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Controllo delle nascite

Il pianeta non ha più bisogno di una «vasta maggioranza» della popolazione: parla il filosofo di Davos

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Il filosofo israeliano Yuval Noah Harari, considerato uno dei principali consiglieri del World Economic Forum di Davos, ha recentemente dichiarato che, grazie al progresso della tecnologia, il mondo non ha «bisogno della stragrande maggioranza».

 

Lo Harari ha fatto la dichiarazione audace in un’intervista con Chris Anderson, capo del popolare gruppo di media TED, dove ha ribadito alcune sue passate previsioni riguardo la «classe inutile» di umani «non impiegabili».

 

Harari ha spiegato che ci stiamo allontanando dal XX secolo, quando i «grandi eroi» delle narrazioni prevalenti dei sistemi politici erano sempre «persone comuni». Nel XXI secolo, dice il pensatore amico di Schwab, le persone «non fanno più parte della storia del futuro». Le persone, secondo Harari, sono state sostituite dall’Intelligenza Artificiale (AI) e da un’economia ad alta tecnologia.

 

L’intellettuale israeliano ha quindi presentato l’ipotesi che l’ansia di essere sostituiti nell’economia futura dall’IA e da una classe «tecnologica» altamente istruita sia in parte alla radice della «disillusione e del contraccolpo del mondo contro l’ordine liberale».

 

«Parte di quello che potrebbe succedere è che le persone si rendono conto – e hanno ragione nel pensare che, “Il futuro non ha bisogno di me. … Forse se sono simpatici, mi getteranno delle briciole, come il reddito di base universale”. Ma psicologicamente è molto peggio sentirsi inutili che sentirsi sfruttati», ha illustrato lo Harari.

 

«Ora, avanziamo rapidamente all’inizio del 21° secolo, quando non abbiamo bisogno della stragrande maggioranza della popolazione», ha continuato il vegano Harari, «perché il futuro riguarda lo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate, come l’Intelligenza Artificiale e la bioingegneria».

 

Harari ha aggiunto che «queste tecnologie renderanno sempre più ridondante (…) tutto ciò che le persone stanno ancora facendo che è utile» e quindi «permetteranno di sostituire le persone».

 

Riguardo a nuovi lavori creati dal progresso, «non è chiaro se molti umani saranno in grado di farli, perché richiederanno competenze elevate e molta istruzione».

 

Come nota Lifesitenews, Harari nell’intervista arriva al punto di suggerire che la ricchezza dovrebbe essere ridistribuita a livello globale, in modo che i profitti delle società tecnologiche negli Stati Uniti e in Cina possano beneficiare le persone nei paesi meno avanzati nel dominio tecnologico.

 

«Direi che il problema più grande in assoluto non è a livello nazionale. È a livello globale», ha affermato l’autore calvo e occhialuto, che ha aggiunto che mentre può immaginare la ridistribuzione della ricchezza dai «giganti della tecnologia in California» alle «madri in Pennsylvania», non vede che la ricchezza venga ridistribuita in «Honduras, Messico o Brasile».

 

Tale pensiero tocca non esplicitamente il tema del crollo dello Stato-nazione come traguardo della globalizzazione (di cui Davos è capitale), un’indebolimento dei governi sui territori peraltro visibile con la politica del confine meridionale USA lasciato spalancato da Biden

 

Nel suo libro Sapiens. Da animali a dèi: Breve storia dell’umanità lo Harari afferma che «l’Homo sapiens governa il mondo perché è l’unico animale che può credere in cose che esistono puramente nella sua stessa immaginazione, come gli dei, gli Stati, il denaro e i diritti umani».

 

Il filosofo gay israeliano ha portato avanti il concetto anche di recente, quando è arrivato ad affermare che «dovremmo abituarci all’idea che non siamo più anime misteriose», ma «animali hackerabili».

 

Come riportato negli anni da Renovatio 21, è da diverso tempo che Harari – ospitato con tutti gli onori nei consessi più importanti del pianeta, dalla Silicon Valley a Davos – parla di useless class, classe inutile.

 

«Quando un secolo fa veniva lanciata una rivoluzione contro lo sfruttamento, si sapeva che quando il male peggiora, non possono sparare a tutti noi perché hanno bisogno di noi», ha raccontato a fine 2019 in un teatro di San Francisco davanti a 3.500 persone.

 

«Siete totalmente sacrificabili», ha detto al pubblico di tecno-eletti californiani, che faceva partire applausi scroscianti.

 

Questo, ha spiegato Harari in seguito, è il motivo per cui la Silicon Valley è così entusiasta del concetto di reddito di base universale o di sussidi pagati alle persone indipendentemente dal fatto che lavorino. Si tratta dell’idee economica scimmiottata dal reddito di cittadinanza grillina, che in realtà è solo un’assistenzialismo spinto in grado di creare feudi elettorali di parassiti.

