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Necrocultura

Dalla guerra civile alla «guerra biotica»

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Nei primi anni Novanta uscì un libro del filosofo marxista Robert Kurz intitolato Il collasso della modernizzazione. In esso si rifletteva su cosa sarebbe successo al mondo dopo la fine del blocco socialista.

 

«Il mondo unitario e unificato, infine realizzato e generalmente riconosciuto (…) si rivela nell’orrenda visione di una guerra civile planetaria (Weltbuergerkrieg) in cui non vi saranno più fronti riconoscibili, ma solo una cieca esplosione di violenza ad ogni livello».

 

Kurz non aveva torto: in quei mesi, si assisteva al massacro yugoslavo, di fatto una guerra civile di violenza inaudita basata su una matrice etnica fino a poco prima totalmente impensabile.

«Il mondo unitario e unificato, infine realizzato e generalmente riconosciuto (…) si rivela nell’orrenda visione di una guerra civile planetaria (Weltbuergerkrieg) in cui non vi saranno più fronti riconoscibili, ma solo una cieca esplosione di violenza ad ogni livello»

 

Tuttavia, l’analisi psico-politica dello studioso tedesco voleva andare ancora più a fondo.

 

«Quando uomini, popoli, regioni e stati si accorgeranno che mai più gli si ripresenterà l’occasione di essere vincenti e che, continuando a perdere, saranno infine privati di ogni possibilità accettabile di vita, finiranno col rovesciare il tavolo da gioco e sputare su tutte le regole della cosiddetta Civiltà».

 

Il Kurz insomma prevedeva l’arrivo di una fase di caos sanguinario, quella che il filosofo Réné Girard, nella sua teoria riguardo La violenza e il sacro, chiama «crisi sacrificale».

 

Il mondo sazio avrebbe generato quantità di conflitti che avremmo chiamato «guerre civili», ciascuna tendente verso la barbarie. Non era un pensiero inesatto: a quei tempi vi era la pioggia di sangue sui Balcani (che si protrasse, tra un disastro ONU-NATO e l’altro, per un decennio) ma anche l’Algeria, che dimentichiamo tutti: centinaia di migliaia di morti; bambini, maestre di scuola, donne di Paese, monaci massacrati nel modo più belluino dagli stessi jihadisti che avrebbero affinato l’apprendimento della pragmatica della violenza iniziato con gli sgozzamenti di soldati sovietici in Afghanistan per finire con il granguignolesco circo stragista dell’ISIS della metà degli anni 2010. Non dimentichiamo, del resto, che il libro-guida del jihadismo si chiama Idarat at-Tawahhus, cioè «la gestione della barbarie». (Per inciso: lo sto traducendo, da diversi anni, e spero di finire il lavoro entro pochi mesi).

Barbarie e guerra civile, quindi, sono sfere che nell’ultimo secolo sono finiti quasi per coincidere

 

Barbarie e guerra civile, quindi, sono sfere che nell’ultimo secolo sono finiti quasi per coincidere; il tardo successo del filone revisionista di Pansa sui partigiani crudeli ne è una testimonianza. Il messaggio era semplice, nonostante il tabù imposto dalla Repubblica «nata dalla Resistenza» (e dalla magica manina di James Jesus Angleton, vabbè), anche la «guerra civile» seguita all’8 settembre fu di fatto un momento di estrema barbarie, da tutte le parti. I corpi appesi di Mussolini e della Petacci lo stanno a significare benissimo: la guerra civile è regressione nel primordiale, nel tribale, nel ferale.

 

Kurz avanzava con la sua teoria per trovare il respiro di insurrezione marxista: la guerra civile, storicamente, ha riguardato ceti superiori, con le masse proletarie solo recentemente chiamate alla mobilitazione. Bisogna che questa guerra civile sfoci in una rivoluzione, pensavano i vecchi-nuovi comunisti, bisogna che ne esca la dittatura del proletariato che aspettiamo da secoli, visto che quella che abbiamo vista realizzata in mezzo mondo non possiamo dire a voce alto che non c’è piaciuta tantissimo…

 

Tutti coloro che hanno studiato Marx oggi sono servi del capitale globale – sia da questa parte del muro, che dall’altra, dove i leader politici (per esempio, in Albania) sono invitati al banchetto di nozze di George Soros

Sono passati tanti anni da questo libro, e da queste idee.

