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Essere genitori

Il «mistero» dell’aumento dei giovani morti in Europa

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Molti lettori ci hanno scritto in merito ai dati delle morti fra i giovani in Italia, dicendoci di aver letto che i dati forniti dalle statistiche comproverebbero una cifra tornata nelle norma, a livelli prepandemici.

 

Insomma, non ci sarebbe bisogno nemmeno di sfoderare il nuovo fenomeno medico preparato all’uopo, la SADS, Sudden Adult Death Syndrome, ossia la sindrome da morte improvvisa degli adulti, che fa il paio con quella SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), o «morte in culla», che affligge misteriosamente i bambini.

 

Ci racconteranno, numeri alla mano, che va tutto bene. Non c’è di che preoccuparsi: l’amico mancato da poco, il calciatore che muore in campo, il ciclista che si accascia sulla strada, lasciate perdere, non fatevi suggestionare.

 

In realtà, grazie ad un articolo di sintesi del quotidiano La Verità, apprendiamo che è proprio il caso di allarmarsi.

 

Utilizzando i dati del network europeo di osservazione EuroMoMo, si apprende che, a differenza del 2020, finito con un eccesso negativo di morti pari a -369, per la fascia 0-14 anni il 2021 ha avuto un segno spaventosamente opposto. Partendo dalla 21ª settimana, i dati in eccesso si sono accumulati, da -194 ai -6 della 29ª settimana, +21 alla 30ª, fino all’astronomica cifra mortale di +818 in chiusura dell’anno-

 

«Una tendenza anomala, continuato nel 2022 e che sembra fornire dati ancora peggiori rispetto al 2021» scrive la bravissima Patrizia Floder Retter. «Dalle 17 extra mortalità della 1ª settimana siamo, infatti, già a 854 nella 34ª, quindi dopo aver superato abbondantemente la metà anno e senza che si veda una diminuzione della mortalità in eccesso».

 

Grafico de La Verità su dati EuroMoMo

 

Sono numeri che è impossibile ignorare. Sono numeri da emergenza.

 

Vengono così virgolettati tre studiosi oxoniani, il professore di statistica medica Jason Oke e gli epidemiologi Tom Jefferson e Carl J. Henegan: «le ragioni di questo aumento non ci sono chiare, ma sono preoccupanti in quanto possiamo scartare il COVID-19 come causa diretta».

 

Se non è il COVID – la condizione medica che ha accomunato tutta l’Europa nel lasso di tempo analizzato – cos’altro può essere stato?

 

Quale è l’evento medico che in questi mesi ha interessato l’assoluta maggioranza della popolazione europea, anche giovanile?

 

A differenza di molti lettori, i tre professori di Oxford brancolano nel buio, ipotizzano l’assenza di assistenza sanitaria, visite mediche cancellate, problemi mentali dovuti a lockdown, tentazioni suicide, abbondano, violenza dei genitori, incidenti dometistici, perfino – un grande classico per spiegare le morti in abbondanza, già visto tirato fuori in Italia anni fa – le mancate vaccinazioni anti morbillo, parotite, rosolia.

 

Nonostante la buona volontà, dimostrate dagli spari per aria, i professoroni oxoniani issano bandiera bianca: «sappiamo che è un problema serio, che sembra non aver coinvolto troppo seriamente i nostri leader». Dai su: ancora uno sforzo per capirla tutta…

 

Per la fascia 15-44 anni non va meglio. «Il 2020 si era concluso con una mortalità in eccesso pari a 3.122; il 2021 con 4.387 e alla 34ª settimana (…) del 2022 eravamo già a 3.006. Nello stesso periodo, un anno fa erano 2.278 e 1.981 nel 2020».

 

Vorremo considerare anche che il 2020 e il 2021, con i loro periodo di confinamento domestico, hanno sicuramente tolto dal piatto della bilancia una quantità di quelle che sono le morti causate dagli incidenti stradali, principale ragione di morte improvvisa nel mondo.

 

Renovatio 21 si era già occupati di questi numeri ai primi giorni di gennaio 2022. Avevamo già dato conto di questi numeri e della loro mostruosità, andando a verificarli anche con i report dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

Per quell’articolo di Gian Battista Airaghi, senza che si facesse il nome di Renovatio 21, fummo attaccati da professionisti della statistica online, che produssero le solite supercazzole che sembrano supercazzole dopo le prime tre parole, tuttavia, ovvio, neanche loro possono spiegare quello che sta accadendo, con l’handicap di dover evitare il più possibile la zona in cui ci si domanda: tutte queste morti in eccesso, cosa possono avere in comune?

