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Terrorismo

Droni CIA uccidono il braccio destro di Bin Laden. I talebani sapevano?

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Il leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri è stato ucciso nel fine settimana in un attacco di droni statunitensi in Afghanistan, ha annunciato lunedì sera il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, dopo che diversi media lo hanno riferito citando fonti anonime all’interno del governo.

 

Biden ha fatto una breve apparizione televisiva durante la sua tormentata quarantena COVID.

 

«Nel fine settimana, gli Stati Uniti hanno condotto un’operazione antiterrorismo contro un importante obiettivo di Al Qaeda in Afghanistan. L’operazione ha avuto successo e non ci sono state vittime civili», ha detto ai giornalisti un alto funzionario dell’amministrazione in un briefing di base. Sebbene il nome di Zawahiri non fosse stato inizialmente menzionato, AP lo ha riportato poco dopo, seguito dall’agenzia Reuters e Washington Post.

 

Rivolgendosi alla nazione alle 19:30, Biden ha affermato che il raid di velivoli senza pilota ha ucciso Zawahiri, definendolo il braccio destro del defunto ex  numero uno di Al Qaeda Osama Bin Laden un «assassino vizioso e determinato».

 

Dopo una pianificazione “rigorosa” per evitare vittime civili, ha detto Biden, una settimana fa ha dato l’approvazione finale per l’attacco.

 

«Ora, la giustizia è stata consegnata e questo leader terrorista non c’è più».

 

«Non importa quanto tempo ci vorrà, non importa dove ti nascondi, se sei una minaccia per la nostra gente, gli Stati Uniti ti troveranno e ti porteranno fuori», ha aggiunto Biden, che ricordiamo stringere un rosario nel bunker della Casa Bianca di Obama mentre assistevano al presunto assassinio di Bin Laden nel 2011.

 

Molto curiosamente, al-Zawahiri non si trovava in una grotta sperduta tra Pakistan e Afghanistan ma in un quartiere della capitale Kabul. Lo ha confermato il governo talebano, con il portavoce Zabihullah Mujahid che lo ha condannato come una violazione dei «principi internazionali», dice Reuters. Il governo degli «studenti coranici» asseconda Biden (il loro principale fornitore di armi con la fuga USA dell’agosto 2021) anche nella narrative dell’assenza di vittime civili, un progresso rispetto all’anno passato quando un drone americano massacrò un’intera famiglia innocente.

 

«Un razzo ha colpito una casa nella zona Sherpor di Kabul questa mattina intorno alle 6», ha detto a Tolo News il portavoce del ministero dell’Interno Abdul Nafi Takoor . «La casa era vuota, quindi il razzo non ha provocato vittime».

 

Qualcuno ipotizza invece che l’attacco avesse il semaforo verde dell’Emirato, che non poteva aver contezza della presenza del numero uno di Al Qaeda nella capitale afghana, e che attende dagli USA lo sblocco di 9 miliardi di dollari congelati dall’anno scorso, assolutamente necessari ora dopo terremoti e inverni con la fame e il freddo che spingono le persone a vendere i propri organi e i propri figli.

 

La casa di al-Zawahiri pare fosse di proprietà di un aiutante di Sirajuddin Haqqani, membro del clan Haqqani, potentissima rete di signori della guerra imparentati che hanno una forte influenza anche sul nuovo ciclo talebano: lo Sirajuddin dal settembre dello scorso anno è de facto una sorta di ministro degli Interni di Kabul, anche se gli USA offrono 10 milioni di dollari per chi dirà dove si trova.

 

La presenza di Zawahiri in una safe-house della rete Haqqani, per giunta nella capitale, indica una palese, macroscopica violazione degli accordi di Doha tra talebani e USA, dove i primi si impegnavano di non offrire rifugio a membri di Al Qaeda.

 

Haqqani si dice fosse lontano, per seguire i colloqui di pace con i turbolenti Tehrik-i Taliban, i talebani pakistani, che tanta noia stanno dando ai servizi di sicurezza di Islamabad. Non è chiaro se ritornerà.

 

Zawahiri, 71 anni, di origine egiziana, era considerato il vice di Osama Bin Laden, al cui fianco appariva nei famosi video messaggi del saudita.