 

Tutti coloro che hanno studiato Marx oggi sono servi del capitale globale – sia da questa parte del muro, che dall’altra, dove i leader politici (per esempio, in Albania) sono invitati al banchetto di nozze di George Soros.

 

Il marxismo è rivendicato come la base di movimenti sintetici come Black Lives Matter, sostenuto apertis verbis da miliardari e multinazionali sfruttatrici. La «guerra civile» che è consentita ora ai neri, con imposizione della barbarie a intere aree urbane americane, è applaudita dai politici progressisti sul libro paga della Silicon Valley e i miliardari della finanza.

 

Quindi, la «guerra civile planetaria», questo universo di barbarie perpetua che ci prometteva il filosofo marxista dopo la fine del Patto di Varsavia, si è realizzata in forma di cartapesta: una scenografia intercambiabile, finta, poco profonda, buona per un teatrino che tenga impegnati gli allocchi.

La «guerra civile planetaria», questo universo di barbarie perpetua che ci prometteva il filosofo marxista dopo la fine del Patto di Varsavia, si è realizzata in forma di cartapesta: una scenografia intercambiabile, finta, poco profonda, buona per un teatrino che tenga impegnati gli allocchi

 

O forse non è del tutto così.

 

In realtà, è da tanto tempo che su Renovatio 21 ve lo ripetiamo: si prepara un movimento di contrazione non pacifica della società. Il nostro consorzio umano era stato polarizzato in modo mai visto dapprima per tramite social media: la politica lo sa bene, e l’effetto massimo di quanto sto dicendo è stato Donald Trump, che portò ad una divisione dell’elettorato (e dei media, e degli enti statali) che creò gruppi incapaci anche solo di comunicare fra lodo.

 

Poi è venuta la pandemia. Il gap qui  si è aggravato in modo molto più profondo, e su una linea completamente nuova: non più su un piano politico e civile, ma su un piano biotico. È la vita biologica stessa delle persone – il bios – che adesso è il dato rilevante per le fazioni contrapposte.

 

Poi è venuta la pandemia. Il gap qui  si è aggravato in modo molto più profondo, e su una linea completamente nuova: non più su un piano politico e civile, ma su un piano biotico. È la vita biologica stessa delle persone – il bios – che adesso è il dato rilevante per le fazioni contrapposte

Io ho fatto il vaccino, perché tu no?

 

Io mi proteggo con la mascherina dalla minaccia biologica del millennio, perché tu no?

 

Io accetto le modificazioni cellulari per tramite dell’mRNA, perché tu no?

 

Io sono disposto a rinunziare alla mia privacy sanitaria, perché tu no?

 

Io ho sterilizzato mio figlio, perché tu no?

 

Sono tutte domande che strisciano, più o meno evidenti, sotto ogni discorso pubblico e privato, quando si parla di obblighi, di rischi, di no-vax, questo indicibile, inspiegabile cancro sociale che a nessuno salta in mente di definire, come una volta, «dissidenti», né tantomeno con il (brutto) termine giuridico che vi sarebbe pronto per la bisogna, «obiettori».

I no-vax, questo indicibile, inspiegabile cancro sociale che a nessuno salta in mente di definire, come una volta, «dissidenti», né tantomeno con il (brutto) termine giuridico che vi sarebbe pronto per la bisogna, «obiettori»

 

Ciò che divide ora la popolazione è un dato biologico, non etnico. Ciò che crea insiemi di contrasto all’interno della società, non è un’ideologia, ma una biopolitica.

 

Come visibile a chiunque, una delle due fazioni gode non solo dell’appoggio dello Stato, ma anche di tutto il sistema sovranazionale (OMS, Bill Gates, Big Tech, Big Pharma etc.) che di fatto elargisce ordini e prebende alle élite statali. Lo Stato moderno, dunque, non ha nessuna intenzione di placare lo scontro in seno al suo stesso corpo.

 

L’idea che può avere quindi l’Autorità, forte di un sostegno popolare che non ha avuto in altri periodo , quindi, può essere una e una sola: il sacrificio del segmento ritenuto sbagliato. L’annichilimento della minoranza tossica. La cancellazione del gruppo difforme – le cui idee, come il virus, sappiamo quanto siano contagiose.

