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Politica

La Commissione Europea rifiuta di pubblicare i messaggi tra Ursula von der Leyen e il capo di Pfizer

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La Commissione Europea ha rifiutato di rendere pubblici i messaggi tra la presidente Ursula von der Leyen e il CEO del colosso farmaceutico Pfizer Albert Bourla. Il caso è stato dapprima riportato dal sito Politico.

 

Un articolo del New York Times dello scorso aprile dava notizia di un rapporto tra Ursula e Bourla che sarebbe avvenuto per via telefonica e per messaggi di testo.

 

Ora la Commissione Europea sostiene di non aver traccia dei messaggi, perché «di breve durata» e quindi esclusi dal processo di archiviazione.

 

La Commissione Europea sostiene di non aver traccia dei messaggi, perché «di breve durata» e quindi esclusi dal processo di archiviazione

Sul caso si è espresso l’Ombudsman (cioè, il «difensore civico») della UE Emily O’Reilly, che ha chiesto chiarezza sulla questione dei messaggi, e in una lettera scrive che è «necessario» che una sua squadra di inquirenti incontri i funzionari per sentire le motivazioni dietro alla «politica della Commissione sulla tenuta dei registri dei messaggi di testo e su come questa politica venga attuata».

 

La Von der Leyen nel 2019 fu al centro di un caso che ebbe molta eco in Germania: Ursula, che era stata ministro della Difesa, fu sommersa di critiche perché un cellulare, ritenuto prova importante all’interno di uno scandalo di appalti alla Difesa tedesca, fu «ripulito».

 

Mesi fa, la trasmissione RAI Report aveva cercato di fare delle domande riguardo ai contratti sui vaccini, ma il Commissario non si era fermata a rispondere al giornalista.

 

La Von der Leyen nel 2019 fu al centro di un caso che ebbe molta eco in Germania: Ursula, che era stata ministro della Difesa, fu sommersa di critiche perché un cellulare, ritenuto prova importante all’interno di uno scandalo di appalti alla Difesa tedesca, fu «ripulito».

Ora con lo specioso caso riemergono anche questioni, già riportate da Renovatio 21, sul marito di Von der Leyen, Heiko von der Leyen, che lavora come direttore medico presso Orgenesis, un’azienda di biotecnologie specializzata in terapie geniche: una filiera analoga a quella del vaccino Pfizer, che di fatto, più che un vaccino, è una terapia genica.

 

Non si tratterebbe del primo contatto un po’ oscuro tra il CEO di Pfizer e importanti figure internazionali. Come riportato da Renovatio 21, il papa avrebbe incontrato in segreto per ben due volte il Bourla.

 

Parimenti, i giornali israeliani hanno parlato di un «patto segreto» tra il governo di Tel Aviv e il colosso farmaceutico. All’interno dell’accordo vi sarebbe la condivisione di dati sanitari dei cittadini israeliani a Pfizer.

 

In realtà, i contratti poco trasparenti tra le varie nazioni e Pfizer sarebbero molti di più.

 

Pfizer ha formalizzato 73 accordi per il suo vaccino contro il coronavirus. Secondo Transparency International, un gruppo di difesa con sede a Londra, solo cinque contratti sono stati formalmente pubblicati dai governi e questi con “censure significative”»

Scrive un articolo del Washington Post che «Pfizer ha formalizzato 73 accordi per il suo vaccino contro il coronavirus. Secondo Transparency International, un gruppo di difesa con sede a Londra, solo cinque contratti sono stati formalmente pubblicati dai governi e questi con “censure significative”».

 

«Gran parte di ciò che si sa sui contratti di Pfizer è trapelato, spesso attraverso il giornalismo di testate locali o internazionali, incluso il Bureau of Investigative Journalism» scrive il giornale della capitale USA. «Il contratto stipulato con il Brasile vieta al governo di fare “qualsiasi annuncio pubblico riguardante l’esistenza, l’oggetto o i termini dell'[accordo]” o di commentare il suo rapporto con Pfizer senza il previo consenso scritto della società».

 

«Pfizer ha incluso anche clausole nei contratti con Albania, Brasile e Colombia che potrebbero modificare unilateralmente i programmi di consegna in caso di carenze».

