Pensiero
Elon Musk ha fatto figli con l’utero in affitto e evitato la guerra atomica. Potrebbe essere l’anticristo, ma va bene così

La notizia finita sui giornali è che Elon Musk avrebbe avuto un altro figlio, l’11°, nel giugno del 2022. Lo si apprende dalla biografia dedicata al magnate sudafro-statunitense a opera dello storico Walter Isaacson in uscita, la stessa che ha rivelato che Musk avrebbe spento i satelliti Starlink quando l’Ucraina stava colpendo la Crimea – come ha fatto ieri notte distruggendo un sottomarino e una nave da sbarco russi.
Quotidiani e TV la prendono come grande succulento pezzo di gossip da lanciare ai lettori che oramai hanno imparato a conoscere Musk, che è un personaggio che riesce a far notizia ogni giorno, più volte al giorno. Ci informano che la madre sarebbe la ex fidanzata canadese, la musicista Claire Bouchier, in arte Grimes.
Il succo della notizia è: guarda qui, pettegolezzo sulle celebrità, miliardario e cantante. Guarda quanti figlio ‘sto Musk.
Bisogna capire che la storia dietro è un po’ più complicata, e difficilmente pubblicabile, specie se si vuole fare solo gossip.
Innanzitutto, l’ultimogenito (?) Techno Mechanicus Musk, detto Tau, sarebbe nato, come la precedente figlia avuta da Grimes – la bambina si chiama Exa Dark Sierael Musk – via maternità surrogata.
Il che significa che il bimbo è stato prodotto in laboratorio e poi impiantato in una donna che ha affittato il suo utero all’ultramiliardario e la cantante.
Potrebbe non essere nemmeno l’unica donna con cui ha fatto figli affittando uteri altrui: in rete si sprecano le speculazioni su chi sia il vero padre di Oonagh Paige Heard, la figlia dell’attrice Amber Heard – divenuta nota ai più per lo scatologico processo intentatole dall’ex marito Johnny Depp – apparsa nel 2021. La Heard e Musk si erano frequentati nel 2016. Nel 2020 il giornale britannico Mirror aveva scritto che la Heard «era impegnata in una battaglia legale con Elon Musk per gli embrioni congelati». Della eventuale paternità di Musk non vi è alcuna conferma, e la Heard non ha rivelato chi sia il padre avuto via surrogata.
Techno «Tau» Mechanicus è il terzo figlio avuto con Grimes, che, ricordiamolo, è con probabilità la più grande cantautrice vivente, una musicista che per creare la sua musica eterea e sottile è capace di miscelare e superare generi che non hai mai sentito nominare e che magari nemmeno esistono ancora.
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Il primo figlio, X AE A-XII Musk, era nato nel 2020. Il bimbo compare spesso nel prezioso feed Twitter di Musk, che sembra portarlo in giro spesso, ed è genuinamente entusiasta del fatto che gli somigli terribilmente: pubblica foto comparative di lui da bambino e del piccolo X che in effetti gli danno ragione.
Practicing martial arts with my sparring partner pic.twitter.com/bifsH2Mejs
— Elon Musk (@elonmusk) August 12, 2023
In un’intervista l’anno scorso, era saltato fuori che Musk e Grimes avevano avuto una figlia, però con la surrogata. Con il primogenito Grimes aveva avuto, a quanto dice, una gravidanza travagliata, e non voleva più avere quei problemi.
L’esperienza dell’essere incinta era stata in qualche modo messa in musica in una canzone, ipnotica e bellissima, di fine 2019, «So Heavy I Fell Through the Earth» («Così pesante che sono caduta attraverso la Terra»).
La settimana scorsa, in un post su Twitter, la cantante pareva alludere al fatto che Elon non le stesse facendo vedere il figlio (forse l’unico concepito naturalmente?) e che rispondesse più né a lei né al suo avvocato. Il tweet è stato poi cancellato
Tuttavia il ragazzo-padre mica si è fermato lì. Durante l’estate dello scorso anno emerse che Shivon Zilis, una dirigente di Neuralink, la società di Musk che vuole impiantare chip nel cervello degli esseri umani, nel novembre 2021 aveva segretamente partorito due gemelli. Non si sa niente, in questo caso, dei pargoli, nemmeno il nome, anche se il cognome ora è stato stabilito, via tribunale, è Musk. Il fatto che siano gemelli potrebbe far pensare alla fecondazione in vitro, ma non esistono informazioni pubbliche in merito.
