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Bioetica

«Sarà come vaccinarli»: il CRISPR-Cas9 e l’ingegneria genetica dei figli

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Il sistema CRISPR-CAS 9 è una tecnica medica moderna contesa fra la Cina e l’America, quest’ultima avendo però ottenuto l’avvallo scientifico dell’esperimento. Trattasi di un bisturi universale che opera sulla genetica secondo il metodo del “taglia e cuci” effettuata sul DNA di embrioni umani, per ora a vantaggio di una malattia genetica ereditaria del cuore: la cardiomiopatia ipertrofica, causa di morte improvvisa per i giovani atleti sportivi. Può certamente essere usato anche su cellule non umane – ed è di fatto questo lo studio iniziale che i ricercatori francesi, Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier, fecero reingegnerizzando la proteina CAS 9 (CRISPR associated protein) studiando i batteri presenti nello yogurt e calcolando un modo per rendere questi batteri più resistenti al virus, incontrando un sistema che può essere ideale per riscrivere il DNA – ora non più solo delle piante, dei cibi e degli animali, ma anche degli essere umani.

 

L’ufficialità definitiva rispetto a questa nuova tecnica è comunicata dalla prestigiosa rivista inglese “Nature“, raccontando come l’esperimento “taglia e cuci” prodotto su di un embrione affetto, per ereditarietà, dalla suddetta patologia al cuore, è stato condotto dalla Oregon Healt and Science University e dal Salk Institute for Biological Sciences, con la collaborazione di ricercatori e scienziati cinesi e sud coreani. La tecnica utilizzata ha consentito di sostituire il gene malato con quello sano in tutte le cellule embrionali: come si può facilmente intuire, l’obiettivo apparente parrebbe esser quello di eliminare geni difettosi ( gene= frammento di DNA).

Il CRISPR corrisponde invece ad un frammento di RNA che fa da guida: ha il compito di essere complementare al pezzo di DNA che si vuole colpire. Nella sua completezza, come dicevamo poc’anzi, porta il nome di CRISPR-CAS 9, quest’ultimo essendo l’enzima capace di tagliare il DNA. Tagliandolo e quindi rompendolo si provoca l’inattivazione del gene, ma volendo curare malattie genetiche questa abilità di “taglio e cucito” genetico permette di introdurre nuove sequenze.

“La bocca dell’inferno bioetico è stata spalancata da un pezzo e il fondo attira a sé con sempre maggior forza, come una valanga che più scende e più prende velocità aumentando anche di dimensioni”

 

 

L’esperimento adottato sul caso di cardiomiopatia ipertrofica ha bloccato la trasmissione del gene malato su di un embrione nato da ovuli sani e da spermatozoi portatori della mutazione , ed è provato che coloro i quali portano questo gene hanno il 50% di probabilità di trasmetterlo alla propria prole. In questo specifico caso non solo il gene viene disattivato, ma ancor più è stato sostituito con quello sano in tutte le cellule embrionali.

Semplice captare questo nuovo moto dell’ingegneria genetica, pronto ad essere il propulsore per un processo di artificializzazione dell’essere umano, modificandone i tessuti genetici e sperimentando nuove abilità di composizione e competizione genetica a piacimento, secondo il proprio uso e costume.

Il “gene editing” corregge l’alterazione genetica in embrioni umani prima dell’impianto, nelle primissime fasi dello sviluppo ovvero appena dopo che lo spermatozoo ha incontrato l’ovulo. Tutto questo viene fatto su cellule umane coltivate in vitro: ecco il vero “salto di qualità” diabolica. Seppur l’esperimento assuma un carattere quasi preliminare, esso apre a possibilità di vario genere pur nascondendosi sotto l’aurea ambigua della scoperta scientifica che curerà qualsiasi malattia con un semplice “cut and sew“.

Giocare al pericoloso gioco del gene editing comporta però un rischio terribilmente imponente:  il gene nuovo e sano sarò passato a tutte le generazioni successive. La follia del “diritto ad avere un figlio” porta oggi tante coppie a ricorrere a quegli artifizi demoniaci che tanto sanno di “miracoli al contrario”, concessi a persone capaci di tutto e disposte a tutto pur di ottenere non ciò che il Buon Dio e la natura donano, quanto piuttosto ciò che un cinico ed infantile egoismo pretende. E allora al via le inseminazioni artificiali, quella pratica di morte che è la fecondazione in vitro (qui superata) e, dulcis in fundo, l’utero in affitto da una sconosciuta.

