Connettiti con Renovato 21

Bioetica

Benvenuti nel Kali Yuga bioetico

Pubblicato

il

In sanscrito è chiamato Kali Yuga. L’era quaternaria, il tempo della massima decomposizione della società. Per millenni gli indù hanno associato a questa era finale il vertice del progresso tecnico, corrispondente però al totale degrado spirituale. In essa, è conosciuto solo il mendacio; le vite umane vengono falciate via. Il suo segno è quello della disintegrazione, della morte massiva.

 

Ebbene, in questa Italia dell’anno del Signore 2014 siamo entrati ufficialmente nel Kali Yuga bioetico. Un tempo di massacro e di falsità. E non per metafora: si faranno milioni di morti, mentre le menzogne necessarie a coprire l’ecatombe corrono già sulla bocca degli uomini (e delle donne) senza più pietà né onore. Senza Dio.

 

 

Oltre la catastrofe della legge 40

Com’era previsto e prevedibile, la Corte Costituzionale, alacre «legislatore di sostegno», ha reso legale anche in Italia la fecondazione in vitro eterologa. Il piano di liberalizzazione progressiva della fabbricazione di esseri umani in laboratorio, inaugurato nel 2004 dal mondo prolife ufficiale con la legge 40, si sta compiutamente realizzando sotto i nostri occhi. La legge 40 fu pensata, approvata e difesa dal potere para-cattolico post-democristiano: per questa legge, frutto malsano di contrattazioni sulla vita e per ciò stesso intrinsecamente iniqua (e ne è prova lampante l’originario limite convenzionale di tre embrioni producibili in provetta, spia inequivoca della fallacia e della falsità dell’impianto iniziale), si spesero movimenti, partiti e associazioni della galassia catto-prolife più o meno legati alle sostanze della CEI ruiniana, la quale pose alfine il suo infallibile imprimatur.

 

Uno ad uno, i «paletti» che avrebbero dovuto arginare il famoso «Far West procreatico», nel lungimirante programma di prevenzione del peggio vengono abbattuti a colpi di sentenza e, nel dissesto del sistema normativo ordinario e costituzionale, si infilano ora le trionfali fughe in avanti dei «governatori» regionali. Tana libera tutti.

 

In questo teatrino del Caos, i sedicenti prolife mettono in scena un copione concordato. La soluzione, ci dicono, è quella d’inventarne di nuovi, di paletti, aggiornati all’assetto giuridico sopravvenuto. Gli «impalettatori» di professione, magari forti di mandato democratico, sembrano avere una gran fretta di arrendersi docili docili ai diktat dei magistrati legislatori.

 

 

Intervistata dal sito ciellino Il Sussidiario, l’ex radicale Eugenia Roccella, ora piazzata curiosamente a capofila dei deputati episcopali (nonostante i suoi manuali sull’aborto fai-da-te e i recenti assist transregionali alla RU486), sul provvedimento annunciato dal ministro Lorenzin, è stata tranchant: «innanzitutto chiariamo che il decreto è obbligato a recepire la sentenza della Consulta».

 

La voce della legge, dunque, va incontestabilmente rispettata: dura lex, sed lex. La pax bioetica – con i «laici», con i radicali, con le «coppie» che vogliono il figlio di qualcun altro fatto su misura, con gli apprendisti stregoni che si spacciano per medici – deve scoppiare al più presto, costi quel che costi.

 

Il commercio con la “necrocultura” pare insomma l’unico orizzonte politico-religioso percorribile.

 

Il tarlo vorace del positivismo ha corroso ogni resistenza e determinato la ritirata da ogni battaglia sui princìpi. Ed eccoci tutti lanciati all’inseguimento del sempre maggiore «male minore» lungo l’irreversibile pendio scivoloso dove la strada del Bene non è più segnalata da nessuno, nemmeno da un Papa. Eppure, c’erano una volta i princìpi non negoziabili…

 

Nella realtà, la famigerata legge 40/2004, considerata pervicacemente a tutt’oggi il «capolavoro» dei catto-prolife (c’è chi la definisce «la Cappella Sistina di Carlo Casini»), ha iniziato e consacrato la perversa spirale di reificazione e mercificazione di esseri umani innocenti, fatta digerire al popolo (incluso quello «cattolico») come cosa lecita e quindi automaticamente buona e giusta.