Il fatto è che la passione della riproduzione in provetta da parte di Musk è risaputa.
Sospettiamo che dietro possa esservi una filosofia gestionale, quella de «first principles thinking»: invece che ascoltare l’opinione di chiunque – della massa di esperti, soprattutto – su una cosa, è meglio pensare scomponendo il problema nei suoi principi, e ricomporre la soluzione. In pratica, mettere in discussione ogni presupposto che pensi di conoscere su un determinato problema, per poi creare nuove soluzioni da zero.
Secondo alcuni, è questa filosofia che ha reso Musk l’uomo più ricco del mondo: quando i colossi dell’auto snobbavano l’auto elettrica, lui calcolò i costi dei materiali e l’avanzamento tecnologico, creando Tesla, ora l’azienda automobilistica più capitalizzata del pianeta.
Quando la NASA e la Roscosmos (l’agenzia spaziale russa) e chiunque altro giudicava impossibile la produzione di un razzo riutilizzabile – in grado quindi, di abbattere immensamente i costi di lancio di materiale oltre la stratosfera – lui creava SpaceX proprio con quell’assunto, e oggi l’azienda è il vero soggetto dominante della cosiddetta Space Economy, e lo sarà per i decenni, forse per i secoli a venire. Anche lì, c’erano dei principi economici e fisici da ritrovare per cercare la soluzione: proprio quello che deve fare uno che ha studiato fisica (non esattamente la materia in cui è più facile laurearsi, anche in Italia) e marketing, come ha fatto Musk.
Anche nella produzione dei figli deve essere scattato un ragionamento del tipo «first principles». E il motivo potrebbe essere tragico: il primo figlio, Nevada Alexander Musk, avuto dalla prima moglie Justine Wilson che era con lui dai tempi del College, è morto d’improvviso quando aveva 10 settimane. Un caso di SIDS, la morte improvvisa dell’infante. Non sappiamo se Musk, che si è detto redpillato riguardo ai danni da vaccino mRNA (lui stesso e suo cugino ne avrebbero subiti) abbia visto che c’è una quantità di letteratura sulla possibile correlazione tra SIDS e vaccini pediatrici.
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La morte del primogenito potrebbe forse aver aperto in Musk la necessità di considerare la questione figli in termini di qualità e di processo.
I figli successivi con la prima moglie furono prodotti con la fecondazione artificiale. Nel 2004 vennero alla luce i gemelli Griffin e Xavier, quest’ultimo noto perché divenuto transgender con il nome di Vivian, fenomeno di cui il padre, con cui il ragazzo trans non vuole avere più nulla a che fare, incolpa la costosa istruzione impartitagli nelle scuole prestigiose, che avrebbero reso il bambino comunista e poi pure trans.
Seguì nel 2006 un’altra infornata via provetta: stavolta il parto fu trigemellare con Kai, Saxon e Damian. Potrebbe esserci una logica informatica: un figlio avuto naturalmente è un single point of failure, mentre con la provetta butti dentro quantità di embrioni, sperando che qualcuno attecchisca, di qui il parto di gemelli, sempre considerando che il resto degli embrioni li puoi conservare in azoto liquido.
In pratica, la maggior parte dei figli di Musk è stato ottenuto sinteticamente.
Come sa il lettore di Renovatio 21, riveste particolare importanza che il miliardario con la prole, l’anno passato sia stato ricevuto dal papa, che non può non essere stato informato che stava per ricevere in udienza, ed immortalato fotograficamente, con una «famiglia» prodotta in laboratorio, quindi (sempre più teoricamente) lontano dalla dottrina cattolica, che di per sé insegnerebbe che la riproduzione artificiale non è accettabile, perché in concreto uccide più embrioni che l’aborto, e sottrae la vita al lavoro naturale di Dio. Come sa il lettore, crediamo che l’incontro Bergoglio-Musk sia servito per sottolineare che la chiesa cattolica sta per aprire alla produzione di esseri umani in laboratorio.
Honored to meet @Pontifex yesterday pic.twitter.com/sLZY8mAQtd
— Elon Musk (@elonmusk) July 2, 2022
Abbiamo un’ipotesi precisa sulla questione della provetta. Gli uomini sintetici che ne escono potrebbero essere quei personaggi di cui parla l’Apocalisse di San Giovanni.