“la riproduzione della specie verrà rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, (…) e “la tirannia della famiglia biologica sarà finalmente spezzata”

— Shulemith Firestone

Anche per il CRISPR-CAS 9 nessuno porrà il limite, e anzi l’esperimento di cui abbiamo parlato funge solo da cavallo di Troia; la “malattia” sarà interpretata secondo criteri soggettivi: si potrà così curare l’obesità ereditaria, il capello castano del papà, la mandibola lunga della mamma e via di scorrendo. D’altronde soleva scriverlo già la vera e grande ideologa del gender Shulemith Firestone anni orsono, “la riproduzione della specie verrà rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, (…) e “la tirannia della famiglia biologica sarà finalmente spezzata”.

 

Si potranno dunque creare esseri su misura secondo un principio di nuova  eugenetica. Anche i comportamenti a base ereditaria sarà possibile modificarli geneticamente, con il papà drogato che potrà continuare a drogarsi oltremodo durante la fase prima e dopo il concepimento, sicuro di poter poi vedere estirpata al figlio questa predisposizione voluta. Potremo altresì avere figli più muscolosi ed atletici – sui topi si attuano già modifiche genetiche per migliorare le prestazioni dei muscoli – in grado di renderci orgogliosi della nostra prole OGM.

 

“Se dovessi fare una previsione direi che i miei nipoti verranno da embrioni selezionati e modificati geneticamente, e per l’umanità non cambierà niente. Sarà come vaccinarsi”

— Dan MacArthur

Tutte queste probabili mostruosità insite nella rivoluzione del nostro tempo – la rivoluzione genetica, questa sì, l’ultima e vera rivoluzione – avverranno come se nulla fosse. A rendercelo noto è il professore di genetica a Harvard, Dottor Dan MacArthur, il quale così parlava poco tempo fa’: “Se dovessi fare una previsione direi che i miei nipoti verranno da embrioni selezionati e modificati geneticamente, e per l’umanità non cambierà niente. Sarà come vaccinarsi”. La correlazione e il paragone fra mutazioni genetiche silenziose e vaccinazioni di massa provocano un turbolente brivido lungo la schiena: non bastano più i morti dell’aborto, per il ritorno alla renovatio del sacrificio umano i necrocultori moderni hanno bisogno di altri mezzi. Mezzi silenziosi, che compiono il loro mestiere in modo sopraffino, preciso e veloce, al passo con la nuova eugenetica. D’altronde la fecondazione in vitro è già eugenetica – si sceglie l’embrione migliore fra tutti e si ammazzano gli altri -, il CRISPR aggiunge solo un’inequiparabile precisione e funzionalità. Occorre tener bene alla mente che oggi giorno, anno 2017, il numero di aborti è molto inferiore rispetto a quello di embrioni ammazzati dalla legge 40 – quella tanto bramata e voluta dalla Donna CEI, Sig.ra Eugenia Rocella.

 

La bocca dell’inferno bioetico è stata spalancata da un pezzo e il fondo attira a sé con sempre maggior forza, come una valanga che più scende e più prende velocità aumentando anche di dimensioni. Si pensi a ciò che potremmo definire il “dopo Charlie Gard”, con la proposta indecente che già fu presentata ai coniugi Gard poco tempo dopo l’assassinio del figlioletto:  la “Three Parents IVF” silenziata dal mondo della bioingegneria tecnica, ovvero il programma per la fecondazione in vitro a tre genitori. La madre Connie, essendo portatrice sana della sindrome di deplezione mitocondriale, veniva già circuita dai maghetti e le maghette della “procreazione assistita”. In provetta, sono pronti a creare il bambino a tre genitori e il caso di Charlie voleva essere il trampolino di lancio. Come? Facendo fecondare uno spermatozoo con un ovulo che ha il nucleo della “madre” e i mitocondri di un’altra “madre”. Geneticamente parlando il bambino potrà essere figlio non di uno, non di due, ma bensì di 3 genitori. Il prof. John Zhang, medico cino-americano, ha creato un soggetto con questa tecnica, in Messico.

 

Il concepito non dovrà più esistere, e l’essere umano dovrà essere prodotto. Questo è il fine del CRISPR-CAS 9! produrre umani, selezionarli, perfezionarli, renderli insomma come si vuole.

 

La guerra è assoluta e mira a distruggere l’immagine del concepito, quella immagine in che in fondo altro non può essere se non il riflesso di Dio e del Suo Prediletto Figliolo.

