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Sorveglianza

Il totalitarismo del green pass per sempre: OMS e UE annunciano un «sistema globale» di passaporti digitali per i vaccini

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unione europea hanno annunciato la loro collaborazione sui passaporti digitali globali per i vaccini in una conferenza stampa congiunta a Ginevra il 5 giugno.

 

Si tratta, di fatto, dell’estensione del green pass in tutti i Paesi comunitari (e non solo), e oltre i tempi delle emergenze pandemiche. Il green pass, in pratica, diverrà la norma.

 

«Nel giugno 2023, l’OMS adotterà il sistema di certificazione digitale COVID-19 dell’Unione Europea per istituire un sistema globale che contribuirà a facilitare la mobilità globale e proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie in corso e future, comprese le pandemie», afferma il comunicato stampa dell’OMS.

 

«Questo è il primo elemento costitutivo del Global Digital Health Certification Network (GDHCN) dell’OMS che svilupperà un’ampia gamma di prodotti digitali per offrire una salute migliore a tutti».

 

«La pandemia di COVID-19 ha evidenziato il valore delle soluzioni sanitarie digitali nel facilitare l’accesso ai servizi sanitari», ha affermato il direttore generale dell’OMS, il dottor Tedros Ghebreyesus, durante la conferenza stampa. «Mentre la fase di emergenza della pandemia di COVID-19 è ormai conclusa, gli investimenti nelle infrastrutture digitali rimangono una risorsa importante per i sistemi sanitari e per le economie e le società in generale».

 

 

L’OMS ha dichiarato che utilizzerà il «certificato COVID digitale dell’UE» come modello per stabilire un certificato sanitario digitale globale.

 

Come riportato da Renovatio 21, tale certificato, noto in Italia come «green pass», è stato creato sulla medesima piattaforma digitale creata da Bruxelles per la preparazione dell’euro digitale – e già anni prima che esplodesse il virus di Wuhano.

 

«Uno degli elementi chiave nel lavoro dell’Unione europea contro la pandemia di COVID-19 sono stati i certificati COVID-19 digitali. Per facilitare la libera circolazione all’interno dei suoi confini, l’UE ha rapidamente istituito certificati COVID-19 interoperabili (intitolati “Certificato digitale UE COVID-19” o “EU DCC”)», si legge nel comunicato stampa dell’OMS.

 

«Con questa collaborazione, l’OMS faciliterà questo processo a livello globale sotto la propria struttura con l’obiettivo di consentire al mondo di beneficiare della convergenza dei certificati digitali».

 

«Questo partenariato è un passo importante per il piano d’azione digitale della strategia sanitaria globale dell’UE», ha affermato il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides.

 

«Utilizzando le migliori pratiche europee, contribuiamo agli standard sanitari digitali e all’interoperabilità a livello globale, a vantaggio dei più bisognosi. È anche un potente esempio di come l’allineamento tra l’UE e l’OMS possa garantire una salute migliore per tutti, nell’UE e nel mondo», ha proseguito il funzionario sanitario UE. «In qualità di autorità di direzione e coordinamento del lavoro sanitario internazionale, non esiste partner migliore dell’OMS per portare avanti il ​​lavoro che abbiamo avviato nell’UE e sviluppare ulteriormente soluzioni sanitarie digitali globali».

 

Il commissario UE per il mercato interno, Thierry Breton, ha aggiunto che «la certificazione UE non è stata solo uno strumento importante nella nostra lotta contro la pandemia, ma ha anche facilitato i viaggi e il turismo internazionali» e che l’espansione dell’OMS del vaccino digitale i passaporti saranno «uno strumento globale contro future pandemie».

 

«Il primo elemento costitutivo del sistema globale dell’OMS diventerà operativo nel giugno 2023 e mira a essere sviluppato progressivamente nei prossimi mesi», afferma il comunicato stampa dell’OMS.

