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Londra ha il suo primo premier induista. Con origini oscure e mondialiste

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Londra ha il suo primo premier di religione non-cristiana. Rishi Sunak, il nuovo primo ministro britannico, ha passato anni a dire che vive il suo essere induista e indiano (cosa che troviamo non del tutto consona, ma va bene) in modo aperto. Non è esattamente così.

 

Sappiamo con certezza che quando è stato nominato Cancelliere dello Scacchiere – cioè ministro delle Finanze – sotto il governo Johnson, ha giurato non sulla Bibbia ma sulla Baghavad Gita, testo sacro indù.

 

Si tratta dell’uomo più ricco mai divenuto premier, con in linea teorica una fortuna superiore, hanno scritto, superiore a quella di re Carlo III: circa 800 milioni di sterline. Ha sposato la figlia del fondatore del colosso informatico Infosys NR Narayana Murthy, riccherrimo: l’azienda, la seconda società IT più grande in India e la 602ª al mondo secondo Forbes, è capitalizzata per 100 miliardi di dollari.

 

Tuttavia, i racconti che girano ci dicono che lui aveva già fatto fortuna da solo nell’altissima finanza. Sunak –come Draghi Monti e tanti altri – ha lavorato per la banca d’affari Goldman Sachs tra il 2001 e il 2004, nel ruolo di analista. Ha poi lavorato per la società di gestione di hedge fund Children’s Investment Fund Management, diventandone partner nel settembre 2006. Società interessante: un fondo nato con enormi ambizioni filantropiche, donando profitti migliorare la vita dei bambini che vivono in condizioni di povertà nei Paesi in via di sviluppo, cosa che lo ha reso nel tempo uno dei più grandi enti di beneficenza nel Regno Unito. Nell’annus horribilis 2008, il fondo subì perdite per il 43%. Il New York Times nel 2014 riporta che l’hedge fund stava terminando i legami con il suo braccio filantropico. Curiosità: al momento in cui in Italia qualche forza tentava di resistere all’ascesa di Renzi, il Corriere della Sera scrisse che The Children’s Fund era domiciliato nel medesimo edificio dell’hedge fund di Davide Serra, che all’epoca appoggiava il rampante rignanese apparendo anche fisicamente alle Leopolde.

 

Successivamente, avrebbe partecipato con colleghi californiani un nuovo fondo partito con 700 milioni di dollari di asset in gestione, di nome Theleme Partners. La parola «Theleme» richiama l’idea una francesizzazione della parola greca «Thelema», «volontà», un concetto di matrice neotestamentaria di cui si appropriò il noto mago parasatanista inglese Aleister Crowley: ma si tratta forse solo della nostra immaginazione.

 

Il fondo Theleme fu fondato dall’ex ufficiale di marina francese Patrick Degorce, fondatore a sua volta, assieme all’inglese Chris Hohn, di Children’s Fund, dove fu anche lì boss di Sunak. È interessante notare come il Degorce, due volte capo dell’attuale premier britannico, nel 2011 fu uno dei primi investitori in una piccola azienda farmaceutica chiamata Moderna, che all’epoca aveva circa dieci dipendenti. Il fine, disse, era la speranza di curare la moglie malata di cancro. Il 2011 è anche l’anno nel quale entra in Moderna come CEO un altro francese, Stephane Bancel, il quale fino ad allora era stato il CEO di BioMérieux, l’azienda di Lione che avrebbe poi costruito il famoso laboratorio di Wuhano.

 

Ma torniamo alle questioni apparentemente più superficiali, che appassionano i giornali e, con qualche ragione, il popolino subcontinentale.

 

«British Indian è la spunta che metto sul censimento, abbiamo una categoria per questo. Sono completamente britannico, questa è la mia casa e il mio Paese, ma la mia eredità religiosa e culturale è indiana, mia moglie è indiana. Sono aperto sull’essere un indù» aveva detto al Business Standard nel 2015. Il giornale scrive che il giovane finanziere e politico «fa notare, ad esempio, che non mangia carne di manzo “e non è mai stato un problema”».

 

Quindi, lato cultura indiana tutto OK?

