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Bioetica

Verso la società della discriminazione genetica

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Lo scorso 8 maggio sono stata invitata da Francesca Quibla, Jean Toschi e altri amici dell’Associazione per un Mondo senza Guerre di Milano, a vedere e commentare insieme il film Gattaca – La porta dell’universo, inserito in un ciclo di cineforum a tema distopie. Li ringrazio di cuore per la loro accoglienza, per la bella serata che mi hanno regalata. Di seguito, alcuni degli spunti che ho proposto al pubblico presente, elaborati insieme al fondatore di Renovatio 21 Roberto Dal Bosco, con cui da anni – da prima che ci fosse Renovatio 21scriviamo, praticamente unici, su questi temi.

 

Elisabetta Frezza

 

 

Gattaca è una pellicola di Andrew Niccol, del 1997. Iconograficamente evoca i disegni di Tamara De Lempicka (1898-1980): l’Autoritratto sulla Bugatti verde dell’artista sembra l’Uma Thurman che vediamo nel film.

 

«Gattaca», parola ottenuta dalla combinazione delle lettere dell’alfabeto genomico che identificano le nucleobasi del DNA, è il nome dell’ente aerospaziale che nell’intreccio organizza missioni interplanetarie. Entrare a Gattaca per fare l’astronauta è da sempre il sogno di Vincent, che fin da piccolo studia e si allena per avverarlo.

 

In una società rigidamente divisa tra umanoidi prodotti in laboratorio e geneticamente programmati (i cosiddetti «validi», candidati a ricoprire ruoli di prestigio) e umani concepiti naturalmente («invalidi», o «fanciulli di Dio», destinati a svolgere le mansioni più umili), Vincent appartiene alla seconda specie e dunque, sulla carta, il suo sogno è destinato a rimanere tale, tanto più che alla nascita gli è diagnosticata una grave menomazione cardiaca.

 

I suoi genitori, per il loro secondogenito, scelgono la strada della riproduzione artificiale: Vincent avrà quindi un fratello «valido», Anton, il prediletto, la rivalità con il quale si manifesta in ricorrenti gare di resistenza a nuoto, in mare aperto. 

 

Diventato grande, Vincent se ne va di casa e si fa assumere a Gattaca come addetto alle pulizie. Per opera di uno strano intermediario, gli viene offerta l’occasione di fingersi «valido» tramite un complesso raggiro che mira a sfruttare l’identità genetica di un suo coetaneo nato perfetto (Jerome, che diventerà Eugene) e diventato paraplegico a seguito di un incidente.

 

Vincent allora, sotto le mentite spoglie di Jerome, sarà finalmente selezionato come ricercatore a Gattaca.

 

Subito si distingue per la sua bravura, acquisita grazie allo sforzo profuso in tanti anni di studio e di allenamento. Si innamora, ricambiato, di Irene, una compagna di corso, «valida» ma anche lei affetta da un problema cardiaco. Eccetera.

 

Bisogna dire subito che, come molte altre trame distopiche, compresi i grandi classici come Orwell e Huxley, Gattaca nella realtà è già retroguardia.

 

In esergo, nei primi fotogrammi, compare una citazione di Willard Gaylin: «Osserva l’opera di Dio. Chi può raddrizzare ciò ch’Egli ha fatto storto? (Ecclesiaste 7:13).  Non penso solamente che interferiremo con madre natura. Ma anche che lei lo voglia».

 

Gaylin è uno dei fondatori della bioetica moderna, che altro non è se non un ufficio permessi fatto per apporre il timbro di moralità sopra tutti i nuovi traguardi della tecnica. Questo, non altro, è il ruolo del CNB, Comitato Nazionale di Bioetica.

 

Il tema centrale intorno al quale ruota tutto il film è l’eugenetica. E l’effetto «naturale» delle pratiche e della cultura eugenetiche: la divaricazione tra i geneticamente superiori (prodotti in vitro, o validi) e i naturali (uterini, nati per fede, o non-validi).

 

Il film ammette tuttavia l’esistenza di una striscia di terra di mezzo: infatti, per chi è superiore geneticamente il successo è sì più facile, ma non è garantito. Dopotutto, «non esiste il gene del destino» (c’è chi resta invalido, come Jerome) e «non esiste il gene della perfezione» (la patologia di Irene). Vincent, dal canto suo, rientra nella categoria dei «pirati genetici» (come si chiama chi rifiuta di giocare con le carte che ha avuto in sorte), altrimenti detti «de-generati».

 

I fabbricati in vitro come Anton, Jerome, Irene, non hanno mai provato la discriminazione. Subiscono però il peso di un altro fardello, il fardello della perfezione. 

 

A questo proposito, ricordiamo un episodio salito agli onori delle cronache americane (nelle colonne del New York Times) nel 2016, sui cosiddetti «embrioni mosaico». Sono stati battezzati così quegli embrioni da fecondazione artificiale (circa il 20 per cento, si è scoperto, della totalità di quelli prodotti in laboratorio) formati da un misto di cellule (in apparenza) anormali insieme ad altre (in apparenza) normali in base agli esiti dello screening genetico preimpianto (PGS), che determina la scelta di chi passa o non passa le eliminatorie alla gara della vita: di chi, cioè, ha possibilità di essere impiantato in utero oppure no.