 

Nel nome di Cristo e nel nome della Vita siamo chiamati a combattere questa battaglia, e non ci sarà concesso fermarci fino a quando non saremo certi di aver fatto tutto ciò che potevamo fare.
Cristiano Lugli

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Bioetica

L’attualità della lezione giuridica di Mario Palmaro

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In un video pubblicato da Ricognizioni, la ricercatrice di giurisprudenza Patrizia Fermani, di cui Renovatio 21 ha pubblicato negli anni diversi interventi, ripercorre l’insegnamento del filosofo del diritto e studioso di bioetica Mario Palmaro (1968-2014), di cui ricorre il decennale della morte.

 

Nella conversazione con Alessandro Gnocchi, che con Palmaro ha firmato decine di libri e articoli, vengono messe evidenza la capacità di Palmaro di individuare i temi fondanti del diritto: primo tra tutti, l’inviolabilità dell’essere umano.

 

 

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Immagine da Ricognizioni

 

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Bioetica

La diversità di opinione è a rischio nelle riviste mediche?

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Un paio di anni fa, è stato nominato un nuovo editore per una delle riviste mediche più importanti al mondo, JAMA, o Journal of the American Medical Association, e per la sua rete di riviste associate.   La dottoressa Kirsten Bibbins-Domingo è il 17° redattore capo. Ha esposto i suoi obiettivi in ​​un editoriale intitolato «L’urgenza di adesso e la responsabilità di fare di più». Aspirava a garantire che JAMA avesse «i più alti standard di integrità e qualità editoriale indipendentemente da eventuali interessi particolari». Ha messo in guardia contro «l’insularità e il campanilismo»; ha affermato che «è fondamentale che le voci nella stanza in cui vengono prese le decisioni rappresentino la diversità di pensiero, competenza e background».

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Mi chiedo, però, quanto JAMA sia impegnata nella diversità di pensiero. Due articoli apparsi nel numero del 4 marzo di JAMA Internal Medicine promuovono un approccio ristretto e controverso all’inizio e alla fine della vita.   Il primo è un attacco feroce alla sanità cattolica negli Stati Uniti da parte del redattore associato e del vicedirettore della rivista. Come «ndr», inchioda la sua bandiera all’albero dei diritti riproduttivi.   «Gli ospedali cattolici sono un’importante fonte di assistenza sanitaria negli Stati Uniti per persone di tutte le confessioni. Le persone incinte [sic] potrebbero non avere sempre scelta su dove partorire se il travaglio arriva rapidamente e necessitano di un trasporto di emergenza all’ospedale più vicino», scrivono. «Deve esserci un percorso per garantire che le donne incinte ricevano le cure che desiderano, indipendentemente dall’ospedale in cui si recano».   E quale potrebbe essere questo percorso? La chiara implicazione è che gli ospedali cattolici dovrebbero essere costretti a fornire assistenza sanitaria come l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione verso cui nutrono profonde obiezioni morali.   Il secondo è un appello sentimentale per estendere il suicidio assistito legalmente in tutti gli Stati Uniti. Gli autori sono entrambi medici: moglie e figlia di un illustre medico dello stato di Washington, J. Randall Curtis, morto di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) l’anno scorso. Scrivono: «per Randy, l’unica fine alla sua estrema sofferenza mentre la SLA lo stava sicuramente uccidendo era l’atto travolgente di accelerare la sua stessa morte. Nel suo caso, era il medico più compassionevole».   I cari del dottor Curtis sono eloquenti nel descrivere il loro dolore per la perdita di un uomo che amavano teneramente. Ma le loro argomentazioni a favore dell’estensione della legge di Washington che consente il suicidio assistito sono tendenziose. Sì, i medici dovrebbero essere compassionevoli. Sì, i pazienti dovrebbero avere autonomia.

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Ma questo difficilmente esaurisce la questione del “diritto a morire”. Gli autori affermano allegramente che la scienza compassionevole proteggerà il benessere sociale. Ma questa è un’ipotesi dubbia. Basta guardare dall’altra parte del confine, nella Columbia Britannica, dove le persone scelgono di morire perché non possono accedere alle cure palliative o ai servizi sociali di supporto.   Torniamo alla politica editoriale delle riviste JAMA. Questi articoli rappresentano «i più alti standard di integrità e qualità editoriale indipendenti da eventuali interessi particolari». No. Direi che rappresentano un interesse speciale: una campagna per negare la sacralità di tutta la vita umana dal concepimento alla morte naturale.   Nell’America di oggi, ovviamente, questa è una proposta contestata, con argomenti da entrambe le parti. Ma quando i lettori di JAMA Internal Medicine leggeranno una difesa della sanità cattolica? Quando leggeranno lo straziante resoconto personale di un medico che si è preso cura del suo caro terminale fino alla fine?   Non molto presto. L’insularità e il campanilismo hanno trionfato su JAMA. Sembra sempre più che le principali riviste mediche del mondo siano state catturate dalla cultura della morte.   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Bioetica