«La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall’Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà» (Ap 17, 8)
Niente ci fa pensare che Musk, che pure ha confessato al Saturday Night Live di soffrire di Asperger, si fermerà nel suo uso della provetta. «Bambino maximus!» disse al TG1 quando è tornato qualche mese fa a Roma, a far cosa non si sa, ma ha abbracciato la Meloni, cosa che ci ha ricordato che lui è piuttosto alto e lei no. Guardando la telecamera, diceva che bisognava fare tanti figli, e lui stava facendo la sua parte.
Ho accolto con grande piacere oggi a Palazzo Chigi @elonmusk. Un incontro molto proficuo e un momento di grande cordialità dove abbiamo affrontato alcuni temi cruciali: innovazione, opportunità e rischi dell'intelligenza artificiale, regole europee di mercato e natalità. Avanti… pic.twitter.com/MOQlirj7XC
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) June 15, 2023
Non siamo rimasti indifferenti quando Musk ha cominciato a sfidare il mainstream sul tema della sovrappopolazione – uno dei grandi dogmi della Necrocultura – parlando di implosione demografica, e arrivando a definire il massimo teorizzatore pubblico della «bomba demografica», Paul Ehrlich, come un uomo da disprezzare che ha cagionato immane danno all’umanità (il Vaticano bergogliano, di contro, invita Ehrlich alle conferenze).
E quindi, Musk ha stabilito per «first principle thinking» che il crollo della popolazione vada combattuto con l’uso indiscriminato di provetta e surrogata? Cosa dobbiamo pensare che dirà, quando sarà ultimata la tecnologia dell’utero artificiale?
Lui, intanto, avanza, anche con discrezione, come uno super-spreader – quei personaggi che disseminano provette del proprio sperma per generare una prole sempre più vasta. Abbiamo visto, su questo sito il caso dei donatori spermatici via Facebook, ma vi sono anche casi più profondi, come quel miliardario giapponese che si sta creando un esercito di figli in Tailandia, o il caso antico, non ancora riprotecnologico, di Genghis Khan e la sua discendenza infinita: uno studio del 2003 ha stabilito che almeno 16 milioni di persone che vivono oggi hanno una linea diretta con il condottiero mongolo comprovabile geneticamente.
— Elon Musk (@elonmusk) August 21, 2023
A pensarci, la questione della riprogenetica spinta su mogli e concubine, non è l’unico tratto che sa di apocalisse che esce dal personaggio.
Ciò che sta riuscendo a fare in fatto di business – e di geopolitica – è immenso.
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Con Tesla ha creato un polmone economico gigantesco, per giunta inattaccabile dal punto di vista ecologico, visto che sono le uniche vere auto che non vanno a combustibili fossili (tutti gli altri marchi ci stanno provando, ma la più funzionale delle auto elettriche è la Tesla, punto).
Con SpaceX è divenuto il principale soggetto spaziale privato del mondo, e finanche uno dei principali soggetti spaziali tout court. Possiamo dire che la Space Economy è qualcosa che dipende dallo stimolo dato al settore di Musk, abbattendo i costi di messa in orbita, e divenendo partner strategico della NASA – e cioè dello Stato americano, che non potrà fare a meno di lui nella nuova corsa allo spazio – contro Cina, Russia, India… – appena partita.
Con la costellazione di satelliti Starlink ha silenziosamente disintermediato un settore ancora più difficile di quello delle auto e dei lanci spaziali: quello delle telecomunicazioni. D’un colpo, Musk può rendere obsoleti i grandi vettori telefonici, gli internet provider, l’intero fragile sistema di cavi sottomarini spesso pagati, oltre che dagli Stati-nazione, da Google e Facebook.
Ciò vuol dire che un domani se Musk si inventasse il «Teslaphone», non solo potrebbe distruggere Apple e Samsung e la ridda di cinesi al seguito, ma anche Vodafone, TIM, AT&T, T-Mobile, ogni possibile carrier telefonico della terra. Il guadagno che potrebbe derivarne è incalcolabile.