 

L’OMS ha sottolineato che «non avrà accesso a nessun dato personale sottostante, che continuerebbe ad essere di dominio esclusivo dei governi». Cosa che non si sa quanto sia credibile, viste anche le recenti ammissioni sull’euro digitale fatte dalla presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, la quale, pensando di parlare con Zelens’kyj (erano in verità i soliti burloni radiofonici russi), ha ammesso che la moneta elettronica UE servirà anche per spiare i cittadini.

 

«Questa partnership lavorerà per sviluppare tecnicamente il sistema dell’OMS con un approccio graduale per coprire ulteriori casi d’uso, che possono includere, ad esempio, la digitalizzazione del certificato internazionale di vaccinazione o profilassi», ha annunciato l’OMS. «L’espansione di tali soluzioni digitali sarà essenziale per offrire una salute migliore ai cittadini di tutto il mondo».

 

La cooperazione tra l’UE e l’OMS mira a «incoraggiare la massima adozione e partecipazione globale» nel loro certificato sanitario digitale. «Particolare attenzione sarà prestata alle pari opportunità di partecipazione dei più bisognosi: Paesi a basso e medio reddito» hanno assicurato i papaveri UE-OMS riuniti. Green pass ai poveri, in sostanza.

 

I passaporti vaccinali digitali globali sono da tempo nell’agenda dell’OMS, con la Banca Mondiale che per essi l’anno scorso aveva stanziato un fondo da 1 miliardo di dollari. Nel febbraio 2022, l’agenzia ha commissionato  a T-Systems, una sussidiaria di  Deutsche Telekom con portata internazionale, lo sviluppo di un sistema di passaporto digitale globale per i vaccini.

 

L’anno scorso era emerso come la Corona-Warn-App (CWA), l’app di tracciabilità dei contatti sviluppata in Germania con funzione pragmatica passaporto vaccinale, avrebbe iniziato ad assegnare ai cittadini colori diversi a seconda del loro status vaccinale, un metodo che ricalca esattamente quello della Cina comunista. Due anni fa era emerso altresì come la Repubblica Popolare Cinese facesse pressione sull’OMS per essere incaricata di sviluppare passaporti vaccinali per tutti i Paesi.

 

Nonostante lo abbia negato, anche Bill Gates, primo contribuente privato OMS, si era espresso a favore dei passaporti vaccinali, sostiene il candidato presidente USA Robert F. Kennedy jr. Nel 2021 era emerso come Microsoft e altri giganti tecnologici stessero sviluppando passaporti pandemici grazie a finanziamenti della Rockefeller Foundation.

 

Nonostante la popolazione abbia dato segni di non gradire (britannici, francesi, danesi, svizzeri, australiani, texani e pure qualche sparuto eurodeputato) la loro implementazione, sembra, come ha ribadito un numero sospetto di volte l’enigmatico Tony Blair, «inevitabile». L’indicazione di due anni fa contro obbligo e passaporti vaccinali espressa dal Consiglio d’Europa è stata bellamente ignorata.

 

Dobbiamo inoltre ringraziare, tra gli altri, anche Giorgia Meloni, che ha firmato in tranquillità il documento finale del G20 di Bali per la promozione dei passaporti digitali internazionali.

 

Con il nuovo Trattato pandemico e gli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI), se approvati nel 2024 come previsto, l’OMS potrebbe essere divenire organo di governo de facto per lo Stato profondo globale – che, come nell’esempio cinese, ha già pronta la sua griglia di controllo totalitario della popolazione su base bioelettronica. È in fase di caricamento, ritiene lo specialista di armi biologiche Francis Boyle, «uno Stato totalitario mondiale» che passa per leggi sanitarie transnazionali.

 

Non si fermeranno alle malattie, come sappiamo. Istituiranno, come esce da tanti discorsi a Davos, un sistema premiale che controllerà l’individuo sin nelle sue più micrologiche transazioni secondo parametri inventati secondo la nuova emergenza, quella del clima.

