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ID digitale, sarà introdotta una «super app» che combina identificazione e dati finanziari: parola di banchiere britannico

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Bob Wigley, finanziere presidente di UK Finance un’associazione di categoria per il settore dei servizi bancari e finanziari del Regno Unito, ha previsto lo sviluppo di una «super app» che memorizzerebbe l’identità digitale economica di una persona, inclusi i rating del punteggio di credito e i dati KYC («conosci il tuo cliente»), espressione che indica un processo di riconoscimento utilizzato dalle aziende per verificare l’identità dei propri clienti e valutarne potenziali rischi o intenzioni illegali.

 

L’ ID digitale economico sarebbe simile all’app per la salute NHS (la sanità pubblica britannica), che contiene i dati sanitari del suddito di Sua Maestà Re Carlo.

 

Lanciata a gennaio 2019, l’app ha incontrato opposizione prima di guadagnare popolarità durante la pandemia.

 

Wigley afferma che il settore bancario ha preso atto dell’app NHS e potrebbe lanciare un’app simile per i dati economici, riporta Reclaim The Net.

 

«Questo sarà l’anno in cui finalmente convinceremo il sistema bancario che abbiamo bisogno di un sistema di identità digitale economico, proprio come l’app NHS», ha dichiarato Wigley al New Digital Assets and Money Symposium di Londra.

 

«Questa app finanziaria sarà personale e collegata a ciascun cittadino poiché abbiamo bisogno di un programma di identità economica completamente digitale più ampio».

 

«Sarebbe qualcosa che ogni persona porterebbe con sé e potrebbe quindi collegarlo a qualsiasi piattaforma o istituto finanziario con cui opera, come banche e compagnie assicurative», ha spiegato.

 

Wigley ha aggiunto che se il governo non lo farà, lo faranno le piattaforme Big Tech.

 

Come riportato da Renovatio 21, un tentativo da parte dell’unione delle banche per implementare con lo Stato l‘ID digitale si era visto un anno fa in Canada. Il video mandato online dall’associazione bancaria canadese citava direttamente il World Economic Forum. Si trattava proprio del periodo in cui il governo Trudeau congelava i conti correnti dei camionisti che protestavano contro l’obbligo vaccinale.

 

 

Sistemi di identificazione digitale, tali e quali a quello ordinato nei discorsi del World Economic Forum, sono ora portati avanti tutti i Paesi, dal Canada alla Francia all’Ucraina alla Gran Bretagna – all’Italia.

 

Alla costruzione di un programma di identificazione digitale globale la Bill & Melinda Gates Foundation ha donato negli scorsi mesi 200 milioni di dollari.

 

In Sri Lanka, l’ID digitale è stato implementato nel razionamento della benzina imposto al Paese.

 

Come riportato da Renovatio 21, per l’appalto del suo ID digitale della UE ha scelto un’azienda associata a sistema di tracciamento COVID.

 

Un ID digitale era stato varato a East Palestine, in Ohio, pochi mesi prima del disastro ambientale che ha colpito la cittadina.

 

Londra tre mesi fa aveva annunciato che avrebbe a breve pubblicato il piano per la moneta digitale di Stato (CBDC). La valuta elettronica è qualcosa verso cui il nuovo premier, l’oscuro Rishi Sunak, si è espresso con favore negli scorsi anni.

 

Come da istruzione di Davos, banche in Canada e Australia hanno cominciato a collegare i movimenti di conto dei clienti alle emissioni di carbonio generate.

 

 

 

 

 

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Sorveglianza

Cipro ed Etiopia lanciano l’identificazione digitale

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Martedì il governo di Cipro ha approvato l’implementazione di un sistema di identificazione digitale, mentre giovedì l’Etiopia ha intensificato l’implementazione sui cittadini in un sistema di identificazione digitale con il lancio di una «campagna di registrazione».

 

«Il governo cipriota ha approvato l’emissione di 100.000 ID digitali, di cui 30.000 saranno forniti gratuitamente a chi li richiederà per primo. I restanti 70.000 ID digitali saranno emessi a una tariffa sovvenzionata dal governo di 15 euro», ha affermato giovedì il sito Biometric Update. «L’ID digitale sarà utilizzato per diversi scopi, tra cui la verifica dell’identità, l’autenticazione e la firma digitale dei documenti, tra gli altri. Garantirà un accesso facile e sicuro ai servizi offerti dal governo e da enti privati».

 

Mentre l’iscrizione all’ID digitale ista iniziando a Cipro, l’Etiopia ha già iniziato la fase di iscrizione del suo sistema. Ora si sta preparando con una «campagna di iscrizione» Addis Abeba.

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«Una campagna di registrazione dell’ID digitale della durata di un mese è in corso nella capitale etiope, Addis Abeba», ha affermato giovedì Biometric Update. «La campagna di registrazione fa parte di una partnership che l’Agenzia per i servizi di registrazione civile e residenza di Addis Abeba ha stipulato con l’Ethiopia National ID Program (NIDP)»

 

Per ottenere la propria identità digitale a Cipro, chi si trova a Cipro deve già avere una carta d’identità nazionale biometrica emessa dall’autorità cipriota. I dati biometrici vengono raccolti anche per l’identità digitale etiope.

