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L’America verso la violenza del monopartito. E l’Italia?

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La rete si è subito scatenata. Il terrificante discorso di Philadelphia di Biden sull’«anima della nazione» è stato ribattezzato «Dark Brandon», dove Brandon è oramai codice gergale per definire Biden e il mandarlo a. (Qualcuno, in effetti, ce lo ha mandato: ad una certa, si sente un coretto…)

 

Il discorso, con il fondo rosso, è stato paragonato a quelli visti al cinema coi dittatori di Guerre Stellari o V for Vendetta. Qualcuno ha parlato di un’immagine dall’inferno: il rosso si stagliava al punto sul nero che, non è uno scherzo, la CNN lo ha in diretta virato più verso il rosa, che è più rassicurante e LGBT-friendly.

 

A noi, più concretamente, il tutto ricordava incontrovertibilmente le potenti architetture di luce di Albert Speer, l’architetto del III Reich.

 

L’elemento marziale del quadro aggiungeva un tocco ancora più disturbante: in una deviazione dalla tradizione dei discorsi presidenziali – e questo lo era, a tutti gli effetti: non il discorso elettorale, ma una comunicazione diretta della Casa Bianca – ecco due Marines in alta uniforme ai lati del Dark Brandon.

 

Proprio così: due miliziani del corpo militare più duro posti accanto al presidente. Non si era mai visto. Il messaggio è chiarissimo.

 

Chiarissimo è stato, tuttavia, anche il discorso letto sul gobbo dal vegliardo del Delaware.

 

Come ha riassunto Sky News, «Joe Biden ha “effettivamente dichiarato guerra” a metà dell’America».

 

«I repubblicani MAGA… abbracciano la rabbia. Vivono nel caos. Vivono non alla luce della verità, ma all’ombra della menzogna» ha proclamato il presidente americano. Ombra, menzogna, rabbia… sta parlando di demoni? La scenografia ci farebbe propendere per il sì.

 

Nonostante i tentativi di Biden all’interno dello stesso discorso di separare i repubblicani tradizionali (cioè quelli corrotti e compromessi, o quelli che chiamano RINO, «repubblicani solo di nome») dai trumpiani ora chiamati «Maga republicans», sappiamo bene che la minaccia è rivolta a chiunque non ha votato per lui.

 

Perché praticamente tutti i candidati sostenuti da Trump hanno vinto le primarie di partito: quindi, dei «repubblicani tradizionali» non resta più nulla, chiedete a Liz Cheney. E 73 milioni di persone hanno votato Donald Trump nelle famigerate elezioni del 2020: più voti di quanti ne prese Obama, ma 7 milioni in meno del presidente più votato di sempre, Joe Biden, i cui voti peraltro sono arrivati nelle ore successive alle votazioni.

 

Quindi, Biden ha dichiarato guerra alla minoranza politica (se credete ai risultati elettorali oppure non volete essere bannati dai social) americana? Ha dichiarato guerra all’intera popolazione che non lo vota?

 

Sì, possiamo dire che lo sapevamo già da tempo. Perché chi non si conforma, oggi, è un problema sistemico da eliminare, piallare via per sempre. L’accusa è radicale: non la pensi come me, sei una minaccia allo Stato stesso.

 

«Donald Trump e i repubblicani MAGA rappresentano un estremismo che minaccia le fondamenta stesse della nostra repubblica», ha avuto il coraggio di dire (cioè, leggere dal teleprompter) Biden, aggiungendo che i MAGA «accendono le fiamme della violenza politica».

 

Chi legge Renovatio 21 sa che questa non è una novità. Lo abbiamo visto in questi anni, e da subito. Una delle prime cose che Biden fece una volta entrato in carica fu lo spostamento dell’attenzione delle agenzie di sicurezza verso i domestic terrorist: cioè, il problema non era più al-Qaeda o l’ISIS (che del resto pochi giorni fa a Kabul colpisce l’ambasciata russa, che coincidenza), ma gli «estremisti» interni. I bianchi suprematisti, i bianchi bigotti, i bianchi tout court o, più semplicemente, i genitori dei bambini a scuola, che rifiutano con veemenza l’indottrinamento dei loro figli a base di gender e nuovo razzismo. Ai genitori degli studenti che osano protestare, ricordiamolo, Biden ha mandato addosso l’antiterrorismo. Sul serio.

