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Economia

«L’euro digitale è inevitabile». La BCE spinge verso la nostra schiavitù elettronica

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Il lancio dell’euro digitale da parte della Banca Centrale Europea «sarà inevitabile». Lo ha dichiarato Fabio Panetta, componente del board della BCE ad un incontro di Federcasse (Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali) a Roma. Lo ha riportato l’agenzia ANSA.

 

Panetta ha rivelato che il progetto è in corso e ci vorrà almeno un lustro per la sua realizzazione.

 

«Panetta, che è il responsabile del progetto lanciato ufficialmente nel luglio scorso dopo una lunga carriera in Banca d’Italia, ha sottolineato come 80 paesi nel mondo si stiano muovendo per la creazione di valute digitali mentre è sempre più forte la crescita delle criptovalute, degli stablecoin e delle transazioni di pagamento da parte dei grandi colossi tech» scrive l’ANSA, che nota come il messaggio vada «un po’ più al di là della tradizionale prudenza di Francoforte».

 

I sistemi informatici su cui è basato il green pass sono stati concepiti ben prima della pandemia, con il possibile uso di far correre nel sistema informatico il denaro digitale

L’euro digitale si troverebbe a competere con le criptovalute e i portafogli elettronici messi in campo da varie società come Facebook, ora chiamata Meta. L’euro digitale, ha dichiarato Panetta agirebbe «moneta sovrana utilizzabile da chiunque, famiglie, imprese commercianti», una valuta priva dei rischi «di mercato, credito e liquidità» in grado di tutelare la privacy – questo a differenza dai colossi privati Big Tech, i quali potrebbero mettere a a rischio la protezione di «aspetti provati della nostra vita o le tendenze politiche o sessuali o lo stato di salute» così come potrebbero interferire «con le regole di funzionamento di una moderna democrazia liberale».

 

Egli ha quindi assicurato – come fatto ripetute volte dal suo capo alla BCE Christine Lagarde – che il contante non verrà fatto sparire.

 

Come notato da Renovatio 21 in una serie di articoli che hanno avuto grande diffusione, è molto significativo che l’implementazione dell’euro digitale stia avvenendo in contemporanea con il lancio delle piattaforme di green pass.

 

«Questo è un modo di controllare il vostro danaro. Una volta che avete il vostro green pass, e loro hanno la moneta digitale, se qualcuno vi dice di non uscire da Milano, e voi andate in gita a Bologna, il vostro danaro non funzionerà a Bologna» Robert F. Kennedy jr.

Come riportato, emerge infatti che i sistemi informatici su cui è basato il green pass fossero stati concepiti ben prima della pandemia, con il possibile uso di far correre nel sistema informatico il denaro digitale.

 

La prospettiva dello Stato di sorveglianza possibile con l’introduzione della moneta digitale è stata brillantemente raccontata da Robert F. Kennedy jr. durante il suo comizio all’Arco della Pace a Milano lo scorso mese.

 

«Vorrei chiedere, a tutte le persone della stampa che sono qui oggi: se il green pass riguarda la salute pubblica, perché non è emesso dal ministero della Salute? Viene emesso dal ministero delle Finanze. Pensano che siamo stupidi? (…) Questo è un modo di controllare il vostro danaro. Una volta che avete il vostro green pass, e loro hanno la moneta digitale, se qualcuno vi dice di non uscire da Milano, e voi andate in gita a Bologna, il vostro danaro non funzionerà a Bologna. Se il governo vi dice “non comprate la pizza”, loro possono fare in modo che il vostro green pass vi impedisca di pagare una pizza in pizzeria. Possono controllare ogni aspetto della vostra vita.».

 

Tuttavia, nonostante le rassicurazioni ricevute, crediamo che l’Europa possa sfidare la Cina nel campo del nuovo totalitarismo digitale – e superare Pechino

 

 

Come riportato da Renovatio 21, anche la Cina sta muovendo verso una sua valuta digitale. L’investitore americano Kyle Bass ha definito questa prospettiva «un cancro per l’Occidente».

 

Tuttavia, nonostante le rassicurazioni ricevute, crediamo che l’Europa possa sfidare la Cina nel campo del nuovo totalitarismo digitale – e superare Pechino.

 

«L’euro digitale mira all’abolizione totale del contante – scriveva Renovatio 21 qualche mese fa – con esso l’Europa potrebbe portarsi persino più avanti della Cina nell’evoluzione dello Stato moderno verso il totalitarismo della sorveglianza assoluta».

 

Si tratta di un grande salto di paradigma per la società, lo Stato, la Civiltà. Tra pandemia e digitalizzazione, stiamo andando verso il paradigma del controllo costante, pervasivo, totale – in una parola totalitario

«L’idea è quella di abolire ogni passo intermedio, cioè lo spazio per la reazione ad una decisione calata dall’alto: non avrete il tempo di opporvi, subirete la sentenza e basta. È la disruption, la disintermediazione dello Stato di diritto (…) ogni vostra transazione può essere impedita. Avete il diabete? Il sistema potrebbe impedirvi di comprare la Nutella. Domenica senz’auto? Vi possono impedire di acquistare la benzina. Voglia di approfondire? Certi libri no-vax non si possono comperare – su Amazon, lo sapete, è già così: tanti autori sono spariti (…) Tutto può essere controllato in tempo reale da algoritmi talmente potenti da non poter nemmeno spiegare se stessi. Incrociano i dati in modi incomprensibili per la mente umana, e danno un responso che decide della vita di una persona».

