Pensiero
«Chi impedisce la Messa tridentina lo fa per motivi malvagi»: parla Monsignor Viganò
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Renovatio 21 pubblica un brano dell’intervista di monsignor Carlo Maria Viganò a Matt Gaspers apparsa su Catholic Family News.
(…) Alla luce della crescente soppressione della Vera Messa da parte della Gerarchia, quale consiglio darebbe ai Cattolici che sono preoccupati di partecipare alla Messa o ricevere Sacramenti da un sacerdote privo di facoltà scritte o in uno «status canonico irregolare»?
Quando negli anni Settanta monsignor Marcel Lefebvre prese le distanze dalla «chiesa conciliare» e continuò a ordinare sacerdoti che garantissero la celebrazione della Messa cattolica, i primi provvedimenti nei confronti della Fraternità Sacerdotale San Pio X furono di natura canonica: la sospensione a divinis per aver conferito gli Ordini Sacri in un istituto divenuto irregolare da un giorno all’altro.
Quello che fino al giorno prima mons. Lefebvre faceva con l’incoraggiamento del Papa era divenuto illecito. Fu solo tre lustri più tardi, nel 1988, che, con le Consacrazioni episcopali, venne comminata la scomunica, poi revocata da Benedetto XVI.
L’arcivescovo Lefebvre ebbe la forza di testimoniare la propria fedeltà a Cristo anche disobbedendo agli ordini della Gerarchia, ed è grazie a questa santa disobbedienza se chierici e fedeli hanno potuto beneficiare del Motu Proprio Ecclesia Dei prima e di Summorum Pontificum poi.
Anzi, direi di più: molti di quanti oggi si piccano di dare lezioncine di ortodossia cercando di dimostrare l’accettabilità del Vaticano II e di fatto assistono alle celebrazioni in rito antico con l’accordo tacito di non rifiutare il Concilio, possono farlo grazie alla «intransigenza» – ossia alla coerenza di principi – di mons. Marcel Lefebvre, che ha denunciato gli errori di quella infaustissima assise e della riforma liturgica che ne è seguita. Senza il suo coraggio; senza la testimonianza di sacerdoti che venivano strappati dagli altari dalle forze dell’ordine, su richiesta dei Vescovi, mentre celebravano la Messa di sempre, il rito tradizionale sarebbe definitivamente scomparso dalle nostre chiese, come lo è stato per quasi vent’anni.
Mi chiedo dunque: è possibile che l’autorità della Chiesa sia esercitata per impedire quello che la stessa autorità aveva benedetto e lodato prima del Concilio?
Può il potere vicario del Papa e dei Vescovi andare contro lo scopo per cui Nostro Signore, detentore di quel potere, ha stabilito per la Chiesa?
E ancora: quale credibilità può avere l’autorità dei Pastori, quando essa prima erige a norma universale, poi proibisce, poi ripristina e infine sopprime de facto il medesimo rito?
È necessario riconoscere che l’esercizio dell’autorità ecclesiastica è vincolato indissolubilmente allo scopo per il quale Cristo ha istituito la Sacra Gerarchia, e che nessun potere eversore può usurpare questa autorità senza mettersi contro la Chiesa e contro Cristo stesso.
Fu un abuso l’abolizione della Messa apostolica da parte di Paolo VI per sostituirla con una sua contraffazione redatta da eretici, ed è un abuso la vanificazione di Summorum Pontificum da parte di Bergoglio: non a caso entrambi sono parte di una «chiesa conciliare» in rottura con la Chiesa Cattolica; una «chiesa» autoreferenziale, staccata dalla Sacra Tradizione, con propri «santi», propri riti, propria dottrina e propria morale, tutti in netto contrasto con i Santi, i Riti, la Dottrina e la Morale della Chiesa di Cristo.