 

Curiosamente, il documento ufficiale del dicembre 2022 che ne parla e su cui lo sviluppo dei passaporti vaccinali OMS-UE dovrebbe fondarsi, l’«EU Global Health Strategy», nel momento in cui scriviamo non è accessibile, con addirittura problemi a scaricare il PDF. Tuttavia, grazie all’archivio Internet della Wayback Machine, possiamo dare un’occhiata al suo contenuto, già dall’introduzione: «oggi più che mai la salute globale è influenzata dalla triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, biodiversità e inquinamento».

 

«Oltre alle tradizionali cause profonde di cattiva salute, come la povertà e le disuguaglianze sociali, altri driver dei problemi di salute devono essere affrontati in modo integrato, come il cambiamento climatico, l’ambiente degrado, crisi umanitarie o insicurezza alimentare, aggravate da crisi come la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina», scrive il documento ufficiale UE, per niente di parte, in una mirabile sintesi di tutte le catastrofi capitateci addosso negli ultimi mesi.

 

Ci sono, al «principio guida 2» riferimenti alla necessità di allinearsi con il «Piano di azione gender III e al Piano di azione giovani, alle persone disabili in linea con la Convezione ONU sulle persone con disabilità» così come provvedere all’accesso alla salute di altri gruppi vulnerabili come il popolo LGBTIQ [sic], gli anziani, i migranti, i rifugiati e gli sfollati, anche in contesti di disastri naturali o artificiale e degli impatti del cambiamento climatico».

 

Tuttavia, bisognerebbe concentrarsi a leggere bene quanto scrive il documento UE al «principio guida 12»:

 

«Perseguire la neutralità climatica globale entro il 2050, aumentando la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza riducendo la vulnerabilità ai cambiamenti climatici in conformità con l’Accordo di Parigi».

 

«Sostenere la biodiversità del suolo, il perseguimento internazionale della riduzione e mitigazione dell’inquinamento atmosferico emissioni globali, la promozione dei principali strumenti internazionali e un meccanismo globale per la gestione delle sostanze chimiche e rifiuti oltre il 2020, la negoziazione di una nuova, giuridicamente vincolante strumento per porre fine all’inquinamento da plastica e risultati ambiziosi sull’acqua e salute alla prossima Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua del 2023».

 

E ancora: «Promuovere un’azione globale ambiziosa per affrontare la perdita di biodiversità, traffico di specie selvatiche, inquinamento di aria, acqua e suolo, esposizione a sostanze tossiche. Promuovere l’approccio One Health in futuro Global Biodiversity Framework da concordare all’ONU Biodiversità Conferenza (COP15)». I lettori di Renovatio 21 stanno cominciando a prendere dimestichezza nei confronti di questa nuova espressione: One Health, la grande campagna di uniformazione sanitaria planetaria, la quale, secondo il documento UE «affronta la complessa interconnessione tra umanità, clima, ambiente e animali; per una più efficace sorveglianza delle malattie in tutto il mondo; e per regole e cooperazione internazionali più forti sui meccanismi sulla salute». Su queste pagine abbiamo già iniziato a specificare in cosa consista e chi vi sia dietro (spoiler: i soliti noti) e quale sia il suo fine (spoiler 2: il Trattato pandemico e oltre, cfr. più sopra).

 

Vedete che il green pass climatico, quindi, è già realtà. Tanti tasselli erano andati al loro posto ben prima della conferenza stampa congiunta OMS-UE.

 

Il green pass, come abbiamo ripetuto tante, tante volte (ricordate quando Renovatio 21 vi diceva che sarebbe stato eterno?), altro non era che una prova generale di una mutazione mondiale dello Stato e dell’umanità – una prova tecnica per la sottomissione dell’uomo nel XXI secolo.

