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«Melbourne è zona di guerra». Parla un’attivista incarcerata

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John-Henry Westen, capo della piattaforma prolife canadese Lifesitenews, ha realizzato una densa, toccante intervista alla giornalista e attivista australiana Monica Smit, 30 anni, in prima linea nella protesta della sua città, Melbourne, contro la tirannia sanitaria.

 

Malgrado il tema tremendo, l’intervista riesce a trasmettere un’insperato, contagioso senso di ottimismo.

 

 

La Smit è stata incarcerata per ben 22 giorni. Parrebbe che il suo sia un reato d’opinione: perché per il reato di «incitamento» previsto dal codice locale (in particolare l’accusa era di «aver incitato contro le disposizioni del capo della Sanità»: una sorta di versione australiana dell’improbabile reato di «lesa Speranza») non è contemplata la reclusione, che invece lei ha subito per quasi un mese. I giudici, dice, volevano che cancellasse del materiale dal suo sito internet. Lei ha rifiutato.

 

Monica ha ritenuto che la sua libertà di parola, e la sua libertà in generale, valessero di più. Il governo stava violandole. Il rischio era poi che si creasse così un pericoloso precedente. Con coraggio, ha scelto quindi di rimanere in carcere

Il tribunale ha quindi offerto alla Smit la possibilità di essere rilasciata se avesse accettato un «coprifuoco personale», che andava a sommarsi a quello imposto in tutto lo Stato. La ragazza ha rifiutato anche questo.

 

Monica ha ritenuto che la sua libertà di parola, e la sua libertà in generale, valessero di più. Il governo stava violandole. Il rischio era poi che si creasse così un pericoloso precedente. Con coraggio, ha scelto quindi di rimanere in carcere.

 

Racconta che si è permessa di piangere una volta sola, quando era nel cellulare della polizia. Perché piangere, dice «è una perdita di energie», e nessuno è ispirato da una figura che singhiozza. Per responsabilità nei confronti dei tanti che la seguono, è rimasta integra.

 

«Siamo in una guerra psicologica», ha detto, e i tiranni medici stanno «cercando di frantumare  la nostra volontà» per sottometterci.

Al punto che è riuscita a rendere la prigionia un momento davvero fecondo, dove ha potuti «staccare», pregare Dio, scrivere, riposarsi nonostante i pochi metri della cella. Il suo volto, a vederlo in video, in effetti trasmette positività e benessere.

 

La Smit ha definito Melbourne una «zona di guerra», dove ha testimoniato personalmente l’uso di pallottole di gomma sparate sui manifestanti dalla polizia. Ha raccontato inoltre che ogni tentativo di trovare un accordo con le forze dell’ordine – magari avere il permesso di protestare una volta al mese – è stato vano. Ha definito quindi i leader politici attuali come dei tiranni veri e propri.

 

«Siamo in una guerra psicologica», ha detto, e i tiranni medici stanno «cercando di frantumare  la nostra volontà» per sottometterci.

 

Il suo messaggio, infine, è di ottimismo, speranza, Fede: riponiamo tutta la nostra fiducia in Dio, perché Egli «è dalla nostra parte».

 

 

 

 

 

 

 

 

Protesta

Proteste massive contro Netanyahu per gli ostaggi

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La sera di sabato 7 settembre, ha segnato la più grande protesta mai registrata nella storia israeliana, non solo dal 7 ottobre, ma mai vista.

 

Gli organizzatori dell’evento hanno affermato che c’erano 500.000 persone all’evento principale a Tel Aviv e altri 250.000 ad altri eventi in tutto il Paese.

 

La manifestazione è stata uno sforzo congiunto tra l’Hostage Families Forum e le proteste antigovernative che si oppongono al Primo Ministro Netanyahu e chiedono nuove elezioni.

 


Questa è stata la prima volta che i due gruppi si sono uniti e rappresenta una crescente frustrazione all’interno della società israeliana nei confronti delle politiche di guerra e distruzione condotte dal governo Netanyahu.

 

Come riportato da Renovatio 21, le proteste contro il governo israeliano vanno aumentando nel Paese.

 

Proteste massive contro il governo Netanyahu si erano avute anche l’anno scorso, ben prima della guerra di Gaza, quando era prevista una pesante riforma del sistema giudiziario dello Stato Ebraico.

