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Apple banna il «Tinder no-vax»

Apple ha rimosso un’app di appuntamenti per persone non vaccinate. Presumibilmente, l’app ha violato le politiche di Apple per i contenuti COVID.
Considerato un «Tinder per no-vax», Unjected è un’app di incontri per persone non vaccinate.
A maggio, l’app era stata lanciata dopo che i principali siti e applicazioni di incontri, come Bumble e Tinder, hanno collaborato con la Casa Bianca e hanno incoraggiato gli utenti a vaccinarsi.
Apple ha rimosso l’app di appuntamenti dal suo App Store dopo essere stata contattata da Bloomberg. In una e-mail a Unjected, Apple ha affermato che l’app «si riferisce in modo inappropriato alla pandemia di COVID-19 nel suo concetto o tema».
Considerato un «Tinder per no-vax», Unjected è un’app di incontri per persone non vaccinate
Apple richiede che tutte le app relative a COVID-19 forniscano informazioni credibili su salute e sicurezza e provengano solo da entità riconosciute, tra cui organizzazioni governative, organizzazioni no profit incentrate sulla salute e istituzioni mediche o educative.
Apple aveva originariamente posto diniego alla domanda di Unjected di essere distribuita dall’App Store di Cupertino.
L’app era quindi stata approvata solo dopo aver apportato modifiche per conformarsi alle politiche COVID-19, ha affermato un portavoce di Apple.
Da allora, «lo sviluppatore ha rilasciato dichiarazioni esternamente ai suoi utenti e aggiornamenti all’app che lo portano ancora una volta fuori dalla conformità», ha affermato Apple, aggiungendo che Unjected ha incoraggiato gli utenti a evitare di usare determinate parole per evitare il rilevamento.
Apple ha affermato che l’app «si riferisce in modo inappropriato alla pandemia di COVID-19 nel suo concetto o tema»
«Questa è una violazione delle nostre linee guida, che chiariscono: “Se tenti di imbrogliare il sistema… le tue app verranno rimosse dallo store”».
Le opinioni di Unjected sui vaccini hanno risuonato anche su Instagram, dove il suo account ha quasi 25.000 follower.
In risposta alla rimozione, uno dei co-fondatori di Unjected ha pubblicato un video su Instagram dicendo: «a quanto pare, siamo considerati “troppo” favorevoli a condividere la nostra autonomia medica e la libertà di scelta… Quindi, ovviamente, Apple ci ha rimosso».
«A quanto pare, siamo considerati “troppo” favorevoli a condividere la nostra autonomia medica e la libertà di scelta… Quindi, ovviamente, Apple ci ha rimosso»
A peggiorare le cose, Unjected è in fase di revisione presso il Google Play Store per i post che affermano che i vaccini sono «modificatori sperimentali dell’mRNA», «armi biologiche» e «microchip nanotecnologici».
«Stiamo cercando modi per uscire da Apple e Google. Ma la transizione più semplice per noi potrebbe essere quella di rendere il sito Web il migliore possibile poiché non possono chiuderlo come l’app».
Apple e Google stanno chiarendo che i contenuti anti-vax non verranno visualizzati sulle loro piattaforme.
Come scrive Zerohedge, «ricordate cosa ha fatto la Silicon Valley alla piattaforma di social media conservatrice “Parler”?»
Per chi non lo ricorda: Parler era considerato un concorrente di Facebook e Twitter in ascesa, un social media che aveva la caratteristica, sconosciuta alle altre piattaforme, di non censurare i post degli utenti.
Il 7 gennaio, all’indomani dei fatti del Campidoglio, Apple e Google tolsero l’applicazione dall’app store (impedendo così l’uso via telefonino) ma anche Amazon, che possedeva i server dove girava la versione su sito, chiuse tutto improvvisamente.
Si tratta né più né meno di censura: un’atto infame che il governo ha subappaltato ai giganti di Big Tech, così da tentare di salvarsi la faccia democratica.
Il problema è che oramai non c’è più nessuna faccia da salvare. Qualcuno lo dica al governo.
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La Francia apre un procedimento penale contro X di Musk. Durov: da Parigi una «crociata» contro la libertà di parola e il progresso tecnologico

La Francia ha aperto un’indagine penale per verificare se gli algoritmi della piattaforma X di Elon Musk siano stati utilizzati per interferire nella politica interna.