 

I calcoli li hanno già fatti: se i dissidenti sono il 30%, come dice qualcuno, cancellandoli otteniamo comunque una situazione che consente la sopravvivenza del sistema.

Ciò che divide ora la popolazione è un dato biologico, non etnico. Ciò che crea insiemi di contrasto all’interno della società, non è un’ideologia, ma una biopolitica

 

È in base a questo conto che i social vi stanno censurando e buttando fuori: come ogni altro sistema (le scuole, gli ospedali, le chiese) hanno già accettato l’idea di fare a meno di voi, perfino del vostro portafogli, e continuare sereni con la massa bovina di chi non si pone problemi e obbedisce in cambio di una brucata qua e là, fino al giorno in cui (appunto) non le mucche non si portano al macello.

 

Voi, che disturbate la ruminazione della mandria e per di più la spaventata con questa storia del macellaio, siete in realtà un problema di cui sbarazzarsi – gli conviene non solo politicamente, ma anche economicamente. E conviene allo Stato che ha come unico sistema operativo la filosofia dell’utilitarismo: massimo godimento dei più tramite accettazione di eventuali sacrifici delle minoranze.

 

Non stupiamoci quindi, se lo Stato, tra gli applausi di chi fa la coda all’hub della siringa genica, ha affidato il processo biopolitico principale in atto ai militari

C’è più di una motivazione valida e concreta, quindi, per sbarazzarsi di voi.

 

Non stupiamoci quindi, se lo Stato, tra gli applausi di chi fa la coda all’hub della siringa genica, ha affidato il processo biopolitico principale in atto ai militari. Abbiamo sentito sui giornali ogni sorta di linguaggio guerresco, con discorsi sulla «caccia ai non vaccinati», e i no-vax «da stanare» etc. Sì, si tratta proprio di un’operazione militare, perché di fondo il manovratore sa che il quadro in arrivo è un quadro di scontro, e quindi ci ha messo i soldati, cioè degli uomini armati.

 

Perché sono in parecchi che, come noi, non si arrenderanno mai, preferendo – sul serio – la morte piuttosto che bruciare il granello d’incenso alla Necrocultura pandemica, alla sua dittatura biosecuritaria, ai suoi farmaci transumanisti.

In parecchi non si arrenderanno mai e non bruceranno il granello d’incenso alla Necrocultura pandemica, alla sua dittatura biosecuritaria, ai suoi farmaci transumanisti

 

«Si prepara una guerra civile, e voi lo sapete» avevano scritto i soldati francesi ai loro politici in una strana lettera qualche settimana fa.

 

Noi la pensiamo un po’ più articolatamente: Si prepara una guerra biotica, e nessuno lo ha ancora capito bene.

 

Per cui, cari lettori, stiamo vicini. Prepariamoci all’urto. Sarà tremendo, anzi, lo è già. Già ora vediamo gli effetti devastanti, sulle vite e sulle famiglie di tanti, del DL 44, la prima vera legge di discriminazione biologica di questo conflitto.

 

Si prepara una guerra biotica, e nessuno lo ha ancora capito bene

Ma ricordatelo sempre: nella guerra biotica planetaria, non siamo noi quelli dalla parte della barbarie.

 

Non siamo noi che facciamo i bambini a pezzi per farci le pozioni.

 

Non siamo noi che imponiamo al prossimo di divenire cavia di un esperimento scientifico.

 

Ricordatelo sempre: nella guerra biotica planetaria, non siamo noi quelli dalla parte della barbarie

Non siamo noi ad aver riempito le terapie intensive per svuotarle senza nessuna autopsia.

 

Non siamo noi che abbiamo cremato i resti di esseri umani senza che nessuno potesse piangerli.

 

Non siamo noi che abbiamo impedito alla gente di vivere, lavorare, abbracciarsi, pregare – per mesi.

 

Noi siamo la Civiltà, la Civiltà della vita – e per essa vale la pena di combattere fino a che avremo il cuore che batte

Non siamo noi quelli che, nemmeno per un istante, pensano alla violenza, pensano a chiamare i militari.

 

Noi siamo la Civiltà, la Civiltà della vita – e per essa vale la pena di combattere fino a che avremo il cuore che batte.