 

Si è scoperto che questi embrioni imperfetti, normalmente soggetti alla rupe tarpea (sotto forma di congelamento sine die, sentenza di morte edulcorata), sono in grado, se impiantati in utero, di riparare da se medesimi le proprie anomalie iniziali, ed essere bimbi sani alla nascita: realtà che, alla fine, nega i presupposti su cui si fonda la Procreazione Medica Assistita stessa, visto che è stato verificato che l’embrione brutto viene fuori un bambino normale.

 

Gli scienziati sono rimasti stupiti, perché non avevano mai provato a dar seguito a una gravidanza con un embrione mosaico. In quel caso, la richiedente era ormai attempata al punto da non poter affrontare un ulteriore ciclo di stimolazione ovarica e aveva scelto di rischiare l’impianto di un embrione imperfetto, sapendo di potersi giocare, semmai, la carta dell’aborto. Il bimbo è nato sano.

 

Ciò ha dimostrato la demenza totale della comunità scientifica, che non ha capito nulla della vita e dunque non ha nessuna fiducia nella vita. Che si butta, bendata, nelle sperimentazioni di massa (e ne sappiamo qualcosa).

 

La visione meccanicistica della scienza medica pensa all’uomo come a una macchina. E le macchine rotte sono complicate da aggiustare, meglio buttare via un prodotto difettato. Invece la vita aggiusta tutto. La vita è in grado di ripararsi in modi sempre più sorprendenti, fa cose che gli scienziati non sono nemmeno lontanamente in grado di spiegare.

 

La scienza non ha capito la forza che ha la vita nei primi momenti della sua formazione (le staminali embrionali sono cellule che sanno fare tutto).

 

Lo scienziato che scarta un embrione mosaico non sa cosa potrebbe saltare fuori. In realtà nessuno di noi sa se era un embrione mosaico, oppure no.

 

Nell’articolo del NYT si riferiva anche come il dottor Norbert Gleicher, direttore del centro per la riproduzione umana di New York, si chiedesse se non fosse opportuno riflettere su questo: se cioè un campione casuale formato da una decina di cellule prelevate così precocemente per la biopsia preimpianto possa essere rappresentativo dell’intero embrione e parametro unico in base al quale decidere le sorti dello sviluppo fetale successivo.

 

Colpisce lo stupore diffuso di tutti questi signori, molto esperti, che in realtà nulla sanno di ciò che stanno facendo, e ce lo dimostrano in continuazione. 

 

Tornando al film. I genitori del protagonista sembrano inizialmente dei dissidenti rispetto alla forma mentis eugenetica: per scelta, infatti, concepiscono il primogenito nell’amore. Ma poi diventano anche loro facili vittime della pressione dei pari: il funzionario della clinica della riproduzione li blandisce, mostra loro il lato seducente della riprogenetica, e presto fa a convincerli a non affidare al caso il secondo figlio.

 

Stupisce come arrivino a interiorizzare talmente il nuovo paradigma da riprodurre essi stessi la dicotomia gerarchica all’interno della famiglia: un figlio superiore e l’altro inferiore. Se la società ti dice di emarginare Calimero, ci si persuade ad emarginare Calimero, lo fanno persino mamma e papà. 

 

«La discriminazione è reato, si chiama genosoìsmo – spiega la voce narrante nel film – ma tutti se ne infischiano della legge. Ora la discriminazione è elevata a sistema».

 

La discriminazione dunque, benché sia illegale, è eretta a sistema.

 

Ora, è innegabile che alle prove generali di questa precisa operazione noi abbiamo già assistito, e che la massa le abbia accettate.

 

Alla base della certificazione verde stava esattamente questa divisione della popolazione, che ricalca la biforcazione tra i geneticamente arricchiti e i naturali: solo quanti accettano un trattamento a base genica possono entrare al bar; senza quel marchio non solo non vai al bar, ma non lavori, e quindi fai la fame, e sei indegno di appartenere al consesso sociale in quanto disobbediente, sovversivo, civicamente ineducato, organoletticamente repellente.

 

Il Tinder dei non vaccinati è stato censurato ed escluso dall’Apple store, ma per il Tinder genetico in cantiere nessuno fiata. Sono segnali eloquenti di come la società sia già pronta, anche a livello di grande capitale, per creare due classi e far prevalere quella che accetterà il controllo genetico come suo principio ordinatore. La piattaformazione della vita dell’individuo farà sì che sarà lo stato a dirti se potrai fare un figlio con l’uno o con l’altro. La piattaforma con i tuoi dati diventerà un super don Rodrigo: questo matrimonio s’ha o non s’ha da fare.

 

Ma quello del GP è stato solo l’aspetto più appariscente di una deriva che viene da molto lontano e che ha mille facce più o meno appariscenti.

 

La società è eugenetica in senso più profondo: pratica l’aborto seriale dei bambini down (l’Islanda può vantarsi di essere down free, l’Emilia-Romagna sta introducendo i test non invasivi prenatali con cui si possono eliminare preventivamente i difettati); pratica la FIVET, che significa cinquant’anni di eugenetica attiva legalizzata e finanziata nei LEA. Eugenetica di Stato.

 

L’eugenetica non si è esaurita con Hitler, ma precede Hitler ed è continuata dopo di lui sottoforma di eugenetica borghese. Il modello hitleriano era operativo negli USA delle leggi eugenetiche – segregazione razziale; sterilizzazione legalizzata di alcune categorie di persone ritenute, per arbitrio della autorità, inadatte alla riproduzione.