L’indagine trae origine da due denunce presentate a gennaio, ha dichiarato venerdì la procuratrice di Parigi Laure Beccuau. Senza fare il nome diretto di Musk, ha dichiarato che gli investigatori esamineranno l’azienda e i suoi dirigenti per presunta manipolazione di algoritmi «a fini di interferenza straniera».
La prima denuncia è arrivata da Eric Bothorel, un parlamentare del partito centrista Ensemble del presidente Emmanuel Macron. Il Bothorel ha affermato che una «riduzione della diversità di voci e opzioni» su X ha creato un ambiente pericoloso. Bothorel ha anche criticato il modello di moderazione della piattaforma, definendolo poco chiaro, e ha accusato Musk di essere intervenuto personalmente nella sua gestione, secondo France 24. La denuncia descriveva le attività di X come un «pericolo reale e una minaccia per le nostre democrazie».
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La seconda denuncia sarebbe partita da un funzionario governativo addetto alla sicurezza informatica, il quale ha affermato che le modifiche all’algoritmo promuovono contenuti razzisti e omofobi, con l’obiettivo di «alterare il dibattito democratico in Francia».
Giovedì, i politici del Partito Socialista Thierry Sother e Pierre Jouvet hanno presentato una denuncia separata contro il chatbot Grok di Musk, che di recente avrebbe generato commenti offensivi e politicamente scorretti su X, dicendo ad esempio, in una bizzarra auto-reductio ad Hitlerum macchinale, di essere «MechaHitler».
Mercoledì, il team di Grok ha dichiarato di aver aggiornato il modello per rimuovere i discorsi d’odio. Musk ha affermato che il chatbot era «troppo arrendevole alle richieste degli utenti» e «troppo desideroso di compiacere ed essere manipolato» per produrre retorica d’odio.
I politici europei hanno chiesto sempre più una maggiore supervisione di X e piattaforme simili, mettendo in guardia da potenziali abusi da parte di attori malintenzionati. Musk ha suscitato polemiche a Berlino quando ha apertamente appoggiato il partito anti-immigrazione Alternativa per la Germania (AfD) durante le elezioni parlamentari di febbraio. L’AfD ha aumentato significativamente la sua quota di voti, diventando la seconda fazione più numerosa nel Bundestag.
La Francia ha intrapreso una «crociata» contro la libertà di parola e il progresso stesso, ha dichiarato venerdì il fondatore di Telegram, Pavel Durov, dopo che Parigi ha avviato l’indagine su X. Le autorità francesi dovrebbero dialogare con le aziende tecnologiche invece di processarle, ritiene l’imprenditore.
Le azioni dei «burocrati francesi» non faranno altro che «spaventare gli investimenti e danneggiare la crescita economica del Paese per decenni», ha scritto il miliardario di origine russa su X.
«Alcuni procuratori, spinti da ambizioni di carriera o da motivi politici, stanno mettendo a repentaglio il futuro del Paese, avviando indagini penali su questioni che potrebbero (e dovrebbero) essere risolte attraverso una regolamentazione chiara e la cooperazione con i leader della tecnologia», ha scritto il Durov, commentando gli sviluppi.
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Lo stesso CEO di Telegram sta affrontando accuse penali in Francia, che ha recentemente definito «senza precedenti». Durov, la cui azienda ha sede a Dubai, è stato arrestato in Francia nell’agosto 2024 con l’accusa di complicità in reati presumibilmente commessi dagli utenti di Telegram, tra cui estremismo e abusi su minori. È stato successivamente rilasciato su cauzione di 5 milioni di euro, ma rimane sotto sorveglianza limitata.
Dopo il suo arresto, il suo servizio di messaggistica crittografata ha aggiornato la propria politica sulla privacy per consentire la raccolta di metadati, come indirizzi IP, informazioni sui dispositivi e modifiche del nome utente, per un massimo di un anno e la loro potenziale trasmissione alle «autorità giudiziarie competenti».
Durov ha liquidato le accuse contro di lui come infondate, mentre il suo avvocato le ha definite «totalmente assurde». L’imprenditore ha anche ripetutamente criticato la situazione della libertà di parola nell’UE. L’anno scorso, ha affermato che l’Unione stava imponendo più censura e restrizioni ai media rispetto alla Russia, dopo che i canali delle principali testate giornalistiche russe su Telegram erano stati resi inaccessibili nell’UE.