 

Gli indiani si sono resi subito conto che qualcosa manca nel racconto dato ai giornali, ed è proprio il caso di parlare di elephant in the room. La casta. È illegale da decenni discriminare riguardo l’origine famigliare in India, tuttavia è impossibile trovare un indiano che non faccia menzione, anche solo come retaggio (nei casi, per esempio, dei convertiti al crisitanesimo, religione anti-casta per eccellenza) della propria storia famigliare.

 

È sospetto, per un indiano, non comunicare apertamente la propria casta. Per cui l’internet indiana è impazzita: di che casta è l’uomo appena divenuto a capo di una potenza nucleare terrestre?

 

L’Indian Herald scrive che potrebbe esserci un errore di spelling: «molti esperti di nomi indù credono che il nome corretto sia Sounak piuttosto che Sunak. In sanscrito, il nome Sunak è tradotto come “cane”, ma Sounak è il nome di un santo della mitologia indù. Sulle piattaforme dei social media, ci sono diverse discussioni sul nome del nuovo Primo Ministro britannico».

 

C’è solo un indizio forte: la ricchissima moglie è una bramina. Proviene, cioè dalla casta più alta, quella da cui in origine venivano i sacerdoti indù. I bramini sono noti per essere molto selettivi, e non solo per i matrimoni, cosa che li espone a non poche critiche di discriminazione da parte di certi indiani di altre caste. L’India è ancora un Paese largamente basato sul matrimonio combinato, che avviene all’interno della stessa casta o addirittura della stessa sotto-casta: tuttavia i love marriage, come li chiamano laggiù, pure esistono nel Paese moderno, e le antiche regole a questi quindi non si applicano.

 

Quindi: se è un bramino, perché lo nasconde? E se non lo è? Non sappiamo: i giornali indiani ammettono di non conoscere la casta del Rishi.

 

Il dubbio che può assalire è che venga da caste più basse, o addirittura da senza-casta, i paria, gli «intoccabili»…

 

Quindi abbiamo già una prima menzogna: non è vero che il neopremier vive apertamente la sua origine etnica, culturale e religiosa, come dice. Non sappiamo nulla di quale tipo di induismo segua, cosa che potrebbe aiutare molto a leggere il suo modo di condurre il Regno nei prossimi mesi o anni.

 

Da un punto di vista occidentale, non ha nulla di cui vergognarsi: nato a Southampton nel 1980, è figlio di un medico e di una farmacista. Entrambe i rami materni e paterni della famiglia vengono dal Punjab, ma attraverso l’Africa, dove i genitori sono cresciuti nelle Colonie e Protettorati britannici in Kenya e Tanganica (oggi Tanzania): fedeli servitori indiani della corona di Londra.

 

Tuttavia, da un punto di vista indiano, c’è questo buco piuttosto significativo. La casta mai rivelata.

 

Non è la sola cosa che ci dà da pensare. Renovatio 21 vuole dirigere l’attenzione dei suoi lettori su un altro dettaglio che pochi altri vi faranno notare.

 

Il Sunak ha studiato a Oxford, come possiamo immaginare, e poi a Stanford, in California, come può capitare con i papaveri della sua generazione, da Chelsea Clinton in giù. Ma è interessante sapere che nella prestigiosa università privata della Silicon Valley Rishi è arrivato con una borsa di studio Fulbright.

 

Il Fulbright program è un enorme piano di borse di studio di cui posson beneficiare studenti di tutto il mondo. Una sorta di sistema di scambio culturale concepito su scala globale. Il fondatore del programma è il senatore americano James William Fulbright (1905-1995), considerato dai critici come «il Mahatma dei socialisti ed internazionalisti americani». Il Fulbright fu poi con ogni evidenza mentore e protettore di un astro politico nascente proveniente dal suo stesso stato, l’Arkansas: Bill Clinton.

 

In molti vedono nella dottrina Clinton, che qualcuno ribattezzò come «l’Ulivo mondiale», una diligente continuazione del pensiero politico mondiale di Fulbright. E proprio per facilitare il raggiungimento di siffatte mete globaliste, è evidentemente stato costituito questo fondo miliardario che promuove studenti da tutto il mondo, compresa certamente l’Italia, dove è attiva la U.S.-Italy Fulbright Commission, ente bilaterale che è emanazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America (cioè il Ministero degli Esteri statunitense, che svolge, oltre che compiti di assistenza agli americani espatriati anche precisi compiti di Intelligence presso i paesi stranieri) e della Direzione generale per la promozione del sistema paese del Ministero degli Affari Esteri italiano.