 

Gli stessi poteri che l’hanno finanziata in America nei primi del Novecento hanno finanziato anche Hitler. Un nome tra tutti, sempre sulla cresta dell’onda eugenetica (tuttora): Rockfeller

 

I sostenitori e propalatori della ideologia hitleriana, di fatto, la guerra l’hanno vinta. La Seconda Guerra mondiale è stata una guerra geopolitica e non bioetica. Geopoliticamente ha avuto un certo esito, bioeticamente l’esito opposto.

 

«Lo stadio finale (della conquista della Natura da parte dell’uomo) giungerà quando l’Uomo, attraverso l’eugenetica, il condizionamento pre-natale, e una istruzione e una propaganda basate su una perfetta psicologia applicata, avrà raggiunto il pieno controllo su se stesso». 

 

«La natura umana sarà l’ultima parte della Natura ad arrendersi all’Uomo. […]. Avremo “preso il filo della vita dalle mani di Cloto” e saremo quindi liberi di fare della nostra specie qualsiasi cosa vogliamo». 

 

«…i plasmatori d’uomini della nuova epoca saranno armati dei poteri di uno stato onnicompetente e di una irresistibile tecnica scientifica: avremo una razza di Condizionatori che potranno davvero modellare la posterità nelle forme che vogliono».

 

Era il 1943 quando Lewis scriveva queste parole nel suo saggio intitolato L’abolizione dell’uomo.

 

Lo «stadio finale» del «pieno controllo su se stesso» da parte dell’uomo è quasi arrivato ottant’anni dopo. 

 

Sono menzionate due armi a disposizione dei cosiddetti plasmatori d’uomini: i «poteri di uno Stato onnicompetente» e una «irresistibile tecnica scientifica».

 

Fiutando il vento totalitario che soffiava forte nella sua epoca, studiando i flussi della turbolenza, Lewis era riuscito a intuirne il prevedibile sbocco: il dominio dell’uomo sull’uomo – dell’uomo più forte nei confronti del suo simile più debole e privo di difese – porta fino all’annientamento dell’uomo, o meglio alla sua sostituzione. Con qualcosa di apparentemente uguale, di antropomorfo, ma ontologicamente altro da sé. 

 

Dopo un paio di anni, nel 1945, Lewis torna sul punto, in un dialogo tra due protagonisti del romanzo Quell’orribile forza, dove si legge:

 

«…”Certi uomini devono farsi carico di tutti gli altri, il che è un ulteriore motivo per trarne tutto il vantaggio possibile, appena si può“. “Cose semplici e ovvie, tanto per cominciare…la sterilizzazione dei disabili, l’eliminazione delle razze arretrate (non vogliamo pesi morti), la riproduzione selettiva. Poi l’educazione vera, compresa l’educazione prenatale. Per vera educazione intendo un’educazione che non ammetta pressapochismi. La vera educazione infallibilmente trasforma chi la subisce in ciò che essa si prefigge, senza che il soggetto in questione o i suoi genitori possano farci nulla. Naturalmente si tratterà, all’inizio, di un influsso soprattutto psicologico. Ma alla fine arriveremo al condizionamento biochimico e alla diretta manipolazione del cervello“. “Ma è una cosa stupenda, Feverstone!“. “Quello che conta, finalmente. Un tipo nuovo di uomo; e sono le persone come lei e come me che devono cominciare a costruirlo“».

 

Un tipo nuovo di uomo. Da costruire dal nulla, oppure da de-costruire, manipolare e in qualche modo ricreare. Insomma, da re-settare. Un termine che va molto di moda. Si può dire anzi che il reset sia la cifra di questa fase storica. 

 

Fatto sta che oggi quell’«irresistibile tecnica scientifica» (al riparo dei poteri di quello «Stato onnicompetente») ha avuto accesso a ogni parte della natura umana, compreso il suo linguaggio più interiore. È arrivata fino a manomettere il suo codice fondamentale, la sua struttura più profonda: il genoma. Il salto quantico, letteralmente apocalittico, era già preparato da tempo, ma lo shock dell’emergenza ha contribuito, in modo decisivo, a tramutarlo in fenomeno massivo.

 

La FIVET – che poi, più prosaicamente, non è altro che il grande affare della provetta – ha potuto attecchire ed evolvere indisturbata perché presentata al pubblico dietro la sempre attraente maschera della vita. Consegnare a chi lo desideri il cosiddetto «bimbo in braccio» è unanimemente visto come una azione positiva in ogni senso possibile, perché da un lato buona e caritatevole verso il desiderante, dall’altro foriera di un evento tenero e gioioso quale è sempre la nascita di un bambino. 

 

Ma questa pratica è servita come un’autostrada per sdoganare e gradualmente normalizzare quelle pratiche biotecnologiche, tributate dalla zootecnia, che sono, per definizione, inscritte in un orizzonte eugenetico: è in questo orizzonte infatti che domanda e offerta si incontrano. Per una questione di logica invincibile.

 

Se io, aspirante genitore, ordino un bambino e affronto l’oneroso (non solo economicamente, ma anche fisicamente e psicologicamente) iter necessario per procurarmelo, e a un certo punto mi viene prospettata o consegnata una creatura portatrice di qualche difetto o priva degli optional richiesti, è un problema. Tendo a percepirla, come si dice in materia di contratti, un aliud pro alio, qualcosa di diverso da quanto convenuto, e dunque tendo a rifiutarla, magari a volerla rispedire al mittente, fare un reso insomma.