 

Lo Zawahiri era stato inserito nell’elenco dei 22 terroristi più ricercati dall’FBI dall’ottobre 2001, in seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre, ed eradiventato il leader di Al-Qaeda in seguito all’annuncio degli Stati Uniti dell’uccisione di Bin Laden nel maggio 2011. Il Dipartimento di Stato  USA aveva offerto una taglia fino a 25 milioni di dollari per informazioni su dove si trovasse Zawahiri.

 

Zawahiri, medico, proveniva dall’alta società egiziana. Aderì alla rete fondamentalista dei Fratelli Musulmani, un gruppo riconosciuto perfino dai libri dell’ISIS come prototipo di ogni movimento jihadista del secondo Novecento.  Vi aderì da ragazzino, a 14 anni, poco prima che il leader Sayyid Qubt, ideologo del nuovo fondamentalismo con un passato negli USA, fosse giustiziato dal governo egiziano. In seguito, formò con altri il gruppo conosciuto come Jihad Islamica Egiziana, che aveva lo scopo di realizzare la visione di Qubt e rovesciare il governo egiziano per stabilire nel Paese un Stato islamico.

 

Nel 1981 fu arrestato, tra centinaia di attivisti, dopo l’assassinio del presidente Anwar Sadat. L’attentato, nella mente di Zawahiri e della cellula jihadista, avrebbe svegliato le masse islamiche che si sarebbero unite al movimento una volta dimostrata la vulnerabilità del tiranno laico. La realtà non fu esattamente questa. È qui che Zawahiri e l’islamismo radicale maturarono la concezione della giahiliiah, ossia «l’ignoranza» delle masse e dei poteri odierni, anche musulmani, rispetto alla verità maomettana,  e quindi la possibilità di colpirli anche con la violenza nell’ottica del grande disegno divino.

 

È possibile dire che il fondamentalismo terrorista islamico moderno sia nato lì, con Zawahiri presente.

 

Da medico aveva già lavorato a Peshawar, in Pakistan, nella Crescente Rossa (la Croce Rossa musulmana) durante i primi anni della guerra sovietica in Afghanistan. È qui con probabilità che ha incontrato Osama bin Laden, il responsabile per conto di sauditi e probabilmente dell’Intelligence americano del database dei volontari affluiti lì da tutto il mondo, la cosiddetta «base», che in arabo si dice appunto «al Qaeda».

 

Nei primi anni Novanta aveva predicato, sotto falso nome, in varie moschee negli USA. L’emersione dell’ISIS a metà anni 2010 aveva costituito una sorta di disruption del suo modo di condurre la jihad: con, segretezza, poche mosse studiate, e video-prediche lunghe ore. L’ISIS rese invece la jihad qualcosa di attrattivo, di cool per i ragazzi musulmani di tutto il mondo, con video fracassoni, coretti, clip, meme vari. Zawahiri di colpo era diventato vecchio…

 

Zawahiri è morto senza vedere la fine della giahiliiah, «l’era dell’idolatria» che lo aveva portato tra le montagne brulle del Centrasia.

 

Anzi ha fatto tempo a vedere i talebani vestiti da soldati americani che gli mangiavano il gelato sottocasa, sia pur per trollare Biden.

 

Il quale, come riportato da Renovatio 21, era protagonista, negli anni in cui era il vicepresidente USA, di una profezia dello stesso Bin Laden: il megaterrorista  aveva ordinato ad al Qaeda di non prendere di mira Joe Biden perché credeva che, sostituito Barack Obama, Joe avrebbe «portato gli Stati Uniti in una crisi» a causa della sua abissale incompetenza.

 

Non è chiaro se la teoria fosse vagliata anche dal vice Zawahiri, tuttavia Biden è quello poco fa gli mandato un robot assassino volante teleguidato a disintegrarlo, magari con un placet dei neomangiatori di ignorante gelato idolatra.

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di Hamid Mir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

 

 

 

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Terrorismo

La rete dell’ISIS-K dietro all’attentato alla chiesa di Santa Maria a Istanbul

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Sotto indagine almeno 12 persone, sei delle quali si trovano al momento in carcere. Al centro dell’indagine una cellula con base a Başakşehir e responsabile dell’attacco alla parrocchia francescana di fine gennaio. Allo studio altre operazioni con obiettivo il Parlamento, caserme militari e stazioni di polizia.