 

Ribadiamo la domanda: quale condizione medica è diffusa in tutta la popolazione del continente?

 

Questa domanda non è detto che possa essere posta. Lo sappiamo grazie alle lotte di prima della pandemia, quando sapevamo di quei medici ed avvocati che chiedono alle autorità sanitarie degli studi comparati sulle malattie infantili, ma che alla fine il potere medico-farmaceutico statale non permetterà mai. Avete capito perfettamente di cosa stiamo parlando.

 

E quindi, niente. Solo qualche suggerimento, per i prossimi mesi, quando, in ispecie a fine anni, usciranno tanti numeri rilassanti, con effetto-pompieri sulla catastrofe genocida alla quale, in alternativa, dovremmo pensare dì e notte.

 

Preparatevi a vedervi i dati statistici drogati in ogni modo possibile.

 

Preparatevi alle menzogne più infami.

 

Preparatevi a non credere più a nessuno. Solo, credete ai vostri occhi. Guardatevi intorno. Pensate a quante persone conoscete, giovani e non solo, sane e non solo (avete presente quelle strane recrudescenze di tumori, che spuntano nello stesso punto magari dopo quaranta anni?) che sono sparite improvvisamente tra il 2021 e il 2022.

 

Poi, marzullescamente, fatevi da soli la domanda, e datevi da soli la risposta.

 

Probabilmente è quella giusta. Non serve una cattedra ad Oxford per capirlo.

 

 

 

Bioetica

Feto sorride dopo aver sentito la voce del papà durante l’ecografia

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Un video virale di una bambina ancora nel ventre materno che reagisce alla voce del padre mette in luce la bellezza assoluta della riproduzione naturale umana.

 

Il video caricato dal giornale neoeboraceno New York Post, mostra una bambina non nata di 32 settimane sorridere quando sente il padre parlarle durante un’ecografia in un ospedale di Xanxere, in Brasile.

 

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I bambini non nati , che sono persone umane dal momento del concepimento, possono iniziare a sentire i suoni all’interno del corpo della madre a circa 18 settimane. Entro le 27-29 settimane, i bambini possono sentire voci esterne al corpo della madre, come la sua voce e le voci di chi le sta intorno.

 

Infatti, se il padre parla al suo bambino nel grembo materno, il bambino spesso riesce a riconoscere la sua voce quando nasce. La ricerca ha dimostrato che i bambini non ancora nati possono iniziare a riconoscere la voce del padre già a 32 settimane.

 

«Il bambino sicuramente ascolta se la famiglia parla a casa… e inizieranno a identificarli», ha spiegato il medico che ha eseguito l’ecografia a Xanxere.

 

Come scrive LifeSite, il video, caricato il 12 agosto, non solo dimostra l’umanità dei bambini non ancora nati, ma anche la gioia che portano a tutti coloro che li circondano, mentre la stanza si riempie di risate quando la bambina sorride nel grembo materno.

 

«Fatto in modo meraviglioso e meraviglioso», ha commentato un utente sotto il video. «Chiunque dica che non è un essere umano, non è umano lui stesso», ha scritto un altro utente.

 

Femministe, abortisti, mostri vari: fatevi avanti, e diteci che non esiste dialogo tra il feto e la madre – e il padre! –, diteci che quello è un ammasso di cellule di cui potete decidere la morte a piacimento.

 

Diteci che questo non è un essere umano.

 

Chi ha programmato l’introduzione dell’aborto nella società lo sa perfettamente: ed è proprio per questo che il suo sacrificio – il sacrificio umano – è divenuto così centrale per lo Stato moderno.

 

Maledetto, assassino sin dal principio!

