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Stato

Ecco lo Stato-partito

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«La crisi dei partiti ha investito le istituzioni, ed è una crisi che si vorrebbe risolvere dicendo che non c’è più destra e sinistra ma c’è l’istituzione. Questo porta a una novità: le istituzioni si fanno partito politico. Lo Stato diventa partito e per risolvere i conflitti che sono dentro la società reale deve dire che non c’è destra e sinistra. C’è lo Stato».

 

L’ex ministro Rino Formica, classe 1927, ha scritto sul quotidiano Domani un’analisi chiarissima del processo politico in corso.

 

In una situazione dove oramai la differenza dei partiti non conta più nulla, lo Stato stesso si trasforma in partito, nella forza politica che dovrebbe rappresentare direttamente l’opinione e il voto della popolazione.

 

«Lo Stato diventa partito e per risolvere i conflitti che sono dentro la società reale deve dire che non c’è destra e sinistra. C’è lo Stato»

Ciò, ritiene Formica, è visibile perfino nelle cronache politiche infrapartitiche di questi ultimi giorni.

 

«Ecco la pericolosa tentazione che vediamo oggi quando il governo e il suo presidente del Consiglio sostengono il superamento di destra e sinistra. Nei partiti politici è in atto la scissione fra componente governativa ed extragovernativa. La polemica fra Giorgetti e Salvini nella Lega, o tra Brunetta e Berlusconi in Forza Italia, nella sostanza racconta che quelli che stanno al governo stanno diventando membri del partito-Stato».

 

Lo Stato diventa partito e per risolvere i conflitti che sono dentro la società reale deve dire che non c’è destra e sinistra. C’è lo Stato»

Il partito-Stato non ha idee, se non quelle che trasmette il governo – che per l’appunto è presieduto da un apparatčik proveniente dal potere transnazionale.

 

«Il governo è la direzione generale del partito-stato. La quale direzione entra in conflitto non con i partiti in via di estinzione, ormai residuali. Tant’è che i segretari non vengono consultati e il governo, partito con un mix fra tecnici e politici, ora è un tutt’uno omogeneo coordinato da un presidente che ha già sperimentato come si guida una istituzione senza stato, come la Banca centrale europea – che è senza Stato ma ha i poteri di un superstato».

 

«I segretari non vengono consultati e il governo, partito con un mix fra tecnici e politici, ora è un tutt’uno omogeneo coordinato da un presidente che ha già sperimentato come si guida una istituzione senza stato, come la Banca centrale europea – che è senza Stato ma ha i poteri di un superstato»

Gli impasse dello Stato-partito non mancheranno. Formica ritiene che come prossimo presidente della Repubblica si tenterà di eleggere «una figura scialba, semplice, irrilevante, e non sarà possibile» . Secondariamente, nota significativamente che «anche dopo le elezioni tedesche, sostenere che senza Merkel l’Italia con Draghi comanderà in Europa è un’illusione bottegaia e meschina».

 

L’ex ministro scrive che il problema di questa nuovo mostro sarà lo scontro con la realtà: «lo Stato che diventa partito non può assorbire i conflitti che ci sono nel Paese, che invece continua a tenere aperti i problemi del conflitto sociale e civile nell’interno del Paese». Non è chiaro a cosa qui ci si riferisca, ma noi stiamo pensando ai milioni di persone discriminate dal green pass e distrutte economicamente e esistenzialmente da 18 mesi di lockdown.

 

«La scorciatoia dello Stato che diventa partito è un’illusione con uno sbocco autoritario. Lo Stato non può assorbire i conflitti che sono nell’interno della società senza una via democratica»

La conseguenza è logica: un governo fuso con tutta la politica e con lo stesso sistema amministrativo, senza alcuna  finestra sulla realtà popolare, senza alcun collegamento con il Paese reale, altro non è che un tunnel verso la tirannia. Lo Stato-partito, non può non finire ad assomigliare a quelli che gli storici hanno chiamato partiti-Stato.

 

«La scorciatoia dello Stato che diventa partito è un’illusione con uno sbocco autoritario. Lo Stato non può assorbire i conflitti che sono nell’interno della società senza una via democratica».

 

Renovatio 21 ritiene che il nascente  Stato-partito, in verità, non sia nemmeno del tutto consapevole dei conflitti che si stanno creando nel Paese – e nel mondo intero.