Peggio della 194 c’è solo la 194 corretta dai pro-life italiani: la proposta legge «Un cuore che batte» approda in Parlamento

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La proposta di legge d’iniziativa popolare «Un cuore che batte», dopo aver ampiamente superato lo scoglio delle 50.000 firme, è approdata alla Camera e verrà discussa dalle Commissioni riunite di Giustizia e Affari Sociali.

 

Il testo della proposta mira ad aggiungere il seguente comma all’art. 14 della legge 194: «il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

 

Abbiamo già avuto modo di esprimere in questa sede le nostre perplessità in merito ad un’iniziativa che presenta gravi criticità dal punto di vista della morale e che, qualora divenisse legge, potrebbe rendere la 194 ancora più intoccabile di quanto già non lo sia.

 

Come da regolamento la proposta di legge è stata accompagnata da una relazione illustrativa, elaborata dalla bioeticista Giulia Bovassi; relazione per la quale confermiamo il nostro giudizio negativo circa la proposta stessa.

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Nell’analisi iniziale l’estensore del documento denuncia, giustamente, la diffusione di una certa forma mentis che tende a considerare moralmente buoni tutti gli atti che sono consentiti dalla legge: «il bene oggetto del diritto precede la sua formulazione positiva; pertanto, se la legge non riconosce né tutela quel bene naturale di riferimento, discostandosi da esso, ecco che quella legge non ricalca un bene morale oggettivo. In questo caso, ad esempio, il bene oggettivo è il diritto umano inalienabile alla vita».

 

Si accenna, dunque, a un concetto fondamentale, secondo cui tutte quelle norme che in qualcosa o in tutto sono contrarie al diritto naturale (il bene morale oggettivo) non possono essere considerate leggi ma corruzioni della legge. In altre parole, essendo la legge un ordine della ragione, quella ingiusta non è ragionevole e quindi non può essere legge: essa lo è solo formalmente in quanto varata da un parlamento.

 

Pertanto, la criminale 194/1978 che consente di uccidere l’innocente nel grembo della madre, seppur a determinate condizioni, è una legge gravemente ingiusta e in quanto tale è una «non legge» che in alcun modo può essere appoggiata o obbedita; anzi, si ha il dovere di contrastarla con ogni mezzo lecito.

 

Tuttavia, secondo la Bovassi l’introduzione del nuovo comma nell’art. 14 della legge 194 del 1978 ha come obbiettivo di «dare voce al silenzio, la voce di un battito cardiaco udibile già dalla quinta settimana di gravidanza», agendo «perciò in continuità con la tutela della maternità, con il riconoscimento del suo valore sociale e con la tutela della vita umana fin dal suo inizio, come recita l’articolo 1 della legge 194 del 1978».

 

Come può una proposta che dovrebbe limitare gli effetti iniqui di una legge, agire in continuità con essa? Si potrebbe obiettare che tale proposta agisca in continuità solo con una parte della norma, quella preventiva, e non con la sua parte omicida. Ma a prescindere dal fatto che la cosiddetta parte buona della 194 in realtà non è stata pensata dal legislatore per favorire la vita e la maternità (l’articolo 1 della legge è un concentrato di ipocrisia destinato a rimanere lettera morta), agire in continuità con una parte della norma significa di fatto accettarla nella sua interezza e soprattutto nei suoi obiettivi.

 

In effetti, come abbiamo già avuto modo di mettere in luce nei nostri precedenti interventi, la proposta «Un cuore che batte» non mette in discussione la ratio della 194 (il pseudo principio dell’autodeterminazione femminile), bensì tende a rafforzarla.

 

Esplicativo a tal proposito è il passaggio della relazione in cui l’estensore dichiara che «con l’applicazione della norma contenuta nella presente proposta di legge, la libertà della donna rimane garantita, dal momento che l’obbligatorietà riguarda il dovere medico, mentre la paziente [sic] può scegliere se dare il consenso o meno; può scegliere se guardare l’esito ecografico o meno e se ascoltare o meno il battito cardiaco».