 

È molto istruttivo gettare uno sguardo sulla lista dei borsisti italiani. Vi sono, tra gli altri, l’ex primo ministro socialista Giuliano Amato, l’ex primo ministro Lamberto Dini, l’economista ex membro del comitato esecutivo della BCE Lorenzo Bini Smaghi, l’ex divulgatrice ateista Margherita Hack, il banchiere ex ministro Corrado Passera, il potente diplomatico Umberto Vattani, la deputata montian-piddina Irene Tinagli, il giornalista americanista Gianni Riotta,  il bestsellerista Umberto Eco, lo storico dell’ebraismo Paolo Bernardini, il giornalista affiliato alla Loggia Massonica P2 Roberto Gervaso, l’ex deputato catto-montiano Pier Luigi Gigli, il banchiere ex ministro Corrado Passera, e ancora Marcello Pera, Federico Zeri, Lamberto Dini . Nel listone, tra i nomi inaspettati come quelli dell’artista Mimmo Rotella o del Nobel Carlo Rubbia, scorgiamo anche il nome del professore Ugo Mattei.

 

Sulla Fulbright, questa borsa di studio che aiuta gli studenti ad avere una maggiore consapevolezza del contesto globale, nessuno ha fatto davvero qualche pensiero cattivo – questo a differenza della borsa di studio Rhodes, un programma simile, si sprecano i commenti, compreso quello di Mel Gibson che nel 1995 dichiarò alla rivista Playboy che essa era solo un veicolo per imporre «un nuovo ordine mondiale» di stampo marxista.

 

Eppure, da qualche parte, ad un certo punto, qualcuno avanzò l’idea che anche il fine del programma Fulbright non fosse completamente innocente. A far suonare il campanello d’allarme fu – guarda caso – proprio il paese che più di tutti ebbe attriti, finanche bellici, con l’«Ulivo mondiale» retto dal fulbrightiano Clinton: la Yugoslavia.

 

Nell’aprile 1995 compare presso il quotidiano di Belgrado Politika Ekspres un articolo dal titolo «Il Network Fulbright – la Fondazione Scientifica Americana come sponsor di una guerra speciale contro la Repubblica Federale di Yugoslavia». L’occhiello è ancora più chiaro: «Un corso di spie». Nel pezzo l’autore, tale A. Vojvodić rileva come i servizi segreti yugoslavi sapessero dall’inizio che il programma Fulbright fosse un «affare dubbio» e che gli agenti di Belgrado «tentarono di dimostrare agli organi competenti dello Stato che tra gli studenti Fulbright vi fossero alcuni che poi vennero indottrinati con la politica Occidentale e con la filosofia del Nuovo Ordine Mondiale».

 

Anche l’allora direttore dei Servizi yugoslavi Obren Đorđević (1927-1997) in un testo uscito in Yugoslavia nel 1986 e chiamato Leksikon bezbednosti («Lessico della sicurezza») metteva in guardia contro i «possibili rischi e abusi» del programma Fulbright. Il quotidiano yugoslavo prosegue con una lista di studenti Fulbright: vi sono, oltre che poeti e sociologi, anche diversi fisici nucleari e ingegneri di tecnologia militare. Vi sono, anche qui, scrittori, registi, direttori di museo, storici, politici.

 

«La loro intelligenza sociale può essere usata molto più efficacemente nel loro stesso paese [in questo caso, La Repubblica socialista federale di Yugoslavia, ndr] specialmente quando essi non abbiano cambiato il proprio impegno politico» dice Vojdović, disegnando così un vero e proprio quadro di infiltrazione: persone che continuano a dirsi socialiste (o cattoliche…) ma in realtà perseguono un’altra agenda.

 

Si dirà, quella dei Serbi era una tardiva paranoia da Guerra Fredda, una reazione americanofoba stressata dai bombardamenti.

 

Questo è certamente un modo di vederlo. I serbi, come Putin, so’ pazzi – è un pattern psicologico slavo, eccerto.

 

Poi però, ti sale alla mente un film di Roman Polanski, Ghost Writer, dove tutto un oscuro network americano viene svelato dietro ad un problematico primo ministro britannico, che di fatto ne è solo una marionetta nemmeno troppo consapevole.

