Connettiti con Renovato 21

Essere genitori

«Cure» transgender e minori, in migliaia alla manifestazione contro la «mutilazione infantile»

Pubblicato

il

La popolazione comincia a manifestare contro la politica sanitaria transessualista implementata sui minori.

 

Almeno 2000 persone avrebbero partecipato ieri alla «Marcia per far finire la mutilazione infantile» a Nashville, in Tennesse, negli USA. Il fine della manidestazione, ribadito da una serie di oratori saliti sul campo, era quello di rendere illegale la transizione di genere per i bambini.

 

La marcia ha subito l’attacco di alcuni contestatori. Un gruppo di manifestanti a favore dei supposti «diritti» transgender dei bambini, spesso con capelli dal colore sintetico, ha cercato di mettere a tacere gli oratori cantando, urlando parolacce e usando sirene.

 

La manifestazione era stata organizzata da Matt Walsh, blogger molto noto in rete, autore di un recente film documentario chiamato What is a Woman? – «Cosa è una donna» – dove va in giro per il mondo a chiedere ad attivisti, medici e figure del transessualismo organizzato di rispondere alla semplice domanda, non riuscendo mai ad ottenere risposta (spoiler: alla fine del documentario è sua moglie a spiegare che una donna è «un essere umano adulto di sesso femminile», passandogli un barattolo di sottaceti per farselo aprire dal marito).

 

Dal palco di Nashville, Walsh chiamato codardi il gruppo di contestatori perché non volevano che nessuno ascoltasse la verità sul «culto dell’ideologia di genere».

 

 

 

 

Simpatica la presenza di antifa filotransessuali appassionati di armi – con la poco sibillina patch che mostra la bandiera trans con sovrimpressa la silhouette di un fucile d’assalto.

 

 

«Siamo ancora qui. Stiamo combattendo per la verità» ha detto Walsh, dichiarando che se i genitori non prenderanno posizione, i bambini americani saranno soggetti a ormoni e mutilazioni genitali.

 

«Non ci riposeremo finché ogni bambino non sarà protetto da questa follia», ha aggiunto, dicendo che si tratta di una battaglia del «bene contro il male».

 

Nelle scorse settimane lo Walsh aveva attirato l’attenzione su un centro medico della Vanderbilt University  di Nashville che sosteneva la redditività delle procedure transgender per i minori con disforia di genere. Lo scoop aveva generato non poche reazioni nel mondo conservatore, e cancellazione di alcune pagine web.

 

Il 7 ottobre, l’Università Vanderbilt ha annunciato che avrebbe sospeso temporaneamente gli interventi chirurgici di genere su pazienti di età inferiore ai 18 anni dopo che il governatore repubblicano del Tennesee Bill Lee aveva chiesto un’indagine sulla clinica.

 

Tra gli oratori, spicca la presenza della candidata presidenziale Tulsi Gabbard, che ora ha lasciato il Partito Democratico a causa dell’evidente follia riguardo a temi etici e soprattutto di sicurezza atomica.

 

 

Sul palco della manifestazione sono salite anche alcune persone che sono passate per una de-stransizione, cioè persone che sono arrivate a pentirsi di aver intrapreso il percorso irreversibile di alterare chimicamente e chirurgicamente i loro corpi. Le tremende storie di alcuni di essere sono visibili nel documentario What is a woman?

 

Scott Newgent, una donna che è «diventata» un uomo, ha detto alla folla che la chirurgia di genere per i bambini non ha nulla a che fare con i diritti umani ma ha tutto a che fare con i soldi, dichiarando poi che la chirurgia non può cambiare le persone da un sesso all’altro. «La verità è che sono una donna e non sarò mai un uomo», ha detto la Newgent.

 

La Newgent ha poi detto che l’establishment medico starebbe mettendo i bambini in blocco della pubertà e «macellandoli» per soldi. Una volta che iniziano la transizione, diventano pazienti per tutta la vita, ha spiegato, affermando che l’industria transgender dovrebbe raggiungere i 5 miliardi di dollari entro la fine del decennio.

 

La «detransitioned» californiana Chloe Cole è stata un’altra speaker con potente racconto ammonitore. Cole ha detto che amava essere una ragazza fino a quando non è cresciuta e ha iniziato a frequentare di più i ragazzi. All’età di 11 anni, è stata bombardata da contenuti transgender su Internet e ha iniziato la transizione a 13 anni, ha detto. Ha ricordato che i suoi genitori l’hanno portata da un terapista per chiedere aiuto. Invece, la terapeuta ha detto ai suoi genitori che se non avessero assecondato il suo desiderio di diventare un ragazzo, sarebbe stata in pericolo di suicidio, mettendo effettivamente a tacere le persone a cui teneva di più.