Di più: l’acquisto di Twitter, ora divenuto X, parla dello stesso progetto di egemonia dell’economia mondiale. X.com era il nome della sua società che divenne in seguito, fondendosi con una società rivale capeggiata da Peter Thiel, PayPal – sì, lo stesso sistema di pagamento tramite cui Renovatio 21 da qualche giorno vi chiede donazioni (ma se ci scrivete vi diciamo per l’IBAN).
Musk riebbe da PayPal il dominio X.com da PayPal qualche anno fa, adducendo che vi era legato sentimentalmente (il nome dei figli prova come l’uomo sia ossessionato dalla lettera X). Ora Twitter, divenuta la sua piattaforma social, si chiama X, e gira sul sito X.com. Il suo valore informativo è stato confermato dalle interviste di Tucker Carlson, ora migrato sul social, viste centinaia di milioni di volte, invece dell’audience di massimo 15 milioni raggiunti con la TV via cavo. Qualcuno parla di morte definitiva della TV.
L’acquisto di Twitter per una cifra da molti considerata esagerata servirebbe, per sua stessa ammissione, non solo a rinstaurare la libertà di espressione uccisa da Biden e dalla pandemia, ma a creare un equivalente americano del social cinese Weibo, attraverso cui i cittadini della Repubblica Popolare non solo scrivono e messaggiano, ma pure pagano nei negozi e online.
Twitter/X sarebbe quindi il ritorno di Musk al tentativo fatto con PayPal di disintermediare gli istituti bancari, creando sistemi di pagamento più rapidi e intuitivi, adatti alla vita digitale.
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Il lettore può cominciare a vedere avvicinarsi i pezzi di questo puzzle pazzesco. È un titanico progetto di disruption totale: disintermediata l’industria dell’auto, disintermediato l’industria spaziale, disintermediati la TV e i media, un domani disintermediate le telefoniche e le banche.
A questo aggiungeteci la possibilità più paurosa di tutte: non vi sarà nemmeno bisogno di telefonini Tesla e forse nemmeno di app, perché i satelliti Starlink potranno interfacciarsi direttamente con i microchip Neuralink che vi avranno impiantato nel cervello.
Senza il segno di Musk – il segno X – non potrai né comprare né vendere…? Non potrai più vivere?
Tutte queste che stiamo qui descrivendo sono, sì, componenti della politica dell’anticristo – dal segno della Bestia all’esercito di umanoidi il cui nome, come scrive la Rivelazione, non è scritto nel libro della vita.
Lui lo sa, qualcuno deve averglielo detto. Ecco che ad una festa dell’anno scorso si è vestito con un’armatura col segno del Satana-Bafometto, un costume da «devils’ champion», diceva lui, «il campione del diavolo». Le foto che gli hanno fatto gli sono piaciute al punto che per mesi ha usato un primo piano in costume satanico come foto di profilo.
Videocollegato con un evento mondialista a Dubai sette mesi fa, forse ha messo le mani avanti, quando ha dichiarato che l’idea di un «governo mondiale unico» rappresenta un «rischio di civiltà».
Nel mondo, tuttavia, lui già conta moltissimo. Hanno detto che, spegnendo i satelliti Starlink mentre l’Ucraina l’anno scorso stava per attaccare la Crimea, potrebbe aver evitato al mondo una reazione nucleare russa e una controreazione altrettanto nucleare da parte della NATO.
Elon ha un piano di pace per la Crimea che, lo ha detto pure il portavoce del Cremlino Peskov, è sensato. C’è tra Musk e il più atomico degli alti funzionari russi, una strana relazioni di tacita simpatia: Medvedev arrivò a scrivere, come previsione del 2023, che gli USA sarebbero andati incontro ad una guerra civile, e gli Stati repubblicani al termine di essa avrebbero eletto Elon Musk come presidente.
Come dire: con la guerra russo-ucraina, il peso geopolitico di Musk è evidente a chiunque. Anche se fuori dal potere costituito – odia Biden e lo insulta (la Casa Bianca ha fatto due eventi sull’auto elettrica senza mai invitare il più grande produttore!) – è in qualche modo in una altissima stanza dei bottoni: se l’è costruita lui, tra satelliti e social network.
E quindi, è lui il figlio dell’iniquità che stiamo aspettando? Sappiamo che l’anticristo sarà fascinoso, riuscirà ad attrarre tante persone per bene, perché sarà presentato come uomo di pace – e il processo della sua accettazione da parte dell’umanità come opzione «giusta» è descritto bene nei lavori letterari di Robert Hugh Benson e Vladimir Solovev.