 

Si tratta di un grande salto di paradigma per la società, lo Stato, la Civiltà. Tra pandemia e digitalizzazione, stiamo andando verso il paradigma del controllo costante, pervasivo, totale – in una parola totalitario.

 

Totalitario in un modo in cui Orwell non ha osato immaginare.

 

 

Roberto Dal Bosco

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Economia

La deindustrializzazione tedesca accelera

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La diminuzione dei posti di lavoro a reddito più elevato nell’industria tedesca accelererà nel 2024, anche oltre i 55.000 già annunciati dalle grandi aziende, perché i posti di lavoro nei fornitori delle grandi aziende, in particolare nel settore automobilistico nel settore mittelstand (ossia le piccole e medie imprese), che devono affrontare un calo in stile «morte lenta», un’immagine usata recentemente dal capo economista di ING Carsten Brzeski.

 

Da un sondaggio condotto dal consulente aziendale Horvath su 50 fornitori del settore è emerso che il 60% delle aziende tedesche intende ridurre la propria forza lavoro nei prossimi cinque anni.

 

E le grandi aziende pensano a produrre all’estero e a tagliare posti di lavoro qualificati ben retribuiti nelle loro sedi tedesche.

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Questi lavori scompariranno per sempre. Come cita la rivista Focus Holger Schäfer dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia: «Se un impianto chimico in Germania chiude, non tornerà più».

 

Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Volkswagen ha annunciato tagli drammatici, mentre Ford ha detto che potrebbe lasciare la Germania.

 

Il tema della deindustrializzazione nazionale è oramai discusso apertamente sui giornali tedeschi, con tanto di domande retoriche delle grandi testate come il Financial Times che si chiede se per caso la crisi energetica (causata anche dal terrorismo di Stato contro i gasdotti) distruggerà l’industria europea, mentre la recessione tedesca è stata definita «inevitabile».

 

Uno studio dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW) aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.

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Immagine di Mond79 via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
 

 

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Economia

La corte UE ordina ad Apple di pagare all’Irlanda 13 miliardi di euro

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La Corte Suprema dell’Unione Europea ha ordinato al colosso tecnologico statunitense Apple di pagare 13 miliardi di euro (14,4 miliardi di dollari) all’Irlanda in tasse arretrate, nell’ambito della stretta dell’Unione sugli accordi speciali stipulati da multinazionali e governi.   La Corte di Giustizia dell’UE (CGUE) ha rilasciato la sentenza in una dichiarazione martedì. La Commissione europea ha inizialmente emesso l’ordinanza nel 2016, affermando che Apple aveva beneficiato per oltre due decenni di due ruling fiscali irlandesi che avevano ridotto artificialmente il suo carico fiscale. Le basse aliquote fiscali del paese l’hanno aiutata ad attrarre le grandi aziende tecnologiche a stabilire la loro sede centrale europea.   La decisione è stata ribaltata dalla seconda corte più alta dell’UE nel 2020, in seguito ai ricorsi di Irlanda e Apple. L’anno scorso, tuttavia, un avvocato generale della Corte di Giustizia Europea ha affermato che il tribunale dell’UE aveva commesso errori legali quando si era pronunciato a favore del gigante della tecnologia e aveva raccomandato una revisione del caso.

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«La Corte di Giustizia emette una sentenza definitiva sulla questione e conferma la decisione della Commissione europea del 2016: l’Irlanda ha concesso ad Apple un aiuto illegittimo che l’Irlanda è tenuta a recuperare», hanno affermato i giudici della Corte di Giustizia europea, riporta l’agenzia Reuters.   Apple ha espresso il suo disappunto per la sentenza.   «La Commissione Europea sta cercando di cambiare retroattivamente le regole e ignorare che, come richiesto dal diritto fiscale internazionale, il nostro reddito era già soggetto a tasse negli Stati Uniti», ha affermato l’agenzia citando la dichiarazione dell’azienda.   L’UE ha cercato di affrontare le problematiche poste dalle multinazionali tecnologiche, in gran parte americane, dalla protezione dei dati alla tassazione e alle norme antitrust.   Martedì Google ha perso un altro ricorso contro la multa di 2,4 miliardi di euro inflitta dall’UE per aver favorito i propri servizi.   Come riportato da Renovatio 21, a marzo Apple era stata colpita da una multa antitrust di 1,8 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante nel mercato dello streaming musicale.   Lo scorso anno Bruxelles ha inoltre adottato il Digital Markets Act dell’UE, che ha costretto aziende tra cui Apple, Alphabet e Meta a modificare alcune delle loro pratiche all’interno dell’Unione.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2023 la UE ha anche riaperto per Apple un caso di «elusione fiscale» con in ballo 13 miliardi di euro. In Francia il produttore degli iPhone e dei Mac è indagato per «obsolescenza programmata». L’anno scorso l’azienda è stata accusata dalla Russia di spionaggio.

