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Sorveglianza

Video dallo Sri Lanka: codici QR usati per fare benzina

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Renovatio 21 aveva pubblicato un articolo sull’argomento mesi fa, il 5 agosto scorso, per la precisione: in Sri Lanka, Paese martoriato da una crisi economica e politica senza precedenti, è stato introdotto l’uso dell’ID digitale per il razionamento della benzina imposto dal governo.

 

Ora in rete a cominciato a circolare un altro video, brevissimo, che ne mostra l’uso divenuto oramai comune..

 

Il nuovo programma di razionamento del carburante era arrivato meno di due anni dopo che l’agricoltura biologica, era stata resa obbligatoria in Sri Lanka, vietando l’uso di fertilizzanti sintetici e portando l’intera Nazione nella carestia – con vera scarsità di cibo – e nel collasso economico.

 

 


 

Come riportato da Renovatio 21, nei giorni della crisi alle pompe di benzina vi furono anche morti nei calpestamenti.

 

Il video che sta spopolando in rete mostra che il sistema digitale di pass «premiale» è già arrivato al comparto energetico: senza pass, niente benzina. Senza QR, non ti muovi.

 

Se pensate che assomigli molto al green pass, è perché in effetti ci somiglia: anzi è la stessa cosa.

 

L’introduzione è dovuta al governo di Ranil Weckremisinge, che ha preso il posto dei Rajapaksa, fratelli costantemente al potere messi in fuga dalla rivolta civile. Come riportato da Renovatio 21Weckremesinghe è un «Agenda Contributor» del World Economic Forum.

 

Wickremesinghe, che era il primo ministro e aveva fatto parte anche del precedente governo Sirisena, è così diventato il nuovo presidente dell’isola. Wickremesinghe ha dato pubblica visibilità alla sua partecipazione al World Economic Forum di Davos da tanti anni. I piani del club di Schwab nei confronti dell’agricoltura sono noti.

 

Il governo del cingalese di Davos, invece di essere un esecutivo di pacificazione, sembra aver optato per la repressione delle protesta col pugno di ferro, al punto che la polizia la scorsa era nelle chiese cattoliche in cerca del sacerdote.

 

L’idea della riforma dell’agricoltura in senso «biologico» era stata discussa a Davos, di cui il Weckemesinghe è un assiduo frequentatore. Qui e in altre sedi annunciò la volontà di fare del suo Paese un esempio, rendendogli un punteggio ESG (l’idea di valutare Stati e aziende a seconda del loro impatto socio-ambientale) altissimo.

 

Ci è riuscito. A costo, ovviamente, della devastazione del suo Paese.

 

Nonostante l’impatto devastante delle politiche sui fertilizzanti, che sono un aspetto integrante dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, il governo dello Sri Lanka non ha ancora dato alcuna indicazione che intenda revocare le politiche causando danni immensi alla loro popolazione, con rivolte per la fame blackout elettrici

 

Ribadiamo quanto già scritto da Renovatio 21: un ID digitale totalizzante era in stato di attuazione in Ucraina poco prima della guerra, con evento pubblico di Zelens’kyj per lanciarlo.

 

Abbiamo visto ovunque una spinta per attuarlo, dai banchieri canadesi (che ammettono di essere «ispirati» dal WEF) all’appena rieletto Macron, al nostro ministro dell’innovazione Vittorio Colao, ex numero uno del colosso telefonico Vodafone, alla sorta di sistema di  «credito sociale» sperimentato a Bologna.

 

In ultima analisi, la vera cifra dello scontro presente è tra l’élite che vuole imporre la piattaforma di controllo bioelettronico e coloro che lo rifiuteranno, mentre le masse saranno indotte ad aderirvi con il meccanismo di premialità visto con il green pass (e rilanciato con i sensori di cui si parla apertis verbis  a Davos): lascia perdere i tuoi diritti, ti comporti bene e ti diamo dei soldi (elettronici), ti consentiamo di uscire, di accedere alla piscina, etc.

 

La piattaforma digitale è quindi lo strumento del grande processo di sottomissione che si para dinanzi.

 

Essa si rafforzerà indicibilmente con l’introduzione, a brevissimo, di sistemi come il danaro digitale, per il quale l’Europa farà da apripista con il suo «inevitabile» Euro digitale. La sua piattaforma esisteva prima della pandemia, ed è ora materialmente usata, appunto, per «gestirla» con l’implementazione del del green pass.

 

Lo Sri Lanka è solo la zona di esperimento di questa radicale trasformazione della società umana, che qualcuno vuol far entrare definitivamente nella sua fase post-democratica, post-costituzionale, post-umana.