 

Non è uno scherzo: lo shift è avvenuto, e da un pezzo. Il dissenso è visto come minaccia radicale, da estirpare senza pietà. L’incredibile raid dell’FBI a Mar-a-Lago, per sequestrare documenti all’ex presidente Trump, va in questa direzione – non c’è trattativa di sorta con l’altra parte, bisogna eliminarla, cancellarla, resettarla. E basta.

 

«I repubblicani MAGA non rispettano la Costituzione, non credono nello stato di diritto… Promuovono i leader autoritari». E chi sarebbero i leader autoritari? Orban, di cui praticamente è proibito parlare in America dopo che Tucker Carlson lo ha intervistato? Oppure è un riferimento a Trump? Oppure sta parlando direttamente di Putin, che magari, nonostante il tentativo fallito di incolparlo per inflazioni e prezzo della benzina alle stelle, sanno essere più popolare di quanto si creda negli USA?

 

Qui l’unico leader autoritario, per quanto possa sembrare pazzesco visto che si tratta di un vecchio con la demenza senile, parrebbe essere Biden.

 

O meglio, autoritario è il sistema che lo ha messo lì: chiamiamolo Deep State, chiamiamolo Swamp (la «palude»), chiamiamolo Permanent Washington, chiamiamolo «la Cattedrale» (come fa Curtis Yarvin), chiamiamolo complesso militare-industriale, o una somma di tutto questo, che si esprime nei pupari prima facie Ron Klain, Barack Obama etc., cioè coloro che hanno il vero potere oggi alla Casa Bianca. Il vero presidente è chi scrive il teleprompter, cioè il gobbo del presidente, ha detto ieri il futuro candidato presidenziale (e probabile parte del ticket repubblicano finale) governatore della Florida Ron De Santis.

 

Costoro, a dispetto del loro burattino sempre più imbarazzante, stanno costruendo un Paese autoritario davvero: un’autocrazia, nel vero senso della parola. Dissentire, in America, diverrà impossibile: il biennio del COVID, con discriminazioni alienanti e libertà della parola sancita dalla Costituzione distrutta per sempre, sta qua ad indicarcelo.

 

È cos’è una delle prime cose che accadono in un’autocrazia? Beh, qui la storia dà tanti esempi: su tutti, c’è l’imposizione del monopartito.

 

Un partito unico che decide tutto, che si fonde con lo Stato stesso – uno Stato-partito, dove la scelta elettorale per qualsiasi altro movimento, qualora venga lasciato cosmeticamente in vita, è risaputa essere una cosa inutile.

 

L’Italia fascista (proprio lei) aveva l’assetto monopartitico. Ce lo aveva l’URSS. Ce lo aveva anche la Germania nazista, dove lo Stato-partito a tal punto si identificava con la Nazione e la Repubblica che la bandiera del partito divenne bandiera del Paese. In ognuno di questi esempi, il dissenso sappiamo come veniva trattato. E sappiamo con che velocità sono stati eliminati tutti gli altri gruppi politici, compresi quelli che pure magari avevano propositi simili.

 

Il lettore avrà capito che c’è un esempio recente ancora più impressionante di Stato partitico. No, non parliamo dell’Emilia-Romagna piddificata, di cui abbiamo già detto in passato.

 

Ci riferiamo, ovviamente, al capolavoro dello Stato-partitico che è la Repubblica Popolare Cinese. Il Partito Comunista Cinese decide qualsiasi cosa – dall’economia agli affari militari, fino al numero di figli che puoi avere (quelli in più li ammazziamo, o ti multiamo, o tutt’e due) – e si identifica di fatto non solo con la politica cinese tutta, ma con lo stesso Regno di Mezzo.

 

Abbiamo sentito Mario Monti, di recente, lodare la leadership pechinese, parlare di quanto bene sono formati, selezionati, istruiti i quadri. Ancora una dimostrazione di come quello che 11 anni fa ci avevano venduto come un «professore» pieno di «competenza» forse non è esattamente come ce lo dipingevano: caro Monti, l’unica cosa che conta, per la classe dirigente in Cina, e per il potere in generale, è la distanza che si ha da una manciata di famiglie facenti parti dell’aristocrazia del PCC, dove il nonno magari ha fatto la Lunga Marcia con Mao, cose così.