 

«Lo Stato che diventa partito non può assorbire i conflitti che ci sono nel Paese, che invece continua a tenere aperti i problemi del conflitto sociale e civile nell’interno del Paese»

Esso disconosce sia le loro dimensioni che la loro natura, profonda e superficiale.

 

Il conflitto in corso, del resto, pare averlo scatenato proprio lo Stato con i partiti accodati. E si tratta solo del primo, perché a cascata nessuno può dire quali conseguenze possono esservi in questo nuovo assetto che va preparandosi, senza che esso sia accettato dalla popolazione, senza che quest’ultima abbia più la stessa fiducia nelle istituzioni.

 

 

 

 

 

Immagine di Governo Italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata con filtri.

 

Stato

Il governo russo elenca cosmopolitismo ed individualismo come minacce per i giovani del Paese

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Le autorità russe hanno affermato che il cosmopolitismo e l’individualismo tra i giovani potrebbero rappresentare un ostacolo allo sviluppo e alla crescita economica della Russia.

 

L’avvertimento è stato lanciato nella Strategia per la politica giovanile della Russia fino al 2030, approvata dal governo di Mosca giovedì. Il documento è stato preparato su richiesta del presidente russo Vladimir Putin.

 

«Ci sono quasi 38 milioni di persone di età compresa tra 14 e 35 anni in Russia. Prendersi cura del loro futuro è (…) importante per garantire la sicurezza nazionale. Ciò richiederebbe sforzi congiunti da parte degli enti governativi e delle organizzazioni non-profit e, cosa più importante, coinvolgere i giovani uomini e donne nel processo decisionale», ha affermato il primo ministro russo Mikhail Mishustin durante una riunione di gabinetto.

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Nel documento strategico è stato sottolineato che il funzionamento della Russia come «Stato potente ed economicamente sviluppato» necessita di una popolazione che sia «orientata a livello nazionale e sostenga i valori tradizionali». Ciò dovrebbe essere raggiunto attraverso lo «sviluppo armonioso dei giovani e del loro potenziale creativo», si legge.

 

A causa del loro ruolo chiave nella società, le giovani generazioni sono state scelte come «il bersaglio principale dell’intervento ideologico condotto dall’esterno per indebolire lo Stato russo», ha sottolineato il giornale.

 

Una delle principali minacce per i giovani del Paese è «l’imposizione dello stile di vita e delle abitudini di consumo occidentali», che includono visioni extraterritoriali, apolitiche e deviazioni sessuali.

 

Il sistema morale delle giovani generazioni in Russia «riflette i cambiamenti di valore che si sono verificati negli ultimi 30 anni, dal collettivismo all’individualismo e dallo statalismo al cosmopolitismo», ha affermato.

 

Il documento osserva che «i valori individualistici spesso portano a difficoltà per i giovani nel formare relazioni in famiglia, con gli amici e sul lavoro», individuando lo sviluppo di valori collettivisti all’interno della fascia d’età come un compito importante per il governo nei prossimi sei anni.

 

Altri pericoli per i giovani menzionati nella strategia sono l’indebolimento del legame tra le generazioni, il degrado dei valori spirituali e morali tradizionali, il nichilismo legale, l’insufficiente coinvolgimento in attività socialmente utili e il crescente numero di crimini commessi dai giovani, anche tramite l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

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Secondo il documento, gli ambiti chiave della politica russa per la gioventù fino al 2030 saranno il sostegno al movimento di volontariato e alle organizzazioni patriottiche, l’introduzione di ulteriori opportunità di studio e formazione avanzata, l’ampliamento dell’accesso a contenuti online di qualità nell’ambito di iniziative culturali ed educative, la promozione della lingua russa come base per la cooperazione su piattaforme internazionali e la creazione di ulteriori infrastrutture per attività ricreative e sportive.

 

Le idee espresse nel documento paiono in linee con quanto esplicitato dal presidente Putin in tanti anni, in ispecie durante i suoi attesi discorsi annuali al Club Valdai.

 

In articolare, l’articolazione dei fondamenti morali dello Stato è particolarmente sensibile nel discorso di Putin all’ultima edizione del Valdai, dove ha trattato il tema dello Stato-civiltà dinanzi al mondo moderno.