 

Giro di vite delle autorità turche contro gruppi legati allo Stato islamico in Turchia, sospettati fra gli altri di legami con l’attacco ad una chiesa cattolica di Istanbul a fine gennaio scorso. È di queste ore la notizia dell’incriminazione di almeno 12 persone presumibilmente legate alla Islamic State Khorasan Province, meglio nota come ISIS-K, parte di una rete più vasta e responsabile di attività terroristiche sul territorio.

 

Gli indagati sarebbero responsabili della gestione di una cellula locale con base a Başakşehir, distretto nella parte europea della metropoli, e stavano organizzando una serie di attentati: nel mirino il Parlamento turco, alcune caserme militari e stazioni di polizia.

 

L’incriminazione dei sospettati è il risultato di una lunga indagine in atto da tempo sulle attività di ISIS-K in Turchia, che hanno riguardato anche l’assalto alla parrocchia francescana di Santa Maria a Istanbul, nella quale è morta una persona.

 

Un bilancio contenuto solo dal fatto che le armi usate dagli assalitori si sono inceppate al momento di aprire il fuoco, scongiurando quella che poteva trasformarsi in una strage per un attentato dalla chiara matrice confessionale come denunciato ad AsiaNews da personalità cattoliche.

 

L’ufficio del Procuratore capo di Istanbul ha avviato le indagini sulla base delle informazioni raccolte dalla polizia. I sospetti, sei dei quali si trovano attualmente in custodia cautelare in carcere, sono accusati di aver ricevuto istruzioni dai leader di ISIS-K per compiere attacchi a sedi istituzionali, fra le quali il Parlamento, e a sedi di forze dell’ordine ed esercito

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Il centro oggetto di indagine, denominato «Darul Vefa İlim ve Amel Merkezi», sarebbe stato un punto di smistamento per i membri uzbeki, kirghisi e caucasici di ISIS-K. Questi elementi mantenevano stretti legami con rappresentanti dello Stato islamico in Siria e Afghanistan e progettavano di inviare reclute dalla Turchia per unirsi ai ranghi dei miliziani attivi nella provincia del Khorasan.

 

Il centro, che era sorvegliato dalle unità di sicurezza, avrebbe adoperato per infiltrare propri elementi o associati in diverse moschee, per poi riunirsi nel centro per occasioni speciali o incontri di pianificazione. All’interno della struttura vi erano anche dormitori che hanno ospitato elementi provenienti da Uzbekistan, Tagikistan, Caucaso, Iraq ed Egitto e che, in precedenza, avevano operato per conto dello Stato islamico in Siria. Inoltre, il centro forniva istruzione a circa 70 ragazzi fra i 16 e i 17 anni, i cui genitori erano stati uccisi in Siria.

 

Dall’inchiesta sarebbe inoltre emerso che, nel giugno dello scorso anno, almeno nove membri di una cellula locale si sono incontrati a Istanbul per pianificare attacchi al Parlamento e altre sedi istituzionali strategiche, seguendo le direttive impartite dai capi ISIS in Siria.

 

Inoltre il sospetto Fuad Rasulov, identificato col nome di battaglia di «Fuad Azeri», avrebbe fornito munizioni e componenti esplosivi per gli attacchi, mentre altri erano incaricati di raccogliere fondi per sostenere la lotta. Egli è stato arrestato durante una operazione dei reparti della sicurezza il 20 giugno 2022, poi rilasciato in libertà vigilata, ed è accusato di aver fatto propaganda per l’ISIS, aver reclutato membri dal Tagikistan e di aver partecipato a zone di conflitto in Siria del movimento jihadista.

 

Il centro a Istanbul, perquisito il 14 luglio dello scorso anno, comprendeva aule, dormitori e una moschea. Gli account dei social media a esso associati, che pubblicavano in russo, annunciavano nuove iscrizioni alle classi, eventi iftar e richieste di aiuto finanziario per le festività.

 

Questo atto d’accusa fornisce uno spaccato dettagliato sulla vasta rete e sulle attività di ISIS-K in Turchia, evidenziando la continua minaccia rappresentata dal gruppo terroristico e gli sforzi delle autorità turche per contrastarne le operazioni.

 

Del resto proprio il recente attacco alla chiesa cattolica sottolinea le capacità del gruppo di compiere atti violenti sul territorio.