Chiunque impedisca la celebrazione della Messa tridentina lo fa indefettibilmente per motivi malvagi. Mai nessuno, nella storia della Chiesa, ha osato vietare la celebrazione del Santo Sacrificio in una forma particolare, adducendo la motivazione che esso non esprimeva una nuova ecclesiologia: perché se così avesse fatto, avrebbe implicitamente riconosciuto una nuova impostazione dottrinale in contrasto con quella della Messa, cosa del tutto inaccettabile e inconcepibile per un Cattolico.
Se dunque vi è un’eterogeneità della Messa di San Pio V rispetto alla religione imposta dalla «chiesa conciliare», è questa che si pone fuori dalla Chiesa, e non chi, nulla mutando, vuole difendere un rito che ha forgiato e forgia tuttora la santità dei fedeli e dei sacerdoti (…).
Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Pensiero
«Chiesa parallela e contraffatta»: Mel Gibson cita Viganò nel podcast più seguito della Terra. Poi parla di Pachamama, medicina e sacrifici umani
![](https://www.renovatio21.com/wp-content/uploads/2025/01/Mel-Gibson-Rogan-0125-YT-scaled.jpg)
Joe Rogan, il podcaster più seguito del pianeta, ha avuto come ospite ieri l’attore e regista cattolico Mel Gibson. La conversazione, della durata di più di due ore, è stata ricchissima di spunti altissimi e talvolta piuttosto sorprendenti, impressionanti.
L’intera intervista è segnata da un continuo ritorno alle questioni spirituali, non solo per l’annuncio di Gibson della preparazione di un film chiamato La Resurrezione di Cristo che abbraccia un racconto che va dalla caduta degli angeli ribelli sino a Nostro Signore risorto – un seguito ideale della sua Passione di Cristo, con il quale, ha detto il cineasta, vuole ambiziosamente rispondere alla domanda sul perché il regno del Bene e il regno delle Tenebre si contendano l’anima dell’umanità, umanità che è imperfetta.
Gibson, che mentre partecipava al podcast sapeva che la sua casa di Los Angeles stava andando in cenere nel grande incendio in corso, ha parlato della sua spiritualità cristiana non risparmiando dettagli, e confessando il suo essere «imperfetto», al punto di dichiararsi, «come risaputo, alcolizzato dalla nascita» e di essere stato aiutato da Dio a uscire dai suoi momenti bui.
Oh boy… 👀
Mel Gibson says the Pope and the Vatican are Surrounded by Child Molesters — He Believes the Catholic Church is Now a Counterfeit Paralle Church that runs an Entirely Different Religion
• On current Pope Francis, Mel believes he’s covering up or involved in… pic.twitter.com/XqPK1AOIB6
— MJTruthUltra (@MJTruthUltra) January 9, 2025
Va subito sottolineata la citazione che Gibson ha fatto di monsignor Carlo Maria Viganò e del discorso sulla chiesa attuale «parallela» e «contraffatta».
«Non aderisco alla chiesa postconciliare» ha detto Gibson, ottenendo dal Rogan una richiesta di spiegazioni. Mel, noto sedevacantista come lo era il padre Hutton Gibson, ha con molta cautela cominciato a spiegare dinanzi a milioni e milioni di utenti il problema di quello che ha chiamato «l’evento», cioè il Concilio Vaticano II, e ancora prima quello dell’elezione di Giovanni XXIII.
Gibson ha quindi parlato della fumata bianca che si era avuta durante quel conclave, subito seguita da una fumata nera: una probabile allusione ai discorsi sulla «Tesi Siri», secondo la quale a quel conclave (e forse non solo a quello), sarebbe stato eletto papa il cardinale arcivescovo di Genova, il tradizionalista Giuseppe Siri, che non sarebbe però arrivato al Soglio per minacce indicibili.
Gibson ha quindi proseguito spiegando ad un scandalizzato Rogan – che, nato in ambiente cattolico italo-irlandese, si è sempre dichiarato ateo e non si è mai tirato indietro rispetto a colpire la chiesa – la questione della Pachamama, mostrando immagini di un evento con la Pachamama del 2019.