A maggio, Durov ha annunciato una partnership con la startup xAI di Musk, che prevede l’integrazione del chatbot Grok in Telegram. Musk ha anche elogiato il suo collega imprenditore tecnologico per essersi rifiutato di accogliere la richiesta del governo francese di bloccare i contenuti politici conservatori sulla piattaforma di messaggistica.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Google chiude il sito Messa in Latino. Contro il totalitarismo web, sarebbe ora di finirla con i blog

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L’UE potrebbe multare Meta-Facebook di 22 milioni di dollari al giorno

Meta, la società madre di Facebook, si troverebbe ad affrontare nuove accuse antitrust da parte dell’UE e multe giornaliere multimilionarie dopo essersi rifiutata di modificare ulteriormente il suo controverso modello «paga o acconsenti».
Il modello di Meta, introdotto nell’UE nel novembre 2023, prevede che gli utenti paghino un abbonamento per utilizzare Facebook e Instagram senza che i loro dati vengano tracciati o vengano bombardati da annunci pubblicitari personalizzati. L’abbonamento mobile iniziale costa 12,99 euro al mese.
Le autorità di regolamentazione dell’UE affermano che il modello viola le norme del Digital Markets Act (DMA), che impone alle grandi aziende tecnologiche, note come «gatekeeper», di offrire versioni alternative dei loro servizi che utilizzano meno dati personali ma che funzionano altrettanto bene. Ad aprile, il gigante tecnologico statunitense è stato multato di 200 milioni di euro per non aver rispettato questa norma.
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Nel 2024, l’azienda, proprietaria anche di WhatsApp, ha ridotto l’utilizzo dei dati personali e dimezzato il canone di abbonamento, ma la Commissione Europea ha ritenuto che le modifiche siano insufficienti. Il mese scorso, ha avvertito l’azienda che, in caso di mancata adozione di ulteriori misure, avrebbe potuto incorrere in sanzioni giornaliere fino al 5% del suo fatturato globale. Considerando il fatturato del 2024 di 164,5 miliardi di dollari, l’azienda potrebbe incorrere in sanzioni giornaliere fino a 22,5 milioni di dollari.
Tuttavia, il colosso tecnologico statunitense insiste sul fatto che «non proporrà ulteriori modifiche a meno che non cambino le circostanze», ha scritto venerdì Reuters, citando persone a conoscenza diretta della questione.
Meta ha rifiutato di commentare, ma ha precedentemente dichiarato di ritenere di essere conforme al DMA, ha osservato Reuters. L’azienda ha anche difeso il suo modello come un approccio commerciale legittimo e ha accusato la Commissione Europea di aver preso di mira ingiustamente le sue pratiche commerciali.
La controversia riflette un più ampio scontro tra le autorità di regolamentazione dell’UE e le piattaforme Big Tech sulla concorrenza digitale. Il DMA, entrato in vigore nel 2023, mira a limitare i comportamenti anticoncorrenziali e a promuovere l’equità nei mercati online.
Come riportato da Renovatio 21, Facebook sta affrontando in Kenya un’azione legale da 2,4 miliardi di dollari per contenuti di guerra diffusi sulla piattaforma.
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Come riportato da Renovatio 21, già due anni fa Amnesty International aveva accusato Facebook di diffondere l’odio in Etiopia.
Durante la campagna elettorale, il presidente della Cambogia, che correva per la rielezione, aveva temporaneamente lasciato la piattaforma dopo che un osservatorio di Facebook aveva criticato il linguaggio in uno dei suoi video e ha raccomandato di sospendere l’account del primo ministro per sei mesi.
I famigerati «standard della comunità di Facebook» non sembrano avere troppi problemi con il battaglione Azov, con lo Zelens’kyj che ringrazia per il prezioso aiuto nello «spazio informativo».
Negli anni si sono accumulate accuse e rivelazioni su Facebook, tra cui accuse di uso della piattaforma da parte del traffico sessuale, fatte sui giornali ma anche nelle audizioni della Camera USA.
Un bizzarro, goffo spot di Facebook di qualche anno fa rivelava forse cosa la piattaforma pensa davvero dei suoi utenti, visti come vecchi pupazzi destinati al macero.
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Immagine di Tony Webster via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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