 

E infatti spesso nella pratica accade che – per paradosso rispetto all’amorevole slancio iniziale – queste procedure sfocino o in un aborto volontario o nell’abbandono del neonato nel caso si manifesti in itinere un qualche tipo di imprevisto.

 

Commissionando un figlio alla tecnica – perché il progresso me ne dà facoltà e lo Stato me ne riconosce il «diritto» – non contemplo vizi o errori di fabbricazione, maturo persino inconsciamente la pretesa (non solo la speranza) del figlio perfetto. Mi immetto nel mercato e, volente o nolente, entro nell’ordine delle idee mercatista. 

 

La scienza mi illude cioè di poter azzerare l’alea connessa con la roulette russa della natura. 

 

Robert Edwards – che fu il pioniere della fecondazione artificiale, vincitore del Nobel per la medicina nel 2010 in qualità di «padre» di Louise Brown la prima figlia della provetta, nata nel 1978 – sosteneva senza reticenze questa pulsione eugenista, e apertamente la cavalcava nel pubblicizzare le proprie invenzioni faustiane:

 

«Quando la gente dice che la diagnosi preimpianto è costosa, rispondo sempre: qual è il prezzo di un bambino disabile che nasce? Qual è il costo che ognuno deve sopportare? È un prezzo terribile per tutti, e il costo economico è immenso. Per una diagnosi preimpianto, a confronto, servono davvero pochi soldi».  

 

Ma abbiamo visto cosa si è scoperto, per puro caso, con gli embrioni mosaico. Il fatto è che l’agenda stabilisce di far slittare la procreazione da fatto naturale a fatto sintetico e tra gli embrioni prodotti artificialmente bisogna procedere a una selezione, con criteri per forza di cose del tutto arbitrari.

 

In altre parole, la procreazione deve de-sessualizzarsi – il sesso viene relegato a funzione meramente ricreativa, ma sterile – e spostarsi verso il paradigma della «fertilizzazione», proprio come nella zootecnia. Con relative selezioni e manipolazioni pre e post impianto. 

 

Ma cosa significa, di fatto, questo cambio di paradigma? Significa una cosa enorme, ma che quasi nessuno è disposto a vedere: significa che il rubinetto della vita – e anche la cassetta degli attrezzi per aggiustarla, ripararla, sistemarla – passa nelle mani del potere farmaceutico. Che vuol dire, poi, dei filantropi che lo governano e che, in questo modo, divengono detentori del potere di vita o di morte, e di sperimentazione infinita, su una fetta sempre più ampia del genere umano. 

 

E la vita, per dirsi degna di essere vissuta, deve rispondere a determinati standard di qualità (senza porsi il quesito di chi stabilisca il metro di misura della sua qualità). 

 

Per questa via l’uomo viene gradualmente sostituito dal prodotto fabbricato in laboratorio e, mano a mano che la riprogenetica evolve, il modello diventa sempre più avanzato. 

 

L’ultimo progresso della bioingegneria si chiama CRISPR (cioè l’editing genetico, il taglia e cuci molecolare con cui vengono sostituiti dei geni, i cosiddetti geni bersaglio, e poi viene ricucita la catena del DNA) e serve a programmare i connotati dell’essere umano nella fase che precede l’impianto dell’embrione, oppure a correggerli poi. Ancora una volta, su modello zootecnico.

 

Li abbiamo già, i bambini geneticamente modificati, tipo le famose gemelline cinesi, nate nel 2019 AIDS-free (immuni all’HIV) con la tecnica CRISPR, promossa da Bill Gates con investimenti ultramilionari. L’esistenza delle super gemelle cinesi inattaccabili all’HIV prefigura un mondo dove il bambino verrà migliorato sia dal punto di vista immunitario sia dal punto di vista fisico e intellettuale. 

 

Un genetista di Harvard lo ha detto a chiare lettere che «fare il bambino con la bioingegneria sarà come vaccinarlo». Del resto, l’università era solo per i vaccinati. Un giorno diventerà solo per i geneticamente modificati, come in Gattaca

 

La provetta – questo cantiere prenatale della vita – diventa come una sorta di vaccino preventivo incorporato nel procedimento di fabbricazione del manufatto umano, in modo che il prodotto sotto forma di bambino possa essere consegnato all’aspirante genitore insieme al relativo certificato di garanzia: immune all’HIV tanto per cominciare, ma un domani immune al morbillo, o anche, per esempio, dotato di ossa indistruttibili, o di orecchio assoluto, o di intelligenza matematica. 

 

Sir Richard Dawkins, altro genetista di grido, nel 2006 diceva che è lecito chiedersi, essendo ormai passati sessant’anni dalla morte di Hitler, quale sia la differenza morale tra il generare esseri con abilità musicali, e il costringere un bambino a prendere lezioni di musica. O tra l’allenare corridori veloci o saltatori in alto, e riprodurli. Insomma, si fa prima a fabbricarli direttamente così, con attitudine incorporata, si evita una faticaccia. 

 

Poiché il CRISPR si candida a diventare la porta attraverso cui, prima o dopo la nascita, più o meno tutti devono passare, chi per riprodursi rifiuterà gli alambicchi del laboratorio e preferirà i soliti vecchi metodi naturali, diventerà non solo un retrogrado da compatire, uno che ripudia la scienza, ma anche un egoista da contrastare, visto che oggi il progresso offre la possibilità di procurarsi designer babies da catalogo, chiavi in mano e in garanzia. 