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Protesta

Bolsonaro guida una manifestazione massiva per la libertà di parola in Brasile

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Migliaia di brasiliani hanno inondato le strade delle città sabato per protestare contro la crociata di censura del governo contro la piattaforma X di Elon Musk e la libertà di parola.   La manifestazione, tenutasi sabato nel giorno dell’Indipendenza, è stata guidata dall’ex presidente brasiliano Jair Messias Bolsonaro, che ha dichiarato, rispondendo al giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes: «spero che il Senato federale ponga un freno ad Alexandre de Moraes, questo dittatore che fa più danni al Brasile dello stesso Luiz Inacio Lula da Silva».    

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Diversi account X di rilievo, tra cui il giornalista Michael Shellenberger, stanno riportando dal viale principale di San Paolo, dove decine di migliaia si sono radunate oggi per opporsi a Lula e de Moraes che hanno recentemente bloccato X a livello nazionale.   «Il presidente brasiliano Lula e il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes affermano che devono bloccare X per proteggere l’indipendenza del Brasile. X è una piattaforma per parole pericolose, false e odiose, affermano, e molte di queste parole violano le leggi e la Costituzione del Brasile» scrive lo Shellenberger, già noto per i cosiddetti «Twitter Files».   «Ma la loro censura va ben oltre quanto consentito dalla costituzione brasiliana. Il governo ha chiesto che X e altri social network censurino e bandiscano singole persone, tra cui giornalisti e politici. Tali divieti sono immorali, illegali e incostituzionali. Costituiscono un’interferenza elettorale e minano la democrazia impedendo ai candidati di far circolare la parola».   «Sono d’accordo che mentire è sbagliato, l’incitamento all’odio è brutto e ci sono limiti alla libertà di parola. Non dobbiamo permettere alle persone di usare parole che causano direttamente violenza fisica».  

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«Ma tutti mentono, tutti si impegnano in discorsi d’odio, e i limiti alla libertà di parola non devono mai includere le elezioni. Immagina cosa succederebbe se fosse illegale mentire: tutti dovrebbero andare in prigione a partire dai giornalisti e dai politici. Quanto ai discorsi d’odio, Lula ha espresso odio quando ha elogiato Adolf Hitler? Non esprime odio ogni volta che parla di Elon Musk e Jair Bolsonaro?»   «La gente incolpa il discorso per il caos del 6 gennaio negli Stati Uniti e dell’8 gennaio in Brasile. Ma gli eventi di quei giorni sono stati il ​​risultato di una sicurezza inadeguata, non di qualcosa che qualcuno ha detto online. E se il governo può censurare informazioni elettorali sfavorevoli, come potrebbe qualcuno sapere se il governo ha rubato un’elezione?» continua lo Shellenbergherro.   «La democrazia e le elezioni sicure dipendono dalla libertà di parola. L’idea che dobbiamo censurare la parola per proteggere la democrazia è in linea con altre idee orwelliane come “La guerra è pace” e “La schiavitù è libertà”. Per migliaia di anni, democrazia e libertà hanno camminato mano nella mano, così come censura e dittatura».   «Tutti sanno nel profondo del loro cuore che la censura è sbagliata. Sappiamo tutti di essere imperfetti e di non sapere tutto. Sappiamo di fare affidamento sugli altri per scoprire la verità. Perché, allora, così tante persone vogliono la censura?»       Come riportato da Renovatio 21, X e in generale le aziende di Musk sono sotto attacco da parte di quello che è oramai considerato come il sovrano de facto del Brasile, il giudice supremo Alexandre de Moraes, che ha chiuso il social, multato con cifre folli chiunque vi acceda tramite VPN (a parte gli account del presidente Lula, che continuano a postarvi fischiettosamente) e perfino messo sotto attacco giudiziario Starlink, un’altra società di Musk ma totalmente separata da X, in una mossa unica che incute timore a qualsiasi investitore estero.   Starlink, peraltro, era stata premiata solo un anno fa perché tramite i suoi satelliti fornisce connessione alle scuole brasiliane dell’entroterra amazzonico.   La battaglia è proseguita con la pubblicazione da parte di X dei cosiddetti «Alexandre Files», in cui si dà conto delle richieste di censura di De Moraes su X, che quest’ultimo ritiene illegali ed incostituzionali secondo l’ordinamento brasiliano. In almeno un caso, era richiesta la censura di un senatore dell’opposizione.

