Sorveglianza
Il documento finale G20 promuove i passaporti vaccinali digitali internazionali. La Meloni che dice?
I leader mondiali al vertice del G20 hanno dato ufficialmente il loro sostegno all’adozione di un sistema di passaporto vaccinale digitale riconosciuto a livello internazionale per «facilitare il movimento senza soluzione di continuità» durante le «future pandemie».
Il concetto è espresso in maniera cristallina nella dichiarazione dei leader presenti al G20 di Bali diffusa al termine del summit.
«Riconosciamo l’importanza di standard tecnici e metodi di verifica condivisi, nel quadro dell’IHR (Regolamento Sanitario Internazionale, 2005), per facilitare i viaggi internazionali senza soluzione di continuità, l’interoperabilità e il riconoscimento di soluzioni digitali e soluzioni non digitali, inclusa la prova delle vaccinazioni».
Il passaporto vaccinale, del quale le autorità nazionali e transnazionali si sono occupate sin dai primi mesi della pandemia, magari anche con drammatiche repressioni locali, è ora sulla rampa di lancio per divenire una componente elettronica della vita dei cittadini di tutto il mondo.
«Sosteniamo il dialogo e la collaborazione internazionali continui sulla creazione di reti sanitarie digitali globali affidabili come parte degli sforzi per rafforzare la prevenzione e la risposta alle future pandemie, che dovrebbero capitalizzare e basarsi sul successo degli standard esistenti e dei certificati digitali COVID-19» scrive la dichiarazione condivisa uscita dopo la fine del meeting indonesiano.
Nella sezione successiva della dichiarazione, i leader del G20 – tra cui il canadese Justin Trudeau, l’americano Joe Biden, il cinese Xi Jinping, il britannico Rishi Sunak e oltre una dozzina di altri – spiegano come «la pandemia di COVID-19 abbia accelerato la trasformazione l’ecosistema digitale e l’economia digitale» e che «riconoscano l’importanza della trasformazione digitale per raggiungere gli SDG», cioè gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
La dichiarazione dei capi politici delle Nazioni del G20 parrebbe fare eco alle raccomandazioni formulate durante il B20 – la controparte del G20 orientata al settore privato del G20, dove ha parlato anche il guru di Davos Klaus Schwab.
In rete è emerso un video che mostra come al B2o un «certificato vaccinale digitale approvato dall’OMS» sia stato proposto dal ministro della Sanità indonesiano Budi Sadikin.
Passaporto vaccinale digitale internazionale: ne parla il ministro della Sanità indonesiano al B20 di Bali, controparte business del G20 pic.twitter.com/XgkleWiLBn
— Renovatio 21 (@21_renovatio) November 18, 2022
A quanto dice lo Speranza di Giacarta, il green pass mondiale con è già approvato da tutti, è bello che fatto – con la supervisione immancabile dell’OMS, ente finanziato principalmente dalle centinaia di milioni di dollari dell’informatico ossessionato dai vaccini Bill Gates, che l’ente sanitario in Africa e in India ha condotto con le sue Fondazioni campagne vaccinali catastrofiche.
Colpisce come il linguaggio usato in questi consessi sia sempre più simile a quello che sentiamo a Davos.
Pensate al premier canadese Justin Trudeau, allievo dichiarato di Klaus Schwab come buona parte del suo governo (che l’anziano pelato tedesco dice di aver «penetrato» come tanti altri governi), che ha detto:
«Questa pandemia ha offerto l’opportunità di un Reset. Questa è la nostra occasione per accelerare i nostri sforzi pre-pandemia per reinventare i sistemi economici che affrontano effettivamente sfide globali come la povertà estrema, la disuguaglianza e il cambiamento climatico».
Come riportato da Renovatio 21, sono già un paio d’anni che Trudeau si rivela il leader mondiale che più disinvoltamente parla di Grande Reset.
Bisogna notare come tutte queste iniziative, private o statali che siano, sembrano convergere inesorabilmente verso la digitalizzazione. Identificazione digitale, passaporti digitali, e soprattutto le Central Bank Digital Currency (CBDC), cioè le valute digitali emesse dalla Banche centrali, una componente principale delle nostre esistenze a brevissimo.
Tutto è sotto la luce del sole, oramai da anni. Vi basti ricordare le incredibili cifre del Recovery Plan del 2020. 9 miliardi alla Sanità, circa 50 miliardi alla digitalizzazione.
Il principio del controllo – concetto cardine della cibernetica – si abbatte su ogni singola persona della Terra.