 

Il solito Edwards lo preconizzava compiaciuto, che «presto sarà colpa dei genitori avere un bambino portatore di disordini genetici». Vale a dire che, nella sua testa, la normalizzazione della provetta doveva portare verso la demonizzazione della generazione naturale. 

 

Ha fatto proseliti costui, perché il nostro ministero della salute qualche anno fa, in occasione del lancio del cosiddetto Fertility Day (una trovata della Lorenzin applaudita dall’episcopato e dalle sue propaggini associative, movimenti vari «per la vita»), diceva che la FIVET, «nata come risposta terapeutica a condizioni di patologia specifiche e molto selezionate, sta forse assumendo il significato di un’alternativa fisiologica». Da eccezione a norma. Poi è un attimo passare dall’alternativa fisiologica alla scelta obbligata, Overton è sempre con noi.

 

Sta di fatto che stiamo allegramente consegnando ai signori di Big Pharma il controllo di qualità e di quantità sulle nostre vite. 

 

L’obiettivo vero, ben nascosto dietro gli slogan accattivanti e i fiocchi rosa e azzurri, è appunto la desessualizzazione della procreazione e la sua artificializzazione, connessa con la selezione eugenetica della specie.

 

In sostanza, siamo di fronte all’apoteosi della reificazione e mercificazione dell’uomo, diventato un prodotto come un altro, col suo codice a barre, da comprare negli scaffali del supermercato, da consumare e, nel caso, da buttare via. 

 

Ora, credo sbaglieremmo a pensare che lo sviluppo e la diffusione massiva della fabbrica della vita non abbiano nulla a che fare con lo sviluppo e la diffusione massiva della nuova generazione di farmaci a mRNA. Questi, alla fine, si basano su una formula bioinformatica capace di interferire col materiale genetico della cellula, ricondizionando il suo DNA e intaccando quindi la linea germinale umana. 

 

CRISPR e mRNA sono le due direttrici attraverso le quali si realizza la transizione verso una nuova concezione della medicina, da chimica a genica. Il COVID ha fatto da acceleratore in questa transizione, rendendo eugenismo e transumanesimo fenomeni di massa. Il che implica lo sconvolgimento dell’assetto biologico, dotato di un equilibrio insondabile ed esclusivo, che la natura consegna a ciascun individuo. 

 

Big Pharma, in altre parole, intraprende la scalata per acquisire il controllo del nostro corpo, visto come ultima interfaccia computazionale, col risultato che esso perde la capacità di autogestire le proprie funzioni vitali, e anche di autoripararsi, per dipendere da un azionista alieno. D’altra parte, era il 1996 quando Bill Gates diceva che «il gene è il software più sofisticato che ci sia», dimostrando con ciò di avere ben presente la meta: un «modestissimo» programma di controllo del mondo attraverso l’informatica della vita. 

 

E così come domani sarà demonizzata la procreazione naturale a vantaggio di quella sintetica, lo stesso è già avvenuto con i farmaci a mRNA: chi, in omaggio a un elementarissimo principio di precauzione, non voglia cedere il proprio corpo alla sperimentazione, è istericamente additato come nemico della scienza, attentatore della salute della collettività, nemico dell’umanità (ma, a questo punto, è lecito chiedersi: quale umanità?).

 

Ma l’uomo non è padrone della vita, la convinzione di esserlo è un’idea satanica. Prima o poi, tutti gli esperimenti eugenetici fanno una brutta fine perché la natura, prima o poi, presenta il conto.

 

L’eugenetica è un processo perverso destinato a divorare se stesso.

 

Elisabetta Frezza

 

 

 

Bioetica

Aborto, nessun medico per l’aborto negli ospedali pubblici del Tirolo austriaco

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Lo Stato austriaco del Tirolo non è riuscito a reclutare medici per eseguire aborti negli ospedali pubblici. I medici che inizialmente avevano dato il consenso alla fine si sono ritirati.

 

In Austria è consentito l’aborto su richiesta nei primi 3 mesi di gravidanza. Questo di solito significa alla fine della 13ª settimana, calcolata dal primo giorno dell’ultimo periodo mestruale. Non esiste una consultazione obbligatoria o un periodo di attesa prescritto prima di un aborto.

 

Dopo il 3° mese, l’aborto può essere effettuato solo con l’approvazione di un comitato etico e nei seguenti tre casi: che il feto abbia una grave disabilità fisica o mentale; che esiste una grave minaccia per la vita o la salute fisica/mentale della donna; la persona incinta aveva meno di 14 anni al momento del concepimento.

 

Secondo Kath.net «non è possibile abortire tardivamente a causa di una disabilità. Purtroppo, i bambini con disabilità o quelli con un’aspettativa di vita limitata possono ancora essere discriminati e liquidati con l’etichetta di “indicazione medica”». Nel caso di aborto tardivo, l’uccisione del bambino avviene mediante induzione del travaglio: è un processo che dura generalmente diversi giorni.

 

Il Tirolo è uno dei nove Stati federali che compongono la Repubblica d’Austria. È il terzo per superficie e il quinto per popolazione.

 

Alcuni medici austriaci, tra cui tutti quelli che esercitano la medicina pubblica nel Tirolo, si rifiutano di abortire, il che è una buona notizia.