 

Come riportato da Renovatio 21, legislatori russi hanno preparato una proposta di legge che metterebbe al bando l’ideologia «senza figli» nel Paese affermando che si tratta di un’ideologia «estremista».

 

A giugno, il viceministro della Giustizia russo Oleg Sviridenko al Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF) aveva dichiarato che il movimento LGBT» si basa su una «ideologia distruttiva» che rappresenta una minaccia per la cultura e la popolazione russa e potrebbe alla fine innescare una guerra di genere.

 

«I rappresentanti della comunità LGBT (…) sono facilmente coinvolti in attività estremiste e diventano portatori di corrispondenti schemi ideologici e varietà di manifestazioni estremiste (…) sotto forma di estremismo di genere e nazionalismo gay» aveva detto lo Sviridenko. «Le loro azioni contengono appelli per una guerra totale del genere», ha aggiunto, sottolineando che la legislazione è il «modo istituzionale» della Russia di proteggere i valori della famiglia.

 

La Russia ha inasprito le sue leggi sul movimento LGBT dall’inizio degli anni 2010, prima vietandone la propaganda tra i minori e poi estendendo il divieto agli adulti nel 2022. Nel luglio dello scorso anno, il governo ha anche proibito la riassegnazione di genere per persone di tutte le età tranne che nei casi in cui è necessario l’intervento medico per trattare le anomalie congenite.

 

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Pensiero

Rivolte e repressione in Gran Bretagna: il vero fine è l’entrata in uso della tirannia biopolitica totale

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Dopo le proteste anti-immigrazione in Gran Bretagna, con la visione di una popolazione stremata dall’insicurezza e dal sistema a due livelli – protezione e favore agli stranieri, pugno di ferro sugli autoctoni – la scena la sta prendendo la repressione «casa per casa», letteralmente, anche di quanti hanno espresso online il loro dissenso.   Si tratta di psicopolizia vera e propria, e non  c’è altro modo di definirla se non proprio l’espressione coniata da Giorgio Orwell. Il quale, ricordiamo, era inglese, e sembra proprio averla indovinata, magari pure con moderazione.   Di più: tutto quanto sta accadendo sembra convergere verso l’instaurazione di un mondo definibile come orwelliano. Stiamo vivendo, cioè, i prodromi del caricamento di un sistema di controllo totale sull’individuo, mille volte più pervasivo di quello descritto in 1984.

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Ciò avviene sotto gli occhi di tutti. Anzi, è il potere stesso a dichiararlo apertis verbis.   Nel suo messaggio di minaccia a chi protesta a seguito della strage di bambine perpetrato da un immigrato di seconda generazione, il nuovo primo ministro del Regno Unito Keir Starmer ha annunciato un’espansione della tecnologia di riconoscimento facciale e della censura online.   Dopo aver vinto le elezioni di luglio, Starmer aveva dichiarato: «il mio governo sarà una forza per il bene». Quattro settimane dopo, annuncia che il Paese sarà sottoposto alla più pervasiva tecnologia di biosorveglianza che si conosca, accusata, laddove è utilizzata – come in Israele – di essere in grado di portare il concetto di apartheid a nuovi livelli possibili solo nel XXI secolo.   In pratica, il regime londinese, lungi dall’affrontare il problema di decenni di invasione migratoria che ha importato forse otto milioni di immigrati dal 2001, ha annunciato senza tanti problemi che ora si procederà con la tirannia digitale.    