 

 

Roberto Dal Bosco

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Necrocultura

Il piano inclinato della morte cerebrale

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La civiltà occidentale nel corso dei secoli ha uniformato il suo diritto e la sua morale alla tradizione filosofica secondo cui l’essere umano è composto di anima e corpo e ha nell’anima razionale il principio vitale che lo caratterizza.

 

Questo principio vitale di natura spirituale, pur essendo nel corpo, non si trova nel cuore, nel cervello né in qualsiasi altro organo, tessuto o funzione. Sulla base di tale assunto, ciò che sostanzia l’uomo non è l’intelletto, né l’autocoscienza e neppure l’interazione sociale, bensì l’anima razionale che contiene in potenza l’uso di tutte queste funzioni.

 

La vita umana inizia con l’infusione dell’anima nel corpo e termina con la separazione da esso, nel momento in cui l’organismo si dissolve nei suoi elementi.

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I momenti iniziale e finale della vita sono avvolti dal mistero ed è compito della filosofia indagare e speculare su di essi; la morale invece ha il dovere di trattare l’essere umano più innocente e indifeso, l’embrione, come una persona, perché non si può escludere che l’anima venga infusa nell’uomo fin dal momento del concepimento (questa tesi è oggi prevalente tra i teologi e i filosofi) e perché qualsiasi atto aggressivo nei suoi confronti rappresenta, in ogni caso, un attentato alla vita umana.

 

Per le medesime ragioni, il principio di precauzione deve essere applicato anche all’individuo di cui non è stata accertata la morte al di là di ogni ragionevole dubbio.

 

I casi di morte apparente, ossia di ritorno alla vita dopo diverse ore in cui erano scomparse tutte le manifestazioni vitali, stanno a dimostrare che fra il momento della morte accertata e quella reale esiste sempre e comunque un periodo più o meno esteso di vita latente. Pertanto, fintantoché non è possibile avere l’oggettiva certezza dell’avvenuto decesso di un essere umano (l’inizio del processo di decomposizione del corpo) sussiste l’obbligo morale di evitare ogni azione lesiva della sua persona.

 

Questa impostazione è stata prevalente nel mondo occidentale fino agli anni sessanta per poi essere soppiantata da una visione utilitaristica e materialistica dell’esistenza.

 

È evidente come il criterio neurologico di morte venne introdotto al fine di stabilire chi conveniva dichiarare morto, non chi era effettivamente deceduto. Nella nuova definizione di morte, commissionata agli esperti di Harvard, al cervello viene arbitrariamente attribuito il ruolo che compete all’anima razionale, ossia dirigere e governare tutti gli organi e funzioni che compongono l’organismo umano.

 

Quindi, coerentemente con tale impostazione, una lesione cerebrale ritenuta irreparabile comporterebbe la fine dell’essere umano considerato come un tutt’uno integrato, e i segni vitali ancora presenti nell’individuo dichiarato cerebralmente morto costituirebbero dei meri riflessi e/o delle funzioni mantenute in maniera artificiale mediante il supporto farmacologico o l’ausilio di macchinari.

 

Una volta dichiarata la morte cerebrale, «viene interrotto qualsiasi supporto vitale. I familiari possono voler essere accanto alla persona in quel momento. Hanno bisogno che venga spiegato loro che uno o più arti possono muoversi quando viene interrotta l’assistenza respiratoria o che la persona può addirittura sedersi (talvolta chiamato segno di Lazzaro). Questi movimenti sono causati dalle contrazioni muscolari di riflesso della colonna vertebrale e non significa che la persona non sia in stato di morte cerebrale». (Manuale MSD, diagnosi della morte cerebrale).

 

Da notare come gli estensori del Manuale, probabilmente per non cadere in dissonanza cognitiva, non se la siano sentita di definire cadaveri per l’appunto le persone che dimenano gli arti perché non riescono a respirare …

 

La stessa legge 194/1978 sull’aborto volontario, che fissa il limite dell’omicidio dell’innocente entro i primi 90 giorni dal concepimento, poggia le sue basi ideologiche sulla tesi del cervello come sede dell’essere, senza di cui non è possibile considerare il bambino ai primi stadi dello sviluppo come una persona, bensì come un semplice agglomerato di cellule e tessuti.