Wow. Mel talking to Rogan about Pachamama and Francis 😳 pic.twitter.com/W0d8MjXxMx
— Anthony (@Catholicizm1) January 9, 2025
«Abbiamo un papa che ha portato un idolo sudamericano in chiesa per adorarlo» ha detto Gibson.
«Davvero?» ha replicato Rogan apparentemente sbalordito, al che Gibson rispose: «Sì, la Pachamama».
Rogan ha chiesto a Gibson di chiarire cosa fosse la Pachamama, dicendo di non averne mai sentito parlare, e Gibson ha spiegato che si tratta di una «divinità sudamericana».
«Perché avrebbe dovuto farlo?» ha chiesto ancora uno sconcertato Rogan. «Bella domanda. Ma lo ha fatto» ha risposto gentilmente il Gibson.
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Alla domanda dell’intervistatore se Bergoglio avesse spiegato perché ha permesso che si verificasse l’evento Pachamama, Gibson ha menzionato la storia di indifferentismo religioso di Francesco, promuovendo il concetto che «tutte le religioni sono buone l’una quanto l’altra».
«Se questa è la sua tesi» ha detto Gibson prima che Rogan lo interrompesse, «allora non dovrebbe essere il papa».
«Come puoi essere il papa se dici “tutte le religioni sono ugualmente buone?”», si è chiesto l’ateo Rogan ad alta voce.
Il divo ha quindi usato apertamente e ripetutamente il termine «apostasia», che l’intervistatore pare aver capito, sottolineando che di mezzo ci sarebbe il Primo Comandamento che proibisce di adorare falsi dei.
«Sì, è il numero uno nella hit-list mosaica , ha risposto Gibson, riferendosi ai Dieci Comandamenti dati a Mosè.
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Gibson e Rogan anno parlato degli scandali di pedofilia nella Chiesa, con il podcaster corretto dal divo quando ha detto che questo papa, che gli sembra «progressista», non aveva coperto gli abusi come Ratzinger.
Gibson ha poi parlato di medicina, raccontando di tanti suoi malanni, della frequentazione di un medico guaritore cinese (approvato da un suo consulente spirituale, un gesuita «tradizionalista») e di altri rimedi farmacologici – ha usato il termina «allopatico» – e della censura che si abbatte su di essi.
Gibson era già stato da Rogan anni addietro assieme ad un dottore esperto per parlare dei benefici delle cellule staminali – non fetali, ovviamente – alle quali aveva sottoposto il padre Hutton negli ultimi anni prima che morisse, con esiti molto positivi, come, ha rivelato nel caso della sua spalla. La figura del padre è tornata spesso nell’intervista: Gibson ha ricordato le sue numerose vittorie a Jeopardy! il Lascia o raddoppia della TV americana di una volta. «Aveva una memoria quasi-fotografica» ha detto l’attore del padre, «mentre io ho una memoria pornografica».
Mel ha raccontato che il padre era stato in guerra nel Pacifico e aveva preso la malaria, guarendo poi con l’idrossiclorochina. Il discorso ha aperto la stura ad una serie di discorsi sui farmaci, posti con delicatezza, sull’ivermectina e pure su altre sostanze ora usate totalmente off label contro il cancro a stadio avanzato.
GIBSON: “I have three friends. All three of them had stage four cancer. All three of them don’t have cancer right now at all.”
ROGAN: “What did they take?”
GIBSON: “Ivermectin, Fenbendazole” pic.twitter.com/onLx5bvDcG
— Chief Nerd (@TheChiefNerd) January 10, 2025
Il regista ha confessato di aver preso il Remdesivir – controverso farmaco anti-COVID approvato in USA – e di essere stato male per mesi. Ha quindi detto di aver letto il libro di Robert Kennedy jr. su Anthony Fauci, scatenando una conversazione, ripresa più volte, sull’incontrovertibile malvagità del personaggio, con riferimenti ai danni fatti da Fauci ai tempi dell’AIDS.