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Nella dichiarazione trasmessa il 1° agosto, il neopremier laburista aveva incolpato una «piccola minoranza di senza cervello» dei disordini, giurando di introdurre una «capacità nazionale» di sorveglianza di massa in risposta, minacciando al contempo la censura e l’azione penale contro le aziende di social media.   «Le azioni di una piccola e insensata minoranza nella nostra società», ha detto lo Starmer, lo porteranno a «stabilire una capacità nazionale, tra le forze di polizia… Intelligence condivisa… più ampia diffusione della tecnologia di riconoscimento facciale».   Vengono citate anche, senza specificare, «azioni preventive». Nel messaggio era contenuta anche una minaccia, velata ma molto diretta, a Elon Musk per il suo social media X: «i disordini violenti chiaramente istigati online, sono pure un crimine». Sappiamo che la disfida diretta tra Musk – che prevede una guerra civile in Gran Bretagna – e il premier britannico è già partita, e alcuni ora temono per un attacco, anche violento, contro il magnate della Tesla.   Il lettore riconosce il procedimento dialettico, «hegeliano» – tesi, antitesi, sintesi – già usata in passato a fini di istituzione di sistemi di controllo. Il terrorismo, secondo un retropensiero diffuso, proprio a questo serve: pensiamo all’11 settembre, che consentì la creazione di apparati di sorveglianza sulla stessa popolazione americana, e su qualsiasi altra, e venne usato come grottesco casus belli contro due Paesi che di fatto non avevano fornito un solo attentatore alla strage (venivano, in massima parte, dall’Arabia Saudita…)   Non è tutto: altri puntini vanno a collegarsi. Mentre lo Starmerro annunziava una nuova unità di polizia per reprimere i disordini violenti, un consigliere del governo del Regno Unito ha chiesto l’introduzione di lockdown «in stile COVID» per reprimere la rabbia nazionale per l’illegalità creata dalle migrazioni di massa e da un regime apertamente ostile a coloro che devono subirne le conseguenze.   Come abbiamo visto tante volte su Renovatio 21, che ha adottato pienamente il concetto, il termine «anarco-tirannia» si applica a un sistema di governo che terrorizza la propria popolazione con il disordine per giustificare repressioni volte ad aumentare il proprio potere.   Questo termine sembra adattarsi all’immagine della Gran Bretagna starmeriana, dove si aggiunte, tuttavia, la grande cifra del potere nel XXI secolo come nelle ricette del World Economic Forum: la sorveglianza totale, il controllo biopolitico di tutta la popolazione.   La ONG britannica per le libertà civili Big Brother Watch ha avvertito che l’uso esteso del riconoscimento facciale «minaccia piuttosto che proteggere la democrazia», ​​poiché «trasforma il pubblico in carte d’identità ambulanti». In un comunicato stampa, il gruppo, che si batte contro l’autoritarismo tecnologico strisciante come esemplificato nel romanzo distopico 1984, ha affermato in un comunicato stampa del 1° agosto che «l’allarmante promessa fatta oggi dal primo ministro di introdurre il riconoscimento facciale, in un’apparente risposta ai recenti disordini, è una promessa di saccheggiare risorse vitali della polizia per una sorveglianza di massa che minaccia anziché proteggere la democrazia».

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Silkie Carlo, direttrice di Big Brother Watch, ha spiegato che la tecnologia è vietata in Europa e potrebbe essere illegale anche nel Regno Unito. «Questa sorveglianza AI trasforma i membri del pubblico in carte d’identità ambulanti, è pericolosamente imprecisa e non ha alcuna base legale esplicita nel Regno Unito. Sebbene sia comune in Russia e Cina, il riconoscimento facciale in tempo reale è vietato in Europa» ha spiegato la Carlo.   Domenica 4 agosto lo Starmer ha ripetuto la sua minaccia di reprimere i «teppisti di estrema destra», affermando che «tutta la forza della legge» sarebbe stata applicata a coloro che erano coinvolti – sia online che di persona – nei disordini innescati dagli orribili omicidi e resi possibili da anni di politica governativa globalista liberale.   In una delle due domande concesse ai giornalisti, era stato suggerito al premier britannico che la politica governativa e l’omicidio scandaloso in sé potrebbero spiegare il «motivo» dietro i disordini civili a livello nazionale. Starmer ha risposto, semplicemente, «non importa».   Il premier ha invece giurato di «proteggere i musulmani… e coloro che sono attaccati per il colore della loro pelle e la loro fede», cancellando ogni contesto, eccetto il razzismo, per i motivi degli indignati. «Questa non è una protesta”, ha detto. “È un teppismo violento organizzato, e non ha posto nelle nostre strade o online».   Come ha scritto LifeSite, condannando fermamente gli attacchi ai «luoghi di culto» – cioè alle moschee – non ha detto nulla delle 150 chiese che sono state bruciate nel Regno Unito tra il 2017 e il 2022. Il primo ministro che si dice «violenza … dei teppisti di estrema destra», ha recentemente promesso tre miliardi di sterline all’anno all’Ucraina (dove abbondano rune e svastiche, assai: chiedete al predecessore Boris Johnson) e ha dichiarato nell’ottobre 2023 che Israele «ha il diritto» di tagliare le forniture di cibo e acqua a Gaza nel suo genocidio in corso. Ha negato di averlo detto in seguito, nonostante sia stato registrato mentre lo faceva.   Nonostante ampie proteste della popolazione, anche e soprattutto musulmana, Finora il governo Starmer non ha sospeso le vendite di armi a Israele.   Come ha sottolineato un commentatore su X, lo Stato che denuncia la violenza contro se stesso ha «creato un virus, iniettato veleno nelle persone, diviso le società… distrutto l’economia mentre allo stesso tempo la derubava», affermando che queste sono «le stesse persone che stanno… permettendo che il vostro Paese venga invaso e stanno facendo del loro meglio per scatenare la Terza Guerra Mondiale».   Ci dimentichiamo forse da dove viene il personaggio. Lo Starmer, diventato primo ministro da una manciata di settimane, in passato ha dichiarato la sua preferenza «per Davos» (cioè, per il World Economic Forum) rispetto a Westminster, segnalando chiaramente la sua preferenza per l’ordine globalista rispetto alla sovranità nazionale e alla democrazia del Parlamento britannico.  