 

Non solo, il fatto che per i novatori il cervello costituisca il principio vitale dell’individuo pone in ogni caso il bambino non ancora nato, o comunque non ancora in grado di avere una vita autonoma al di fuori del grembo materno, in una posizione di «inferiorità ontologica»: non è affatto chiaro, infatti, quando un feto o un bambino molto piccolo possa aver sviluppato la quantità richiesta di autocoscienza per poter essere considerato una persona.

 

Sono note le teorie del filosofo australiano Peter Singer secondo il quale uccidere un neonato non equivale moralmente a uccidere un essere umano razionale e autocosciente e che un malato può essere eliminato se ciò può tornare utile alla società. È quindi interessante notare come Singer sia stato molto critico nei confronti del nuovo criterio di morte cerebrale. Egli riteneva infatti che non ci fosse bisogno di contrabbandare una scelta etica con una indimostrata presunta verità scientifica.

 

Il recente fatto di cronaca accaduto a Traversetolo in provincia di Parma, in cui due bambini appena nati sarebbero stati uccisi dalla madre e sepolti nel giardino della villetta in cui abitava insieme ai genitori, è emblematico dell’insopportabile ipocrisia di una società che condanna l’eliminazione di un innocente appena nato e al contempo considera un diritto l’uccisione del medesimo bambino innocente poco prima, quando si trova ancora nel grembo materno.

 

Con l’introduzione del rivoluzionario criterio della morte cerebrale, il cogito ergo sum di cartesiana memoria entra prepotentemente nel diritto e nella prassi medica, finendo per relegare l’essere umano nell’angusto ambito dell’autocoscienza.

 

I casi relativamente recenti di Vincent Lambert in Francia e dei piccoli Charlie Gard e Alfie Evans in Inghilterra, così come altri tragici casi italiani, possono rappresentare casi di persone uccise tramite eutanasia di Stato semplicemente perché bisognosi di cure e assistenza, stanno a dimostrare che una volta ridefinito il criterio di accertamento della morte si è passati consequenzialmente a ridefinire il significato stesso di essere umano, attraverso l’arbitraria distinzione tra vite degne e indegne di essere vissute.

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In altri termini, a prescindere dalla condizione clinica e dallo stato di coscienza in cui si viene a trovare un determinato soggetto, il suo diritto alla vita è subordinato alla «qualità» della sua esistenza, che si fonda essenzialmente sulle capacità intellettive del soggetto.

 

Pertanto, il vero obiettivo della rivoluzione non era quello di modificare il criterio di accertamento della morte bensì, attraverso di esso, di arrivare a trattare gli esseri umani, nessuno escluso, come corpi senz’anima, ammassi di organi tenuti insieme da principi meramente meccanicistici.

 

Non stupisce allora come nella società contemporanea l’uomo venga considerato un prodotto, un insieme di «pezzi di ricambio».

 

Cos’è la fecondazione in vitro (e tutte le pratiche da essa discendenti come l’utero in affitto e l’utilizzo di cellule embrionali per la produzione di farmaci e vaccini) se non la produzione in laboratorio dell’essere umano ridotto a bene di consumo?

 

Cos’è la cosiddetta «donazione» (meglio dire: predazione) degli organi se non la logica conseguenza della riduzione dell’uomo a merce di scambio?

 

Cos’è l’eutanasia se non l’omicidio di una persona le cui facoltà intellettive risultano ridotte o latenti?

 

Cos’è l’infanticidio se non l’inevitabile approdo della Necrocultura imperante il cui fondamento pseudo scientifico è la cosiddetta morte cerebrale?

 

Alfredo De Matteo

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Immagine di JasonRobertYoungMD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International;immagine modificata.

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Necrocultura

Nunzio apostolico in Germania: l’Europa si sta suicidando con aborto, eutanasia e ideologia di genere

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L’arcivescovo Nikola Eterovic, nunzio apostolico in Germania, ha messo in guardia dal «suicidio» dell’Europa dovuto alla promozione dell’aborto, dell’eutanasia e dell’ideologia di genere. Lo riporta LifeSite.   Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cattolica tedesca (KNA), monsignor Eterovic ha recentemente lanciato l’allarme durante un sermone nel suo paese d’origine, la Croazia, in merito alla grave crisi demografica che sta attraversando la civiltà occidentale.   L’arcivescovo ha detto che l’Europa è afflitta da una «Cultura della morte» dovuta all’aborto e all’eutanasia. Vede il crollo demografico nella maggior parte dei paesi europei come un «segno di suicidio».