 

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Terrorismo

Patrushev: il legame tra la strage del Crocus e l’Ucraina «è confermata»

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Gli investigatori russi hanno confermato che esiste un legame tra gli autori dell’attacco terroristico del mese scorso a Mosca e i nazionalisti ucraini, ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolaj Patrushev.   Il Patrushev ha ribadito i sospetti di Mosca sul ruolo dell’Ucraina nell’atrocità del municipio Crocus, in cui sono state uccise oltre 140 persone.   «Durante l’indagine è stato confermato il legame tra l’autore di questo attacco terroristico e i nazionalisti ucraini», ha detto Patrushev durante una riunione dell’organismo.   Quattro presunti uomini armati sono stati arrestati in una regione russa al confine con l’Ucraina poche ore dopo l’omicidio di massa di cui sono accusati. I funzionari russi li avevano precedentemente descritti come islamici radicali e sostenevano che una pista di denaro li collegava ai nazionalisti ucraini. Il gruppo è stato incaricato dal loro accompagnatore di fuggire oltre il confine, hanno affermato gli investigatori.

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Patrushev ha ribadito l’impegno del suo Paese a ritenere responsabile ogni persona responsabile di questo crimine.   «Gli autori, i complici e gli organizzatori del mostruoso e sanguinoso attacco terroristico, gli individui affiliati, ovunque si nascondano e comunque cerchino di coprire le loro tracce, affronteranno la meritata punizione», ha detto.   Kiev, che inizialmente sosteneva che fosse stata Mosca stessa a inscenare il massacro, ha negato ogni coinvolgimento. I suoi sostenitori occidentali sostengono che tutte le prove in loro possesso indicano come colpevole l’ISIS-K, una propaggine con sede in Afghanistan dell’organizzazione terroristica internazionale Stato Islamico, un tempo potente. Il gruppo ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.   Come riportato da Renovatio 21, Patrushev aveva detto già poche ore dopo il massacro di ritenere che dietro vi sarebbe l’Ucraina.   Patrushev è noto anche per dichiarazioni significative negli ultimi anni, come quando disse che gli USA stanno cercando di far rivivere il fascismo in Europa e che ben quattro presidenti americani sono stati vittime di omicidi legati alle multinazionali.

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Immagine di Secretary of Defense via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Terrorismo

Terroristi jihadisti minacciano di attaccare con droni gli Europei 2024

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Una cellula terroristica affiliata allo Stato Islamico ha pubblicato materiale propagandistico incoraggiando i jihadisti a prendere di mira gli stadi di calcio tedeschi durante i Campionati Europei di questa estate. Lo riporta il sito Remix News.

 

Nell’ultimo numero della rivista «Voce del Khorasan», una pubblicazione gestita dall’ISKP (cioè Stato Islamico Provincia del Khorasan, chiamata più spesso ISIS-K ), l’organizzazione terroristica ha lanciato un appello alla jihad contro il torneo di calcio più importante d’Europa, che si svolge per un mese in Germania dal 14 giugno al 14 luglio.

 

Sullo sfondo di un drone esplosivo che volava sopra uno stadio di calcio, la pubblicazione titolava: «se ti limitano e ti opprimono a terra, allora attaccali dal cielo».

 

«Investi gli infedeli con la tua macchina, colpiscili con un coltello, con del veleno, o fai saltare loro il cervello con proiettili e dai fuoco alle loro case», sarebbe scritto nella pubblicazione jihadista.

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«Si ritiene che i servizi di sicurezza tedeschi considerino il messaggio una minaccia credibile» scrive Remix News. «Stanno intensificando la sorveglianza e implementando misure per combattere qualsiasi tentativo di utilizzare attacchi di droni contro gli stadi che ospitano l’evento, al quale si prevede che parteciperanno centinaia di migliaia di tifosi di calcio da tutta Europa.

 

La minaccia è l’ultima di una lunga serie di immagini minacciose pubblicate dalle cellule terroristiche per infliggere paura in tutto il continente.

 

All’inizio di questo mese, circolavano online immagini di jihadisti che promettevano di prendere di mira le partite dei quarti di finale della Champions League, spingendo le autorità a rafforzare le difese negli stadi di tutta l’Europa occidentale.

 

«La domanda principale è se si tratta di improvvisati o di una minaccia seria», ha detto alla popolare rivista tedesca Focus un ufficiale di alto rango della sicurezza statale.