 

«Questi medici e terapisti erano solo macellai e bugiardi», ha detto.

 

Il quotidiano Epoch Times riporta anche un’altra storia tremenda. Amy Dickinson Campbell di Bruceton, Tennessee, è una persona che può vedere le cose da entrambi i lati. È contraria alla transizione dei bambini e dice agli adolescenti di aspettare e vedere come si sentono quando diventano adulti. D’altra parte, sua figlia di 21 anni è «non binaria» e vuole essere chiamata con i pronomi they/them, un noto modo di significare la propria transessualità o sessualita «non binaria» (nel magico mondo del gender, ognuno si sceglie i suoi pronomi.

 

La signora Campbell ha detto al giornale che potrebbero succedere cose peggiori e ama sua figlia a prescindere. Tuttavia, il suo commento finale è amaro quanto illuminante riguardo all’ora presente.

 

«Ho 51 anni. Non potrei immaginare di essere una ragazzina nella società di oggi».

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Essere genitori

Genitori arrestati per essersi lamentati della scuola dei loro figli in un gruppo WhatsApp

Pubblicato

il

Da

I genitori di una bambina britannica di nove anni sono stati arrestati dalla polizia, che si è recata a casa loro dopo che si erano lamentati della scuola della figlia in una chat di gruppo WhatsApp. È accaduto a Borehamwood, in Inghilterra.

 

Il Times riporta che la polizia ha arrestato Maxie Allen e Rosalind Levin davanti alla figlia con l’accusa di comunicazioni malevole, molestie e disturbo della quiete pubblica all’interno della proprietà della scuola.

 

La coppia è stata messa in prigione per i commenti fatti sulla scuola elementare cittadina. Secondo quanto riportato, che i genitori avevano contestato il processo di assunzione di un nuovo preside da parte della scuola, con i dirigenti scolastici che erano intervenuti e avevano emesso loro un avvertimento per aver causato «disarmonia».

Aiuta Renovatio 21

Successivamente la scuola ha vietato completamente l’accesso ai genitori e gli è stato detto che potevano comunicare solo tramite e-mail. I genitori sarebbero stati quindi accusati dalla scuola di aver fatto commenti «denigratori» sull’istituto e di aver «gettato insinuazioni» in un gruppo di genitori su WhatsApp, spingendo la scuola a contattare la polizia.

 

La polizia ha quindi ordinato ai genitori di portare via i figli da scuola, cosa che hanno fatto, ma una settimana più tardi sono stati comunque arrestati davanti alla porta di casa e tenuti in prigione per 11 ore.

 

 

I genitori hanno accusato la scuola di aver utilizzato tattiche aggressive per «mettere a tacere i genitori imbarazzanti» e hanno accusato la polizia di aver «eccessivo potere» a seguito dell’arresto.

 

«Non abbiamo mai usato un linguaggio offensivo o minaccioso, nemmeno in privato, e abbiamo sempre seguito il giusto processo», ha affermato Allen, che lavora per Times Radio. «Tuttavia non ci è mai stato detto quali fossero queste comunicazioni presumibilmente criminali, il che è completamente kafkiano».

 

La signora Levin ha affermato che il suo primo pensiero quando la polizia si è avvicinata alla sua porta è stato che sua figlia fosse morta, affermando che «non riusciva a pensare a nessun altro motivo per cui sei poliziotti sarebbero dovuti essere alla mia porta».

 

 

Dopo l’arresto, la polizia ha deciso di non intraprendere ulteriori azioni, con un portavoce che ha commentato: «gli arresti erano necessari per indagare a fondo sulle accuse, come di routine in questo tipo di questioni. Dopo ulteriori indagini, gli ufficiali hanno ritenuto che non si dovessero intraprendere ulteriori azioni a causa di prove insufficienti».

 

Un portavoce della scuola elementare ha dichiarato al Times: «abbiamo chiesto consiglio alla polizia in seguito a un elevato volume di corrispondenza diretta e post pubblici sui social media da parte di due genitori, poiché la situazione stava diventando sconvolgente per il personale, i genitori e i governatori».

 

 

La libertà di parola in Gran Bretagna è praticamente finita, come giustamente ha notato il vicepresidente USA JD Vance che lo ha ricordato nello Studio Ovale al premier britannico Keir Starmer. Come riportato da Renovatio 21, sono migliaia i casi di cittadini finiti in carcere per essersi espressi sui social media.

Aiuta Renovatio 21

La repressione contro i genitori di studenti di elementari, medie e superiori non è una novità.

 

Il trend era più che evidente quando quattro anni fa, all’inizio del mandato Biden, l’amministrazione americana, definì come «terroristi domestici» – quindi passibili di investigazioni e repressioni da parte di enti come l’FBI – i genitori che protestavano nelle scuole per l’insegnamento della dottrina gender (con spinta verso il transessualismo minorile), della filosofia razzista detta Critical Race Theory, o contrari all’uso di mascherine e agli obblighi vaccinali.