 

Reificazione, mercificazione, nonché – alla lettera – sterminio.

 

Perché il costo umano dell’applicazione della 40 già nella sua versione originaria era di circa 130-140 mila embrioni scartati e distrutti in un anno. Vale a dire, il raddoppiamento secco dei numeri dell’aborto di Stato procurato in applicazione della legge 194.

 

Nella realtà, il presunto iato tra la fecondazione in vitro omologa e quella eterologa dal punto di vista logico non esiste: entrambe applicazioni prometeiche di una pratica tributata dalla zootecnia che disincarna la procreazione umana e spalanca le porte al «supermarket della vita». Una volta che i bambini sono non più generati ma prodotti, non più accolti ma ordinati, non c’è modo né ragione di scandalizzarsi se sono anche sottoposti a controllo di qualità, selezionati, congelati, scartati, scambiati, assemblati, all’occorrenza soppressi (in applicazione della parimenti genocida legge 194) o smembrati per ricerche mediche pubblicizzate da beoti che si tirano secchiate d’acqua in testa.

 

L’adulto onnipotente, titolare dello ius vitae ac necis, si sente legittimato a privare le sue creature di radici, di memoria, di identità e a scagliarle nell’orbita di un futuro sperimentale. Perché esse sono cose, non persone, agli occhi dei loro proprietari così come dell’agorà circostante. E infatti, nessuno si cura più dei costi della FIVET. E non si parla qui del prezzo in denaro da pagare ai bio-negromanti in cambio di un ipotetico «bimbo in braccio» (cioè il capriccio, che grava ora sulle tasche del contribuente, di un piccolo essere umano «chiavi in mano»), ma del prezzo esorbitante in termini di vite umane addebitato a una società già in avanzato stato di decomposizione.

 

Su dieci embrioni prodotti uno solo vede la luce, gli altri sono destinati a morire come effetto collaterale del procedimento. Una micromorte massiva di magnitudine devastante.

 

Ma una morte incruenta, non inflitta sul corpo di una madre; dunque, una uccisione non percepita perché pulita, asettica, visibile solo al microscopio. Il delitto perfetto. Un’evoluta strage degli innocenti senza spargimento di sangue.

 

Per questo, ignorata impunemente da tutti. Dai giudici. Dalle «coppie». Dagli «intellettuali». Dai politici. Da chierici e laici di vario ordine e grado.

 

 

La fantascienza fatta realtà: eugenismo ed incesti di massa

Ed eccoci all’improvviso planati in uno scenario da fantascienza distopica, che si sta ora realizzando a grandi passi senza che il mondo politico, intellettuale, ecclesiastico pongano la pur minima resistenza.

 

Qualcuno ricorderà, oramai di qualche anno fa, il film Gattaca. La pellicola descriveva un mondo a venire con due categorie di esseri umani: quelli naturali e quelli creati in laboratorio. I secondi sottoposti a un serrato controllo di qualità coessenziale al loro sistema di produzione, i primi soggetti alla imprevedibile e talvolta impietosa lotteria della natura, che – si sa – contempla nel suo seno anche le imperfezioni. Per forza di cose, questi ultimi, erano destinati ad essere emarginati e a soccombere.

 

Fuori dal cinema, guardiamo la realtà odierna: già adesso i genitori refrattari a sottoporsi a diagnosi prenatali invasive oramai di routine sono tacciati di egoismo, di irresponsabilità; diviene pubblicamente intollerabile, e da colpevolizzare, l’idea stessa di far nascere una creatura destinata a una scarsa «qualità della vita»; lo stigma per chi si assoggetta alla roulette russa biologica sarà invincibile, e ciò varrà tanto per i genitori quanto per i figli. In futuro il concepimento attraverso l’atto di amore tra un padre e una madre verrà identificato esso stesso come un rischio assurdo: potendo selezionare il figlio perfetto, perché rifiutare i vantaggi del progresso?