 

Le autorità, tuttavia, non sono disposte a correre rischi per la sicurezza e considereranno credibile la minaccia. «C’è da temere che anche altre organizzazioni terroristiche come Al Qaeda utilizzino i loro canali di pubbliche relazioni per promuovere un’offensiva di attacco in Europa e in Germania», ha aggiunto la fonte della pubblicazione.

 

Il ramo afghano dello Stato islamico è cresciuto di statura negli ultimi mesi fino a diventare la principale organizzazione di preoccupazione per i funzionari della sicurezza in tutta Europa.

 

Un’importante operazione antiterrorismo ha avuto luogo nella città tedesca di Colonia prima di Natale, dopo che i servizi di sicurezza di Austria, Germania e Spagna avevano ricevuto informazioni di jihadisti affiliati al gruppo che pianificava di effettuare diversi attacchi contro monumenti cristiani, tra cui la cattedrale di Colonia, già teatro, nella piazza antistante, del famigerato episodio di molestie sessuali di massa del capodanno 2015.

 

Il mese scorso, due cittadini afghani con legami con la cellula terroristica proscritta dalle Nazioni Unite sono stati arrestati in Germania con l’accusa di aver pianificato un attacco terroristico vicino al parlamento svedese per vendicare il permesso delle manifestazioni contro il rogo del Corano nel paese.

 

«Si ritiene che diverse persone abbiano sfruttato la rotta migratoria dall’Ucraina per entrare nell’Unione Europea per pianificare attacchi, con cittadini del Tagikistan e del Turkmenistan arrestati in Germania nel luglio dello scorso anno dopo essere entrati in Europa occidentale dal paese devastato dalla guerra» continua ReMix News.

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Anche le autorità della vicina Francia sono preoccupate per la minaccia di attacchi terroristici durante i Giochi Olimpici estivi di Parigi di quest’anno, e i suoi organizzatori hanno ideato un «Piano B» nel caso in cui minacce terroristiche mettano a repentaglio la cerimonia di apertura dell’evento.

 

«Non c’è alcuna minaccia terroristica alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi oggi, ma continueremo a monitorare la situazione», ha detto Oudéa-Castéra all’emittente pubblica France 2 all’inizio di questo mese. «Solo perché non ne parliamo, solo perché non menzioniamo il Piano B, non significa che non esista».

 

Il livello di allerta terrorismo in Francia rimane al massimo a causa delle preoccupazioni sui radicali islamici e dei timori di ritorsioni contro l’Occidente a causa della guerra in Israele.

 

Il rischio per Parigi è esiziale: dopo che si è dimostrata come pienamente possibile l’anarco-tirannia con la rivolta para-islamica delle banlieues, dopo che pochi anni fa avevamo visto il problema etnico proprio nel quartiere sede dello stadio di Saint-Denis per la finale di Champions Leauge, possiamo immaginare che anche una minaccia terrorista, di natura islamica o persino «africana» (ricordiamo l’uomo che ha assaltato i passanti alla Gare De Lyon pochi mesi fa: aveva lasciato messaggi di odio per il passato coloniale della Francia) possa rovinare il grande evento sportivo, per il quale già da un anno sta cercando di mandare i campagna gli immigrati accampati nella capitale.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente Macrone ha chiesto una «tregua olimpica», bizzarramente negli stessi giorni in cui reiterava la possibilità di inviare truppe NATO in Ucraina a combattere i soldati del Cremlino, provocato dall’Eliseo al punto che il controverso capo di Stato francese ha ipotizzato il ritorno della Crimea a Kiev.

 

Specialmente dopo il massacro di del Crocus City Hall, – quella che Renovatio 21 ha chiamato come la «bataclanizzazione di Mosca» – i cui perpetratori sembrano essere anche di etnia tagica e centroasiatica, è chiaro che eccidi di massa potrebbero essere decisamente possibili in ogni grande manifestazione europea.

 

I due più grandi eventi sportivi del biennio si avranno proprio in Europa quest’estate. Il vecchio continente si trova dinanzi al timore provocato dall’aver lasciato il suo padrone mandare a fiamme l’intero mondo.

 

Lo spettro di una nuova Monaco 1972 si aggira per l’Europa. E i cittadini europei, come sempre, possono pagare, da innocenti, la follia dei loro leader.

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