🚨MEL GIBSON: “I don’t know why Fauci is still walking around? I listened to the RFK Jr book on Fauci driving up to San Francisco. It gave me road rage.”
JOE ROGAN: “They kept that book off of bestseller lists. It was censored. Why was RFK Jr never sued for that book? That’s… pic.twitter.com/KF4MNcf5rs
— Autism Capital 🧩 (@AutismCapital) January 10, 2025
Il cineasta è sembrato, sia pure forse nervoso, molto cauto e dosato nella conversazione – come un uomo che sa molto di più di quello che dice, e fa la cortesia all’ospite di non essere troppo diretto e brutale, arrivando a dare suggerimenti di libri di storia, di cui ha dimostrato di essere un famelico lettore, e perfino di testi per smettere di fumare.
Tutta l’intervista, in realtà è sembrata una danza del cattolico Gibson attorno all’ateo Joe Rogan, che è sembrato a tratti capire il gioco e lasciarsi trasportare senza fare resistenza, persino quando Gibson ha rifiutato fermamente l’idea dell’evoluzione di Darwin, e soprattutto quando gli ha mostrato il mistero della Sacra Sindone di Torino.
GIBSON: “I have three friends. All three of them had stage four cancer. All three of them don’t have cancer right now at all.”
ROGAN: “What did they take?”
GIBSON: “Ivermectin, Fenbendazole” pic.twitter.com/onLx5bvDcG
— Chief Nerd (@TheChiefNerd) January 10, 2025
Degno di nota il riferimento al film capolavoro di Gibson Apocalypto, che Rogan ha detto di essere grandioso e di averlo rivisto di recente. Gibson ha spiegato la genesi del film, per poi entrare in un discorso articolato sul collasso della civiltà, e dichiarare che i sacrifici umani visti nella pellicola sono presenti ancora nella nostra società non differentemente da quella dei maya.
«Il sacrificio umano è vivo e vegeto» ha scandito Gibson, con Rogan che ha detto, che sì, ha solo cambiato forma, alludendo alle morti indotte dalla medicina. Qualcuno può aver avvertito che il non detto, che vibrava giocoforza dentro il cattolico Gibson, era l’aborto, che epperò non è stato spalmato in faccia al già liberal, sedicente abortista Rogan. I due hanno quindi convenuto in un’idea della guerra come sacrificio umano della gioventù.
Si esce dalle due ore di ascolto del podcast grati sino ad essere un po’ frastornati: la comprensione della catastrofe della chiesa conciliare, la comprensione del disastro della medicina moderna, la comprensione della Necrocultura, la comprensione del ritorno del sacrificio umano non solo solo temi che potete trovare su Renovatio 21: sono questioni che sono ad un passo dal divenire mainstream.
Se non è questo un momento per essere speranzosi, quale lo sarà?
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Storia delle bandiere rosse e nere nei movimenti di liberazione dell’America Latina
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Francobollo sovietico del 1966 commemorante il Poeta Eugène Pottier (1876-1887) e le barricate della Comune di Parigi CC0 via Wikimedia
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Hector Moloch, «La Framassoneria e La Comune». Immagine CC0 via Wikimedia
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Battaglioni rossi della Casa del Obrero Mundial (1915). CC0 via Wikimedia
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Augusto Sandino. Immagine CC0 via Wikimedia
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Murales nicaraguense che ritrae Fonseca (a sinistra con gli occhiali) CC0 via Wikimedia
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Ricostruzione della Bandiera delle forze sandiniste di Muago CC BY-SA 4.0 via Wikimedia
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Daniel Ortega. Immagine di Cancilleria Ecuador CC BY-SA 2.0 via Wikimedia
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Pensiero
Dugin parla di rivoluzione nella destra americana
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Il filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin spera che le sanzioni statunitensi vengano presto revocate, così da poter visitare il Paese e sperimentare quello che ritiene sarà un cambiamento politico storico sotto la guida del presidente eletto Donald Trump.