 

Questo fa parte di quel rifiuto che si riscontra sempre di più tra i medici che tollerano di dover uccidere sempre meno, mentre lottano quotidianamente per guarire e salvare.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
 

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Immagine di Mathias Bigge via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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Bioetica

Polonia, i pro-aborto sconfitti in Parlamento

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Si tratta di una vittoria molto importante per la causa pro-vita ottenuta nel parlamento polacco. La Dieta, o camera bassa del Parlamento, ha respinto fino alla dodicesima settimana, con un voto molto serrato, un disegno di legge volto a depenalizzare l’aborto, ma che ha rivelato una divisione nel campo del governo, molto promettente per il futuro.   Un’alleanza di partiti progressisti guidata da Donald Tusk è arrivata al potere lo scorso ottobre, e ha fatto del «progresso sociale» il suo cavallo di battaglia: con questo termine dobbiamo intendere in particolare l’aborto e le unioni civili a favore degli omosessuali.   Al Parlamento polacco sono state proposte quattro leggi sull’aborto e quella approvata il 12 luglio 2024 è stata la più moderata. Tuttavia è stata respinta con 218 voti favorevoli e 215 contrari. Questo risultato è stato possibile perché alcuni deputati del Partito popolare polacco, membro della coalizione di governo, hanno votato contro il progetto.   Il voto ha quindi evidenziato una divisione all’interno della coalizione di governo di Donald Tusk. La situazione potrebbe ripetersi nelle prossime votazioni, in particolare sull’aborto, perché il primo disegno di legge votato era chiaramente il più moderato. Un altro propone quasi di autorizzare l’aborto fino alla nascita.   Il testo respinto proponeva la depenalizzazione dell’aborto fino alla 12ª settimana di gravidanza e la rimozione del divieto di acquisto della pillola abortiva. Pertanto in Polonia l’aborto assistito resta ancora punibile con tre anni di carcere. Anche l’aborto stesso rimane quasi proibito nel Paese. Questo risultato inaspettato fa pensare che anche gli altri progetti verranno respinti.  

Il presidente ha annunciato che non firmerà la legge sulla depenalizzazione dell’aborto

Andrzej Duda, presidente della Repubblica polacca e membro del partito conservatore PiS, ha dichiarato due giorni fa che non firmerà la legge che depenalizza l’aborto.   InfoCatolica riferisce di aver fatto questa dichiarazione «durante un’intervista al canale televisivo Tvn24 a Washington», a margine del vertice della NATO.   Ha spiegato: «L’aborto è un omicidio. Per me si tratta semplicemente della privazione della vita». Ha detto che le donne non dovrebbero «essere punite in alcun modo» per aver abortito, ma che la criminalizzazione delle persone che praticano aborti illegali «è un’altra storia».   Il presidente Duda può sentirsi sollevato: non dovrà esercitare il suo diritto di veto che è sempre il preambolo di una lunga disputa parlamentare il cui esito è generalmente favorevole ai deputati.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.  

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Immagine di Kancelaria Premiera via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Bioetica

La destra italiana vuole davvero punire l’utero in affitto?

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La proposta di legge che trasforma la pratica della maternità surrogata – eufemismo orwelliano, assieme a «gestazione per altri» (GPA) dell’utero in affitto – in un «reato universale» è stata approvata dalla Commissione al Senato poche ora fa. La maggioranza, che pare aver ritrovato compattezza, celebra questa decisione con entusiasmo.

 

«L’Italia si conferma una nazione all’avanguardia sul fronte dei diritti, contro le nuove forme di sfruttamento delle donne e dell’infanzia» ha tripudiato il ministro della Famiglia Eugenia Roccella.

 

Finalmente «introdotto il diniego ad una pratica indegna, che trasforma il corpo delle donne e la procreazione di bambini in merce da vendere al miglior offerente. Tutto questo è oltremodo abominevole» ha dichiarato l’onorevole fiddina Augusta Montaruli.

 

Verrebbe da dire che tratta di uno dei primi risultati «di destra» visibili di un governo della Meloni, che tra asservimento al massacro NATO, occhi dolci ai moderati di Bruxelles e sbarchi clandestini mai fermati, ben poco aveva fatto per attuare il programma di un partito che da qualche parte nel logo ha ancora la fiamma tricolore.

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L’opposizione, al solito, schiuma pavlovianamente di rabbia, promettendo di andare in piazza, etc. Come sempre, con evidenza, non hanno idea di cosa sta succedendo nemmeno quando è chiaro che le cose stanno andando nella loro direzione, ammesso pure che essi sappiano quale che sia.

 

Il festone a destra è in realtà un paravento, perché una crepa inquietante si era aperta martedì. La Lega infatti aveva proposto sanzioni importanti contro l’utero in affitto, riportate dai giornaloni, più o meno scandalizzati, come «10 anni di carcere e milioni di multa».

 

Molte testate mainstream riportano la notizia come «l’utero in affitto è reato». C’è da stropicciarsi gli occhi. Prima non lo era?

 

Sì, lo era, e sempre con anni di carcere e milioni di euro di multa. Tuttavia i professionisti dell’informazione (e i blogger e pro-vita professionali abbaianti al seguito) lo ignorano, o fanno finta di non saperlo per tirare qualche coriandolo all’imperatrice Giorgia.

 

Fatto sta che l’emendamento della Lega, che prevedeva l’inasprimento della pena e la punibilità dei pubblici ufficiali che registrano i bambini nati via utero in affitto, è stato bocciato in Commissione Giustizia. A votarci contro, i senatori di FdI e di Forza Italia, assieme, ovviamente, all’intero arco dell’opposizione. A favore quindi erano risultati solo due senatori della Lega, che aveva preso la decisione di non togliere la protesta e lasciarla al voto, anche se il relatore e il governo avevano espresso parere contrario.