 

È facilmente immaginabile la «peer pressure» destinata a svilupparsi attorno al fenomeno dei bambini sintetici. Come non fare un bambino in vitro se lo fanno tutti gli amici? Come resistere alla pretesa del partner di generare i figli in laboratorio, anche se ciò significa uccidere qualche manciata di embrioni fratelli? Come respingere quell’esprit du temps irradiato da ogni medium e modello sociale, per cui il figlio naturale è tendenzialmente lebensumwertens leben («vita indegna di essere vissuta»), secondo il lessico dei precursori nazisti dell’odierna necrocultura?

 

Ancora in tema di filmografia fantascientifica, si rammenterà, una diecina di anni fa, la pellicola intitolata Codice 46. Nel futuro prossimo ivi rappresentato, la fecondazione in vitro e il traffico di gameti sono così globalmente diffusi che le autorità si vedono costrette ad adottare misure contro le probabilità di «incesto involontario da IVF»: due persone che condividono lo stesso DNA perché figlie di un medesimo donatore possono infatti incontrarsi, amarsi e procreare. Nel film, lo Stato impone in questi frangenti l’aborto legale immediato e la cancellazione della memoria.

 

Anche questa ipotesi non è più astratta, tanto che i neodemocristiani accorrono a puntellarla con il ridicolo paletto dell’etichettatura delle provette onanistico-donatorie, anzi è già realtà: in Inghilterra – ci informaLifesitenews – esiste una top 500 di donatori con almeno 6000 figli sparsi randomicamente per il regno. L’onorevole Roccella, nella sua lettera in dieci punti ai colleghi parlamentari che funge sostanzialmente da rampa di lancio delle piroette circensi del ministro Lorenzin, lo definisce un problema da «discutere». C’est-à-dire: sono aperte ufficialmente le trattative.

 

Avremo dunque miriadi di casi di incesto da IVF, con gravidanze annesse. Nel giro di tre o quattro lustri, tra figli della stessa provetta potrà scattare la scintilla: «ci conosciamo? Hai qualcosa di famigliare…». Si sa, per questa generazione perduta il miglior modo di rompere il ghiaccio è finire a letto insieme. E alla scoperta della traumatica verità, facile immaginare il pubblico epilogo. I giornali titoleranno: «siamo fratelli, ma non ne abbiamo colpa. Ci amiamo». E tutti già sappiamo cosa si deve pensare oggi: «love is love». Punto.

 

Quindi anche l’incesto, retaggio arcaico indissolubilmente legato all’idea stessa di famiglia, percorrerà la via della «normalizzazione». Edipo non dovrà più accecarsi. La hybris antica torna e, armata degli strumenti fiammanti della tecnologia più avanzata, non lascia più nemmeno cogliere al nuovo prometeo l’entità della propria trasgressione.

 

Questa prospettiva raccapricciante è alla nostra portata nel giro di poco tempo, e con evidenza – come ci conferma la strisciante cultura popolare che ha inaugurato a suon di film e di serie televisive il filone del sesso tra consanguinei – i poteri forti sono all’opera per far digerire omeopaticamente anche questo abominio estremo e contribuire a inserirlo, dolcemente, nel quotidiano.

 

Eliminare il tabù dell’incesto significa una volta per tutte disintegrare la base antropologica profonda della famiglia e della società intera: l’istituto famigliare, base naturale prepolitica e pregiuridica del consesso umano, perde d’un tratto struttura identità e senso. Il paradigm shift della sua dissoluzione finale è stato innescato.

 

Alla luce di tutto questo, rimane un mistero anche come la Chiesa – ora così drammaticamente afasica – potrà ancora parlare di un Dio che è Padre, del Figlio di Dio, di Sua Madre, del fratello prossimo tuo, ad un mondo così sovvertito sin dalle sue radici.

 

 

Ecatombe

L’eugenismo e l’incesto di massa saranno presto realtà. Ma l’emergenza più immediata dell’apocalisse bioetica che sta spazzando via ogni appiglio naturale e morale della generazione umana resta l’ecatombe quotidiana.