 

Il cittadino diviene «utente», lo Stato diviene «piattaforma», i diritti spariscono e divengono, come era stato per il certificato verde, «accessi» assegnati e tolti dall’alto, per disposizione elettronica del potere – che, considerando gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, potrebbe a breve essere completamente scevro dell’elemento umano.

 

Governati da un potere oscuro, forse non umano – forse dalla macchina. E marchiati.

 

Vale la pena, a costo della nausea, ricordare le parole della Rivelazione: «nessuno poteva comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (Apocalisse, 13, 17).

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Sorveglianza

Nintendo avverte che potrà bloccare definitivamente le Switch se rileva hacking e pirateria

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Il principio di controllo sociale del «sorvegliare e punire» arriva anche nel mondo dei videogiuochi.

 

Gli utenti di Switch e Switch 2 che tentano di hackerare le proprie console o di giocare a copie pirata di giochi potrebbero scoprire che i loro dispositivi sono completamente inutilizzabili a causa di Nintendo. Lo riporta Game File.

 

Il nuovo avviso è stato nascosto in un recente aggiornamento del contratto di account utente-Nintendo.

 

L’aggiornamento dell’EULA di Nintendo di maggio 2025 aggiunge una nuova dicitura relativa alle modalità specifiche di utilizzo dei «Servizi Account Nintendo» sulla console, termine qui definito per comprendere l’utilizzo di «videogiochi e contenuti aggiuntivi». In base al nuovo EULA, qualsiasi utilizzo della console senza licenza e non autorizzato da Nintendo potrebbe portare l’azienda a «rendere i Servizi Account Nintendo e/o il dispositivo Nintendo in questione permanentemente inutilizzabili, in tutto o in parte», scrive il contratto in lingua inglese secondo Ars Technica.

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Secondo quanto riportato, la formulazione non si applicherebbe solo alla console Switch 2, di imminente uscita, ma anche alla vecchia console Switch.

 

Più avanti nello stesso EULA in inglese, Nintendo aggiunge una nuova clausola che chiarisce che si riserva il diritto di «sospendere l’accesso a uno o tutti i Servizi dell’Account Nintendo, a propria esclusiva discrezione e senza preavviso». Tale sospensione può avvenire anche prima che si verifichi una violazione dell’EULA, qualora Nintendo abbia «il ragionevole sospetto che tale violazione… si verificherà, o qualora ritenesse ragionevolmente necessario per motivi legali, tecnici o commerciali, ad esempio per prevenire danni ad altri utenti o ai Servizi dell’Account Nintendo».

 

Quindi, quale tipo di utilizzo di Switch viene considerato una «violazione» in questo caso? Non sorprende che giocare a giochi piratati sia in cima alla lista; l’EULA ora specifica espressamente «l’ottenimento, l’installazione o l’utilizzo di copie non autorizzate dei Servizi Account Nintendo». Questa clausola si applicherebbe probabilmente agli utenti con hardware della console hackerato e a coloro che utilizzano cartucce flash di terze parti per giocare a giochi piratati.

 

 

Tuttavia, l’EULA limita anche un’ampia gamma di verbi, in gran parte sinonimi, associati all’hacking della propria console per potenziali usi non legati alla pirateria. Ciò include la limitazione del diritto di «modificare, adattare, tradurre, sottoporre a reverse engineering, decompilare o disassemblare tutti o parte dei Servizi Account Nintendo», nonché la possibilità di «aggirare, modificare, decifrare, disabilitare, manomettere o altrimenti eludere qualsiasi funzione o protezione dei Servizi Account Nintendo, anche tramite l’uso di hardware o software».

 

Nintendo dispone da tempo di solidi sistemi per rilevare quando si gioca online su sistemi hackerati e non ha esitato a emettere ban a livello di dispositivo per impedire a tali console di accedere ai servizi online di Nintendo. Tuttavia, il nuovo testo dell’EULA suggerisce che Nintendo stia ora preparando la possibilità di disabilitare completamente i dispositivi Switch che violano l’accordo di utilizzo, anche per l’uso offline.

