti «prepolitici»: mangiare, bere, muoversi…
La creazione di questa grande piattaforma di sorveglianza del cittadino – addirittura di capillarità più profonda di quella cinese – è il vero grande compito che i padroni del vapore si sono dati in questi anni
La creazione di questa grande piattaforma di sorveglianza del cittadino – addirittura di capillarità più profonda di quella cinese – è il vero grande compito che i padroni del vapore si sono dati in questi anni. La sottomissione biotica, realizzata con l’obbligo di iniezione mRNA, si integra con la sottomissione elettronica in un unico grande sistema di controllo dell’esistenza umana.
In primavera la BCE aveva organizzato una consultazione: «vuoi l’euro digitale?»
Il sondaggio ha ricevuto poco più di 8.000 risposte. Consideriamo che nella UE, con l’uscita della Gran Bretagna, vivono «appena» 445 milioni di persone.
Una microscopica élite deciderà quindi per mezzo miliardo di persone. Davvero vogliamo accetteremo?
Economia
L’Italia si è salvata dai blackout grazie al crollo dei consumi industriali. Intervista a Mario Pagliaro

Siamo ormai alle soglie dell’estate. È dunque possibile fare un bilancio sui consumi energetici italiani nell’anno produttivo che coincide con quello scolastico: da settembre a giugno. Renovatio 21 torna dunque a sentire il professor Mario Pagliaro, chimico che, con Parisi e Rizzolatti, è fra i membri italiani della Academia Europæa nonché docente di nuove tecnologie dell’energia al Polo Fotovoltaico della Sicilia, uno studioso che sul tema dell’energia ha dato a Renovatio 21 diverse interviste.
Professore, da nesso i prezzi del gas e dell’elettricità sono tornati ai livelli pre-crisi. Dunque, immaginiamo, i consumi saranno ripartiti in modo deciso. E così?
Non è così. Al contrario, i consumi, sia quelli elettrici che quelli del gas, sono ai minimi storici. Il crollo dei prezzi non ha avuto alcun effetto sulla domanda. I consumi industriali continuano a crollare, chiaro indice del crollo della domanda. A maggio i consumi industriali di gas naturale sono scesi di un altro 5,2%, nuovamente sotto la soglia del miliardo di metri cubi. Dall’inizio dell’anno, il calo dei consumi industriali è quasi del 16% (-15,8%) sullo stesso periodo del 2022. Crollo che si estende al consumo di gas per la produzione termoelettrica, che a maggio è sceso del 15,5%. Se poi guardiamo ai consumi elettrici, a maggio gli acquisti di elettricità sulla Borsa elettrica sono crollati: siamo sui 21 miliardi di chilowattora mensili Un livello che non si era raggiunto nemmeno nell’anno del lockdown, il 2020. Ed è lo stesso per il gas: se ne consuma meno che durante il lockdown della popolazione. Può sembrare assurdo, ma è così ormai da mesi.
Perché avviene questo crollo della domanda?
Verosimilmente perché il tasso di inflazione è così elevato da far crollare i consumi, tanto in Italia che negli altri Paesi comunitari. In alcuni settori come gli alimentari, ad esempio, il tasso di inflazione è molto più alto di quello ponderato sul prezzo di molteplici beni e servizi. Pane, pasta, carne, riso, olio di oliva, olio di semi, latte, frutta e ortaggi in un solo anno hanno registrato tutti fortissimi aumenti, di molto superiori al tasso di inflazione. Si tratta di consumi non comprimibili oltre una certa soglia di pochi punti percentuali. Dunque, si risparmia su tutto il resto. Poi, naturalmente, c’è la fine del Superbonus 110% in edilizia che per oltre 2 anni aveva letteralmente trainato il PIL italiano.
E la domanda estera, per quale motivo si riduce?
Per il rapido deteriorarsi delle relazioni internazionali. Da sola, la guerra a bassa intensità fra due ex repubbliche sovietiche ha portato ad un’ulteriore diminuzione delle esportazioni della Russia, solo parzialmente recuperate dalle imprese italiane esportando verso intermediari basati in Turchia. Scende la domanda di prodotti industriali da parte della Germania, la cui economia ha in Italia una vastissima base di fornitori, perché la stessa economia tedesca versa ormai in profonda crisi, non potendo più beneficiare dell’energia a basso costo dovuta alle forniture di gas e petrolio a basso costo dalla Russia. Ma scende anche dai Paesi mediorientali e dal Sud Est asiatico. L’economia italiana ha una fortissima vocazione manifatturiera: ma se non c’è domanda, le industrie non possono produrre per riempire i magazzini di merce che nessuno richiede.
Il lato positivo è che non dovrebbero più essere rischi di blackout per questo inverno, come pure previde Nomisma Energia. È così?