Ovviamente non abbiamo la risposta, non possiamo averla, e anzi confidiamo che un po’ ci dispiacerebbe, perché ci sta tanto simpatico, e pure abbiamo ammirazione di lui e dei suoi prodotti (qui eccelle come un genio assoluto: nel product design).
Cosa dobbiamo dire? Preferiremmo che l’anticristo fosse uno come Bill Gates, che già ci sta sulle palle, e che Elon ha già perculato a dovere, vendicandoci un pochino per quello che abbiamo subito nel biennio pandemico.
Se toccasse di capire che è lui, pazienza, ce ne faremo una ragione. Anzi ci potrebbe andare pure bene, almeno sappiamo che faccia ha, e non è nemmeno antipatico. Sempre considerando che sappiamo perfettamente come la storia andrà a finire.
«E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco» (Ap 20,15)
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Voi che uccidete Dio. E noi che lo permettiamo

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Pensiero
Il re della morte parla in Parlamento. La democrazia italiana applaude

È una tremenda verità rivelata, quasi per isbaglio, da un kolossal non riuscitissimo di una ventina di anni di fa.
Ricordate? Il futuro imperatore, adepto del Lato Oscuro, si presentava a camere galattiche unite per proclamare la «riorganizzazione» della Repubblica e, implicitamente, l’avvento di un impero totalitario sotto il suo comando.
«Così muore la democrazia, tra scroscianti applausi» commentava la senatrice che aveva capito il piano diabolico.
La frase non è esattamente questa – forse il film di Giorgio Lucas diceva «libertà» invece che «democrazia», ma sappiamo come nel fondale di cartapesta dello Stato moderno queste parole sono intercambiabili. La verità contenuta in questa battuta, tuttavia, la riteniamo incontrovertibile.
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Specie dopo aver visto lo spettacolo allucinante del Re britannico che pontifica nel cuore della sedicente democrazia italiana, il Parlamento. Di certo, un’esperienza rivelatoria, su tanti, troppi livelli. Perché il discorso che ha fatto, con tutti i tasti politici, geopolitici, metapolitici toccati con decisione, ha un’importanza storica di conferma sia del rapporto di sudditanza occulta tra Roma e Londra sia del ruolo metafisico che Albione e gli Windsor hanno nella storia del mondo.
Notate come i giornali, e gli ebeti che si fanno riempire la testa delle loro menzogne, abbiano sottolineato, nel discorso di re Carlo, il fatto che abbia citato Dante e persino «parlato», per qualche secondo, in Italiano. Cioè: ha letto da un foglio. Applausi.
Come se il re parlasse davvero la nostra lingua, con la tranquillità di utilizzare il connettivo «peraltro», che i parlamentari di interi partiti italiani mai pronunciato in vita loro, ammesso che sappiano che esistano gli avverbi.
Certo, voleva fare il figurone, come, peraltro, lo aveva fatto a Parigi due anni fa: Renovatio 21 ne parlò, il repubblicano Macron gli organizzò un festone, con quantità di divi veri (da Mick Jagger in giù) a… Versailles, luogo che ovviamente oggi ha un suo significato preciso. Lì, nel più totale disprezzo della plebe che venivano da mesi in erano stati proibite perfino i pranzi di Pasqua in famiglia e da costi energetici insostenibili, tra banchetti e sfarzo assoluto, il Carlo aveva dimostrato di parlare un francese ottimo, come una volta usava nell’Inghilterra che studiava.
Cost of living crisis? That’s just for the plebs. Meanwhile at the Palace of Versailles, King Charles, President Macron and various celebrities and politicians indulged in a lavish State Banquet back in 2023.pic.twitter.com/CmjkjvRAbM
— James Melville 🚜 (@JamesMelville) September 6, 2024
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Carlo nel lusso di Versailles, ospite dei figli della Rivoluzione francese. Era come dire: i re rimangono re, se sono dalla nostra parte.
Ci viene in mente, tuttavia, che la poliglossia dei reali britannici ci aveva fornito, in passato, un’altra visione, secondo alcuni (quelli che non conoscono la storia dell’aristocrazia europea, e degli Windsor) inquietante: il principe Filippo, padre di Carlo, che parla un tedesco ultrafluente. Gli Windsor, dove Filippo ha appeso il cappello, sono in realtà una famiglia della nobiltà germanica, i Sassonia Coburgo-Gotha, e Windsor è un nome preso da un paesino di campagna a caso (un rebranding si direbbe nel marketing) per sembrare più inglesi.