 

Eliminata la foglia di fico dei tre embrioni producibili e accollata la spesa delle operazioni frankesteiniane alla comunità – urgerebbe, almeno, una rivolta fiscale! – si verificherà con certezza un aumento esponenziale di esseri umani fabbricati ed uccisi, o cannibalizzati a fini «scientifici». Le 130 mila vittime innocenti della 40 prima facie, diverranno presto milioni. Di fatto, si moltiplicano gli effetti esiziali della 194: l’aborto di Stato, a questo punto, è solo un sottoinsieme nemmeno prioritario di questo immane scenario di morte.

 

Milioni di creature indifese annientate legalmente, a spese del contribuente.

 

Nell’affannarsi a inventare virtuosistici paletti – paletti primi, paletti al quadrato, paletti multipli – per la nuova eterologa, presa pretestuosamente a bersaglio degli strali del mondo prolife ufficialmente accreditato, nessuno più si ricorda di questo «dettaglio». Anzi. Nel mostrarsi tutti (moderatamente) scandalizzati per la deriva scatenata dall’ultima sentenza costituzionale, tutti fanno più o meno esplicitamente risaltare per contrasto la bontà dell’impianto originario della legge 40: la fecondazione omologa da essa introdotta nell’ordinamento italiano, utilizzando gameti provenienti dalla coppia ordinante, è pratica da benedire. E chi se ne importa di quanti embrioni siano perduti nel perseguimento del desiderio spasmodico del figlio à la carte.

 

Eppure a qualcuno dovrebbe sovvenire che, recitando il Credo niceno, c’è un passaggio durante il quale, in teoria, ci si dovrebbe genuflettere, come sempre avveniva durante la Messa antica: «e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria… et homo factus est». L’embrione di Gesù Cristo, del Dio che si fa uomo nel grembo di una madre, è citato nel simbolo della religione cattolica e dinanzi a questa verità, per millenni, il fedele è stato chiamato a inginocchiarsi per esprimere la devozione più alta e il più commosso stupore.

 

L’embrione umano è Imago Dei ed ogni offesa che gli è arrecata è un offesa diretta a Dio. Ma oggi il nuovo dogma della modernità (e del modernismo) ha visibilmente preso il sopravvento, ed anche la Chiesa, ripudiati i valori non-negoziabili, per lo più se ne fa una ragione. E non si inchina. E tace.

 

Così, nel silenzio assordante dei pastori, il gregge è smarrito e la necrocultura avanza indisturbata. Anzi, addirittura, si è creata una opposizione sintetica, programmata per essere innocua, e disegnata nella cifra del compromesso col Male.

 

Gli stati generali di questa opposizione «in vitro» nel Kali Yuga post-40 si terranno a Verona il prossimo 20 settembre. La melassa buonista fatta di teorici dell’abortismo umanitario e di fabbricanti di paletti che sguazzano nel degrado bioetico si riunirà sotto il nome ecumenico e conciliante della neonata associazione «Vita è…». A siglare la nuova pax bioetica ci saranno politici, giuristi, medici, scienziati, filantropi, attivisti pseudo-spontaneisti. L’intero esercito dei “normalizzatori”, uniti tutti dall’invidiabile spirito irenista espresso sotto pseudonimo da uno degli organizzatori del blob neodemocristiano: «Chi lo ha detto che siamo messi così male?».

 

C’è da giurarci: così moderati, così aperti, così ottimisti, così per nulla «fissati» né «inespressivi», non stenteranno certo a guadagnarsi la benevolenza curiale e il buffetto dei vescovi galantiniani.

 

La loro missione, del resto, è una e una sola: non disturbare il manovratore. Nonostante l’urlo silenzioso dei milioni di morti innocenti.

 

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

 

 

 

Articolo previamente pubblicato su EFFEDIEFFE.COM

 

 

Immagine di Zeiss Microscopy via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

Continua a leggere

Bioetica

Europarlamentare polacco entra in ospedale e cerca di arrestare un medico abortista

Pubblicato

il

Da

Il politico di destra polacco e membro del Parlamento europeo (MEP) Grzegorz Braun ha fatto irruzione in un ospedale il 17 aprile per tentare l’arresto di un medico che aveva eseguito un aborto tardivo in un ospedale della città di Oleśnica, nella Polonia sud-occidentale.