 

Così si apprese che una gola profonda dell’FBI aveva dichiarato che «la divisione antiterrorismo dell’FBI sta compilando e classificando le valutazioni delle minacce relative ai genitori, incluso un documento che indirizza il personale dell’FBI a utilizzare un “tag di minaccia” specifico per tenere traccia di potenziali indagini».

 

Come riportato da Renovatio 21, Biden si spinse a dichiarare più tardi che «quando sono in classe i figli sono degli insegnanti». La sovranità famigliare è finita, e da ben prima, abbiamo sempre sostenuto, della sovranità biologica.

 

 

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da Twitter

 

 

Continua a leggere

Essere genitori

Kennedy con bambini e genitori per la Giornata mondiale della sindrome di Down

Pubblicato

il

Da

Il Segretario della Salute e dei Servizi Umani (HHS) Robert F. Kennedy Jr. ha celebrato la Giornata mondiale della sindrome di Down organizzando un evento presso l’HHS per i bambini nati con un cromosoma in più, trasmettendo alla nazione un messaggio pro-life inequivocabile e senza scuse.   «È stato un piacere trascorrere del tempo con così tanti bambini e famiglie meravigliose che sono venute all’HHS per far visita a Cheryl e a me», ha detto Kennedy. «La vostra forza, il vostro amore e la vostra gioia sono davvero fonte di ispirazione».   «Amiamo questi bambini», ha detto Kennedy in un video pubblicato su X. «Sono incredibilmente adorabili e preziosi».  

Aiuta Renovatio 21

«Il nostro compito qui all’HHS è assicurarci che questi ragazzi realizzino tutto il loro potenziale», ha affermato Kennedy.   Poi la telecamera dell’HHS si è spostata e si è focalizzata sui genitori dei bambini con sindrome di Down. «Questi bambini sono una gioia. Portano così tanto nella tua vita», dice una mamma. «Arricchiscono le tue vite in così tanti modi». «Alle mamme incinte che aspettano un bambino con la sindrome di Down, vorrei solo dire: vi aspetta un viaggio incredibile», ha detto un’altra.   «Non aver paura», ha consigliato un altro. «È una vita piena di gioie inaspettate». «Questa amministrazione sostiene davvero le persone con disabilità e le loro famiglie e comprende davvero alcune delle difficoltà che affrontiamo e il supporto di cui abbiamo bisogno», ha affermato un papà.   L’attivista pro-life Anna Lulis ha elogiato Kennedy per aver «umanizzato [i bambini] in uno dei luoghi più importanti della terra».   Kennedy stava seguendo un precedente creato dal presidente Donald Trump durante la sua prima amministrazione, quando lui, sua figlia Ivanka e il vicepresidente Mike Pence ospitarono persone con sindrome di Down alla Casa Bianca in occasione della Giornata mondiale sulla sindrome di Down.   «Oggi celebriamo le vite e i successi degli americani con la sindrome di Down», aveva affermato il presidente nel 2019. «Il vicepresidente Pence e io saremo sempre al fianco di queste meravigliose famiglie e insieme saremo sempre a favore della VITA!»    

Sostieni Renovatio 21

Il presidente Trump ha costantemente affermato i diritti e la dignità dei bambini e degli adulti con sindrome di Down contro «miti e stigmi persistenti».   «Sosterremo sempre i sogni delle persone con sindrome di Down e rispetteremo e onoreremo la sacralità delle loro vite, in ogni fase», aveva affermato il presidente durante il mese della consapevolezza sulla sindrome di Down nel 2018.   «Insieme, ci impegniamo nuovamente ad approfondire la nostra comprensione della sindrome di Down e ad apprendere di più su come possiamo garantire che le meravigliose persone con sindrome di Down siano in grado di partecipare pienamente alla società», aveva dichiarato Trump all’epoca.   «Tutte le persone sono dotate dal loro Creatore di dignità e del diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Nonostante alcuni miti e stigmi persistenti, persino all’interno della comunità medica, la nostra Nazione abbraccia con forza l’innegabile verità che una diagnosi di sindrome di Down è un’opportunità per abbracciare i doni di Dio», aveva spiegato.   «Sono a favore della vita, in tutte le sue meravigliose manifestazioni, e io e la mia amministrazione continueremo a condannare i pregiudizi e le discriminazioni che gli americani con sindrome di Down troppo spesso subiscono», aveva affermato Trump.   «Ogni giorno, ci ispirano a vivere con grande amore, gioia e apprezzamento per il nostro mondo e per coloro che lo rendono un posto davvero unico e speciale in cui vivere», aveva affermato il presidente. «La vita è preziosa ed è nostro dovere morale proteggerla e difenderla».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 Immagine screenshot da Twitter          
Continua a leggere

Essere genitori

Hikikomori e oltre: aumentano i suicidi tra i minorenni giapponesi

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Nonostante una diminuzione generale delle persone che si tolgono la vita, il dato è in crescita tra i minorenni giapponesi. Il missionario del Pime che gestisce un centro di ascolto per gli hikikomori, le persone che si ritirano dalla società: ragazzi e ragazze schiacciati dalla corsa ad eccellere e dalle discriminazioni del bullismo.