 

 

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Sorveglianza

L’Australia abbandona i piani per leggi che multano la «disinformazione»

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Il governo australiano ha scartato i piani per introdurre multe per le piattaforme di social media che non riescono a fermare la diffusione online di «disinformazione e informazioni errate gravemente dannose».

 

Il partito laburista al governo ha riconosciuto che il suo Communications Legislation Amendment (Combatting Misinformation and Disinformation) Bill («Progetto di legge di modifica della legislazione sulle comunicazioni (lotta alla disinformazione e alla cattiva informazione)» non aveva alcuna possibilità di ottenere abbastanza sostegno in Parlamento.

 

Come riportato da Renovatio 21, si sarebbe trattato di una legge che di fatto avrebbe reso il governo come unico arbitro della verità, una prospettiva orwelliana che non sorprende, dopo il biennio pandemico, nel contesto degli antipodi.

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In una dichiarazione di domenica, il ministro delle Comunicazioni Michelle Rowland ha scritto che «sulla base di dichiarazioni pubbliche e impegni con i senatori, è chiaro che non esiste un percorso per legiferare questa proposta attraverso il Senato», accusando gli oppositori del disegno di legge di porre «lo spirito di parte al di sopra di qualsiasi tentativo di navigare nell’interesse pubblico».

 

Secondo Sky News, la coalizione conservatrice Liberal-National, così come i Verdi australiani e un certo numero di senatori trasversali si sono rifiutati di sostenere la legislazione proposta. L’opposizione ha criticato il disegno di legge come un tentativo di sopprimere la libertà di parola.

 

La Rowland ha esortato quei partiti e legislatori a sostenere altre iniziative presentate dal governo con l’obiettivo dichiarato di «rafforzare le istituzioni democratiche e mantenere gli australiani al sicuro online». Il funzionario ha continuato affermando che «l’80% degli australiani vuole un’azione» per affrontare «la disinformazione e la cattiva informazione gravemente dannose che rappresentano una minaccia per la sicurezza, l’integrità delle elezioni, la democrazia e la sicurezza nazionale».

 

Il ministro delle comunicazioni ha aggiunto che il disegno di legge silurato «avrebbe inaugurato un livello di trasparenza senza precedenti, tenendo le grandi aziende tecnologiche responsabili dei loro sistemi e processi per prevenire e ridurre al minimo la diffusione di informazioni errate e disinformazione dannose online». La legislazione si sarebbe concentrata in particolare su aspetti come bot, account falsi, deep fake, pubblicità e monetizzazione.

 

Il disegno di legge prevedeva multe fino al 5% del fatturato globale di una piattaforma di social media in caso di inadempienza. In base a tale legge, le aziende sarebbero state obbligate dalle autorità australiane a presentare codici di condotta, con l’autorità di regolamentazione che avrebbe stabilito i propri standard nel caso in cui una piattaforma di social media avesse trascurato di farlo.

 

Di recente il governo australiano ha avviato una campagna normativa per limitare i giganti della tecnologia con sede all’estero.

 

Giovedì, la Rowland aveva presentato in parlamento un emendamento all’Online Safety Act che obbligherebbe le piattaforme di social media ad adottare misure ragionevoli per garantire efficaci protezioni di verifica dell’età. Se approvata, la legge impedirebbe ai bambini di età inferiore ai 16 anni di accedere ai social media, con multe fino a 50 milioni di dollari australiani (circa 30,8 milioni di euro) per le aziende che violano le norme.

 

Si trattava, con ogni evidenza di una legge in pieno stile orwelliano, in grado di superare financo il totalitarismo della Repubblica Popolare Cinese, avversario «caldo» da cui Canberra, dopo screzi anche significativi, progetta di difendersi in ogni modo.

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«Lo scopo principale della legislazione è quello di mettere a tacere i critici della risposta del governo australiano alla crisi del COVID-19. L’obiettivo è garantire che in futuro le autorità sanitarie e la classe politica siano immuni da controlli e critiche» continua LifeSite. «È improbabile che sia efficace. Ciò che hanno fatto invece è dimostrare che l’Australia non ha un’adeguata protezione per la libertà di parola, né è una vera democrazia».

 

L’Australia, come noto, divenne durante la pandemia COVID il Paese capofila dell’incubo distopico-pandemico.

 

Come ha già avuto modo di scrivere Renovatio 21, l’Australia raggiunse livelli mostruosità durante il biennio pandemico, quando lo Stato praticò una repressione ferale contro la sua popolazione, con la violenza delle forze dell’ordine portata – e autorizzata – fin dentro le automobili e persino le case delle famiglie, e ordini che proibivano baci e abbracci a capodanno, i regali di Natale, e perfino le conversazioni, nonché gli abbracci tra nonni e nipoti, con i non vaccinati definiti dalle autorità sanitarie come «infelici» e «soli» per tutta la loro vita, e bambini che venivano aggrediti dalla polizia.