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Il monsignore ha anche messo in guardia dall’ideologia di genere, che vede come una forma di «colonizzazione ideologica» dell’Europa diretta contro la comprensione cristiana della famiglia.   Il nunzio apostolico ha descritto la guerra tra Russia e Ucraina come un segno di «suicidio sociale», perché due Paesi storicamente cristiani si stanno combattendo.   «Se un uomo rompe con Dio, se uccide simbolicamente Dio, allora, purtroppo, uccide anche se stesso: perde il fondamento su cui si regge, disprezza i valori che, tra le altre cose, hanno plasmato l’Europa e reso possibile il fiorire della civiltà occidentale», ha detto Eterovic.   Nonostante i tassi di natalità siano ben al di sotto del livello di sostituzione in quasi tutti i paesi europei, i governi di Danimarca e Finlandia hanno recentemente allentato le loro leggi sull’aborto, aumentando il limite dell’aborto da 12 a 18 settimane.

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Nel frattempo, il Regno Unito è attualmente impegnato nell’approvazione di una legge sull’eutanasia simile al MAiD, cioè la tremenda eutanasia canadese.   Tutti questi, assieme a tanti altri che su questo sito documentiamo ogni giorno, sono segni di quella che Renovatio 21 chiama Necrocultura, che è la Mortis Cultura, la Cultura della Morte, di cui parlava Giovanni Paolo II nell’Enciclica Evangelium Vitae.   La Necrocultura è ora il sistema operativo della politica e della vita quotidiana, è la forza di gravità artificiale che vuole spingere l’essere umano verso la sua terminazione, passando per la sua umiliazione. Questo sito documenta dalla sua nascita tale fenomeno, che si concretizza in un’agenda nemmeno occulta di ritorno sul pianeta del sacrificio umano.   Sempre più figure di spicco, da Tucker Carlson a Elon Musk, pur nella loro declinazione, paiono aver capito l’essenza della Necrocultura e il suo potere sull’ora presente.   Cosa si farà per combatterla è cosa che riguarda non solo loro, ma anche lo stesso lettore che sta leggendo questa riga.  

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Bioetica

Bambina partorita nel water. Chi si scandalizza sa che la RU486 fa la stessa cosa?

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Sulla base dei rilievi iniziali fatti dai medici del 118 sul corpo della bimba, «l’infanticidio è l’ipotesi più probabile nel caso della neonata trovata morta a Piove di Sacco». Lo riporta l’agenzia ANSA.

 

Si tratta di un ulteriore caso di morte di neonato che sconvolge l’Italia. Episodi simili sembrano susseguirsi l’uno dopo l’altro.

 

Secondo quanto riportato, il corpicino della piccola sarebbe stato ritrovato in un bagno di un appartamento collegato ad un night club a Piove di Sacco, nel Padovano, in una zona purtroppo nota alla cronaca nera degli anni passati anche per la cosiddetta «mafia piovese», o «mala del Brenta» – la famosa «banda Maniero», a cui la TV nazionale dedica serie TV, ovviamente negando, come in tutti i casi di grandi produzioni su mafia, camorra, mala romana, che si tratti di qualcosa di anche lontanamente agiografico.

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Secondo articoli apparsi sulla stampa, per l’autopsia la bambina sarebbe morta annegata. L’esame autoptico tuttavia sarà reso disponibile solo tra settimane.

 

Per la morte sarebbe stata fermata la presunta madre, una donna italo-brasiliana di 29 anni, che ora si troverebbe agli arresti domiciliari, e si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere.

 

Secondo la procura, «la neonata era stata trovata morta all’interno del water e appariva essere completamente formata» scrive Fanpage. «Secondo gli inquirenti, la 29enne avrebbe partorito “direttamente all’interno del wc dell’appartamento in cui alloggiava” e sostenuto il parto “senza chiedere l’ausilio di personale sanitario o di altre persone”, tirando lo sciacquone “quando la bambina si trovava già con la testa in basso all’interno del WC, causando così l’annegamento”».