 

Nonostante un calo generale del tasso di suicidi a livello nazionale, in Giappone è in aumento il numero di minori che si tolgono la vita: lo scorso anno si sono contati 527 casi, 14 in più rispetto al 2023, mentre nel 2022 erano stati 513. Nella maggior parte dei casi (349) si è trattato di studenti delle scuole superiori, ma si sono registrati 15 casi anche tra bambini e bambine delle scuole elementari. In aumento il numero delle ragazze, con 288 casi sul totale.

 

Un funzionario del ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare ha definito «grave» la situazione e ha poi sottolineato la necessità di ulteriori analisi per capire le cause profonde che contribuiscono al disagio giovanile.

 

Secondo padre Marco Villa, missionario del PIME che dal 2009 presta servizio nella diocesi di Saitama, a mezz’ora di treno dalla capitale, Tokyo, ci sono vari elementi che potrebbero spiegare l’aumento dei suicidi: «i figli, sempre più soli nelle famiglie, sentono la pressione di eccellere tutta su di loro. All’interno delle classi c’è una forte competitività e il fenomeno del bullismo continua a essere una piaga, anche se in maniera meno esplicita».

 

«In quasi tutte le classi continua il missionario «si verifica che uno o due alunni smettano di frequentare le lezioni». Secondo i dati ufficiali, nel 2023 erano 415.252 i minori che si rifiutavano di andare a scuola.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Dal 2012 padre Marco Villa coordina il centro di ascolto «Mizu Ippai», che offre sostegno agli hikikomori, coloro che si ritirano dalla società per vivere in solitudine (ascolta questo podcast per saperne di più su questa esperienza). «Nel nostro centro non abbiamo tanti minorenni in realtà, ma qualcuno passa. Mi viene in mente il caso di una ragazza, che aveva smesso di uscire quando era ancora alle elementari perché altre bambine la bullizzavano per l’aspetto fisico. Fortunatamente, la sua storia ha avuto un lieto fine e ora sta bene».

 

In tutto il Giappone il numero complessivo di suicidi nel 2023 è sceso a 20.268 (su una popolazione di 126 milioni), uno dei dati più bassi da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1978. «È abbastanza comune che nelle famiglie ci sia qualche componente con una forma di disagio psichico o mentale. Spesso però vengono offerte solo cure farmacologiche. Le terapie di accompagnamento costano molto, per cui spesso le persone si trovano a portare questa croce in solitudine».

 

L’isolamento è radicato nella cultura asiatica, dove il singolo ha meno importanza rispetto alla comunità, continua il missionario: «Ci si mette in disparte – questo il significato anche della parola hikikomori in giapponese – per non essere un peso agli altri. La morale sociale ha ancora un forte peso in Giappone. Gli spazi di aggregazione del mondo giovanile poi scompaiono nell’età adulta, quando si entra nel mondo del lavoro e si ha a che fare con una società molto rigida».

 

La sfida più grande per il centro «Mizu Ippai», dove padre Villa coordina un gruppo di volontari, è quello di intercettare le situazioni di disagio. «Se i giovani hanno alle spalle una famiglia solida, a volte sono i genitori a contattarci oppure i servizi sociali provano a indirizzare qualcuno. Ma quando una persona si chiude in una stanza, è difficile riuscire a tirarla fuori. Nella stragrande maggioranza dei casi, chi arriva da noi ha alle spalle una diagnosi di qualche forma di disagio psicologico».

 

Padre Marco e i volontari sono sempre presenti: «chi frequenta il nostro centro è libero di venire quando vuole. In questo momento possiamo dire di avere una sessantina di frequentatori abituali. Sarebbe eccessivo, però, chiamarli legami “di amicizia”».

 

Il lavoro del missionario vuole essere prima di tutto una possibilità per scappare dall’oppressione: «le persone non vogliono parlare dei loro problemi, vogliono solo passare un po’ di tempo fuori casa. Offriamo il nostro tempo e la possibilità di fare quattro chiacchiere» spiega il missionario del PIME. «Cerchiamo di essere un luogo dove poter fare un primo passo per tornare alla vita normale, dove passare del tempo senza sentirsi a disagio».

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

 

 

Continua a leggere

Più popolari