 

Al momento non è chiaro quali mezzi tecnici Nintendo utilizzerà per applicare questa nuova punizione definitiva per gli hacker di Switch, né se gli utenti saranno in grado di ripristinare la funzionalità di qualsiasi console bloccata da remoto. Tuttavia, il nuovo linguaggio suggerisce che Nintendo sia pronta a giocare duro nella sua guerra in corso contro hacker e pirati.

 

La vicenda si iscrive nella tendenza generale per cui l’utente non è più il vero possessore dell’oggetto, ma solo un «licenziatario», a cui è possibile togliere l’accesso a piacimento. È il caso sollevato spesso con le macchine elettriche che, essendo collegate ad una centrale, possono essere disabilitate o persino pilotate remotamente – si è discusso della possibilità che le macchine a guida autonoma potrebbero, quindi, «autosequestrarsi» in caso il proprietario salti una rata del pagamento.

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La disabilitazione a distanza può essere concepita praticamente per tutti gli oggetti elettronici collegati alla rete: telefonini, tablet orologi, e computer – perché anche un PC senza rete deve entrarvi ogni tanto per ricevere l’aggiornamento del sistema operativo, che potrebbe già contenere sistemi per rilevare e punire violazioni, e non solo di copyright – qualcuno sostiene ad esempio che in futuro il vostro computer potrebbe leggere i contenuti che esprimete e decidere di censurarvi, o di rendersi inutilizzabile. Se considerate che Microsoft era partner di enti di controllo del discorso sul web come Newsguard, e che sta implementando un sistema di AI che conserva e legge tutte le schermate che producete, capite che questa realtà di orwellismo informatico non è lontana.

 

A seconda di come vi comportate, vi saranno elargiti non solo i diritti (come abbiamo visto con il green pass) ma anche gli oggetti che vi servono, e che avete pure già pagato, credendo che nel mondo dell’oligarchia social-capitalista esista ancora la proprietà privata.

 

«Non avrai nulla e sarai felice» era il mantra di qualche anno fa del World Economic Forum: ciò significa, sempre più chiaramente, che ci toglieranno quello che già abbiamo, quello che già abbiamo comperato.

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Immagine di KNDY です via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0

 

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Sorveglianza

L’Irlanda si muove per legalizzare il riconoscimento facciale retrospettivo

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L’Irlanda si sta preparando a concedere alla polizia nuovi poteri per l’impiego di strumenti di riconoscimento facciale, con una legge prevista già quest’estate. Lo riporta Reclaim The Net.   Il ministro della Giustizia Jim O’Callaghan ha chiarito la sua intenzione di portare avanti il ​​piano, che legalizzerebbe l’uso del riconoscimento facciale retrospettivo (RFR) da parte della Gardaí, una mossa che ha riacceso le preoccupazioni sulla privacy in tutto il paese.   La tecnologia RFR consente alle autorità di analizzare video preregistrati per identificare le persone dopo un incidente. È già stata utilizzata nel Regno Unito, nonostante le preoccupazioni di lunga data sull’eccesso di sorveglianza.