 

La tragedia della bambina del water Piove di Sacco arriva dopo lo shock del ritrovamento dei neonati morti di Traversetolo, in provincia di Parma, che secondo l’accusa sarebbero stati partoriti della giovane madre e sepolti nel giardino della villetta di famiglia, senza che nessuno si accorgesse di nulla.

 

Si tratta di un trend? C’è un lato nuovo della maternità che sta emergendo?

 

Per chi conosce il lato oscuro della riproduzione nell’ora presente, in realtà la sorpresa è poca: la società, lo sappiamo, si avvicina sempre di più all’autorizzazione dell’infanticidio, chiamato pudicamente «aborto post-natale». Filosofi e bioeticisti rilanciano l’opzione da diversi anni. Politici di rilievo del Partito Democratico USA come il governatore della Virginia Ralph Northamhanno discusso apertamente l’idea che medico e madre del neonato possano, a pochi momenti dalla nascita, decidere di sopprimere in bambini. In pratica: l’infanticidio è da un pezzo nella finestra di Overton.

 

Nel mondo in cui l’aborto è un diritto – o, per alcuni, un «obbligo sacro», un sacramento – come lamentare il pendio scivoloso che porta l’uccisione del bambino oltre il limite della nascita? È anche quello, alla fine, solo un confine arbitrario, una convenzione – né più né meno come la «morte cerebrale», in base alla quale in questo stesso momento quantità di persone stanno venendo squartate in ospedale e depredati dei loro organi mentre il cuore batte ancora.

 

Tuttavia, è un’altra immensa ipocrisia che vogliamo qui segnalare.

 

Abbondano ora in rete le immancabili analisi dei Soloni che parlano di «territorio alla deriva», «malessere profondo della società», e via sbadigliando. Gli editorialisti, gli opinionisti, gli psicologi mediatici, i giornalisti direttorazzi, i socio-sapientoni, quelli che il mondo lo capiscono benissimo per stipendio (eccerto), sono scandalizzati da questa storia del pargolo finito del water, con i giornali che suggeriscono anche che sarebbe stato tirato lo sciacquone come per liberarsene. Raro orrore. No?

 

Ebbene, informiamo i benpensanti salariati con il ditino alzato che partorire il bambino nel water è la norma dell’aborto chimico.

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L’«interruzione volontaria di gravidanza con metodo» farmacologico, la cui implementazione è stata voluta con forza dalla politica e inflitto ancora più efficacemente durante il biennio pandemico, agisce esattamente in questo modo: la pastiglia di mifepristone (RU486) uccide l’embrione, una successiva assunzione (dopo 48 ore) di una prostaglandina (misoprostolo, gemeprost) provoca l’espulsione.

 

La RU486 è stata approvata dall’AIFA nel 2009. Tuttavia secondo le linee guida l’assunzione del farmaco figlicida dovrebbe comportare un ricovero ospedaliero «obbligatorio» di tre giorni continuativi con assegnazione di posto letto per il pernottamento, di modo che avvenga in nosocomio «l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi».

 

Quindici anni fa, momento dell’immissione del farmaco nel sistema nazionale, il Consiglio Superiore di Sanità stabilì che, a differenza della Francia dove le pillole possono prendersi a casa, in Italia il percorso di aborto farmacologico dovesse avvenire in ricovero ospedaliero «dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento».

 

Tuttavia, in almeno tre regioni – Toscana, Emilia-Romagna, Lazio – la pillola era programmata per essere disponibile anche senza ospedalizzazione. Nel 2015 una nota della Sanità del Piemonte scriveva che «7.311 donne hanno usufruito della RU486 presso l’ospedale Sant’Anna, primo in Italia». Nello stesso comunicato, era specificato che «per quanto riguarda le IVG fino a 49 giorni e gli aborti interni, complessivamente, il 99% delle donne non è stata ricoverata per tre giorni ed ha potuto lasciare l’ospedale tra la somministrazione del mifepristone e quella della prostaglandina due giorni dopo. Nel tempo tale percentuale è diventata prossima al 100% e negli ultimi tre anni solo 4 donne su 3.217 sono rimaste ricoverate».

 

Il vincolo dei tre giorni in ospedale fu quindi definitivamente rimosso dal ministro della Salute Roberto Speranza nel 2020.