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Westminster, cioè il luogo della democrazia britannica, dice lo Starmerro intervistato, «ha più restrizioni». Quello a cui aspira anche lui, con evidenza, è la possibilità di riformare l’umanità a livello globale. Si tratta di un’ammissione incredibile. Essa sola dovrebbe aver impedito al personaggio di divenire inquilino del civico 10 di Downing Street.   L’ affluenza minima da record alle elezioni generali del 4 luglio ha visto il Partito Laburista ottenere una schiacciante maggioranza con oltre 400 seggi, con il minor numero di voti ottenuti in 84 anni. Nel suo primo discorso da primo ministro del 5 luglio, Starmer ha promesso di porre fine al «caos» in Gran Bretagna e ha assicurato alla nazione che il suo governo avrebbe ricostruito la fiducia del pubblico con le sue azioni, non con le sue parole.   Starmer ha fatto due discorsi pubblici in seguito all’uccisione di massa di bambini da parte del figlio di immigrati ruandesi. L’indignazione segue settimane di segnalazioni di crimini commessi dai migranti, dopo decenni di stupri organizzati di bambini britannici «su scala industriale» da parte di «gang di adescamento» composte da immigrati.   Nel 2015, la parlamentare laburista di Rotherham Sarah Champion ha affermato che fino a un milione – sì, un milione – di minori potrebbero essere stati stuprati da bande sessuali composte in gran parte da immigrati. L’ultimo rapporto di gennaio 2024 sullo scandalo nazionale afferma che i bambini sono stati «lasciati in balia» degli stupratori, che sono liberi di scorrazzare ed indulgere ancora nelle loro gozzoviglie sadiche e criminali.   Uno dei motivi del silenzio del primo ministro sul disastro immigrazionista è la sua complicità risalente.   Nel 2003, Starmer è stato l’avvocato che ha agito per garantire il diritto automatico a denaro gratuito, cibo e sistemazione in hotel per un gruppo di migranti illegali. Ventuno anni dopo, si stima che siano arrivati ​​in Gran Bretagna sette milioni di immigrati. Con i livelli di migrazione alle stelle, si prevede che la popolazione del Regno Unito salirà a quasi 80 milioni entro il 2046, aggiungendo 16 milioni nei prossimi 20 anni, in gran parte a causa dell’immigrazione.   Sorprendentemente, Starmer ha utilizzato il suo secondo discorso alla nazione per dire che «le persone in questo Paese hanno il diritto di essere al sicuro», mentre la nazione è sconvolta dalla rabbia per il fatto che i loro figli possono essere uccisi in qualsiasi momento nel caos che lui ha contribuito a creare.   Bisogna a questo punto ricordare la figura di un altro avvocato attivista divenuto poi premier laburista: Tony Blair.   Come riportato da Renovatio 21, Blair – per un momento considerato perfino come successore di Klaus Schwab a Davos – oggi gira il mondo per perorare la causa dell’ID digitale, da applicarsi in ogni modo possibile e sotto qualsiasi condizioni. In passato Blair – che ha ancora qualche problema a causa del suo supporto della guerra ingiusta all’Iraq, ma che chiede ancora una guerra, contro la Russia, anche nucleare se necessario – ha sfruttato la pandemia come motivazione per domandare l’implementazione di questo sistema di biosorveglianza globale: voleva, senza infingimenti, i passaporti vaccinali elettronici.   Ora vediamo che, dopo il COVID, una nuova emergenza sembra poter essere utilizzata allo scopo di istituire tale controllo biopolitico. «Dovremmo muoverci mentre il mondo si sta muovendo verso l’identità digitale», ha affermato alla conferenza del Tony Blair Institute for Global Change, affermando che l’identità digitale era un modo per «controllare l’immigrazione».