 

La pellicola, come il romanzo di Robert Harris da cui era tratta, sembra indicare senza far nomi un caso preciso, che con ogni evidenza potrebbe essere quello del premier che appoggiò le guerre americane in Iraq e in Afghanistan.

 

Ora la guerra che Albione deve appoggiare, o financo provocare, non è contro Paesi islamici del Terzo Mondo: è contro la prima superpotenza nucleare globale, la Russia. Un antico nemico di Londra

 

Il lettore può capire, ora, perché l’oscuro induista sia stato piazzato lì. E, probabilmente, cosa farà: magari un diluvio di fiamme termonucleari sul mondo non è nemmeno incompatibile con un suo eventuale credo shivaita, ma della sua religione, contrariamente a quanto dice lui e a quanto ripetono i giornali, non sappiamo nulla.

 

Ci viene in mente uno strano racconto della storia recente, quello del fisico atomico Robert Oppenheimer, che assistette alla prima esplosione atomica della storia ad Alamogordo, nel Nuovo Messico.

 

Davanti alla visione della potenza dell’atomo, dice Oppenheimer, gli spettatori reagirono in vari modi.

 

«Sapevamo che il mondo non sarebbe stato lo stesso. Alcune persone ridevano, alcune persone piangevano, la maggior parte delle persone rimaneva in silenzio. Ho ricordato il verso delle scritture indù, la Bhagavad-Gita. Vishnu sta cercando di persuadere il principe che dovrebbe fare il suo dovere e per impressionarlo assume la sua forma multi-armata e dice: “Ora, sono diventato la Morte, il distruttore di mondi”. Suppongo che tutti lo pensassimo in un modo o nell’altro».

 

Coincidenza: Sunak, come avete letto sopra, ha giurato proprio sulla Bhagavad-Gita.

 

Pregate il Dio della Bibbia che quel verso induista ricordato da Oppenheimer non si realizzi sopra le vostre città. Perché non è escluso che Sunak lo abbiano messo lì proprio per quello.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine di HM Treasury via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0)

 

 

 

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Il primo ministro georgiano collega i tentativi di assassinio di Trump e Fico

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Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha affermato che un complotto per assassinare il fondatore del partito al governo in Georgia è stato orchestrato dalle stesse forze che hanno tentato di uccidere l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il primo ministro slovacco Robert Fico.

 

I suoi commenti arrivano dopo che il Servizio di sicurezza dello Stato della Georgia (SSS) ha annunciato di aver avviato un’indagine su un complotto per assassinare il fondatore del partito Sogno Georgiano, Bidzina Ivanishvili, e numerosi altri funzionari di alto rango all’interno del partito.

 

L’SSS ha affermato che sta indagando su un presunto complotto contro Ivanishvili, «organizzato e finanziato da ex alti funzionari del governo georgiano ed ex dipendenti delle agenzie di sicurezza che si trovano in Ucraina».

 

L’obiettivo del complotto era di mettere in scena un violento colpo di stato sullo sfondo di disordini civili e dell’indebolimento del potere statale, ha affermato l’agenzia. L’SSS ha aggiunto di aver iniziato a interrogare i georgiani che sono tornati a casa di recente dopo aver combattuto nel conflitto in Ucraina.

 

In una conferenza stampa tenutasi mercoledì, Kobakhidze ha suggerito che dietro i recenti tentativi di assassinio di personaggi di alto profilo negli Stati Uniti e in Slovacchia e i presunti piani terroristici in Georgia c’è un «modello comune che caratterizza le stesse forze politiche globali».

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Il premier sottolineato che il complotto contro Ivanishvili e l’indagine avviata dall’SSS hanno reso chiaro che queste forze senza nome rappresentano una minaccia anche per la Georgia.

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa Kobakhidze aveva promesso pubblicamente che la Georgia non verrà «ucrainizzata».

 

All’inizio di questo mese, il Servizio di Intelligence estero russo (SVR) aveva affermato che gli Stati Uniti stanno cercando di provocare un cambio di regime in Georgia fomentando grandi proteste in vista delle imminenti elezioni parlamentari nell’ex Repubblica sovietica, scrive RT.