Se i consumi si manterranno così bassi, sarà così. Gli stoccaggi del gas sono già pieni al 75%. Ma il problema si riproporrebbe se i consumi industriali tornassero a salire. Ma questo potrà avvenire sono con un radicale miglioramento delle relazioni internazionali. Senza il quale, la prospettiva è invece quella della deindustrializzazione accelerata.
Per quale motivo?
Perché le industrie, a differenza del settore terziario, hanno ingenti costi fissi per coprire i quali hanno necessità di produrre e di vendere. Lasciare inattivi impianti e stabilimenti per mesi o addirittura per anni è semplicemente impossibile. I proprietari delle fabbriche, in breve, possono tollerare delle perdite transitorie sapendo che saranno recuperate nei mesi successivi. Se invece si prospettano mesi o anni di mancate vendite dovute al crollo della domanda, le fabbriche, molto semplicemente, vengono chiuse e poste in liquidazione.
È per questo che Francia e Germania stanno nazionalizzando?
Certo. La Francia ha appena completato la nazionalizzazione dell’energia elettrica. La Germania ha nazionalizzato il più grande distributore di gas nazionale, dopo aver acquistato il 20% delle azioni della propria compagnia aerea di bandiera. In realtà, tanto la Germania che l’Italia è come se avessero già nazionalizzato i loro comparti energetici: solo che invece di acquisire il controllo delle ex aziende pubbliche, hanno dato i soldi ai cittadini e alle imprese per pagare le bollette.
Si ha un’idea di quanto abbia dato il governo italiano?
Certo. Lo Stato italiano, fra i provvedimenti del governo uscente e di quello attuale, ha speso 99,3 miliardi per pagare gli extra costi delle bollette di imprese e famiglie. La Germania ben 268 miliardi, perché il costo se lo è accollato interamente lo Stato. Sono cifre enormi ma del tutto concrete: nel caso dell’Italia è stato allocato e speso il 5,6% del Pil.
E ora, che il prezzo del gas e dell’elettricità è crollato e ci sarebbe modo di rifarsi, il consumo di energia è ai minimi storici. Non è incredibile?
Non lo è per chi comprenda che la domanda di beni può crescere soltanto in un sano contesto di sviluppo economico basato sulla produzione di beni concreti da vendersi sul mercato interno e su quello internazionale. Che sono solo quelli dell’industria e dell’agricoltura. Ad esempio, da ormai due anni è in corso in Italia un significativo boom del turismo. Che non si traduce, né potrà farlo, in diffusa crescita economica. I salari sono bassissimi, e gli operatori invece di alzarli lamentano la mancanza di 300 mila figure professionali, fra camerieri, cuochi, baristi, portieri, animatori turistici e agenti di viaggio. La valuta straniera importata con il turismo finisce in gran parte nelle casse delle banche sotto forma di depositi, e in minima parte in investimenti sulle infrastrutture ricettive e in salari. L’effetto sulla domanda interna di beni industriali è quindi trascurabile.
Un’ultima domanda sull’energia solare. Come va il comparto in Italia dopo la fine del Superbonus e il crollo dei prezzi?
Va benissimo. È anzi l’unico comparto economico a registrare una crescita sana e strutturale. Lo avevamo previsto nel 2018 nel libro Helionomics e adesso è realtà. Nei primi 4 mesi dell’anno la nuova potenza fotovoltaica allacciata alla rete elettrica in Italia è più che raddoppiata, rispetto allo stesso periodo del 2022, passando da 659 a 1400 MW (megawatt). Sono le famiglie e le aziende che hanno compreso che solo il solare potrà salvarle da ulteriori aumenti delle bollette. Infatti, le piccole installazioni di taglia residenziale con potenza inferiore a 20 kW (chilowatt) sono più che triplicate. Mentre quelle sui tetti di capannoni industriali e supermercati solo ad aprile sono cresciuti del 163%.
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Economia
«Un’ondata di default è imminente»: studio di Deutsche Bank

Uno studio annuale pubblicato dalla Deutsche Bank, la nona banca più grande del mondo, ha avvertito che «un’ondata di default è imminente negli Stati Uniti e nel settore del debito societario». Lo riporta l’agenzia Reuters.
Secondo quanto riportato le inadempienze da parte delle aziende diventeranno più comuni rispetto agli ultimi 20 anni, con tassi di insolvenza che raggiungeranno il picco nel quarto trimestre del 2024.
La banca ha previsto che i tassi di insolvenza massimi raggiungeranno il 9% per il debito ad alto rendimento statunitense, l’11,3% per i prestiti statunitensi, il 4,4% per le obbligazioni europee ad alto rendimento e il 7,3% per i prestiti europei. Le insolvenze statunitensi erano al 12% durante la crisi del 2007-2008.