 

Braun, candidato del partito nazionalista Konfederacja alle prossime elezioni presidenziali polacche di maggio, ha accusato la dottoressa abortista di aver commesso omicidio, trasmettendo in diretta streaming l’intera scena.

 

Nel video, il Braun entrava in ospedale con il suo distintivo del Parlamento Europeo. Proclamando che avrebbe disposto un «arresto di cittadino» per il «reato di togliere una vita», Braun chiedeva agli altri uomini che lo accompagnavano di chiamare la polizia.

Sostieni Renovatio 21

Secondo quanto riportato da Politico, la dottoressa ha dichiarato che «stava firmando alcuni documenti amministrativi quando una folla di circa 30 uomini, guidata da Braun, ha fatto irruzione nell’ospedale intorno alle 11 del mattino. Ha affermato che gli uomini l’hanno circondata, le hanno impedito di uscire e le hanno detto che avrebbe dovuto essere arrestata».

 

Il Braun «continuava a ripetere che ero un assassino e che la polizia avrebbe dovuto arrestarmi perché ero una persona pericolosa», ha dichiarato la dottoressa, in dichiarazioni citate dalla BBC. «Mi ha afferrato, spintonato e bloccato».

 

Da parte sua, Braun ha dichiarato in un video di essersi recato all’ospedale distrettuale di Oleśnica per arrestare la dottoressa dopo che quest’ultima aveva praticato un aborto su un feto affetto da una rara displasia scheletrica.

 

 

In risposta, la Procura regionale di Breslavia ha dichiarato che avrebbe avviato un’indagine sull’episodio in questione.

 

L’aborto è legale in Polonia solo in due circostanze: se la gravidanza (fino a 12 settimane) è il risultato di stupro o incesto, oppure se la gravidanza mette in pericolo la vita o la salute della donna. Nel 2020, un tribunale costituzionale ha decretato che un altro motivo per l’aborto nel Paese a maggioranza cattolica – gravi anomalie fetali – non era costituzionale.

 

Prima del 2020, l’eccezione consentiva ai medici di raccomandare ed eseguire aborti nei casi in cui vi era «un’alta probabilità di grave e irreversibile compromissione del feto o di una malattia incurabile che ne minacciava la vita», come riportato dalla Catholic News Agency (CNA).

 

La sentenza del 2020 ha di fatto salvato la vita di molti bambini non ancora nati, poiché il numero di aborti eseguiti negli ospedali è diminuito di un impressionante 90%.

 

Le elezioni presidenziali polacche si terranno il 18 maggio. L’attuale Presidente della Polonia, Andrzej Duda, ricopre la carica dall’agosto 2015 e non è più eleggibile. Duda è stato un fermo sostenitore delle politiche pro-vita e pro-famiglia in Polonia.

 

Come riportato d Renovatio 21, nel dicembre 2023 il Braun aveva usato un estintore per spegnere le candele della menorah – il noto candelabro ebraico –durante una cerimonia ufficiale di Hanukkah, una festività giudaica di fine anno.

 

Recentemente il Braun è finito nelle cronache per aver rimosso una bandiera europea da un ufficio pubblico, e per avere bruciato il drappo UE.

 


Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Sejm RP via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

Continua a leggere

Bioetica

Deputata AfD suscita scalpore con un discorso antiaborto: ma non può dire «sopravvissuti» perché il termine ricorda l’Olocausto