 

E quindi è naturale pensare che, in tali condizioni, l’espulsione del figlio avviene nella quasi totalità dei casi nel bagno di casa. E la quantità di bimbi scaricati nel cesso non può che essere massiva.

 

Proprio così: tanti bambini, anche oggi stesso, stanno venendo partoriti nel water, con la madre che poco dopo tira l’acqua – esattamente come sarebbe successo a Piove di Sacco, con grande scandalo di quelli che benpensano.

 

Renovatio 21, quando tratta del tema, non manca di ricordare il proseguo. Perché la questione, tirato lo sciacquone, per la madre finisce, ma per il bambino no.

 

E allora, cerchiamo di vedere il resto della storia dagli occhi del piccolo espulso dal grembo materno: finisce giù per la tubatura, assiame a liquami ed escrementi, per poi finire direttamente nella fogna, dove vivono tante creature: insetti, pesci, anfibi, topi – questi ultimi con un fiuto notorio, e immaginiamo una carne giovanissima, ricca di cellule staminali, quanto possa risultare irresistibile.

 

Questa storia di bambini finiti nelle fogne e divorati dalle bestie manca stranamente dalle cronache recenti della RU486: proprio pochi giorni fa la Regione Emilia-Romagna (sempre all’avanguardia per quanto concerne l’aborto: pensiamo alle NIP, gli esami non invasivi che ti dicono subito se il bambino che porti in grembo è down, così da poter decidere che fare) ha aggiornato i profili di assistenza per la IVG – acronimo orwelliano per «feticidio» – tramite metodi farmacologici, istituendo definitivamente l’assunzione del «pesticida umano» a livello domestico.

 

Nessun giornale, nemmeno quelli sedicenti «cattolici», sembra voler pensare al destino dei bambini nel water. Pare di capire: a seconda dell’età dal concepimento, ci sono bambini-toilette di Serie A e di Serie B. Dei primi si può parlare, dei secondi no, nemmeno quando si dovrebbe.

 

Quindi: sì, l’Italia è il Paese dove, passando per una legge che ne autorizza la distruzione chimica, i feti finiscono nella tazza del cesso e nella fogna, ogni giorno. A decine, forse a centinaia – chi può avere questi numeri? Come vengono conteggiati? È possibile farlo?

 

Pure vogliamo rammentare, en passant, che mentre la tragedia dei feti uccisi agisce su tutti i livelli, visibili ed invisibili, qualcuno sta andando in giro per l’Italia a sotterrare barattoli di vetro con dentro feti, come se si trattasse di piccoli occulti capitelli di questo maleficio sui piccoli esseri umani. Gli scandalizzati di mestiere, pro-vita o meno che siano, non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando. E quelli che lo sanno, fanno finta di niente, fischiettosamente.

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Prima di gridare allo scandalo, quindi, pensiamo a quella che è la realtà. La stampa mainstream fa il suo lavoro: vuole fissarvi sul dito e non sulla luna, sulla pagliuzza invece che sulla trave. Vuole istupidirvi, rendervi ciechi rispetto al dominio della Necrocultura sul nostro mondo, sulle nostre stesse esistenze.

 

Diventa chiaro a tutti cosa diviene quindi questa storia: è un fenomeno di proiezione, di sfogo programmato. La società concentra su un singolo caso – possiamo dire che si tratta di un capro espiatorio? – il male che la pervade tutta, istituzionalmente e profondamente.

 

Dunque, caro cittadino sincero-democratico, caro contribuente perbene, caro italiano postcattolico, caro genitore borghese pronto alla provetta e alla siringa RNA, ora lancia pure le tue pietre contro la «spogliarellista», mentre tua moglie, tua figlia, tua sorella, la tua amante, la tua collega, la tua fidanzata, la tua vicina, tua madre partoriscono bambini nel cesso.

 

Sono i tuoi figli, i tuoi nipoti – sono il prossimo tuo, sono il futuro dell’umanità, sono l’Imago Dei, l’immagine di Dio resa carne.

 

Caro italiano adulto, sopravvissuto per qualche ragione anni fa allo sciacquone della Cultura della Morte: quanto ancora per capire sotto quale incantesimo malefico ti trovi?

 

Roberto Dal Bosco

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