 

«Nei contratti con Brasile, Cile, Colombia, Repubblica Dominicana e Perù, i governi dovevano firmare un documento in cui si affermava che ciascuno “rinuncia espressamente e irrevocabilmente a qualsiasi diritto di immunità che esso o i suoi beni potrebbero avere o acquisire in futuro”. Anche i primi quattro [Paesi] sono stati tenuti a rinunciare all’immunità contro il sequestro “precauzionale” dei loro beni» scrive il WaPo.

 

«Pfizer ha incluso anche clausole nei contratti con Albania, Brasile e Colombia che potrebbero modificare unilateralmente i programmi di consegna in caso di carenze»

Ma torniamo a Bruxelles. Vogliamo, infine, ricordare brevemente le circostanze dell’elezione della Von der Leyen, che terminarono – appunto – con un SMS.

 

È bene non dimenticare Ursula ha ottenuto lo scranno più alto della UE grazie ad una manciata di voti grillini. Secondo alcune rivelazioni scritte sul blog del senatore Bagnai, Matteo Salvini avrebbe manovrato con estrema perizia per impedirne l’elezione facendo credere ai socialisti che la Lega avrebbe votato la von der Leyen, così da ingenerarne una pavloviana ripulsa. Accadde invece che gli eurogrillini la votarono assegnandole la Presidenza della Commissione UE.

 

Secondo varie ricostruzioni, la manovra potrebbe essere passata attraverso Elisabetta Trenta, che come ex ministro della Difesa aveva conosciuto Ursula, anche lei donna a capo del dicastero delle forze armate del suo Paese. Le due si sarebbero conosciute ai vertici NATO di Bruxelles.

 

Secondo Dagospia, la von der Leyen avrebbe perfino mandato un SMS di ringraziamento alla Trenta: «You did that, I will remember. Tnks» («È merito tuo, me ne ricorderò, grazie»).

 

Non è dato di sapere da dove arrivi la notizia di questo SMS tra ex ministri della Difesa, né se sia vera. Tuttavia, è già molto di più di quello che succede con i messaggi del capo di Pfizer.

 

Messaggi che a questo punto immaginiamo siano stati ancora più brevi di questo gentile ringraziamento.

 

 

 

 

 

Immagine di European People’s Party via  Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Bioetica

Melania si dichiara abortista: «diritto fondamentale»

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In un libro di memorie intitolato Melania che verrà pubblicato un mese prima delle elezioni, la moglie del presidente Melania Trump si è dichiarata favorevole all’aborto come «diritto fondamentale». Lo riporta il giornale britannico Guardian, che ha ottenuto una copia delle memorie.

 

«È fondamentale garantire che le donne abbiano autonomia nel decidere la loro preferenza di avere figli, in base alle proprie convinzioni, libere da qualsiasi intervento o pressione da parte del governo. Perché qualcuno diverso dalla donna stessa dovrebbe avere il potere di determinare cosa fare con il proprio corpo?» scrive Melania nel libro, usando un puro, frusto linguaggio femminista.

 

«Il diritto fondamentale di una donna alla libertà individuale, alla propria vita, le garantisce l’autorità di interrompere la gravidanza se lo desidera. Limitare il diritto di una donna di scegliere se interrompere una gravidanza indesiderata equivale a negarle il controllo sul proprio corpo. Ho portato questa convinzione con me per tutta la mia vita adulta».

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Il libro si concentra principalmente sull’infanzia in Slovenia e sul lavoro come modella di Nuova York, per cui la dichiarazione pare introdotta quasi a forza. Tuttavia la posizione è molto articolata, toccando tutti i noti punti della propaganda feticida.

 

Nonostante sia cattolica, scrive che il suo sostegno all’aborto fa parte del suo «insieme di principi fondamentali» che includono «libertà personale» e «libertà individuale», e aggiunge che su queste questioni, non c’è «spazio per la negoziazione».

 

«Ho sempre creduto che sia fondamentale per le persone prendersi cura di sé stesse per prime. È un concetto molto semplice; infatti, nasciamo tutti con una serie di diritti fondamentali, tra cui il diritto di goderci la vita. Abbiamo tutti il ​​diritto di mantenere un’esistenza gratificante e dignitosa. Questo approccio di buon senso si applica al diritto naturale di una donna di prendere decisioni sul proprio corpo e sulla propria salute».