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A poco valgono i tentativi di mettersi al riparo da eventuali (sacrosante) critiche ribadendo la contrarietà etica all’aborto da parte delle associazioni promotrici, che si limiterebbero in questa sede «ad agire dove lo Stato ha legiferato aprendo la via alla sconfitta sociale dell’aborto (sic). Non si tratta di adeguarsi tollerando un male morale, bensì di offrire un bene: conoscere l’umanità di quella vita intrauterina che la stessa legge n. 194 del 1978 dichiara un bene da tutelare».

 

In realtà, non tutte le azioni che vanno a correggere o modificare impianti normativi già esistenti sono moralmente lecite, soprattutto se tali atti finiscono per colludere con una legge gravemente ingiusta, senza opporsi in modo chiaro ad essa. Al contrario, sarebbe necessario che l’ingiustizia potesse trovare dei limiti reali e non fittizi.

 

D’altra parte, se fosse sufficiente proporre un qualsiasi emendamento positivo per eludere il problema morale della collaborazione formale con una norma ingiusta, non ci sarebbe la necessità di chiamare in causa il numero 73 dell’enciclica Evangelium Vitae a garanzia della liceità morale della proposta.

 

Il relatore stesso delinea con chiarezza gli obiettivi di tale iniziativa: «non si tratta di una “coercizione lieve” e nemmeno di un “ricatto morale” [la possibilità di ascoltare il battito cardiaco del nascituro, ndr], quanto piuttosto dell’offerta di un’opportunità per una profonda presa di coscienza, mediante una corretta informazione clinica».

 

A noi sembra evidente che offrire alla donna l’opportunità di avere una «corretta informazione clinica» non equivale a porre dei limiti reali alla pratica abortiva (conditio sine qua non affinché la proposta di modifica della legge esistente sia moralmente lecita).

 

Altro passaggio problematico dell’elaborato è quello in cui si prende in considerazione la relazione del medico con la donna che intende abortire: «il metodo con cui la presente proposta di legge intende offrire un’alternativa consapevole per la vita alla gestante intenzionata ad abortire entra nei doveri deontologici del medico, i quali, all’articolo 20 (relazione di cura) del codice di deontologia medica, sanciscono che la relazione “tra medico e paziente è costituita sulla libertà di scelta e sull’individuazione e condivisione delle rispettive autonomie e responsabilità”».

 

L’aborto, tuttavia, non è un percorso di cure mediche volto a promuovere la guarigione di un soggetto affetto da una patologia, ma è l’uccisione deliberata di un innocente! In questo caso, l’autentico dovere del medico è di astenersi dal compiere l’abominevole delitto e dal fornire a una donna un mezzo per procurare l’aborto. Tutto il resto è aria fritta.

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Nella relazione inoltre vengono millantate drastiche riduzioni del numero degli aborti qualora la proposta divenisse legge: «senza dimenticare che nei Paesi in cui leggi simili sono entrate in vigore il numero degli aborti è drasticamente crollato». L’iniziativa «Un cuore che batte» si ispira alla legge dello stato americano del Texas denominata Texas Heartbeat Act che non ha nulla a che vedere con la legge che emenderebbe la 194.

 

Infatti, il Texas Heartbeat Act, in vigore da settembre 2021, vieta gli aborti una volta rilevato il battito cardiaco fetale, tranne che in situazioni di emergenza (pericolo di vita della madre, ad esempio). In sostanza, tale norma limita in modo significativo l’accesso alla pratica abortiva, vietando di fatto gli aborti dopo le sei settimane di gestazione, con sanzioni molto severe per i medici che agiscono contra legem.

 

Ci chiediamo come sia possibile paragonare una legge che vieta l’aborto nel caso sia rilevabile il battito cardiaco del nascituro ad una che invece lascerebbe comunque alla madre del bambino piena libertà di scelta.

 

Prendiamo atto della mancanza di senso critico che pervade una parte importante del mondo pro-vita italiano, il quale, evidentemente, manca di guide autorevoli che lo orientino nel senso della verità e della giustizia e che lo mettano in guardia dal grave pericolo delle facili scorciatoie morali.

 

Al contrario, tra i filosofi e i moralisti che vanno per la maggiore abbondano i falsi maestri che per ragioni di opportunità insegnano ora l’esatto contrario di quanto hanno insegnato in precedenza.

 

In definitiva, peggio della 194 c’è solamente una nuova 194 riveduta e corretta dall’associazionismo cattolico e pro-vita italiano.

 

Alfredo De Matteo

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Immagine di Beat Ruest via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata

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