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Immagine screenshot da Twitter

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Essere genitori

Studio collega i prodotti per la pelle dei bambini a sostanze chimiche che alterano gli ormoni

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Un nuovo studio ha scoperto per la prima volta che i comuni prodotti per la cura della pelle utilizzati dai bambini piccoli possono aumentare la loro esposizione a sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino. Lo riporta Epoch Times.   I risultati potrebbero aiutare i genitori a limitare l’esposizione dei propri figli alle tossine che potrebbero danneggiare il loro sviluppo, ha spiegato statunitense Michael Bloom, responsabile dello studio e professore presso il College of Public Health della George Mason University.   «Abbiamo trovato associazioni tra l’uso recente di diversi prodotti per la cura della pelle e concentrazioni più elevate di ftalati e composti sostitutivi degli ftalati», ha affermato Bloom in un comunicato stampa.   Gli ftalati, spesso presenti nei prodotti per la cura della pelle, possono alterare il sistema endocrino, interferendo potenzialmente con gli ormoni. Queste sostanze chimiche possono essere aggiunte ai prodotti per la cura della pelle per migliorarne l’assorbimento, prolungarne le fragranze o rendere il prodotto più lubrificante.

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«Gli ftalati sono sostanze chimiche che interferiscono con il sistema endocrino e l’esposizione dei bambini è stata associata a differenze nella composizione corporea, nello sviluppo neurologico e nella funzione polmonare e immunitaria», hanno scritto i ricercatori nello studio.   «Sebbene le prove non siano definitive al momento, i potenziali effetti pericolosi sulla salute umana (…) richiedono un approccio precauzionale», ha affermato Bloom, che ha lavorato a diversi altri studi che coinvolgono ftalati e altri potenziali pericoli per la salute.   I composti sostitutivi degli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate al posto degli ftalati. I sostituti possono anche essere tossici.   I ricercatori della George Mason University hanno raccolto dati da 630 bambini, di età compresa tra 4 e 8 anni, in 10 diversi siti clinici negli Stati Uniti. Ogni bambino è stato sottoposto a un esame fisico, inclusa un’analisi delle urine per rilevare i sottoprodotti di ftalati rimasti nel corpo.   Come parte dello studio clinico, ai genitori è stato chiesto di elencare i prodotti per la cura della pelle che erano stati applicati nelle 24 ore precedenti l’esame. Questi prodotti includevano saponi, lozioni, shampoo, cosmetici e creme solari. I ricercatori hanno notato un uso frequente di prodotti per la cura della pelle tra i partecipanti durante questo periodo, con la maggior parte dei bambini che utilizzava almeno un tipo di sapone e lozione.   I ricercatori hanno anche intervistato i genitori sulle origini razziali ed etniche dei loro figli. I partecipanti neri avevano il tasso più alto di ftalati nelle urine, probabilmente a causa della loro scelta di prodotti e della frequenza di utilizzo.   «I consumatori possono controllare le etichette dei prodotti per identificare gli ingredienti potenzialmente dannosi nei prodotti per la cura della pelle e fare riferimento ai siti Web che forniscono informazioni dettagliate sui prodotti per la cura della pelle disponibili in commercio», ha affermato il professor Bloom.   La Food and Drug Administration statunitense richiede ai produttori di dichiarare i loro ingredienti tramite un’etichetta. Quindi i consumatori possono sapere se alcuni prodotti contengono ftalati leggendo la dichiarazione degli ingredienti per gli ingredienti che contengono la parola «ftalato».   Gli ftalati più comuni aggiunti ai prodotti per la persona sono il dietilftalato (DEP) e il monoetilftalato (MEP).   Tuttavia, le normative non richiedono l’elencazione della fragranza o dell’aroma individuali, o dei loro ingredienti specifici. Di conseguenza, un consumatore potrebbe non essere in grado di determinare dalla dichiarazione degli ingredienti sull’etichetta se gli ftalati sono presenti in una fragranza o in un aroma utilizzati nel prodotto. Pertanto, alcuni gruppi consigliano alle persone di evitare profumi e aromi.   Gli ftalati possono anche passare dagli imballaggi in plastica ai prodotti, ha affermato Bloom, il che suggerisce che potrebbero essere necessarie modifiche alle politiche per limitare l’esposizione dei bambini.   Lo studio, pubblicato mercoledì sulla rivista Environmental Health Perspectives, è stato finanziato dallo studio Environmental Influences on Child Health Outcomes del National Institute of Health (NIH) degli Stati Uniti.   Sebbene questo studio non abbia indagato direttamente i rischi per la salute, Bloom ha affermato che altri studi sperimentali che utilizzano modelli animali e colture cellulari hanno dimostrato che gli ftalati possono influenzare la funzione ormonale, causare infiammazione e indurre stress ossidativo. Questi percorsi biologici, condivisi dagli esseri umani, potrebbero portare a effetti negativi sulla salute degli esseri umani.