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O’Callaghan ha difeso la proposta durante un’intervista a una trasmissione locale, portando l’esempio di due agenti della polizia irlandese (chiamata Garda) in pensione che sono stati richiamati in servizio per esaminare manualmente i filmati delle rivolte di Dublino del 2023. Ha liquidato il processo come antiquato, definendolo un cattivo uso delle risorse in presenza di opzioni più avanzate.   Precedenti tentativi di integrare il riconoscimento facciale nella legislazione relativa alle bodycam indossate dalle forze dell’ordine sono stati bloccati, in particolare dall’opposizione del Partito Verde. L’ultima proposta sembra svincolare la tecnologia da tale legislazione nel tentativo di progredire.   Parallelamente, il governo irlandese sta anche cercando di ottenere nuove misure legali che obblighino i manifestanti a rimuovere le mascherine durante le manifestazioni. O’Callaghan ha tentato di presentare questa misura come a favore delle proteste, affermando in un video condiviso sul suo account X.   Questi sviluppi giungono in un momento in cui la fiducia del pubblico nelle tecnologie di sorveglianza rimane profondamente contestata. La decisione di disaccoppiare il riconoscimento facciale dalla legislazione precedente, dopo il blocco di alcune proposte precedenti, suggerisce un tentativo deliberato di eludere la resistenza politica, sollevando ulteriori preoccupazioni in termini di trasparenza e responsabilità.  
  Le tecnologie di riconoscimento facciale, già attive ovunque (dalla Cina all’Europa, dal Sudamerica a Israele ai Paesi Arabi) nel contesto delle telecamere di sorveglianza, ora verranno implementate sempre più dagli smartphone, come già evidente nel caso degli iPhone, dove il tasto di sblocco è stato sostituito dalla face recognition via telecamera.
Come riportato da Renovatio 21, in Gran Bretagna la face recognition era stata proposta per escludere dai locali pubblici i non vaccinati.   Negli USA si è già avuto un caso di cittadino arrestato ingiustamente perché riconosciuto dalle telecamere in uno Stato mai visitato. Il Regno di Spagna già utilizza il sistema di identificazione biometrica automatica ABIS da anni.   Anche nell’Ucraina in guerra la tecnologia è abbondantemente utilizzata per fini militari, come l’identificazione dei soldati russi deceduti.   Curiosamente, le grandi aziende tecnologiche americane rifiutarono l’uso del riconoscimento facciale durante le rivolte razziali americane di Black Lives Matter del 2020.

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Intelligenza Artificiale

Meta revisiona la politica sugli occhiali-smart Ray-Ban: sorveglianza AI predefinita e archiviazione dati vocali

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A fine aprile Meta ha apportato modifiche, con effetto immediato, all’informativa sulla privacy degli «occhiali intelligenti» Ray-Ban Meta, che sembrano concepite per trasformare il dispositivo in una macchina di sorveglianza per l’addestramento di modelli di Antelligenza Artificiale. Lo riporta Reclaim The Net.

 

In un messaggio inviato agli utenti, Meta ha affermato che la sua «Intelligenza Artificiale sugli occhiali», ovvero alcune impostazioni, sta cambiando.

 

La spiegazione del gigante è che questo è presumibilmente necessario per utilizzare Meta AI «più facilmente» e anche «per aiutarci a migliorare i prodotti». Gli occhiali Ray-Ban Meta sono prodotti assieme ad EssilorLuxottica, il colosso nato dalla fusione della francese Essilor con il gigante di produzione di occhiali bellunese Luxottica.

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L’aggiornamento della policy si basa sugli «opt-out»: d’ora in poi, l’Intelligenza Artificiale Meta con l’uso della fotocamera sarà sempre abilitata sugli occhiali, a meno che l’utente non si prenda la briga di disattivare «Hey Meta» nelle impostazioni.

 

Questa è la frase di attivazione per l’assistente AI di Meta. La seconda modifica riguarda il modo in cui Meta archivia le registrazioni vocali degli utenti di Meta AI: ora vengono conservate di default nel cloud.

 

La ragione addotta dall’azienda è «migliorare» Meta AI o «altri prodotti Meta». L’opzione per disabilitare questo comportamento non c’è più. Ancora una volta, gli utenti sono costretti a superare ostacoli aggiuntivi, e questo è il metodo collaudato delle Big Tech per orientare il loro comportamento e la loro interazione con app e servizi nel modo desiderato, dalle Big Tech stesse.

 

In questo caso, gli utenti di Meta AI dovranno andare nelle impostazioni ed eliminare manualmente le proprie registrazioni vocali.