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Immagine di DO’Neil via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Il vicecancelliere tedesco denunzia un pensionato per un meme

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Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha sporto denuncia contro un uomo bavarese di 64 anni per aver condiviso un meme in cui lo definiva un idiota.   A giugno, Stefan Niehoff ha condiviso un meme con una foto di Habeck con un logo alterato di un famoso marchio di shampoo, che lo ha cambiato da Schwarzkopf (testa nera) a Schwachkopf (testa debole). La polizia ha fatto irruzione nella sua casa nella Bassa Franconia all’alba di martedì e gli ha sequestrato il tablet.   Gli avvocati di Habeck hanno presentato una denuncia penale contro Niehoff, hanno detto venerdì i procuratori della città di Bamberg all’agenzia di stampa tedesca dpa. Hanno aggiunto che Niehoff è stato anche accusato di aver caricato un’immagine su X che «faceva riferimento all’era nazista».

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Secondo i documenti ottenuti dal quotidiano Nius, il mandato del tribunale aveva autorizzato la perquisizione e il sequestro di tutti i telefoni cellulari, dei dispositivi con accesso a Internet e dei supporti di memorizzazione digitale di Niehoff.   «Ho 64 anni. Non avrei mai immaginato che si sarebbe arrivati ​​a questo. Questo ha decisamente un sapore da DDR», ha detto Niehoff a Nius, riferendosi all’ex Germania dell’Est.   Il pensionato  affermato che gli agenti della polizia criminale di Schweinfurt si sono presentati a casa sua poco dopo le 6 del mattino, lo hanno trascinato fuori dal letto per interrogarlo e gli hanno confiscato il tablet, traumatizzando nel frattempo sua figlia, affetta dalla sindrome di Down.   I procuratori di Bamberga hanno registrato il presunto reato di Niehoff come un «crimine di destra motivato politicamente». Le accuse contro l’uomo affermano che ha «pubblicato un’immagine» del ministro «per diffamare in generale Robert Habeck e per rendergli più difficile svolgere il suo lavoro come membro del governo federale».   Secondo Nius, il raid nell’abitazione di Niehoff rientrava in una “giornata di mobilitazione contro i post d’odio” a livello nazionale, in cui la polizia tedesca ha perquisito 50 abitazioni e condotto 90 indagini.   «Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser  nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.   Il partito di opposizione Alternativa per la Germania (AfD) ha risposto ripubblicando il meme su X e accusando Habeck di essere un tiranno sotto mentite spoglie.  

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«Ecco cosa accadrebbe alla Germania con il cancelliere Habeck: la completa limitazione della libertà di espressione da parte di un autore di libri per bambini che per tre anni e mezzo ha dimostrato la massima incompetenza, ma che si sente ancora chiamato a cose più grandi», ha scritto l’AfD.   Un altro tedesco ha pubblicato il messaggio della campagna dei Verdi ( «Solo la democrazia crea libertà») e una foto della polizia che sfonda una porta.    

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I Verdi di Habeck fanno parte della collassante «coalizione semaforica» (rosso verde giallo) ​​del cancelliere Olavo Scholz, avendo ricevuto il 15% dei voti alle ultime elezioni. L’altro funzionario di gabinetto più importante è il ministro degli Esteri Annalena Baerbock.   La scorsa settimana, in un video in cui pubblicizzava la sua candidatura a cancelliere per le prossime elezioni, Habeck ha denunciato il «fungo del populismo» che, a suo dire, circola in Germania, alimentato da «regimi autoritari con eserciti di troll e bot».   La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira uno dei principali partiti del Paese, AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.   Quattro mesi fa è stata de-bancarizzata una delle più importanti TV anti-globaliste di lingua tedesca, AUF1. L’anno passato, era stato debancarizato anche il leader di Alternative fuer Deutschald (AfD) Tino Chrupalla.

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Immagine di Steffen Prößdorf via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International  
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Sorveglianza

Legge australiana renderà il governo l’unico arbitro della verità

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Un un duro colpo alla libertà di parola in Australia, la Bamera bassa del parlamento federale ha approvato un emendamento, noto come Misinformation and Disinformation Bill, al Broadcasting Services Act (la legge sui servizi di diffusione) del 1992.

 

Il Misinformation and Disinformation Bill impone obblighi ai fornitori di piattaforme di comunicazione digitale di impedire la diffusione di contenuti «che contengono informazioni ragionevolmente verificabili come false, fuorvianti o ingannevoli e che hanno una ragionevole probabilità di causare o contribuire a gravi danni di un tipo specifico (disinformazione e informazione errata)».