 

A partire da ottobre 2024, 32 Paesi consentono una forma di identificazione digitale: Estonia, Germania, India, Giappone, Belgio, Finlandia, Spagna, Austria, Portogallo, Svezia, Danimarca, Lituania, Lettonia, Singapore, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Messico, Brasile, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Ungheria, Lussemburgo, Malta e Grecia. Anche l’Italia è della partita.

 

Come riportato da Renovatio 21, un tentativo di istituire un ID digitale fu fatto due anni fa dall’unione delle banche del Canada, che, dicevano senza pudore, agivano in armonia con il governo di Ottawa. Il video mandato online dall’associazione bancaria canadese citava direttamente il World Economic Forum. Si trattava proprio del periodo in cui il governo Trudeau congelava i conti correnti dei camionisti che protestavano contro l’obbligo vaccinale.

 

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Sistemi di identificazione digitale direttamente collegati ai conti bancari, tali e quali a quello ordinato nei discorsi del World Economic Forum, sono ora portati avanti tutti i Paesi, dal Canada alla Francia alla Gran Bretagna – all’Italia. L’ONU stessa ha discusso del tema.

 

Alla costruzione di un programma di identificazione digitale globale la Bill & Melinda Gates Foundation ha donato negli scorsi mesi 200 milioni di dollari.

 

In Sri Lanka, l’ID digitale è stato implementato nel razionamento della benzina imposto al Paese.

 

Come riportato da Renovatio 21, per l’appalto del suo ID digitale della UE ha scelto un’azienda associata a sistema di tracciamento COVID.

 

Un ID digitale era stato varato a East Palestine, in Ohio, pochi mesi prima del disastro ambientale che ha colpito la cittadina.

 

In passato il Fondo Monetario Internazionale aveva perfino ipotizzato di collegare il credito personale alla cronologia di Internet del cittadino: vai su certi siti, non accedi al danaro.

 

Come riportato da Renovatio 21, il CEO di OpenAI, la società che ha creato l’Intelligenza Artificiale ChatGPT, ha investito in Worldcoin, un progetto che assegna una criptovaluta a utenti che accettano di farsi scansionare la retina per creare un ID digitale globale.

 

Secondo il deputato olandese al Parlamento europeo Rob Roos, l’ID digitale europeo sarà usato per metterci dentro l’euro digitale. Appelli per documenti digitali come il passaporto vaccinale elettronico sono stati lanciati dalla presidente della Commission Europea Ursula Von der Leyen.

 

Come raccontato più volte da Renovatio 21, l’uso dei Big Data nella determinazione della vita dell’individuo è già cosa reale, da anni, in Cina, con il programma di sorveglianza digitale totale chiamato «Punteggio di credito sociale». Il governo del Partito Comunista Cinese ha già combinato i dati del «credito sociale» con i sistemi di tracciamento COVID. I due elementi, sembravano già allora inseparabili.

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Corte UE: la polizia può accedere ai dati dei telefoni cellulari per reati minori

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La Corte di giustizia europea (CGUE) ha stabilito che la polizia può accedere ai dati dei telefoni cellulari in relazione a reati minori e reati gravi. Lo riporta il sito European Conservative.   La sentenza, pubblicata venerdì 4 ottobre, afferma che sebbene l’accesso della polizia ai dati personali memorizzati su un telefono cellulare «possa costituire un’interferenza grave, o addirittura particolarmente grave, con i diritti fondamentali» del proprietario del telefono, l’accesso «non dovrebbe necessariamente» essere «limitato alla lotta contro i reati gravi».  

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La sentenza prosegue affermando che la polizia, salvo casi urgenti, potrà raccogliere le informazioni memorizzate su un telefono cellulare solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione da un tribunale o da un’autorità indipendente, e il proprietario del telefono deve essere informato dei motivi dell’indagine.   La sentenza deriva da un caso in Austria. La polizia austriaca aveva sequestrato il telefono cellulare del destinatario di un pacco contenente 85 grammi di cannabis. La polizia ha tentato di raccogliere dati dal telefono, ma non aveva l’autorizzazione della procura o di un tribunale e non ha informato il sospettato, che aveva contestato il sequestro del suo telefono in un tribunale austriaco e solo durante quel procedimento è venuta a conoscenza dei tentativi di sbloccare il suo telefono.   La corte austriaca si è rivolta alla Corte di Giustizia Europea per stabilire se le azioni intraprese dalla polizia fossero compatibili con il diritto dell’UE. Il tribunale austriaco ha osservato che il suddetto crimine costituisce solo un reato minore, punibile con una pena detentiva massima di un anno.   La CGUE ha sottolineato che «l’accesso a tutti i dati contenuti in un telefono cellulare può costituire un’ingerenza grave, o addirittura particolarmente grave, nei diritti fondamentali dell’interessato», tuttavia, «considerare che solo la lotta contro la criminalità grave» possa giustificare l’accesso ai dati «limiterebbe indebitamente i poteri di indagine delle autorità competenti».   La Corte Europea conclude affermando che i parlamenti e i tribunali nazionali devono «trovare un giusto equilibrio» tra, da un lato, le «esigenze dell’indagine nel contesto della lotta alla criminalità» e, dall’altro, «i diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali».