È proprio lui, il principe di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta: quello che aveva giurato di volersi reincarnare in un patogeno in grado per uccidere milioni di persone. Come sa il lettore di Renovatio 21, l’ambientalismo, cioè l’antiumanismo, è una costante degli Windsor, vera famiglia della morte, e viene trasmesso, a quanto sembra, geneticamente.
E l’antiumanismo ereditario è tornato anche nel discorso di Roma, con i nostri rappresentanti a spellarsi le mani: quando con il secondo avvento di Trump pare essere cominciato il tramonto dell’ambientalismo di Stato e dei suoi dogmi, ecco che il re proclama l’emergenza del Cambiamento Climatico (argomento da cui, abbiamo visto, pare guadagnarci…), con tutte le solite storielle ripetute a pappagallo: le tempeste che ora sono ogni anno invece che ogni generazione, etc. Piove, governo ladro, avrebbe detto i mazziniani – che del resto erano pagati e programmati proprio dagli inglesi.
Anche questo, incredibilmente, è stato detto dal re nel suo discorsone: l’importanza del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Si tratta di un momento di sincerità storica che, infine, va apprezzato, anche se un pat-pat – di quelli che operano sui loro amati cagnolini – in testa a qualche rappresentante democratico italiano avrebbe completato il quadretto in modo consono.
Poi, l’Ucraina: il messaggio è lo stesso, sempre. Tre anni fa lo aveva detto agli italiani anche Boris Johnson prima di mollare Downing Street: fate il governo che volete, ma continuate ad armare e sostenere Kiev.
Il re britannico ordina all’Italia di immolarsi nella sua guerra, quella che Londra porta avanti da almeno duecento anni: il «Grande Gioco» dello scontro di Albione, potenza talassocratica, con la Russia, potenza tellurica, per il controllo del mondo. La teoria della Heartland del pioniere della geopolitica Alfred Mackinder – l’idea per cui chi controlla il centro dell’Eurasia controlla il mondo – è venuta dopo, quando già Londra combatteva una guerra occulta con i russi nell’India, Pakistan, Afghanistan di Kipling.
L’enormità storica e metastorica del discorso di Carlo si fa, per noi, intollerabile. Ma, che volete farci, da queste parti si ha una visione delle cose di un certo tipo. Non possiamo pensare che gli altri la pensino come noi… oppure sì?
Perché, effettivamente, l’immagine più significativa offerta da Carlo in Parlamento riguarda chi era al suo lato. Da una parte, il presidente della Camera Ignazio La Russa, un uomo cresciuto nel MSI e ora militante in FDI, partiti che definiscono post-fascisti, dove la fiamma contenuta nel loro simbolo, raffigurerebbe la fiaccola che arde sulla tomba di Benito Mussolini a Predappio.
Benito Mussolini, quello che la giovane Meloni definiva come «statista», e che aveva diffuso quell’espressione chiarissima: «la perfida Albione».
Come non farsi venire in mente l’impressionante manifesto di Gino Boccasile (1901-1952) che celebrava la distruzione di Londra da parte dei V2 tedeschi.
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Insomma: chi è cresciuto nella destra italiano aveva della Gran Bretagna una certa idea. Almeno fino a Fini, che, notate, prima di essere mandato a Gerusalemme con la kippah, aveva fatto i suoi giri di sdoganamento a Londra – dove peraltro, altro mistero, ad una certa hanno cominciato a rifugiarsi gli estremisti neri che avevano la Giustizia italiana alle calcagna…
La Russa sorride e batte le mani sul fianco destro del re della «perfida Albione». Sul fianco sinistro un’altra figura che, in teoria, proviene da una cultura non esattamente anglofila il tradizionalismo cattolico. Un giro che legge la storia britannica, e le sue ramificazioni mondiali, in modo un po’ diverso da come viene presentata: dal tradimento di Enrico VIII all’assassinio del cattolico Guido Fawkes, eroe fatto squartare dal re per aver cospirato per il ritorno del cattolicesimo in terra anglica, dalla follia della Chiesa anglicana alla decadenza dei costumi recenti proveniente dalla swinging london, dalla massoneria alle persecuzioni dei cattolici nei secoli.