 

Dopo aver elencato le numerose ragioni per cui ritiene che l’aborto legale sia necessario, tra cui stupro, incesto, «difetti congeniti alla nascita», «gravi condizioni mediche» o pericolo per la salute della madre, continua a difendere anche l’aborto tardivo, ripetendo quasi alla lettera i punti standard del discorso di Planned Parenthood:

 

«È importante notare che storicamente, la maggior parte degli aborti condotti durante le fasi avanzate della gravidanza erano il risultato di gravi anomalie fetali che probabilmente avrebbero portato alla morte o alla morte in utero del bambino. Forse anche alla morte della madre. Questi casi erano estremamente rari e si verificavano in genere dopo diverse consultazioni tra la donna e il suo medico. Come comunità, dovremmo abbracciare questi standard di buon senso. Ancora una volta, la tempistica è importante».

 

La posizione della bella First Lady non è quindi distinguibile da quella di Kamala Harris, Hillary Clinton e ogni altro avversario del marito.

 

«Molte donne optano per l’aborto per preoccupazioni mediche personali. Queste situazioni con implicazioni morali significative pesano molto sulla donna e sulla sua famiglia e meritano la nostra empatia. Si consideri, ad esempio, la complessità insita nella decisione se la madre debba rischiare la propria vita per partorire. Quando si trovano di fronte a una gravidanza inaspettata, le giovani donne spesso provano sentimenti di isolamento e stress significativo. Io, come la maggior parte degli americani, sono a favore del requisito che le minorenni ottengano il consenso dei genitori prima di sottoporsi a un aborto. Mi rendo conto che questo potrebbe non essere sempre possibile. La nostra prossima generazione deve essere dotata di conoscenza, sicurezza, protezione e conforto, e lo stigma culturale associato all’aborto deve essere rimosso».

 

La decisione di Melania di sostenere la posizione democratica sull’aborto è un altro colpo per i pro-life, e un’ulteriore prova che la famiglia Trump non è mai stata pro-life, nota LifeSite. «È vero che Donald Trump ha onorato il suo accordo con il movimento pro-life nel 2016; è anche vero che Eric Trump ha detto alla stampa durante la Convention Nazionale Repubblicana che suo padre era sempre rimasto a favore dell’aborto, nonostante tutto. Anche la moglie di Eric, Lara, attuale co-presidente della Convention nazionale repubblicana, è fermamente nel campo pro-aborto. Quando è stato chiesto loro di esprimere le loro opinioni, Donald Jr. ed Eric hanno fatto attenzione a condannare solo l’aborto tardivo».

 

Lo stesso Donald Trump pare aver invertito la sua carica pro-life, che lo aveva portato ad essere il primo presidente americano a parlare alla March for Life di Washington. Sulla scia del dibattito vice-presidenziale ha affermato, in una dichiarazione in maiuscolo su X, che porrà il veto a qualsiasi legge federale sull’aborto che gli capiti sulla scrivania.

 


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«Se la famiglia Trump continua a dirigere il Partito Repubblicano, sembra chiaro che intendono trasformare il GOP in un partito pro-aborto. Melania ha certamente sostenuto questa tesi» scrive Jonathon Von Maren.

 

La situazione potrebbe essere più complessa di così, ed avere ragioni politiche, e non solo.

 

Grossa parte del Partito Repubblicano USA è convinta che le ultime elezioni midterm, che erano stata annunciate come una red wave, cioè una vittoria a valanga dei repubblicani, abbiano penalizzato il Partito a causa del rovesciamento della sentenza Roe v. Wade (1973) che garantiva l’aborto come diritto federale in tutti gli Stati. Secondo vari analisti, a rivoltarsi contro il partito di Trump sarebbero state le donne borghesi di mezza età che vivono nelle periferie dove usa risiedere la classe media americana – in pratica le stesse che, effettivamente, possono guardare positivamente a Melania come esempio di donna elegante e moglie perbene.

 

Che il libro di Melania non contenga manovre elettorali da spendere proprio in questi giorni, con l’uscita che coincide con le elezioni, è ingenuo pensarlo.

 

Così come è impossibile non riconoscere che, dopo decenni di presidenti repubblicani (Reagan, i Bush), la fine di Roe v. Wade, cioè del libero aborto in tutta l’America, è arrivata con Trump, o appena dopo, secondo i giudici della Corte Suprema da lui scelti.

 

Non ha torto chi si domanda: forse Trump è uno strumento più grande delle sue stesse idee, della sua stessa persona, della sua stessa famiglia?