 

Fateci capire: il centrodestra al potere ora si bea del fatto che l’Italia sarebbe il primo Paese al mondo a dotarsi del «reato universale» per la surrogata – chiamata disumana ed equiparata al traffico di esseri umani oltre che ad un oltraggio alla maternità e alla donna in sé – ma al contempo rifiuta pene severe (nemmeno troppo) per i perpetratori?

 

Proprio così. Le motivazioni per cui FI e FdI (quest’ultimo un partito dell’ordine, sulla carta) hanno votato contro l’emendamento che produceva la dura lex, – quante coppie gay, o eterosessuali FIVET, scambierebbero la voglia matta di dotarsi anche di un bambino con dieci anni di carcere? – non sono chiare.

 

Sul giornale dei vescovi Avvenire leggiamo che «dai partiti di opposizione i rilievi – anche molto severi – sono rivolti contro un provvedimento che l’emendamento della Lega avrebbe allontanato ancora di più da un possibile consenso almeno di principio sulla necessità di fermare il lucroso commercio globale di mamme e bambini».

 

Cioè, era una mano tesa all’opposizione? Ammettiamo di non comprendere bene cosa stiano dicendo, ma vi è infilata anche un notevole ragionamento piazzato in un virgolettato del capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, il quale ha «sdrammatizzato le frizioni» dicendo che «in sintesi, più si rafforza il reato, inserendolo nel Codice penale, più aumenta la possibilità che ci sia una moratoria a livello internazionale».

 

C’est-à-dire, se fai una legge che ritieni giusta, deve andarci piano perché poi qualche organo transnazionale ti dice qualcosa? Il senatore Romeo sta dicendo questo?

 

I nostri legislatori hanno paura delle «moratorie internazionali»? La sovranità del popolo italiano finisce dove iniziano le rimostranze di UE, ONU, OMS, etc.?

 

Il tema della sovranità devastata era apparso chiaro anche in un altro frangente del tema riproduttivo, peraltro intimamente connesso all’utero in affitto: l’aborto.

 

Ricordate il discorso di Giorgia Meloni durante l’insediamento? I discorsi fatti fare prima ancora dai famigli? I discorsi dei suoi ministri e dei suoi candidati pro-vita? La 194 non si tocca. L’assassinio di milioni di italiani (e non solo!) ancora nel grembo materno rimane una componente fondamentale dello Stato italiano, anche quando al governo ci va un partito che è discendente da partiti che per decenni e decenni hanno avversato il feticidio.

 

Renovatio 21 ha definito il fenomeno come «inchino a Moloch»: chi arriva al potere, deve annunciare subito che il sacrifizio degli innocenti continuerà. Lo stesso fenomeno avviene, abbiamo notato, negli USA, dove la prima cosa che fanno i presidenti democratici è occuparsi della Mexico City Policy, ossia la legge che previene l’amministrazione dal finanziare gli aborti all’estero.

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Ora è chiaro che non voler punire davvero l’utero in affitto – che prostituisce la donna, mercifica il bambino, produce e uccide quantità di embrioni in provetta, e apre decisamente all’eugenetica (le «donatrici» dell’ovulo e le surrogate si possono scegliere da cataloghi, così come, in caso, i «donatori» di spermatozoi) – testimonia che la direzione non cambierà affatto.

 

Andiamo verso la riproduzione artificiale totalizzante, con non solo uteri in affitto, ma ectogenesi (cioè uteri artificiali), e non solo bambini in provetta, ma esseri prodotti con la gametogenesi (che permette a due omosessuali di divenire «padre» e «madre» genetici, e alle donne di divenire «padri»), raffinati con la bioingegneria CRISPR o con le tecniche che la soppianteranno.

 

Il destino del mondo, qualcuno ha programmato, è questo: il transumanismo sessuale, la riprogenetica come unica forma di procreazione, con buona pace del sesso, lasciato solo come strumento di intrattenimento (magari tramite perversioni sempre più inimmaginabili, e consentite).

 

Del resto, la politica si è mai veramente occupata della cosa?

 

Rammentiamo che uno dei Paesi che il nostro governo ama di più, al punto da finanziarlo ed armarlo, costituisce la principale centrale di utero in affitto, anche durante la guerra: l’Ucraina per anni ha fornito bambini surrogati alle coppie italiane. È mai stata presa un’iniziativa politica riguardo al fenomeno?

 

Più di dieci anni fa parlai con personale dell’ambasciata di Kiev. Mi dissero che i casi sospetti venivano sistematicamente segnalati alle procure della Repubblica competenti. Parlavano di diversi casi al mese.

 

In Ucraina l’utero in affitto è una realtà organizzata in business enormi, che non si ferma nemmeno sotto i missili russi. Su Renovatio 21 abbiamo scritto delle dichiarazioni di uno dei boss della filiera, Albert Tochilovsky, che già qualche anno fa preconizzava che per l’ectogenesi, cioè l’utero artificiale, è questione di pochi anni. Lui ha capito esattamente dove sta andando il mondo. I cataloghi di ragazze ucraine, bionde e sorridenti con le didascalie dove dicono di amare lo sport e l’università, saranno da cestinare a breve.

 

Quante coppie italiane che hanno affittato l’utero di una ragazza ucraina sono state, infine, perseguite? Non lo sappiamo. Alla stampa arrivano solo casi estremi, come quelli in cui la coppia è formata da anziani.