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«La sentenza della CGUE potrebbe avere conseguenze di vasta portata e incoraggiare le autorità nazionali degli stati membri dell’UE ad accedere alle informazioni personali dei loro cittadini» scrive The European Conservative. «Verdetti come questi non fanno altro che rafforzare la convinzione che l’UE stia invadendo i diritti delle persone».   In passato, molto clamore hanno sollevato i casi negli USA di indagini in cui aziende tecnologiche hanno rifiutato di aiutare gli inquirenti dando accesso ai telefoni: è il caso del massacro di San Bernardino, California, nel 2016.   Secondo Renovatio 21, si trattava, anche allora, di pura simulazione: crackare un iPhone per averne l’accesso era già al tempo operazione alla portata di molti informatici. Le aziende, tuttavia, proiettavano così all’esterno la loro attenzione per la privacy dell’utente, anche in casi estremi.   Quel tempo è finito: dopo la pandemia, la società è diventata prona ad imposizioni autoritarie che distruggono i diritti individuali, anche se espressi chiaramente nella Costituzione.   Ad ogni modo, la quantità di spyware circolante – compresi i cosiddetti trojan di Stato, il cui uso presso le procure è stato esteso dal ministro Bonafede del governo Conte bis durante i primi giorni della pandemia 2020 – nessuno smartphone può dirsi sicuro nei confronti dello Stato, e non solo di esso.   Come riportato da Renovatio 21, un anno fa durante la rivolta etnica delle banlieue la Francia aveva approvato una legge per spiare i cittadini accedendo da remoto a telefonini ed altri dispositivi.

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Assange si dichiara «colpevole di giornalismo»

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Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange ha esortato i legislatori europei ad agire contro la crescente «repressione transnazionale» del giornalismo da parte delle grandi potenze durante un discorso all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) martedì. È stata la sua prima apparizione pubblica da quando è stato rilasciato dalla prigione a fine giugno.

 

Assange ha trascorso anni rinchiuso in una prigione di massima sicurezza in Gran Bretagna mentre combatteva l’estradizione negli Stati Uniti, che lo avevano accusato di aver ottenuto e divulgato illegalmente informazioni riservate relative alla difesa nazionale.

 

A giugno, ha patteggiato con il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, riconoscendo formalmente una certa colpevolezza e rinunciando al diritto di ricorso legale attraverso, ad esempio, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in cambio della libertà.

 


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«Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi, dopo anni di carcere, perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo», ha detto ai membri del Comitato per gli Affari Legali del PACE a Strasburgo.

 

Nella sua testimonianza, Assange ha raccontato la sua situazione legale e quella che ha definito una «campagna di ritorsione» da parte della CIA sotto il direttore Mike Pompeo durante la presidenza di Donald Trump. Secondo i resoconti dei media e altri materiali, l’agenzia ha condotto un’ampia campagna di sorveglianza contro l’editore, la sua famiglia e i suoi soci, e si sarebbe contemplato il rapimento o l’uccisione di Assange mentre era protetto dall’asilo politico presso l’ambasciata ecuadoriana a Londra.

 

Assange ha detto che, mentre la sua storia personale era straziante, altri nella stessa situazione non hanno goduto dello stesso livello di pubblicità e supporto internazionale. Nel frattempo, il mondo è cambiato drasticamente in peggio da quando ha fondato WikiLeaks, ha aggiunto.

 

«Vedo più impunità, più segretezza, più ritorsioni per aver detto la verità e più autocensura», ha detto. «È difficile non tracciare una linea tra l’azione penale del governo degli Stati Uniti nei miei confronti, il suo attraversamento del Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo, e il clima freddo per la libertà di espressione che esiste ora».

 

Gli Stati Uniti hanno abusato con successo delle procedure legali europee per vendicarsi di un editore e si sono sentiti incoraggiati a usare di nuovo la stessa strategia, come hanno fatto altri Paesi, ha affermato Assange.

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«Quando nazioni potenti si sentono autorizzate a colpire individui oltre i loro confini, quegli individui non hanno alcuna possibilità a meno che non ci siano forti salvaguardie in atto e uno stato disposto a farle rispettare. Senza di esse, nessun individuo ha la speranza di difendersi dalle vaste risorse che uno stato aggressore può impiegare», ha avvertito.

 

Spetta ai governi europei garantire che «la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi, ma diritti garantiti a tutti», ha concluso.

 

Come riportato da Renovatio 21, un tribunale spagnuolo aveva convocato Pompeo due anni fa per il complotto di assassinio nei confronti dell’Assangio.

 

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