 

Xi Jinping è figlio di Xi Zhongxun, già vicepremier con Deng, uomo che istituì le zone ecnomiche speciali. Il suo è l’esempio più alto, assieme a quello di Bo Xilai, il sindaco di Chongqing ora in galera dopo una trama di spionaggio con contorno di morto britannico. Sono in politica il figlio e la figlia di Deng, il figlio di Zhou Enlai, il nipote di Mao, che è generale dell’Esercito di Liberazione Popolare.  Il loro gruppo è chiamato Taizidang, «principi ereditari di partito». Una lista dei principini principali conta qualcosa come 226 voci.

 

Sì, la Cina è un’aristocrazia monopartitica.

 

I rampolli dei principini non di rado finiscono invischiati in storiacce, Ferrari accartocciate in incidenti, droga, morti, etc. Nessuno però li tocca, nessuno in realtà ne parla. Perché, nello Stato aristo-monopartitico, non c’è altro potere se non quello delle loro famiglie, cioè quello del Partito, che non è – come non lo è ovunque nel mondo – un insieme di persone accomunate da ideali, ma un consorzio di interessi di clan.

 

Quando pensate ad Hunter Biden, alle cose incredibili contenute nel suo laptop – e non parliamo solo di selfie drogastici e di autopornografia estrema, ma di prove del coinvolgimento della famiglia Biden in affari loschi e potenzialmente molto illegali – dovete tenere a mente quanto abbiamo scritto sopra. Del resto Hunter, cioè la famiglia Biden, faceva affari con la Cina, qualcuno dice perfino con operativi direttamente legati al clan Xi.

 

Gli USA si stanno sinizzando? La Casa Bianca sta diventando sempre più una Città Proibita? Le 50 stelle della bandiera americana possono diventare 5 come in quella della RPC?

 

Sì, il monopartito alla cinese – autocratico, aristocratico, totalista – è stato oramai dichiarato definitivamente.

 

E non c’è scampo alla conseguenza più logica ed immediata che avrà il monopartito: la violenza.

 

Perché lo Stato-partito non può accettare alcun potere oltre al suo, pena il crollo della sua raison d’etre principale presso il popolo: ascoltami, votami, obbediscimi perché ci sono solo io.

 

È del tutto possibile, a questo punto, che la Seconda Guerra Civile americana non sarà iniziata dai buzzurri delle militias degli Stati dell’America interna, dove ancora oggi è un tripudio di cappelli rossi MAGA.

 

A iniziare la Guerra Civile sarà con probabilità l’establishment. Certo, magari useranno un false-flag, o chissà quale altra provocazione. Ma la funzione dell’operazione a questo punto deve essere chiarissima: è un’epurazione, un genocidio, un «democidio», dice qualcuno.

 

Perché alla fine non due partiti in lotta, a quanto dice Biden: c’è, da una parte l’establishment di Washington (i politici, i produttori di armi, l’esercito, la CIA, l’FBI, gli interessi del grande capitale finanziario), che si esprime di facciata con un Partito che dice «noi siamo la democrazia, noi siamo gli USA»; dall’altre, settanta e passa milioni di persone di cui non viene più considerata la rappresentanza parlamentare e politica – contro di essa, anzi, vengono fatti raid in casa.

 

Sappiamo anche che il 6 gennaio è stato di fatto un test che il sistema ha organizzato per fare una valutazione riguardo alla Guerra Civile: siamo convinti della teoria di quanti sostengono che il vero obbiettivo della insurrezione di cartapesta del 2021 (per la quale sono ancora in galera, in isolamento, diverse persone…) non fosse né Trump né il suo popolo, ma l’esercito. Una Patriot Purge, la «purga dei patrioti».

 

Il 6 gennaio sarebbe servito come cartina tornasole per capire dove si sarebbero posizionate le forze armate USA in caso di rivolta. Sarebbero state con Trump (ricordate, quelle strane toppe con la Q che comparivano sulle divise dei soldati…) o avrebbero obbedito a generali come Milley (che in quelle ore telefonava a generali cinesi dicendo che nel caso Trump avesse dato l’ordine di attaccare la Cina lui non l’avrebbe fatto: in pratica, un golpe) già compromessi con la mafia democratica della Washington permanente?

 

Il risultato del test lo conosciamo: i militari non si sono uniti alla popolazione. Eliminato per via giudiziaria Flynn (a cui hanno pure cancellato il conto in banca) non sembra che nessun’altra personalità militare americana fosse in grado di guidare i ragazzi in un ammutinamento. E il 7 gennaio, si racconta, nelle basi d’America tutte le automobili dei soldati avevano adesivi mancanti: avevano fatto sparire il teschio, l’aquila dalla testa bianca, lo slogan trumpista, in alcuni casi addirittura la bandiera americana.