 

Al contempo, va ricordato che la politica possiede un ulteriore, più intimo, buco nero rispetto alla surrogata.

 

Quanti politici, gay o meno che siano, hanno un bambino prodotto con la surrogata? Ci sono esempi lampanti, autodichiarati. Qualcuno dice che sarebbe da vedere se i bimbi sono stati prodotti in alcuni Paesi rispetto ad altri forse per le leggi che consentono la selezione dell’ovocita, cioè della genetica del bambino. Scegliere l’ovulo significa guardare questi elenchi fotografici di belle ragazze, dove non mancano mai, ovviamente, le bionde (così come nei cataloghi dei donatori maschi primeggia la Danimarca, regina dell’export, oltre che dei mattoncini lego e dell’Ozempic, dello sperma).

 

Decidere a tavolino i tratti genetici di proprio figli si chiama, in una parola, eugenetica. Che poi coppie LGBT possano finire a volere un bambino biondo dolicocefalo come da ideale hitleriano è qualcosa che può sorprendere molti, certo non i lettori di Renovatio 21.

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Ora, la domanda da porre, in termini istituzionali, è un’altra: come mai nessuna di queste coppie, anche famose, è stata davvero arrestata e processata?

 

Perché, per tornare allo stupore cretino di giornali e politici nei confronti dell’emendamento «draconiano» della Lega, una legge contro l’utero in affitto esiste già.

 

Si chiama legge 40/2004, quella contro cui nel 2005 le forze gosciste chiesero un referendum, che perdettero, per la gioia del cardinale Ruini, che la considera una delle grandi vittorie della sua carriera.

 

Riteniamo che la legge 40 sia profondamente iniqua. Non solo: essa è alla base dell’uccisione di un numero di embrioni perfino superiore, annualmente, a quello degli aborti, che sono oramai solo uno specchietto per le allodole per il ritardo cattolico. La legge 40, pensata e sostenuta da personaggi di origine democristiana ed appoggiata dalla CEI, è stata costruita con una serie di debolezze (il numero di embrioni da produrre ed impiantare, la contraddizione con la 194) che sembrano poste lì come bombe a tempo pronte a detonare in sentenze di tribunali, cassazioni e consulte.

 

La legge 40, è il nostro giudizio, ha costituito un passo deciso verso l’accettazione dei bambini artificiali – cioè del transumanismo – da parte dei cattolici. Il risultato è visibile più che mai ora nei convegni della Pontificia Accademia per la Vita sotto monsignor Paglia, che paiono aprire sempre più alla riproduzione artificiale totale. La foto del papa con i primi quattro figli di Elon Musk, tutti fatti in botte provetta (qualcuno dei più recenti pure con la surrogata), abbiamo rilevato, dice la medesima cosa. La neochiesa accetta la riprogenetica…

 

Tuttavia, la malvagia legge 40, a leggerla, contiene punti decisamente chiari riguardo all’utero in affitto. Articolo 12, comma 6: «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».

 

Quindi, il reato c’era già? Sì. Eccome.

 

Quindi, gli anni di carcere, i milioni di euro di multa, c’erano già? Sì. Eccome.

 

Quindi, perché in questi 20 anni dalla legge, non abbiamo mai sentito di un grande nome, di quelli che sbandierano l’utero in affitto come diritto e che ora sarebbero dunque tacciabili di «reato universale», andare in galera? Perché non sono state perseguite associazioni e realtà di altro tipo che promuovevano l’utero in affitto?

 

Quindi, tutti coloro che gridavano e gridano ancora oggi – sui giornali, sui social, in Parlamento – la meraviglia umana della «gestazione per altri», incorrono nel reato di istigazione a delinquere? Art. 414 del vigente codice penale italiano: «chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione».

 

Non siamo giuristi, non siamo giudici, non siamo poliziotti. Ci chiediamo addirittura se sia lecito fare questa domanda, o se non sia essa stessa considerabile fuori da quella che recentemente è stata definita dal presidente della Corte Costituzionale come «Costituzione materiale»: una legge che non è scritta da nessuna parte, ma che domina la società, perché quella è la percezione diffusa, quello è il senso delle cose.

 

È forse possibile dire che l’eutanasia, non ancora pienamente legalizzata in Italia, costituisca, «Costituzione materiale». L’utero in affitto lo è? È per questo che sembra non venire perseguito? È per questo che i partiti della destra moderna evitano di volerlo punire sul serio?

 

Ecco di fronte alla vera riflessione da fare: uno Stato senza morale, retto da partiti «post-bioetici» se non «post-etici» (definiamoli così) tout court, scivola giocoforza verso la Necrocultura più pura, e dunque nella violenza più crudele e devastante.

 

Lo Stato moderno – che è amorale per programma – non può che trasformarsi, sempre meno gradualmente, in una definitiva macchina per la degradazione umana e per la morte.

 

Lo avevamo già scritto in occasione di quanto fatto dal presente governo riguardo ai vaccini: uno Stato senza principio, non può che finire per ferirvi ed uccidervi.

 

Sì, lo stato non vi protegge, fa il contrario. Tutto si è rovesciato. Il rovescio della libertà è l’obbligo. Il rovescio del diritto è la sottomissione. E il rovescio del cittadino è lo schiavo.

 

Siamo schiavi dello Stato della morte e della sua cultura. Credete che vi potevano, quindi, risparmiare l’utero in affitto combattendolo davvero?

 

Roberto Dal Bosco

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