 

«Ora aumenta la sensazione che ci sono tutte queste élite che proprio non hanno bisogno di me. Ed è molto peggio essere irrilevanti che essere sfruttati» aveva detto Harari.

 

«In qualità di massimo consigliere del capo e fondatore del WEF Klaus Schwab, l’opinione di Harari secondo cui il mondo ora ha un’abbondanza di persone “inutili”, insieme al suo aperto degrado degli esseri umani come equivalenti agli animali, solleva la questione se gli obiettivi del WEF siano plasmato da tale visione e, in caso affermativo, in quale misura» scrive Lifesitenews.

 

La domanda che si pone: l’appoggio di Davos, ONU e di ogni altra sigla transnazionale alla riduzione dei combustibili fossili è pensato proprio per ingenerare una crisi economica e energetica che limiti le nascite e provochi più morti?

 

La «transizione ecologica» è la maschera di un programma di depopolazione?

 

E l’avallo dato da Schwab e dai suoi minions WEF – che dovrebbe, in teoria, occuparsi di economia… – ai lockdown e a sistemi di controllo elettronico della popolazione, parimenti, riguardano un futuro di nascite e morti totalmente programmate?

 

È questo il succo del Grande Reset?

 

Ritorniamo ad Harari, per capire da che parte sta, rispetto alla politica corrente, il pensatore israeliano omosessuale vegano.  Durante la pandemia di COVID-19, in seguito al taglio dei finanziamenti americani all’OMS deciso dal  presidente Trump, Harari aveva annunciato che lui e suo «marito» avrebbero donato un milione di dollari all’OMS attraverso Sapienship, la loro società di «impatto sociale».

 

Bel nome della fondazione, che pare pure ben finanziata (dire certe cose, a quanto sembra, paga benissimo).  Tuttavia non che il personaggio sia attaccato davvero all’Homo Sapiens: «l’Homo sapiens come li conosciamo scomparirà in un secolo o giù di lì» ha dichiarato nel 2017.

 

L’uomo sparirà, ma prima sarà dissolta la useless class, di cui lo scrivente e il lettore fanno probabilmente parte.

 

Tranquilli, stanno approntando una dolce via di uscita dal pianeta.

 

«Ancora una volta penso che la domanda più grande forse nell’economia e nella politica dei prossimi decenni sarà cosa fare con tutte queste persone inutili» dice lo Harari in un video ancora visibile in rete., dove racconta di un futuro imminente dove diventerà comune «produrre esseri umani», così da rendere nullo il bisogno di mano d’opera perfino nel terzo mondo. Resta quindi il problema di tutta questa umanità in eccedenza.

 


 

«Il problema è più la noia e cosa fare con loro… come troveranno un senso nella vita quando sono fondamentalmente privi di significato, senza valore…  la mia ipotesi migliore al momento è una combinazione di droghe e videogiochi come soluzione».

 

Avete letto bene.

 

Questo è il programma che l‘oligarcato avrà per voi.

 

Sterilizzati e narcotizzati, pronti per Netflix e la Playstation ad vitam, 0 meglio, ad mortem: cioè fino a che non decideranno di eutanatizzarvi, o magari di cancellarvi con una bomba atomica.

 

 

 

 

 

 

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Controllo delle nascite

India, una speciale task force della polizia contro feticidi e infanticidi femminili

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

L’iniziativa in risposta all’ultimo caso di uccisione di una neonata. A denunciare la vicenda il nonno della bambina, insospettito dalla spiegazione del decesso fornita dalla figlia. Medico cattolico plaude all’iniziativa: «urgente» promuovere «valore e dignità» delle donne fin dal concepimento.

 

Una speciale task force contro i casi di infanticidio di bambine e di omicidio di feti femminili a Vellore. È l’iniziativa lanciata dal governo del Tamil Nadu, nel Sud dell’India, in risposta ad un recente caso di cronaca, in cui una coppia è stata arrestata in seguito alla morte della loro figlia.

 

Secondo la polizia distrettuale della città il 28enne Jeeva e la moglie Dayana, di 20 anni, originari del villaggio di Yeliur, nel distretto di Vellore sono stati fermati il 6 settembre scorso per aver presumibilmente avvelenato la bambina. Ad avviare l’inchiesta la denuncia presentata da Saravanan, il padre di Dayana e nonno della vittima, che si è rivolto alla locale caserma di polizia (Sho) di Veppankulam, dopo essersi insospettito sulle cause del decesso.