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Come riportato da Renovatio 21, potenti manifestazioni pro-Bolsonaro si erano viste anche sei mesi fa.   Il governo Lula ha quindi avviato un’indagine su Bolsonaro, gli ha sequestrato il passaporto e successivamente gli è stato impedito di candidarsi fino al 2030 dal tribunale elettorale.   L’ex presidente è stato incriminato per falsificazione dello status vaccinale (con il rischio di sentenza da 12 anni di carcere); sul vaccino il Lula è particolarmente attento, partecipando appena eletto a campagne di vaccinazione di massa a base di grotteschi balletti con siringhe giganti.   Da quando ha lasciato la presidenza, Bolsonaro ha dovuto affrontare diverse indagini contro di lui, inclusa l’accusa di un «tentato colpo di Stato» per i moti del gennaio di quest’anno. A giugno gli è stato vietato di candidarsi alle elezioni fino al 2030.   Tra le accuse mossegli pubblicamente, anche quella di aver molestato una balena.

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Migliaia di persone manifestano contro il nuovo primo ministro francese

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Sabato in Francia si sono scatenati disordini di massa a seguito della decisione del presidente Emmanuel Macron di nominare primo ministro il politico conservatore Michel Barnier, respingendo la scelta della fazione più numerosa in Parlamento.

 

I dimostranti hanno chiesto le dimissioni del Macron, accusandolo di «presa di potere» e di «furto delle elezioni».

 

Il mese scorso, il leader francese ha respinto la candidata dell’alleanza Nouveau Front Populaire (NFP) Lucie Castets per l’incarico, nonostante la coalizione avesse ottenuto il maggior numero di seggi alle elezioni parlamentari di luglio.

 

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Mercoledì Macron ha nominato primo ministro Michel Barnier, membro del partito di centro-destra Les Républiques (LR) ed ex capo negoziatore dell’UE per la Brexit, in sostituzione di Gabriel Attal, dimessosi dopo le elezioni.

 

Il partito LR di Barnier si è classificato quarto nelle elezioni legislative, assicurandosi 48 seggi sui 577 dell’Assemblea nazionale.

 

Il Ministero dell’Interno ha dichiarato che 110.000 persone hanno preso parte alle manifestazioni nazionali di sabato, di cui 26.000 a Parigi. Mathilde Panot del partito di sinistra France Unbowed (LFI) ha scritto su X che 160.000 dimostranti sono scesi in piazza solo a Parigi, mentre oltre 300.000 hanno protestato in tutta la Francia.

 

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Si sono svolte manifestazioni anche a Lione, Nantes, Nizza, Marsiglia, Rennes e in altre grandi città.

 

A Parigi la folla è stata vista marciare con striscioni con la scritta: «Democrazia annullata, Macron destituito» e «Fermiamo il colpo di stato di Macron!» mentre si dirigeva dalla Bastiglia verso Place de la Nation, nella parte orientale della città.

 

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Le proteste di sabato sono state organizzate dal partito LFI, che fa parte dell’alleanza NFP insieme ai socialisti, ai comunisti e ai verdi.

 

«Emmanuel Macron avrebbe potuto nominare Lucie Castets primo ministro. Non l’ha fatto… perché intendevamo applicare il nostro programma», ha detto il leader dell’LFI Jean-Luc Melenchon, rivolgendosi ai manifestanti.

 

Macron ha indetto elezioni anticipate dopo che la sua fazione centrista Ensemble ha ottenuto scarsi risultati nel voto parlamentare europeo. Sebbene il blocco sia arrivato secondo nelle elezioni francesi, il presidente ha il potere esclusivo di nominare il primo ministro. Macron ha affermato che la nuova nomina segna l’inizio di una nuova «era politica» in Francia.

 

Come riportato da Renovatio 21, il neopremier Barnier, ex commissario europeo, aveva teorizzato uno stop all’immigrazione per «tre o cinque anni».

 

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