 

Diversi politici dissenzienti hanno espresso indignazione e incredulità per la mossa legislativa. Nola Marino, membro del partito di opposizione di destra Liberal Party, ha affermato di non pensare che l’Australia, una società liberaldemocratica, avrebbe mai «discusso un disegno di legge che è esplicitamente progettato per censurare e mettere a tacere il popolo australiano».

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Keith Pitt, membro del National Party, ha descritto la legislazione come un «abisso spalancato che è incredibilmente (…) pericoloso per questo Paese», esprimendo shock per il fatto che l’emendamento fosse stato presentato, aggiungendo che le democrazie occidentali come l’Australia sono state costruite sulla libertà di espressione e sulla libertà di religione. Tali obiezioni di principio sono state tuttavia ignorate. La legislazione ora deve solo passare al Senato (la camera alta) per diventare legge.

 

«La prima e più ovvia critica alla legge è che mette l’autorità governativa, l’Australian Communications and Media Authority (ACMA), nella posizione di dover decidere cosa sia e cosa non sia un’informazione “falsa”» scrive LifeSite. «Ciò non è solo assurdo (come potrebbe l’ACMA, ad esempio, esprimere giudizi su argomenti come vaccini o virus), ma significa anche che la legge non può essere applicata universalmente.

 

«I governi diffondono regolarmente informazioni false, presumibilmente più spesso di quanto non facciano con informazioni vere. Saranno penalizzati? Ovviamente no. Gli inserzionisti presentano informazioni false. Rientreranno nella sua legge? No. Sarà rivolta solo a persone che dicono cose che al governo non piacciono, specialmente in relazione alla politica sanitaria. È politica, non legge» continua il sito cattolico canadese.

 

«Quando i governi distorcono la legge per fini politici, inevitabilmente si finisce per creare una legislazione mal concepita, ed è quello che è successo qui. La legge dipende per la sua integrità da una semantica chiara, parole la cui definizione è chiara. Ma due parole chiave, “disinformazione” e “disinformazione”, sono fuorvianti nella migliore delle ipotesi».

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Si tratta, con ogni evidenza di una legge in pieno stile orwelliano, in grado di superare financo il totalitarismo della Repubblica Popolare Cinese, avversario «caldo» da cui Canberra, dopo screzi anche significativi, progetta di difendersi in ogni modo.

 

«Lo scopo principale della legislazione è quello di mettere a tacere i critici della risposta del governo australiano alla crisi del COVID-19. L’obiettivo è garantire che in futuro le autorità sanitarie e la classe politica siano immuni da controlli e critiche» continua LifeSite. «È improbabile che sia efficace. Ciò che hanno fatto invece è dimostrare che l’Australia non ha un’adeguata protezione per la libertà di parola, né è una vera democrazia».

 

L’Australia, come noto, divenne durante la pandemia COVID il Paese capofila dell’incubo distopico-pandemico.

 

Come ha già avuto modo di scrivere Renovatio 21, quando l’Australia chiederà scusa per la mostruosità raggiunta dal Paese durante il biennio pandemico?

 

Quando chiederà scusa per la repressione mostruosa contro la sua popolazione?

 

Quando chiederà scusa per la violenza delle forze dell’ordine portata – e autorizzata – fin dentro le automobili e persino le case delle famiglie?

 

Quando chiederà scusa per gli ordini che proibivano baci e abbracci a capodanno, i regali di Natale, e perfino le conversazioni?

 

Quando chiederà scusa per gli ordini ai nonni australiani di non avvicinarsi ai loro nipoti?

 

Quando chiederà scusa per gli insulti ai non vaccinati definiti dalle autorità sanitarie come «infelici» e «soli» per tutta la loro vita?

 

Quando chiederà scusa per la polizia che aggrediva perfino i bambini?

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Quando chiederà scusa per l’apartheid biotica effettiva implementata perfino nei supermercati?

 

Quando chiederà scusa per l’invito alla delazione per i vicini «anti-governo o teorici del complotto del vaccino COVID», che era ripetuto fino a pochi mesi fa?

 

Quando chiederà scusa per i lager pandemici, allestiti con allucinante rapidità e mostruosa efficienza concetrazionaria?

 

Quando chiederà scusa per Melbourne, città offesa sino al parossismo, trasformatasi in una vera zona di guerra?

 

Quando chiederà scusa per le persone picchiate in strada perché prive di «documenti vaccinali»?

 

Quando chiederà scusa per i danni biologici che il vaccino sta producendo, come attestano gli interventi vari medici e qualche parlamentare, sugli australiani?

 

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