«I nostri indicatori del ciclo segnalano che un’ondata di default è imminente», hanno scritto gli economisti di Deutsche. «La politica più restrittiva della Fed e della BCE in 15 anni si sta scontrando con un elevato indebitamento costruito su margini ridotti».
Gli autori dello studio hanno aggiunto che «le nostre previsioni presumono solo un ritorno del ciclo Boom-Bust [una situazione in cui un’economia o un’impresa attraversa regolarmente periodi di maggiore attività e successo seguiti da periodi di fallimento, ndr], non uno shock in stile GFC», riferendosi alla cosiddetta grande crisi finanziaria globale del 2007-2008.
In altre parole, se ci sarà uno shock importante per il sistema, il che è più che probabile, le previsioni di Deutsche Bank saranno ben al di sotto dell’effettiva ondata di fallimenti che si verificheranno.
Deutsche Bank l’anno scorso aveva previsto una contrazione del 3% in Europa. Avevano inoltre suscitato interesse e allarme le previsioni della banca sull’uso del legno come combustibile per l’inverno.
Come riportato da Renovatio 21, alcuni avevano temuto che Deutsche Bank stesse per collassare nel domino partito con la Silicon Valley Bank e proseguito, dopo il massacro delle banche regionali americane, con il riassestamento via fusione delle principali banche elvetiche.
Immagine di Elliot Brown via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Economia
I profitti del gigante petrolifero russo Rosneft salgono nonostante le sanzioni

Gli utili netti del più grande produttore di petrolio russo, Rosneft, sono aumentati del 45,5% nel primo trimestre di quest’anno rispetto ai tre mesi precedenti, raggiungendo i 323 miliardi di rubli – cioè 4 miliardi di dollari a causa di un aumento della produzione, ha annunciato la società questa settimana. Lo riporta il sito russo RT.
Alcuni analisti, intervistati da Interfax, si aspettavano che la cifra fosse molto inferiore, a 2,9 miliardi di dollari.
La produzione di petrolio e gas nel primo trimestre è aumentata dello 0,8% da ottobre a dicembre, superando i quattro milioni di barili al giorno, ha riferito il colosso petrolifero russo.
La produzione del progetto Sakhalin-1 nell’Estremo Oriente russo è aumentata del 180%, trimestre su trimestre.
Come riportato da Renovatio 21, nonostante il caos sulla scena internazionale, Giappone e India hanno annunciato che proseguiranno i lavori per la creazione di ulteriori infrastrutture energetiche a Sakhalin. Nuova Delhi in particolare si sta avvantaggiando dei volumi di petrolio e carbone che Mosca non vende più ai Paesi UE, i quali, in realtà stanno continuando ad acquistarne alcune quantità nonostante le sanzioni.
L’amministratore delegato di Rosneft Igor Sechin, tuttavia, ha avvertito che le operazioni sarebbero state ulteriormente influenzate dalla decisione di Mosca di ridurre la sua produzione di 500.000 barili al giorno, o circa il 5%, al fine di sostenere i mercati petroliferi globali.
«Sebbene il taglio non abbia avuto molta influenza sui risultati del primo trimestre del 2023, avrà un forte impatto sui risultati del trimestre successivo», ha avvertito il vertice della Rosneft, che attribuisce l’aumento dei profitti all’aumento delle vendite di energia all’India e ad altri Stati «amici».
L’India, il terzo importatore mondiale di greggio, ha intensificato gli acquisti di petrolio russo poco dopo l’inizio dell’operazione militare di Mosca in Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali. Nuova Delhi ha ripetutamente sottolineato che la sicurezza energetica è la sua massima priorità. Ha scelto di non soccombere alle pressioni occidentali e ha continuato a rifornirsi di forniture russe, anche dopo l’entrata in vigore del price cap – il tetto sul prezzo dell’oro nero – imposto dal G7 sul petrolio russo alla fine dello scorso anno.
Sechin ha dichiarato di recente che Mosca e Nuova Delhi si sono accordate per «aumentare sostanzialmente» la fornitura di greggio all’India e diversificarne le qualità.
Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi gli USA hanno sostituito la Russia come principale fornitore di petrolio dell’area UE, che paga il tetto al greggio russo, una decisione che si è ritorta contro i governi europei e le loro popolazioni.
Il petrolio russo è ora acquistato dal Pakistan aggirando il dollaro e utilizzando lo yuan, cioè la valuta della Repubblica Popolare Cinese.
La famigerata banca d’affari statunitense Goldman Sacks prevede un aumento del prezzo del petrolio che entro l’anno lo porterà oltre i 100 dollari al barile.
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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