 

Nel prendere queste decisioni, aziende come Meta di fatto «semplificano» i loro prodotti «intelligenti» (eliminando l’interazione vocale con l’assistente, riducendo l’usabilità automatizzata all’eliminazione manuale). E questo si aggiunge al fatto che irrita coloro che non sono a loro agio con i meccanismi sempre più invasivi della privacy dietro ai suddetti prodotti e servizi.

 

Oltre a vendere quella che ovviamente non è una «migliore esperienza di privacy», Meta e i suoi simili insistono sul fatto che nascondere ciò che accade dietro le quinte significhi ottenere un’esperienza utente migliore («più semplice»).

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A parte gli scenari più cupi e negativi sul perché tutto questo venga fatto o su come potrebbe essere utilizzato (e abusato…) in futuro, l’intento evidente è quello di portare lo sfruttamento dei dati degli utenti a un altro livello, per garantire che enormi set di dati siano disponibili per l’addestramento dei modelli di Intelligenza Artificiale.

 

La notifica ricevuta dagli utenti sulle ultime modifiche alla politica aziendale aggiunge un po’ la beffa al danno quando conclude ribadendo: «hai ancora il controllo». «In controllo» per disattivare «Hey Meta» ed eliminare manualmente le interazioni di Meta AI.

 

Da anni nella popolazione serpeggia il pensiero che le proprie conversazioni siano registrate dallo smartphone per procurare pubblicità ancora più precise. Vi sono state, tra le smentite delle Big Tech, alcune rivelazioni in merito. Lo stesso dicasi per apparecchi come Alexa, soggetti già da tempo a richieste di sequestro dati da parte dei tribunali americani in casi come ad esempio l’omicidio domestico.

 

 

Tuttavia ora la cosa diviene più chiara: semplicemente, ogni cosa che direte (o farete) sarà registrata, salvata ed utilizzata dall’AI non solo per profilarvi, ma per potenziare se stessa: una prospettiva inquietante su più livelli davvero.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana vi era stato shock attorno a Meta/Facebook quando si era appreso che i chatbot dell’azienda sono in grado di intrattenere con gli utenti «giochi di ruolo romantici» che possono diventare sessualmente espliciti, anche con account appartenenti a minori.

 

Un reportage del Wall Street Journalha riportato che, nel tentativo di diffondere dispositivi di accompagnamento digitali basati sull’Intelligenza Artificiale sulle sue piattaforme social, Meta ha preso decisioni interne per allentare le restrizioni e consentire ai suoi chatbot di interagire con gli utenti in giochi di ruolo a sfondo sessuale, secondo fonti a conoscenza della questione. Questo include interazioni con account registrati da minori di età pari o superiore a 13 anni.

 

Le conversazioni di prova condotte dal Wall Street Journal avrebbero rilevato che sia l’IA ufficiale di Meta che i chatbot creati dagli utenti si sono impegnati prontamente e hanno intensificato le discussioni sessualmente esplicite, anche quando gli utenti si sono identificati come minorenni.

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Varie inchieste giornalistiche negli anni hanno contribuito all’accumulo di accuse e rivelazioni su Facebook, tra cui accuse di uso della piattaforma da parte del traffico sessuale, fatte sui giornali ma anche nelle audizioni della Camera USA.

 

Considerato il comportamento dimostrato da Facebook, con la censura che si è abbattuta su dissidenti o anche semplici conservatori (ma non sui pedofili di Instagram o i donatori di sperma su Facebookné sui neonazisti dell’Azov), la collusione con lo Stato profondo americano e le sue agenzie, la volontà di chiudere gli account di organizzazionipartiti premier e presidenti, la raccolta massiva di dati anche biometrici (con il riconoscimento facciale che ha generato denunce di Stati come il Texas) nonché la possibilità di agire sul vostro telefono perfino scaricandone la batteria, c’è da domandarsi cosa la potente Intelligenza Artificiale su cui Meta sta lavorando possa fare alla vostra vita.

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