La scorsa settimana il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato sanzioni contro il Center for Geopolitical Expertise (CGE) con sede a Mosca, un think tank fondato da Dugin, accusandolo di «alimentare tensioni socio-politiche e influenzare l’elettorato statunitense durante le elezioni statunitensi del 2024», affermando che il CGE ha utilizzato deepfake e strumenti di intelligenza artificiale per diffondere falsità, agendo su richiesta dell’agenzia di intelligence militare russa (GRU). Mosca ha costantemente negato di essersi intromessa nelle elezioni statunitensi.
Reagendo alle ultime restrizioni, il filosofo ha detto sabato: «Spero che nel 2025 mi tolgano le sanzioni. Voglio visitare gli Stati Uniti. Ci sono molti buoni amici lì».
I hope they lift sanctions in 2025 on me. I want to visit US. There are many good friends there. I enjoy bro-revolution and right woke turn. Very curious about new saeculum and First Turn.
— Alexander Dugin (@AGDugin) January 4, 2025
Lo stesso Dugin è stato sottoposto a sanzioni dagli Stati Uniti dal 2015 per quello che Washington vede come il suo ruolo in azioni che «minacciano l’integrità territoriale dell’Ucraina». La designazione è arrivata dopo il colpo di Stato sostenuto dall’Occidente a Kiev nel 2014, che ha scatenato una potente rivolta nel Donbass, ora parte della Russia, che Dugin ha sostenuto.
Dugin ha continuato dicendo che «gli piace la bro-revolution e la svolta woke di destra», definendo così l’arrivo di una certa aria da «fraternità» scolastica che spira nella destra, divenuta al contempo intransigente come il neogoscismo detto woke. «Sono molto curioso del nuovo saeculum e della First Turn». Il filosofo si riferiva apparentemente all’idea che dopo la rielezione di Trump, l’America è entrata in un nuovo ciclo storico, del genere che capita una volta ogni diverse generazioni, una teoria elaborata dai politologi Neil Howe e William Strauss nel libro del 1997 The Fourth Turning e portata avanti in particolare da Steve Bannon – il quale è apertamente nemico di Elon Musk (il bro per eccellenza del nuovo trumpismo).
Dugin ha descritto la vittoria di Trump sulla democratica Kamala Harris come una «vera rivoluzione ideologica» che alla fine aprirà la strada all’America per liberarsi dall’iper-individualismo, dalla cultura della cancellazione e dall’odio per il proprio retaggio.
Dugin è noto come fervente difensore dei valori tradizionali, falco della politica estera e ideologo dell’«Eurasiatismo», l’idea di un blocco geopolitico che unisca Europa e Asia per respingere il progressismo occidentale. I media occidentali spesso si riferiscono a lui come al «cervello di Putin», a causa della sua presunta influenza sul presidente russo. Tuttavia, classifica sui maggiori pensatori geopolitici ascoltati dal Cremlino non lo vedono ai primi posti: secondo alcuni, l’idea di Dugin vicino a Putin serve dunque, soprattuto, alla propaganda antirussa.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa i libri di Dugin sparirono improvvisamente da Amazon. Se ne accorse, mesi dopo, anche il giornalista televisivo americano Tucker Carlson.
Il filosofo l’anno scorso diede una lunga, densissima intervista allo stesso Carlson, mostrando la profondità del suo pensiero storico-filosofico nell’analisi della situazione dell’ora presente riguardo all’imperio del liberalismo omotransumanista.
Dugin ha pagato il prezzo più alto possibile per le sue idee, un prezzo persino superiore alla morte: come noto, la figlia Darja Dugina è stata uccisa da un’autobomba a Mosca due anni fa. Secondo i servizi segreti americani la giovane è stata uccisa dagli ucraini.
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Immagine di Fars Media Corporation via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata
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