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Come sa il lettore, anche la «crisi ambientale» viene usata allo stesso modo, così da riconvertire di fatto lo Stato in modo da trasformarlo in una «piattaforma», dove il cittadino non è più latore di diritti, ma «utente» a cui sono assegnati, a discrezione del potere, degli «accessi». Il green pass altro non era che la prova generale di questa radicale trasformazione politica di tutto l’Occidente. Le monete digitali da Banca di Stato (CBDC), che sono in arrivo come l’euro digitale, completeranno l’opera: il potere avrà, oltre che la sorveglianza sulle attività del cittadino, anche il controllo dei suoi consumi, al punto da poterne inibire gli acquisti, financo facendolo morire di fame.   E quindi, l’immigrazione non è solo un grande programma di sostituzione della popolazione, come da imperativo calergista. No, il caos che essa produce porta giocoforza all’instaurazione di strumenti di sorveglianza totale, con gli Stati che si avocano, dietro la scusa dell’emergenza, persino poteri di psicopolizia.   L’immigrazione massiva non solo altera la popolazione, ma sovverte la democrazia, riformulando del tutto il concetto di Stato, lo stato di diritto, il contratto sociale, etc. – tutto per portare l’umanità verso una governance digitale globale guidata dall’Intelligenza Artificiale.   Una situazione che sembra davvero quella descritta nel libro dell’Apocalisse.   «E le fu dato di far guerra ai santi e vincerli; e le fu data autorità sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. 8 E l’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro di vita dell’agnello sgozzato, fin dalla fondazione del mondo» (Ap, 13, 6-8)   «E sedusse gli abitanti della terra con portenti che le fu dato d’operare al cospetto della bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’effigie alla bestia che ha la piaga della spada e ha ripreso vita.  E le fu dato di dar spirito all’effigie della bestia, sì che l’effigie della bestia parlasse, e di far che quanti non avessero adorato l’effigie della bestia fossero uccisi. E farà che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, ricevano un marchio nella loro mano destra o sulla lor fronte, e che nessuno possa comprare o vendere, se non chi ha il marchio, il nome della bestia o il numero del suo nome». (Ap, 13, 14-17)   San Giovanni parla di governo mondiale e di statue che parlano, e della popolazione tutta che ne viene sottomessa.   Direi che ci siamo.   Roberto Dal Bosco

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Immigrazione

Orban: l’Occidente vede l’immigrazione come un «modo per sbarazzarsi dell’omogeneità etnica che è alla base dello Stato-nazione»

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Il premier ungherese Vittorio Orban ha tenuto un discorso a Tusványos in Romania, dove si è concentrato concentra sulle intrattabili differenze che si stanno sviluppando tra l’Europa orientale e quella occidentale, con l’immigrazione come una delle divisioni chiave.

 

Orban non solo rifiuta la visione occidentale sull’immigrazione, ma la vede come un programma con un’ideologia molto specifica alle spalle, che è progettata per erodere completamente lo Stato-nazione.

 

«Gli occidentali, in modo molto diverso, credono che gli stati-nazione non esistano più. Perciò negano che ci sia una cultura comune e una moralità pubblica basata su (lo stato-nazione). Non c’è moralità pubblica, se hai guardato l’apertura delle Olimpiadi ieri, l’hai vista. Quindi, pensano anche in modo diverso alla migrazione. Credono che la migrazione non sia una minaccia o un problema, ma in realtà un modo per sbarazzarsi dell’omogeneità etnica che è la base di una nazione. Questa è l’essenza del concetto internazionale liberale progressista. Ecco perché l’assurdità non gli viene in mente, o non la vedono come assurda», ha detto.