Pubblicato

il

Da

Vanessa Behrendt è stata eletta nel parlamento tedesco della Bassa Sassonia (Nord-Est del Paese) nel novembre 2022 come membro del partito Alternativa per la Germania (AfD). Si dichiara luterana evangelica. Ha parlato in occasione della legge per depenalizzare l’aborto presentata dai socialisti (SPD) e dai Verdi.   Alle prime parole viene fermata e rimproverata dal Vicepresidente della Camera che le dice che non può parlare come ha appena fatto. Ma cosa aveva detto? Questo: «Cara Signora Presidente, cari sopravvissuti. Vedo che nessuna di voi è stata abortita. Siete tutti nati».   Barbara Otte-Kinast (CDU), che presiedeva la riunione, ha rispostoimmediatamente dicendole che non poteva parlare in quel modo. In realtà, è il termine «sopravvissuti» (die Überlebenden) ad essere preso di mira, perché è utilizzato in particolare nell’espressione Holocaust-Überlebende, il cui significato è ovvio. Pertanto, non è lecito parlare di «sopravvissute all’aborto» senza essere corretti. Ci sono parole riservate…   Imperterrito, il parlamentare prosegue: «Cari cittadini che non avete abortito, che siete tutti nati. » Poi prendendo di mira la teoria di genere: «Non da un genitore X o Z, ma da una donna, da tua madre. Non siete nati come qualcosa, ma come esseri umani. Mi congratulo vivamente con te per questo, perché non tutti sono così fortunati».   Più avanti, viene ripresa quando ricorda, contro la propaganda abortista che descrive i bambini non ancora nati come «mucchi di cellule», che ogni essere umano inizia la vita con «esattamente due cellule»: «una cellula della madre, una del padre. Quando una persona raggiunge l’età adulta, possiede circa 37 trilioni di cellule».   La signora Behrendt fa poi riferimento agli aborti che si svolgono ogni anno in Germania, affermando innanzitutto che secondo la legislazione vigente non sono punibili, ma restano illegali. Poi riporta le cifre ufficiali: ogni anno vengono uccisi più di 100.000 bambini non ancora nati. Secondo i dati ufficiali, dal 1996 al 2023 sono stati eseguiti 1.833.821 aborti.

Sostieni Renovatio 21

Prosegue stigmatizzando una società selettiva: «siamo tutti sopravvissuti a un sistema che ogni anno priva più di 100.000 persone del diritto più fondamentale: il diritto alla vita».   «Una società a due velocità: quella dei nati da una parte, quella dei nascituri dall’altra», ha sottolineato il deputato dell’AfD.   L’intervento è avvenuto nel contesto di una votazione in Parlamento su una proposta della SPD e dei Verdi volta a «rafforzare l’autodeterminazione in materia di gravidanza». Una proposta che chiedeva la legalizzazione dell’aborto nelle prime dodici settimane di gravidanza in tutta la Germania. Nonostante sia stato adottato, l’aborto continua a essere disciplinato dal codice penale tedesco.   Behrendt ha concluso il suo discorso spiegando che non c’era bisogno di «più aborti», ma piuttosto di aiutare i genitori a tenere i figli concepiti, qualunque fossero le circostanze.   Nonostante i suoi difetti, questo discorso ha il merito della chiarezza e le reazioni che ha suscitato dimostrano che ha colto nel segno. Al giorno d’oggi questo fenomeno è talmente raro che vale la pena segnalarlo.   Articolo previamente apparso su FFSPX. News.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube  
Continua a leggere

Bioetica

La manna finanziaria dell’UE per l’agenda woke

Pubblicato

il

Da

Nel 2025, il contributo francese al bilancio annuale dell’Unione europea (UE) ammonta a circa 23,3 miliardi di euro, rispetto ai 21,6 miliardi del 2024. Somme spese principalmente per infrastrutture, cibo e salute degli europei, dei dipendenti pubblici dell’UE e anche per programmi molto meno consensuali come l’agenda woke.

 

Tutti i dati contenuti nel presente articolo, che riassume un testo del Centro europeo per il diritto e la giustizia (ECJL), sono pubblicati ufficialmente dalla Commissione europea.

 

Tre cause attiviste sono particolarmente supportate

 

Promozione dell’aborto

Nel 2024 l’UE ha erogato sovvenzioni all’IPPF European Network, la sezione europea dell’International Planned Parenthood Federation: 919.000 euro su un budget totale di 1,1 milioni di euro. Una cifra che continua ad aumentare, visto che nel 2023 ha ricevuto 875.987 euro e nel 2022 599.000 euro. Nel 2024, l’IPPF aveva un budget annuale di 125 milioni di dollari e Planned Parenthood aveva, sotto la presidenza Biden, un budget di circa due miliardi di dollari.