E niente, anche da parte cattolica: sorrisi e applausi.
E sì che, anche senza essere integristi con il pallino della storia del mondo, da cattolici ci sarebbe tanto da dire al re, anzi, basterebbe fare qualche nome: Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory… e tanti altri bambini trucidati da Giudici della Corona e dal sistema sanitario del Regno votato all’utilitarismo più mostruoso e assassino del «best interest».
Rammentiamo: all’epoca i partiti pseudocattolici si mossero per dare ad Alfie la cittadinanza italiana, di fatto per togliere il bambino dalla condanna a morte del Regno sul cui trono ora siede il Carlo.
Come abbiamo scritto su Renovatio 21, il mancato intervento della famiglia reale in questi tragici casi – che smuovevano anche laggiù masse di persone, con miriadi di persone in lacrime che circondavano gli ospedali in preghiera, e gli ultras delle curve a cantare allo stadio a favore dei bambini in procinto di essere massacrati – non è un caso, non è una svista: è una feature precisa della famiglia, la cui consonanza con la Necrocultura è un dato storico, dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore o i milioni consegnati a Carlo in buste della spesa dai famigli di Bin Laden, il rapporto con il controverso miliardario russo-americano Armand Hammer, o i rapporti sporadici con i nazisti, il ritratto inquietante saltato fuori mesi fa…
La verità è che la materia inquietante non è in superficie, non è chiacchiera da rotocalco, né misfatto dietro le quinte: pare essere nella struttura stessa del casato.
Perché, ribadiamo, quella degli Windsor è una dinastia della morte, come ve ne sono, ai vertici mondiali, altre, anche non coronate, ad esempio i Rockefeller. Giornali e politicanti non solo non condividono questa prospettiva, ma la occultano con l’arma di distrazione di massa del gossip. Anni a parlarci delle vicende della Casa Reale, come se ciò avesse qualche importanza per noi. La famiglia media che mangia dinanzi al televisore magari non sa nulla di Alfie Evans e Guy Fawkes, ma sa tutto delle avventure amorose di Guglielmo ed Enrico, che per qualche ragione ora, a differenza di Carlo, vengono chiamati nelle loro lingua (i principi «William» ed «Henry»: sudditi, abituatevi all’inglese, è l’era CLIL).
Abbiamo visto l’arma di distrazione di massa sparata anche nel discorso romano del re. Carlo si è riferito alla «regina», e la cosa ha fatto un certo effetto: Camilla, i TG ci hanno insegnato a chiamarla così, ora in effetti è regina. Il re ha amorevolmente detto che era il ventesimo anniversario di matrimonio. Applausi.
Ma come? Camilla? Per anni i giornali ce l’avevano definita come la homewrecker reale, la spacca famiglia di Corte, con ogni storia a suo favore amplificata a più non posso: ecco i commenti animali sul suo aspetto fisico, ecco la questione del figlio birichino che potrebbe avere una cattiva influenza sull’erede al trono (e futuro fratellastro).
Nessuno pare avercela più con Camilla: i giornali del resto servono a questo, ti dicono cosa devi pensare, e poi ti fanno dimenticare, per farti pensare altro. Ecco che la love story di Carlo e Camilla da prurigine grottesca diventa evento da applaudire a Camere riunite.
Perché poi, scusate, avete scordato Diana? Avete scordato cosa il quivis de populo, britannico come italiano, dice della morte della principessa sotto il tunnel dell’Alma a Parigi? Tutti quei servizietti ammiccanti che talvolta potevano far capolino brevemente nella stampa mainstream… Tutto è perdonato.
Dimenticate tutto. Tanto a ricordarvi le vostre priorità ci pensa il capo di quel Regno che trucida i bambini malati e ti arresta per un tweet o una preghiera fatta nella tua mente. Carlo, con gli italiani, è stato chiaro, e sincero: vivete nello Stato creato dal nostro agente Garibaldi, ora sottomettevi del tutto al dogma climatico, e continuate a sostenere la guerra contro la Russia.
Scroscianti applausi.
Questa è la realtà della «democrazia» in Italia.
Roberto Dal Bosco
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Immagine screenshot da YouTube
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Perché non stupirsi se Mattarella premia Burioni

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