 

Ha affermato che questo contrasto tra Oriente e Occidente si sta manifestando attraverso la guerra e lo spostamento dei popoli, affermando che mentre centinaia di migliaia di cristiani si uccidono a vicenda in Oriente, «nell’Europa occidentale, stiamo lasciando che centinaia di migliaia di persone entrino in una civiltà straniera, il che è assurdo dal nostro punto di vista centroeuropeo».

 

Questa drammatica spaccatura ideologica non è un «segreto», secondo Orban. Ha detto che i documenti e i documenti politici provenienti dall’UE mostrano che «l’obiettivo chiaro è quello di trascendere la nazione».

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«Il punto è che i poteri, la sovranità, dovrebbero essere trasferiti dagli stati nazionali a Bruxelles. Questa è la logica alla base di tutte le misure principali. Nella loro mente, la nazione è una formazione storica o transitoria del XVIII e XIX secolo: come è venuta, così può andare. Sono già in uno Stato post-nazionale nella metà occidentale dell’Europa. Non è solo una situazione politicamente diversa, ma ciò di cui sto cercando di parlare qui è che è un nuovo spazio mentale».

 

Il primo ministro magiaro afferma che la prospettiva ungherese è diversa, motivo per cui il governo sta prendendo misure ora per garantire una struttura sociale resiliente, e il primo passo è combattere il declino demografico dell’Ungheria. Ha osservato che negli anni precedenti erano stati fatti progressi in quest’area, ma ha riconosciuto che c’è stata una battuta d’arresto e che devono essere prese nuove misure.

 

«Entro il 2035, l’Ungheria dovrebbe essere autosufficiente dal punto di vista demografico. Non c’è dubbio che una popolazione venga sostituita dalla migrazione. L’esperienza occidentale è che se ci sono più ospiti che proprietari, la casa non è più una casa. Questo rischio non dovrebbe essere corso qui».

 

Orban nota che non tutti in Occidente sono contenti della trasformazione demografica in atto nei loro paesi e, in molti casi, ci sono forti maggioranze contrarie alla continua immigrazione di massa. Ciò, a sua volta, ha portato a un forte aumento della repressione contro le voci dissenzienti e a tendenze sempre più antidemocratiche nei Paesi occidentali.

 

«L’ultimo elemento della realtà è che questa situazione post-nazionale che vediamo in Occidente ha una conseguenza politica seria, direi drammatica, che sta scuotendo la democrazia. Le società sono sempre più resistenti alle migrazioni, al genere, alla guerra e al globalismo. E questo crea il problema politico delle élite e del popolo, dell’elitarismo e del populismo. Questo è un fenomeno dominante nella politica occidentale odierna»

 

«Ciò significa che le élite condannano il popolo per aver deviato a destra. I sentimenti e le idee del popolo sono etichettati come xenofobia, omofobia e nazionalismo. Il popolo, nel frattempo, in risposta, accusa l’élite di non preoccuparsi di ciò che è importante per loro, ma di sprofondare in una sorta di globalismo senza cervello» ha dichiarato l’Orbano.

 

«Di conseguenza, le élite e il popolo non riescono a mettersi d’accordo sulla cooperazione. Potrei citare molti Paesi. Ma se il popolo e le élite non riescono a mettersi d’accordo sulla cooperazione, come può diventare una democrazia rappresentativa? Perché qui abbiamo un’élite che non vuole rappresentare il popolo, ed è orgogliosa di non volerlo rappresentare, e qui abbiamo il popolo che non è rappresentato».

 

Come riportato da Renovatio 21, Orban, che oramai da lustri ripete che l’immigrazione va fermata, di recente ha svelato il programma dell’UE di far affluire migranti in Europa basandosi sul piano in sei punti del miliardario George Soros delineato nel 2015.

 

In una trasmassione a Radio Kossuth dello scorso giugno Orban ha sostenuto che una fazione «militante» di politici pro-immigrazione sta supervisionando la «sostituzione» dei cristiani europei bianchi con immigrati musulmani.

 

Se a Budapest vi sono le parole chiarissime di Orban sull’entità del progetto e sui suoi responsabili, in Italia, abbiamo ministri del governo (appartenenti a partiti nazionalisti!) che disconoscono la questione della Grande Sostituzione e giurano di non aver mai sentito parlare del Piano Kalergi.

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