 

Secondo l’SVR, l’amministrazione del presidente Joe Biden ha «già preparato una campagna informativa su larga scala per screditare il partito Sogno Georgiano» e «i “curatori” americani hanno già dato l’ordine alle forze di opposizione in Georgia di iniziare a pianificare proteste nel paese in concomitanza con le elezioni».

 

Le relazioni tra Tbilisi e Washington si sono recentemente inasprite dopo che le autorità georgiane hanno approvato la cosiddetta legge sugli «agenti stranieri» a maggio. La legge richiede alle ONG, ai media e agli individui che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi come entità che promuovono «gli interessi di una potenza straniera».

 

La legge ha scatenato proteste di massa nella capitale georgiana ed è stata duramente criticata dall’Occidente. Gli Stati Uniti hanno avviato una «revisione completa» delle loro relazioni bilaterali con Tbilisi e hanno sospeso esercitazioni militari congiunte.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’UE ha sospeso l’adesione della Georgia al blocco e congelato circa 32 milioni di dollari in pagamenti al Ministero della Difesa georgiano.

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Immagine di Latvian Foreign Ministry via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

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I servizi segreti russi dicono che la Francia ha pianificato di inviare 2.000 soldati in Ucraina

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Il servizio di Intelligence estero russo SVR ha desecretato un rapporto redatto a marzo da un agente secondo il quale la Francia si stava preparando a inviare un contingente di circa 2.000 soldati a combattere in Ucraina. Il briefing è stato pubblicato nell’ultimo numero della rivista dell’SVR.   Secondo quanto riportato, un agente che usava lo pseudonimo Felix sosteneva che l’esercito francese era «preoccupato per l’aumento del numero di francesi uccisi nel teatro operativo militare ucraino», in particolare dopo che le forze russe avevano distrutto un centro di dispiegamento temporaneo per stranieri vicino a Kharkov a gennaio.   Quel solo attacco ha ucciso «decine di cittadini francesi», avrebbe stimato Parigi, notando che da allora attacchi simili sono «diventati la norma nel conflitto ucraino». Il ministero della Difesa francese avrebbe ammesso privatamente di non aver visto tali perdite dalla guerra in Algeria nella seconda metà del XX secolo, secondo il telegramma cifrato di Felix.   L’agente dell’SVR ha riferito che il numero esatto delle vittime e l’idea che ci siano militari francesi in Ucraina sono stati deliberatamente occultati dalle autorità francesi. Temono presumibilmente che il numero delle vittime «abbia superato la soglia psicologicamente significativa» e che la loro pubblicazione possa scatenare proteste pubbliche di massa e malcontento tra gli ufficiali in carica.   Nonostante questi problemi, Felix ha affermato che le autorità francesi stavano comunque preparando un contingente da inviare in Ucraina, sostenendo che questo gruppo era inizialmente pianificato per includere circa 2.000 truppe. Tuttavia, l’esercito francese è presumibilmente preoccupato che sarebbe impossibile inviare segretamente una forza così grande in Ucraina, poiché diventerebbe un obiettivo prioritario per le forze russe.

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In precedenza, il presidente francese Emmanuel Macron aveva più volte lasciato intendere che il suo Paese avrebbe potuto inviare soldati a combattere al fianco di Kiev, suscitando la condanna della Russia – a cui la Francia vuole perfino togliere la Crimea – e la resistenza della maggior parte degli alleati di Parigi all’interno della NATO e perfino dello stesso popolo francese, che di fatto lo ha punito alle elezioni.   Il leader francese ha poi confermato che stava cercando di formare una coalizione disposta a schierare specialisti per addestrare l’esercito ucraino sul campo, e ha affermato che diverse nazioni avevano già accettato di unirsi allo sforzo. Il mese scorso, alti funzionari ucraini hanno riferito che il primo gruppo di istruttori francesi era già in viaggio verso il Paese.   Mosca ha ripetutamente messo in guardia contro ulteriori aiuti militari a Kiev, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che gli specialisti militari occidentali sono da tempo attivi in ​​Ucraina «sotto le mentite spoglie di mercenari». Ha messo in guardia che lo spiegamento di forze occidentali in Ucraina potrebbe portare a un «grave conflitto in Europa e a un conflitto globale».   La Russia ha sostenuto altresì che truppe NATO, travestiti da mercenari, controllano le difese aeree in Ucraina.   Come riportato da Renovatio 21, recenti rivelazioni del New York Times indicano che i foreign fighter occidentali in Russia sarebbero coinvolti in tremendi crimini di guerra contro i prigionieri russi.   L’anno scorso la Commissione d”inchiesta russa sui crimini commessi in Ucraina ha dichiarato di aver individuato dei mercenari francesi tra i responsabili dell’uccisione di 25 prigionieri di guerra russi. Avrebbero agito nell’ambito del Battaglione Azov e della 92ª Brigata delle forze armate ucraine.