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A differenza di Google e Facebook, il gigante informatico parrebbe essersi tenuto per lo più alla larga da questioni politiche, tuttavia sono emerse accuse di cristianofobia e pure censure come quella al «Tinder dei non vaccinati», un app di appuntamento per persone che hanno mantenuto il sangue libero dall’mRNA sintetico. La società era stata criticata anche per aver ristretto le comunicazioni tra iPhone durante le proteste antipandemiche cinesi dell’anno scorso.   Il politicamente corretto di Apple si era espresso anche con emoji transessuali come l’uomo incinto, della donna barbuta e del vaccino COVID nonché con le lautissime donazioni al gruppo di protesta razziale Black Lives Matter.   Aveva destato stupore e preoccupazione l’annuncio di Apple di scansionare le foto degli utenti con la motivazione di cercare materiale pedofilo.   Sin dagli inizi della pandemia, Apple aveva annunziato, parallelamente al concorrente Google, l’utilizzo di tecnologia di tracciamento integrata direttamente nei telefoni.

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Economia

Il CEO di Volkswagen dice che l’azienda non può continuare come prima

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Se si vuole che il gruppo Volkswagen sopravviva, sono necessari grandi cambiamenti. Lo ha dichiarato al quotidiano Bild il CEO dell’azienda, Oliver Blume.

 

La dichiarazione di Blume segue un annuncio fatto all’inizio di questo mese, secondo cui il più grande produttore di automobili dell’UE potrebbe chiudere almeno due fabbriche in Germania come parte di una campagna di riduzione dei costi. La potenziale chiusura sarebbe una prima volta nella storia quasi novantennale del produttore di automobili.

 

In un’intervista al tabloid di domenica, il Blume ha difeso i piani per tagli su larga scala. L’attuale situazione economica è «così grave che non possiamo semplicemente continuare come prima», ha ammesso il CEO.

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L’utile operativo della casa automobilistica è sceso del 20% nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo trimestre di quest’anno, gli utili sono scesi di un ulteriore 2,4% rispetto all’anno scorso.

 

Procedere con i tagli di posti di lavoro farebbe risparmiare alla Volkswagen 4 miliardi di euro, ha affermato Blume. Il consiglio di amministrazione del gruppo Volkswagen stava lavorando a «ulteriori misure» per sopravvivere a un crollo delle vendite di auto, ha aggiunto. La Volkswagen impiega circa 120.000 lavoratori in Germania.

 

Secondo Blum, le principali sfide che l’industria automobilistica europea deve affrontare derivano dalla pandemia scoppiata quattro anni fa e dall’ingresso sul mercato dei concorrenti asiatici.

 

«La torta si sta rimpicciolendo e abbiamo più ospiti a tavola», ha affermato il dirigente di vertice del gruppo proprietario di marchi di auto, camion e motociclette come Audi, Bentley, Lamborghini, SEAT, Skoda, Porsche, Scania e Ducati.

 

L’UE è diventata il più grande mercato estero per i produttori cinesi di veicoli elettrici (EV). Il valore delle importazioni UE di auto elettriche cinesi è salito a 11,5 miliardi di dollari nel 2023, da soli 1,6 miliardi di dollari nel 2020, rappresentando il 37% di tutte le importazioni di EV nel blocco, secondo una ricerca recente.

 

I critici dei tagli pianificati alla Volkswagen hanno sottolineato che il gruppo ha pagato 4,5 miliardi di euro ai suoi azionisti per l’anno finanziario 2023 a giugno. La presidente del partito politico di sinistra Die Linke, Janine Wissler, ha dichiarato la scorsa settimana al quotidiano Rheinische Post che era «incredibilmente squallido» che la Volkswagen potesse pagare una tale somma in dividendi e ora affermare di non poter impedire chiusure di stabilimenti e perdite di posti di lavoro.

 

«Se la VW ha davvero bisogno di soldi così urgentemente, allora i principali azionisti… dovrebbero restituire questi 4,5 miliardi di euro», ha affermato.

 

L’economia tedesca si è contratta nel secondo trimestre di quest’anno, secondo le statistiche ufficiali. La produzione industriale del Paese è scesa più del previsto a luglio, guidata principalmente dalla debole attività nel settore automobilistico, ha riferito Reuters la scorsa settimana.

 

Il rallentamento ha alimentato i timori che la più grande economia europea potrebbe contrarsi di nuovo nel terzo trimestre e andare in un’altra recessione, dopo averne subita una alla fine dell’anno scorso.

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La pianificazione dei tagli in VW era emersa già una settimana fa, con il Blume che citava tra i fattori alla base della decisione un «ambiente economico difficile» e una «causa di scarsa competitività dell’economia tedesca».

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.

 

Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.

 

L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.

 

Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.

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Immagine di Alexander-93 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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