Qualcuno sta lavorando attivamente alla trasformazione di ogni società umana da insieme di cittadini con diretti a gruppo sparso di utenti di una piattaforma. Funziona così: il cittadino diviene utente, lo Stato diviene piattaforma, i diritti divengono «accessi» revocabili a piacere,
Il dubbio che l’intero impianto di risposta alla pandemia sia servito alla creazione di questo sistema di sorveglianza – il cui tassello finale, o semifinale, sarà il denaro programmabile, con il quale il cittadino perderà qualsiasi autonomia residua – stinge sempre più nella certezza che tutto questo che stiamo vivendo è un grande colpo di Stato mondiale sulle nostre vite, sui nostri corpi e sui nostri destini.
E di tutto questo, cosa dice il premier italiano Giorgia Meloni?
Perché vale la pena di ricordare una cosa: il G20 di Bali, che ha prodotto una simile mostruosità – nel momento in cui è stato ammesso a livello istituzionale l’inefficacia dei vaccini riguardo il contagio! – è stata la prima passerella internazionale del neopresidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni. La quale ha sfoderato la camicetta balinese colorata d’ordinanza, ha fatto vedere a tutti che può parlare con Biden (che non siamo sicuri fosse presente con la testa), ha condannato una volta di più Mosca anche se il missile assassino sulla Polonia lo ha tirato Kiev.
Una parola si questa dichiarazione orripilante, che distrugge la sovranità biologica dei cittadini italiani, dalla Meloni non l’abbiamo sentita, né ci pare si sia dissociata dalla dichiarazione finale.
Scusate, ma non era la Meloni quella che diceva di essersi battuta in Parlamento contro il green pass?
Ah, già, fuori dal Parlamento la ricordiamo invece scappar via da coloro che il green pass lo volevano abbattere davvero. Abbiamo sempre in mente quelle immagini: era il 25 settembre 2021, un anno esatto prima del voto che le ha dato Palazzo Chigi.
Dopo l’inchino a Moloch, il ripetuto pollice alto sull’aborto fatto anche per interposta persona, Giorgia fa un bell’inchino globale anche al battesimo di Satana, al siero genico sperimentale che arriva da pezzi di feto per scombinare la genetica umana e ferire quantità innumeri di italiani – e colpito chissà quante italiane nel loro sistema riproduttivo.
È scritto nero su bianco sulla dichiarazione G20: «Sosteniamo l’hub di trasferimento tecnologico del vaccino mRNA dell’OMS». I grandi della terra dicono: mRNA. La terapia genica è il vostro futuro, sudditi, per il COVID o per qualsiasi altra cosa, accettatelo. Costi quello che costi.
Non ci è chiaro cosa crede di avere in cambio la Meloni da tutto questo. Né in questa vita né al momento del giudizio finale. Non ci è chiaro, soprattutto, cosa crede che ne avranno in cambio gli «italiani», una parola con la quale si riempie la bocca di continuo.
Ci è chiaro il fatto che, come con Conte, Speranza, Draghi e qualunque altra figura della Sinarchia digitale in caricamento, siamo senza protezione alcuna davanti all’attacco del Nuovo Ordine Mondiale sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli.
La battaglia contro la nostra sottomissione biotica continua. E non finirà fino a quando non la faremo finire.
Roberto Dal Bosco
Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
La polizia tedesca ha effettuato un’irruzione nell’abitazione di un docente universitario conservatore a seguito di un tweet critico verso l’ideologia woke.
L’operazione si è svolta giovedì mattina a Berlino, nella casa di Norbert Bolz, noto pubblicista e studioso di media, ex professore di studi sui media presso l’Università Tecnica di Berlino fino al 2018.
L’irruzione rientra in un’indagine sull’uso di simboli di organizzazioni incostituzionali, come previsto dall’articolo 86a del codice penale tedesco.
Il 20 gennaio 2024, Bolz ha pubblicato un post su X, scrivendo: «Ottima traduzione di “woke“: Germania, svegliati! [in tedesco: “Deutschland erwache“]», citando un articolo del quotidiano di sinistra Taz, che aveva usato la stessa espressione nel titolo: «Divieto dell’AfD e petizione Höcke: la Germania si risveglia [in tedesco: “Deutschland erwacht“]».
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La frase «Deutschland erwache» (La Germania si risveglia) era un verso dello «Sturmlied», inno del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Sebbene Bolz l’abbia utilizzata in modo sarcastico e citando il giornale di sinistra, la Procura ha deciso di emettere un mandato di perquisizione per la sua abitazione, indagandolo per l’uso di un’espressione legata a un’organizzazione vietata, il Partito Nazista.