 

Ora che lo Stato profondo può contare saldamente sulla base militare, è chiaro che piani di distruzione dell’eventuale opposizione popolare sono stati fatti. Ricordiamolo: l’opposizione popolare americana è, grazie al Secondo Emendamento della Costituzione, assai armata. Tuttavia, essa non può competere al livello di distruttività tecnologica che possiede l’esercito USA.

 

Non sappiamo nulla di piani del genere, ma possiamo immaginare: dopo tanta pratica in Afghanistan negli anni di Obama a far saltare centinaia di persone ai matrimoni fra le montagne, il programma dei droni (diretto dalla CIA) potrebbe essere impiegato anche sul territorio nazionale.

 

In pratica, in una eventuale conflitto interno USA, i dissidenti armati potrebbero fare come i partigiani di Alba Rossa, e salire sulle montagne rocciose, nascondersi nelle foreste di sequoie, sparire nei deserti, inabissarsi in qualche paesino sperduto: sarebbero, tuttavia, scovati e disintegrati all’istante grazie ad un robot assassino volante. Aspettando, come ricordiamo spesso su Renovatio 21, non solo il robot-killer aereo, ma anche il robocane assassino, o quello che sarà.

 

La Seconda Guerra Civile americana è stata predetta da tantissimi in questi mesi. Noi aggiungiamo qualcosa di scioccante: essa potrebbe essere l’unica via di fuga alla situazione di stallo in cui è finito il pianeta. Con gli USA che rivolgono la loro attenzione all’interno invece che all’esterno, le questioni in Ucraina, in Medio Oriente e a Formosa si risolvono in velocità.

 

(Era già successo con l’altra guerra civile, 150 e passi anni fa: Washington muoveva qualche pedina in Mediterraneo per favorire, ovviamente, Garibaldi: la guerra lasciò libero il campo del nostro Risorgimento ai soli inglesi e ai loro minions massonici come Mazzini & Co.)

 

Tuttavia, la Seconda Guerra Civile non può essere vinta dal popolo americano, se non ad un prezzo di sangue infinito, e con alla base una determinazione in grado di farla durare anni e anni. Perché la Bestia di Washington non si farà abbattere con facilità, e non a scrupoli a spargere il sangue del suo popolo, anzi ricordiamo quanti dicono che essa è fondata su un demone che chiede proprio quello, sempre e comunque, nei secoli.

 

E noi? Beh, lo sappiamo, neanche l’Italia è così lontana dal monopartito e dai processi derivati, come non lo sono la Francia, la Germania. Le nostre elezioni, dove in pratica non esiste un partito che sarà rappresentato che si discosta da green pass e attacco alla Russia, stanno ad indicarcelo precisamente. Ma, ripetiamo, è così ovunque. Lo abbiamo visto.

 

Si tratta di una riga di codice che hanno inserito nel sistema operativo di tutto il mondo moderno: sacrifica la minoranza, distruggi il diverso, cancella l’altro da te, resetta il quadro precedente. Odia chi dissente.

 

Tutti devono obbedire – lo dice la Scienza, lo dice la Democrazia, lo dice il Cambiamento Climatico, lo dice l’Ucraina.

 

Sottomettiti. Ti daremo qualche cosa da mangiare, la libertà di drogarti ed essere sodomizzato (i «diritti» del vaiolo delle scimmie), più qualche soldino suo tuo portafogli di euro digitali – sempre che non siano le ore, più o meno concordate, del blackout.

 

La polarizzazione della società è oramai irreversibile. E no, non l’abbiamo voluta noi. Non l’hanno voluta neanche loro, i vicini con la mascherina e la bandiera ucraina fuori dalla finestra.

 

È un disegno. È stato pensato per distruggerci. È stato pensato per schiavizzarci, terminarci, e più ancora per sterilizzarci.

 

Noi la chiamiamo Necrocultura, la Cultura della Morte. Ora, grazie al discorso di Biden possiamo aggiungere una nuova immagine esplicativa al suo album fotografico.

 

Ringraziamo Necro-Brandon, i suoi sceneggiatori, i suoi scenografi.

 

Quindi, infine, ci uniamo anche noi al coro: «Let’s go Brandon»

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine da Twitter, modificata

 

 

 

 

 

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