 

I numeri dei bambini salvati dall’aborto in questi anni potrebbero dare risposta affermativa.

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Politica

Trump: i democratici stanno portando il mondo più vicino alla «catastrofe»

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L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha attribuito la colpa al suo successore, Joe Biden, e alla sua rivale alle elezioni presidenziali del mese prossimo, la vicepresidente Kamala Harris, per l’attacco di rappresaglia dell’Iran contro Israele avvenuto martedì sera.   Il candidato repubblicano ha discusso dell’ultima escalation della crisi in Medio Oriente durante un comizio elettorale a Waunakee, Wisconsin, e ha pubblicato una dichiarazione simile sulla sua piattaforma Truth Social. Ha accusato l’amministrazione Biden di non essere riuscita a tenere sotto controllo l’Iran e ha affermato che lui avrebbe fatto un lavoro migliore.   Trump ha affermato che, sotto la sua presidenza, Teheran era «affamata di denaro, completamente sotto controllo e disperata nel tentativo di raggiungere un accordo».

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«Kamala li ha inondati di denaro americano e da allora hanno continuato a esportare il terrore ovunque», ha aggiunto.   «La guerra o la minaccia di guerra sta infuriando ovunque, e i due incompetenti che governano questo Paese ci stanno portando sull’orlo della Terza Guerra Mondiale», ha detto Trump. Se i democratici vincessero le elezioni del mese prossimo, «il mondo andrebbe in fumo», ha avvertito.   Teheran ha descritto il suo attacco come una rappresaglia per l’assassinio da parte di Israele di figure di spicco nei movimenti militanti Hamas e Hezbollah sul suolo iraniano e libanese. I due rivali regionali hanno fatto affermazioni opposte sull’efficacia dell’attacco missilistico balistico. Israele ha promesso una risposta, che i media prevedono arriverà entro pochi giorni.   Entrambi i principali partiti politici degli Stati Uniti stanno offrendo quello che sembra essere un sostegno incondizionato alle azioni di Israele.   Come riportato da Renovatio 21, in plurime occasioni in questi anni l’ex presidente ha parlato di rischio di Terza Guerra Mondiale, soprattutto rispetto alla situazione in Ucraina.   In video apparsi mesi fa, Trump accusava direttamente i neocon, facendo pure il nome di Victoria Nuland, come artefici dell’attuale stato disastroso del mondo e del pericolo di distruzione atomica conseguente.   Come riportato da Renovatio 21, Trump sembra molto conscio, e molto spaventato, del potere distruttivo delle armi termonucleari.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
   
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Politica

Disastro uragano Helene: la Harris pubblica una foto finta dall’aereo, Trump va sul luogo con gli aiuti

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La vicepresidente Kamala Harris ha dovuto affrontare una reazione negativa per la sua risposta percepita come inadeguata all’uragano Helene, con gli utenti dei social media che l’hanno accusata di essere assente e disimpegnata.

 

La tempesta, un uragano di categoria 4, ha causato una devastazione diffusa, in particolare nelle aree interne come Asheville, nella Carolina del Nord, causando almeno 30 vittime.

 

I critici hanno evidenziato le azioni visibili limitate di Harris, tra cui una foto messa in scena di lei al telefono con la FEMA, scatenando ulteriore frustrazione.

 

Online abbondano le osservazioni sul fatto che le cuffie indossate dalle Harris non sembrano nemmeno collegate al telefono.

 

 


Al contrario della vicepresidente, mai votata da nessuno a nessuna primaria, l’ex presidente Donald Trump sta visitando le aree colpite, sottolineando il suo approccio più pratico in contrasto con la risposta criticata di Harris.

 

L’ex presidente si è diretto a Valdosta, in Georgia, per consegnare aiuti umanitari, tra cui carburante, attrezzature e acqua, alle vittime dell’uragano Helene.

 

 

Trump ha sottolineato che ha intenzione di visitare la Carolina del Nord una volta che i team di gestione delle emergenze locali saranno in grado di concentrarsi completamente sull’aiutare i bisognosi, piuttosto che sulla sua visita.

 

L’approccio pratico di Trump ha attirato paragoni con il suo coinvolgimento nelle conseguenze del deragliamento del treno di East Palestine, Ohio, dove ha portato aiuti prima dell’amministrazione Biden.

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