Bolz, noto commentatore politico con oltre 91.000 follower su X e frequente ospite di talk show, è stato difeso dal suo avvocato, Joachim Steinhöfel, esperto di diritto dei media. In una dichiarazione ad Apollo News, Steinhöfel ha criticato l’irruzione: «Siamo di fronte a una preoccupante perdita di controllo del sistema giudiziario penale, che sembra aver coinvolto anche l’Ufficio federale di polizia criminale. Quando un rinomato studioso come il professor Bolz subisce una perquisizione domiciliare per un tweet chiaramente ironico, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro Stato di diritto».
«Non è accettabile che le autorità non riescano più a distinguere tra propaganda criminale ed espressione legittima di opinioni», ha aggiunto.
Bolz ha espresso il suo turbamento in una dichiarazione al sito Nius: «Di solito scrivo e parlo di questo mondo. È spaventoso quando questa realtà bussa improvvisamente alla tua porta. Non sono scioccato, perché me lo aspettavo. Ma constatare che la situazione è esattamente come descritta dalle analisi critiche è inquietante sotto ogni punto di vista».
Le autorità tedesche sono note per effettuare perquisizioni domiciliari a causa di post online, soprattutto se in contrasto con l’ortodossia della sinistra dominante.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso, la polizia ha fatto irruzione nella casa di un anziano per aver condiviso un meme che definiva «idiota» l’allora vice-cancelliere dei Verdi tedeschi.
Quattro mesi fa si sono avuto raid della polizia alle sei del mattino in tutta la Germania per prendere di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. L’azione massiva, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizzava il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.
«Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.
Mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.
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La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.
L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.
Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
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Intelligenza Artificiale
Apple Siri accusata di intercettare gli utenti: indagine penale in Francia
La procura francese ha avviato un’indagine penale contro Apple per le accuse secondo cui il suo assistente vocale Siri avrebbe raccolto e analizzato registrazioni degli utenti senza il loro consenso. L’inchiesta è stata assegnata all’agenzia francese per la criminalità informatica, come comunicato dalla procura di Parigi e riportato dal sito Politico e dall’agenzia Reuters.
L’indagine è scaturita da una denuncia presentata a febbraio da un’ONG francese, basata sulla testimonianza della «gola profonda» Thomas Le Bonniec, ex dipendente di un subappaltatore di Apple, che ha dichiarato di aver ascoltato migliaia di registrazioni di Siri nel 2019 durante un’attività di controllo qualità.
Le Bonniec avrebbe lavorato per Globe Technical Services in Irlanda, dove revisionava e annotava clip audio per migliorare l’accuratezza di Siri. Ha riferito a Politico che il materiale rivelava a volte «momenti intimi e informazioni riservate», che potevano consentire l’identificazione degli utenti.
L’informatore ha accolto con favore l’indagine, affermando che dovrebbe permettere di «rispondere a domande urgenti», come il numero di registrazioni effettuate dal lancio di Siri e il luogo in cui i dati sono archiviati.
Un portavoce di Apple in Francia ha dichiarato a Politico che l’azienda «non ha mai utilizzato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi disponibili per scopi pubblicitari e non li ha mai venduti a nessuno per nessun motivo».
Apple ha inoltre comunicato a Reuters di aver rafforzato le misure sulla privacy di Siri dal 2019, con ulteriori miglioramenti effettuati quest’anno. L’azienda ha precisato che le conversazioni con Siri «non sono mai state condivise con i marketer né vendute agli inserzionisti».
A gennaio, Apple ha anche sottolineato che non avrebbe conservato «registrazioni audio delle interazioni con Siri, a meno che l’utente non acconsenta esplicitamente».
Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti, Apple ha affrontato una class action simile, in cui Siri è stato accusato di aver registrato involontariamente conversazioni private, poi esaminate da appaltatori terzi per il controllo qualità.
All’inizio di quest’anno, l’azienda ha raggiunto un accordo da 95 milioni di dollari, approvato da un giudice federale il mese scorso. L’accordo prevede risarcimenti fino a 20 dollari per dispositivo con Siri abilitato per gli utenti che hanno posseduto prodotti Apple tra il 2014 e il 2024. Inoltre, Apple è stata obbligata a eliminare le vecchie registrazioni di Siri entro sei mesi.
Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno era emerso che il governo britannico aveva una technical capability notice («avviso di capacità tecnica») ad Apple, costringendo l’azienda a creare una backdoor per il suo servizio iCloud criptato. Tale manovra consentirebbe alle forze dell’ordine e alle agenzie di sicurezza britanniche di accedere ai dati criptati archiviati dagli utenti Apple in tutto il mondo, secondo il giornale.
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Immagine di Kārlis Dambrāns via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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