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Immagine di Evgenij Andrustenko/French Army via Wikimedia pubblicata su Licence Ouverte 2.0
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L’Intelligence di Mosca dice che l’Occidente vuole sostituire Zelens’kyj

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I sostenitori occidentali dell’Ucraina hanno intensificato gli sforzi per trovare un sostituto per Vladimir Zelens’kyj, ha affermato un agente dei servizi segreti esterni russi (SVR) in un rapporto declassificato. Il documento è stato pubblicato nell’ultimo numero della rivista Razvedchik pubblicata dallo stesso SVR.

 

Secondo un agente che usa lo pseudonimo «Stone», gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono «estremamente preoccupati» per il «crescente malcontento» tra la popolazione ucraina a causa del conflitto prolungato e dell’incapacità dell’attuale leadership di porvi fine, soprattutto dopo la scadenza del mandato presidenziale di Zelens’kyj lo scorso maggio.

 

Mentre le potenze occidentali tollereranno Zelens’kyj per ora poiché è «legato a schemi di finanziamento della guerra che portano enormi entrate sia al regime di Kiev che ai produttori di armi occidentali», Stone ha affermato che hanno intensificato gli sforzi per trovare un sostituto adatto.

 

Secondo l’agente, l’Occidente ha già contattato l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko e il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko, così come il capo dello staff di Zelens’kyj Andrey Yermak, precedentemente descritto dal Times come il governatore de facto dell’Ucraina.

 

Anche l’ex comandante militare del Paese, il generale Valerij Zaluzhny, e l’ex presidente del parlamento ucraino, Dmitrij Razumkov, sono sulla lista dei potenziali sostituti di Zelensky, ha affermato l’agente russo.

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«Si presume che queste persone possano essere richieste in caso di un brusco deterioramento della situazione in prima linea e della necessità di un urgente cambio di leadership. Allora sarà possibile sceglierne uno, incolpando Zelens’kyj di tutti i fallimenti», ha affermato l’agente.

 

Ha aggiunto che, per gli Stati Uniti e l’Unione Europea, il punto focale nel trattare con la leadership di Kiev è attualmente «impedire un aumento critico della delusione tra gli ucraini per i fallimenti delle politiche filo-occidentali».

 

Mentre la rivendicazione legale di Zelens’kyj alla carica è in discussione dalla fine di maggio, ha escluso di tenere elezioni presidenziali, citando la legge marziale. Il mese scorso il presidente russo Vladimiro Putin ha previsto che i sostenitori occidentali dell’Ucraina avrebbero rimosso lo Zelens’kyj dal potere una volta che avesse fatto passare tutte le necessarie «decisioni impopolari», il che potrebbe avvenire già l’anno prossimo, scrive RT.

 

In una conferenza stampa durante una visita in Vietnam, Putin ha affermato che Zelens’kyj rimane al potere solo perché non ha ancora esaurito la sua utilità.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente russo ha ribadito più volte che la legittimità politica del presidente ucraino è finita e che il potere in Ucraina è quindi usurpato. L’ex presidente russo Demetrio Medvedev due mesi fa ha dichiarato che con la scadenza del mandato di Zelens’kyj egli diviene un «obiettivo legittimo» e che l’Ucraina è divenua «un classico Stato fallito».

 

Tre mesi fa sempre il Medvedev aveva detto che l’Occidente stava complottando per assassinare il presidente ucraino. Attualmente Zelens’kyj è nella lista dei ricercati di Mosca.

 

In un rapporto dell’SVR pubblicato a maggio, che citava sondaggi d’opinione riservati condotti dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, l’agenzia ha affermato che il livello di sostegno a Zelens’kyj, che aveva superato l’80% nei mesi iniziali del conflitto, era sceso al 17% e continua a diminuire.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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