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Interpellato da AsiaNews il dr. Pascoal Carvalho, membro del Comitato per la vita umana dell’arcidiocesi di Delhi (Ahlc) e già membro della Pontificia accademia per la vita, plaude all’iniziativa perché è «urgente» promuovere «valore e dignità» delle donne fin dal concepimento.

 

Ricordando che la Chiesa l’8 settembre celebra il compleanno di Maria, madre di Gesù, egli sottolinea una volta di più l’importanza di contrastare pratiche diffuse come «infanticidio femminile e ferticidio». E ribadisce la contrarietà ai test di determinazione del sesso e gli aborti selettivi, auspicando «un cambiamento nelle coscienze» del Paese, valorizzando programmi di tutela e protezione come il «Cradle Baby Scheme» del Tamil Nadu per i bambini abbandonati.

 

L’ultima vicenda di cronaca è emersa grazie alla coraggiosa denuncia del nonno della piccola vittima, non convinto dal racconto della figlia secondo cui la neonata sarebbe morta dopo aver perso sangue dal naso e dalle orecchie. In seguito alle indagini, i genitori hanno ammesso di averla uccisa perché «si aspettavano che il secondo figlio fosse un maschio». Ora le forze dell’ordine hanno predisposto la formazione di una unità speciale, chiamata a indagare su tutti i casi di morte di bambine piccole registrati nell’ultimo anno nello Stato.

 

In passato si sono verificati diversi casi di morte di feti o di infanticidi femminili nel distretto di Vellore. Secondo le statistiche, almeno uno o due decessi per ingestione di latte (secondo la versione ufficiale) e tutti riguardavano bambine.

 

L’amministrazione distrettuale aveva già inviato una missiva agli ufficiali medici perché considerassero le seconde figlie come «neonati ad alto rischio» e da seguire ogni settimana per almeno un mese. Le autorità hanno anche dato direttiva a tutti gli ospedali di monitorare i progressi delle partorienti e di inviare una squadra composta da infermiere e tecnici del villaggio per controllare delle bambine.

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Il dipartimento medico dello Stato ha anche intensificato l’applicazione della legge sulle tecniche diagnostiche pre-concezionali e prenatali (PCPNDT) del 1994 per cercare di arginare i feticidi femminili.

 

A questo si aggiunge il giro di vite sui centri di screening illegali che venivano utilizzati per l’identificazione del sesso.

 

Un paio di anni fa, nel distretto di Tiruvannamalai, sempre nel Tamil Nadu, sono stati chiusi ben 22 di questi centri. Dopo che la polizia di Vellore ha registrato un caso di infanticidio femminile contro Jeeva e Dayana, la squadra speciale di polizia controllerà infine i casi di aborti e interruzioni mediche di gravidanza (MTP) dell’ultimo anno in ogni distretto.

 

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Controllo delle nascite

L’Ucraina accellera nel collasso demografico

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«La mortalità in Ucraina nel 2024 è tre volte superiore al tasso di natalità”» ha riferito il quotidiano Ukrainska Pravda il 5 agosto, citando le statistiche raccolte dal Ministero della Giustizia ucraino e pubblicate da Opendatabot, una piattaforma ucraina di dati aperti.   L’articolo riporta che «nella prima metà del 2024 in Ucraina sono nati in totale 87.655 bambini, il 9% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Allo stesso tempo, durante questo periodo sono stati registrati 250.972 decessi».   «Attualmente in Ucraina si registrano tre decessi per ogni neonato. Nel 2018-2020, questa cifra era di due morti per bambino (…) Per fare un confronto, in Ucraina sono nati 132.595 bambini nella prima metà del 2021. Questa cifra ora è diminuita di 1,5 volte».

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La crisi demografica dell’Ucraina, tuttavia, potrebbe essere molto peggiore. Ci si chiede: il tasso di mortalità include anche le persone uccise in combattimento?   Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha dichiarato che finora sono stati uccisi solo 31.000 soldati, mentre altri credono che il bilancio delle vittime militari possa essere di centinaia di migliaia, con molti dei morti ancora considerati «dispersi in azione».   Qualunque sia la verità, il solo calo del tasso di natalità aggiunge un’altra dimensione alla «lotta fino all’ultimo ucraino» delle potenze anglo-americane contro, oltre che la Russia, la stessa Ucraina.   Secondo ilministero della Sanità, «dal 2013 il tasso di natalità in Ucraina è in calo di circa il 7% annuo». Ciò significa che la guerra ha «semplicemente» accelerato il calo del tasso di natalità avvenuto sotto i governi dominati dagli Stati Uniti e dalla NATO che seguirono il colpo di Stato di Maidan del 2014 di Victoria Nuland, il cui regno, a sua volta, «semplicemente» ha accelerato il collasso della potenziale popolazione relativa dell’Ucraina. densità che iniziò sul serio quando l’Ucraina cadde sotto il controllo del FMI nel 1992, scrive EIRN.   Come riportato da Renovatio 21, la catastrofe economica e demografica ucraina era già discussa l’anno scorso. Secondo le stime dell’Istituto Ucraino per il Futuro, in Ucraina vivono solo 29 milioni di persone, perché molte donne e bambini se ne sono andati durante le prime fasi della guerra.   Pertanto, la popolazione dell’Ucraina si è contratta del 43% dal 1991. L’Istituto afferma che il tasso medio di fertilità in Ucraina è di 0,7 bambini per le donne in età fertile (di solito nella fascia di età compresa tra 15 e 44 anni).