 

L’UE finanzia altri progetti che promuovono l’aborto. Sono stati donati 342.000 euro al progetto Aborto, Diritto e Natura (ALaN). Il progetto Donne che viaggiano per cercare assistenza per l’aborto in Europa è costato 1,4 milioni di euro e ha previsto lo studio dell’impatto delle restrizioni legali e degli ostacoli pratici all’aborto nei paesi europei e l’analisi delle strategie delle donne per affrontarli.

 

Promozione del wokeismo trans

L’UE finanzia anche progetti e organizzazioni che promuovono l’ideologia transgender. Così, un progetto intitolato «L’inchiostro invisibile delle donne: la scrittura transgender e la sessualizzazione del valore intellettuale nella prima modernità» ha ricevuto 1,5 milioni di euro di finanziamenti, con il notevole obiettivo di analizzare la «misoginia testuale».

 

L’associazione Transgender Europe, che fa lobbying presso la Commissione Europea, ha ricevuto finanziamenti tra il 2019 e il 2021 pari all’80% del suo bilancio, ovvero circa 350.000 euro all’anno. Si tratta di un caso emblematico di una pratica molto diffusa: un’istituzione pubblica finanzia un attore privato per creare artificialmente un interlocutore «della società civile» e legittimare così la propria azione attraverso questo mezzo.

 

Lotta contro il populismo

Il progetto «Ascesa e caduta del populismo e dell’estremismo», finanziato con 1,46 milioni di euro, analizza le «cause del populismo» studiando i CV di 40 milioni di americani in cerca di lavoro. Oltre ai documenti del Regno Unito che spiegano come le punizioni corporali abbiano influenzato il rendimento scolastico, il comportamento antisociale e il voto sulla Brexit…

 

L’UE ha finanziato un progetto da 193.000 euro, intitolato «Il nazionalismo populista nell’India occidentale “globale”», 1920-1939, per esplorare i legami tra l’emergente nazionalismo indù e il fascismo europeo negli anni ’20 e ’30, al fine di comprendere meglio la natura transnazionale dell’estrema destra radicale.

 

Un altro progetto, dal valore modesto di 172.000 euro, intitolato «Le micro-fondamenta delle macro-istituzioni: un’indagine empirica sulla co-evoluzione della retorica e delle organizzazioni populiste», mira ad analizzare le basi microeconomiche del populismo studiando l’evoluzione del discorso populista e il suo impatto sulle istituzioni e sulle organizzazioni multinazionali.

 

Infine, per citare un ultimo esempio, sono stati spesi 257.000 euro per studiare l’evoluzione del consenso liberale transatlantico tra Europa e Stati Uniti attraverso un’analisi letteraria e culturale del populismo e del nazionalismo, Approcci transatlantici alla letteratura contemporanea nell’era di Trump.

 

Promozione dell’Islam in Europa

L’UE finanzia anche la promozione dell’Islam in Europa. È il caso, ad esempio, del progetto allo stesso tempo woke e islamico «Spazi di asilo musulmani queer: tra correttezza e ingiustizia nel sistema di asilo eteronormativo e omonormativo tedesco» per 195.000 euro, che si concentra sullo «studio dell’asilo queer in Europa» riguardante «le persone di origine musulmana».

Un altro progetto da 345.000 euro mirava a progettare strumenti teatrali per la prevenzione dell’islamofobia. L’UE ha inoltre speso 271.000 euro per un progetto volto a studiare «in che modo l’Islam fornisca un nuovo quadro di standard etici e pratiche religiose per un certo numero di europei insoddisfatti del ruolo sociale svolto dalle chiese cristiane».

 

Secondo la Commissione Europea, il finanziamento di questi progetti produrrebbe «un’ampia gamma di risultati». Ci sono motivi per dubitarne. Il risultato principale e oggettivo del finanziamento di questi progetti è l’aumento della spesa per servizi che certamente non riceverebbero la maggioranza dei voti se i cittadini europei fossero consultati.

 

In un momento in cui il debito francese non è mai stato così elevato e l’inflazione è in aumento, è giunto il momento di mettere in discussione l’interesse del contribuente europeo nel finanziare questa ricerca, conclude la Corte di giustizia europea. La conclusione può essere applicata anche ad altri Paesi europei.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Più popolari