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«Questi studi sono stati spesso condotti a dosi molto elevate di ftalati, superiori a quelle normalmente sperimentate dalle popolazioni umane», ha affermato Bloom. «Tuttavia, molti studi osservazionali su popolazioni umane in tutto il mondo hanno segnalato associazioni tra esposizione ad alcuni ftalati e problemi neurocognitivi, problemi riproduttivi, cambiamenti negli ormoni, malattie metaboliche e altri effetti negativi sulla salute, suggerendo che ci sono effetti tossici».   I risultati degli studi sugli esseri umani sono stati contrastanti, il che rende la tossicità di queste sostanze chimiche un argomento controverso. A causa di preoccupazioni etiche, «è difficile studiare l’esposizione al ftalato nelle persone, specialmente nei bambini», ha affermato Bloom.   Studi precedenti hanno suggerito che l’uso diffuso di ftalati può danneggiare la salute umana.   Uno studio della Columbia University del 2020 ha scoperto che alcuni ftalati possono compromettere la capacità di attenzione nei bambini e sono stati collegati a danni neurologici.   Uno studio francese del 2024 ha collegato l’esposizione agli ftalati nelle donne incinte alla riduzione del peso della placenta e alla riduzione del rapporto tra placenta e neonato, entrambi effetti negativi sulla salute.   I risultati dello studio attuale potrebbero suggerire ai decisori politici, ai medici e ai genitori di «aiutare a limitare l’esposizione dei bambini a sostanze tossiche per lo sviluppo», hanno scritto gli autori dello studio attuale.

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Essere genitori

L’Australia potrebbe vietare ai bambini di usare i social media

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Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha annunciato che il suo Paese sta valutando la possibilità di vietare ai bambini di utilizzare i social media e altre piattaforme digitali pertinenti, adducendo preoccupazioni sulla loro salute fisica e mentale.

 

La legge, che verrà introdotta entro la fine dell’anno, viene pubblicizzata come un mezzo per proteggere i bambini australiani dai pericoli online, oltre a fornire supporto ai genitori e a chi se ne prende cura.

 

«La sicurezza e la salute mentale e fisica dei nostri giovani sono fondamentali», ha affermato il primo ministro australiano, aggiungendo che l’età minima per accedere alle piattaforme online sarà probabilmente compresa tra i 14 e i 16 anni.

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«Voglio vedere i ragazzi staccarsi dai loro dispositivi e andare sui campi da calcio, nelle piscine e nei campi da tennis», ha detto Albanese in una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio. «Vogliamo che abbiano esperienze reali con persone reali perché sappiamo che i social media stanno causando danni sociali».

 

Secondo il primo ministro, la legislazione sarà sviluppata in collaborazione con gli stati e i territori e «sarà informata da una revisione intrapresa dal governo del Sud Australia come parte delle sue bozze di legge».

 

La scorsa settimana, il governo della regione del South Australia ha annunciato piani per vietare ai bambini di età inferiore ai 14 anni di usare i social media. Si prevede inoltre che il quadro normativo preveda che i bambini di età compresa tra 14 e 15 anni debbano avere il consenso dei genitori prima di registrarsi sulle piattaforme.

 

L’Australia, che è classificata tra le prime dieci nazioni al mondo in termini di tassi di adozione di Internet, potrebbe diventare uno dei primi paesi a imporre una restrizione di età sui social media. I precedenti tentativi, anche da parte dell’UE, sono falliti a seguito di lamentele sulla riduzione dei diritti online dei minori.

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A giugno, l’ente australiano per la sicurezza online, l’eSafety Commission, ha avvertito che «gli approcci basati sulle restrizioni potrebbero limitare l’accesso dei giovani al supporto essenziale» e spingerli a cercare «servizi non tradizionali meno regolamentati».

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa l’autorità sanitaria americana aveva decretato che i social media rappresentano un «rischio profondo» per la salute mentale dei bambini.

 

Secondo quanto riportato, i social favorirebbero anche la comparsa di tic nei più piccoli.

 

Inchieste giornalistiche hanno inoltre scoperto caramelle alla cannabis «fatte per attrarre i bambini» vendute sui social.

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