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Il Wiener Institut für Internationale Wirtschaftsvergleiche (Istituto di Vienna per gli Studi Economici Internazionali, detto anche WIIW) nell’estate 2023 ha pubblicato un rapporto che mostra che è improbabile che l’Ucraina si riprenda demograficamente dalle conseguenze della guerra, rendendo così estremamente difficile la ricostruzione.   L’Ucraina «affronta una drammatica sfida demografica, simile all’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale», ha concluso lo studio, intitolato «Le sfide demografiche alla ricostruzione dell’Ucraina».   Tuttavia, nonostante il crollo della natalità, nell’Ucraina in guerra continua tranquillamente il business dei bambini prodotti con la provetta e l’utero in affitto.

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Cina

Con sempre meno nascite Pechino stoppa le adozioni internazionali

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Cominciate nel 1992 nel pieno della «politica del figlio unico», in oltre trent’anni hanno visto più di 160mila bambini e soprattutto bambine accolte da famiglie di tutto il mondo. La portavoce del ministero degli Esteri: «Adeguamento in linea con le tendenze internazionali». L’anno scorso solo 9 milioni di nuovi nati in tutta la Cina, nonostante oggi – al contrario di ieri – le autorità chiedano di avere più figli.

 

La Cina non invierà più bambini all’estero per l’adozione internazionale. Lo ha annunciato il governo, annullando così una serie di accordi iniziati nel 1992 – quando ancora Pechino era nel pieno della sua politica del figlio unico – e che hanno visto in più di trent’anni oltre 160mila bambini cinesi essere adottati da famiglie di tutto il mondo, la metà dei quali negli Stati Uniti secondo i dati di China’s Children International.

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Rispondendo a una domanda su una notifica in questo senso ricevuta dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti, la portavoce ministero degli Esteri di Pechino Mao Ning ha dichiarato che il governo cinese ha «adeguato» la sua politica sulle adozioni per essere «in linea» con le tendenze internazionali.

 

La funzionaria ha spiegato che – a parte alcuni casi legati a parentele fino al terzo grado con persone che vivono fuori dal Paese – «la Cina non invierà più bambini all’estero per l’adozione». «Esprimiamo il nostro apprezzamento ai governi e alle famiglie straniere che desiderano adottare bambini cinesi per le loro buone intenzioni e per l’amore e la gentilezza che hanno dimostrato», ha aggiunto.

 

Il cambiamento delle regole arriva mentre i politici cinesi lottano per incoraggiare le giovani coppie a sposarsi e ad avere figli, per la crisi demografica sempre più evidente.

 

La Cina ha uno dei tassi di natalità più bassi a livello globale e sta cercando di incentivare le giovani donne ad avere figli, finora però con scarsi risultati. Le nuove nascite nella Repubblica popolare nell 2023 sono scese del 5,7% a 9,02 milioni e il tasso di natalità ha raggiunto il minimo storico di 6,39 nascite per 1.000 persone, in calo rispetto al tasso di 6,77 nascite del 2022.

 

A livello generale la popolazione è diminuita di 2,08 milioni, o dello 0,15%, a 1,409 miliardi nel 2023. Un dato molto superiore al calo della popolazione di 850.000 unità nel 2022, che era stato il primo dal 1961, durante la Grande carestia dell’era di Mao Zedong.

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Dal 1979 al 2015 la Cina ha attuato una rigorosa politica del figlio unico dal 1979 al 2015 per ridurre la sua popolazione. Quando le famiglie sono state limitate ad avere un solo figlio, molte avevano scelto di tenere i figli maschi e di dare le femmine in adozione.

 

Le «tendenze internazionali» a cui la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha fatto riferimento si riferiscono alla decisone adottata a maggio dai Paesi Bassi di vietare ai propri cittadini di adottare bambini da Paesi stranieri.

 

Anche in Danimarca, i cittadini non potranno più adottare bambini dall’estero dopo che l’unica agenzia locale che se ne occupava ha dichiarato di voler interrompere le proprie attività.

 

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