Necrocultura
Scuola di medicina pakistana accusata di aver lasciato i corpi per le lezioni di anatomia a decomporsi sul tetto
Orrore e polemica in Pakistan. Un ospedale del Punjab sarebbe accusato di aver scaricato sul tetto i corpi usati durante le lezioni di anatomia e averli lasciati in decomposizione all’aria aperta.
Il capo del dipartimento di anatomia del Nishtar Hospital di Multan, nel Punjab meridionale, ha spiegato che corpi non identificati e non reclamati erano stati usati da studenti di medicina.
L’uomo ha quindi affermato che i cadaveri sarebbero stati trattati secondo le regole e i regolamenti del dipartimento della salute. È stata quindi negata la voce per cui sul tetto erano stati trovati fino a 500 corpi.
Le immagini sono circolate sui social media e hanno creato indignazione.
Il lettore proceda a visionarle solo se di stomaco forte.
⚠️ GRAPHIC #Pakistan Hundreds of human corpses found abandoned, decomposing at the Nishtar Hospital in Multan, probe ordered pic.twitter.com/zdhi1gOHzU
— The Aftermath™️ (@aftermathvids) October 15, 2022
Lo scandalo non è di piccola entità.
Un consigliere del Primo Ministro del Punjab ha detto ai media locali di aver ricevuto una soffiata da un informatore. Raggiunto il luogo, ha trovato quattro corpi sdraiati all’aperto sul tetto e altri 25 scaricati in una stanza chiusa.
Un ex capo del Nishtar Medical College ha ipotizzato al quotidiano The Dawn che molti dei corpi non reclamati potrebbero essere vittime delle recenti catastrofiche inondazioni nel Punjab meridionale e potrebbero. Secondo questa teoria, i cadavere sarebbero quindi stati collocati sul tetto a causa della mancanza di spazio.
«La polizia consegna questi corpi all’ospedale dopo aver compiuto sforzi per identificarli e cercare gli eredi», ha detto.
Il Primo Ministro del Punjab, Parvez Elahi, ha affermato che l’incidente è stato disumano e intollerabile. In un post indignato su Twitter: «Non importa quanto sia condannato questo atroce incidente, è meno [di quanto meriti]. Nella religione dell’Islam, gli insegnamenti del funerale e della sepoltura dei cadaveri sono molto chiari. #NishtarHospital».
Diversi medici, dipendenti dell’ospedale e della polizia sono stati sospesi.
Il fenomeno dello scempio medico sui cadaveri non è relegato solo al Pakistan.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era scoppiato lo scandalo presso la scuola di medicina dell’Università di Paris-Descartes, il più grande centro di anatomia europeo, quando si scoprì che i corpi di «migliaia di persone» che hanno donato i loro corpi alla scienza sono stati tenuti in «condizioni indecenti» per decenni.
«I corpi sono stati lasciati marcire, mangiati dai topi, al punto che alcuni dovevano essere inceneriti senza essere sezionati. Corpi accatastati l’uno sull’altro, senza alcuna dignità e contrari a qualsiasi regola etica» scrive un bruciante articolo su L’Express.
Nel 2020 si scoprì altresì un commercio di parti di cadavere messo in piedi da una madre e una figlia del Colorado imprenditrici nel settore case funerarie e cremazioni: per oltre un decennio potrebbero aver venduto centinaia di cadaveri e parti anatomiche, cioè resti umani, alle università, agli scienziati e all’industria medica all’insaputa delle famiglie.
Le cronache italiane negli ultimi anni hanno riportato il caso dei cadaveri squartati al cimitero dal personale dell’azienda controllata dal Comune di Roma. Nei video girati da carabinieri e poi resi pubblici si vedono i membri del personale della municipalizzata capitolina intenti a fare a pezzi alcune salme per poi buttare le ossa rimanenti nell’ossario.
Ma non si tratta solo di casi illegali: come riportato da Renovatio 21, ora per la distruzione della dignità dei resti umani si hanno vie legali rivoltanti.
È il caso del compostaggio umano, cioè la trasformazione dell’essere umano in concime, approvato in alcuni Stati degli USA, ma anche quello dell’acquamazione, una sorta di cremazione eco-friendly (perché non consuma gas), che consiste nella dissoluzione del cadavere in acido (come quel povero bambino nella pagina più oscura della mafia siciliana) per poi versare il tutto, presumibilmente, in fogna.
Così ha scelto per il suo corpo l’arcivescovo Desmond Tutu, acquamato a Città del Capo qualche mese fa. Risparmiò sulle emissioni di anidride carbonica che ci sarebbero stata con il rogo – per noi di per sé belluino, massonico, inaccettabile – del suo cadavere. Purtroppo il risparmio eco-energetico del vescovo anglicano fu compensato e vanificato da un incendio che si scatenò in un palazzo del governo a pochi metri dalla cattedrale dove il prelato della Chiesa d’Inghilterra aveva ricevuto le esequie acide.
Un tempo a scuola, quando si parlava della preistoria, che si comincia a parlare di società umana quando l’uomo cominciava a seppellire i suoi simili: ecco le tracce di fiori messi nella tomba… dove cominciano a rispettare il cadavere, gli esseri umani danno inizio alla Civiltà.
La pietà umana del cadavere con evidenza è arrivata al capolinea, e la Cultura della Morte fa regredire l’uomo ad una fase ferale precedente alla preistoria.
Sappiamo che sta succedendo davvero: togliendo la dignità del corpo umano, si procede a togliere la dignità umana, trasformando l’uomo in animale, pronto ad essere sacrificato alla bisogna.
Tutto quello che stiamo vivendo verte semplicemente su questo processo.
Immagine screenshot da Twitter
Necrocultura
Il piano inclinato della morte cerebrale
La civiltà occidentale nel corso dei secoli ha uniformato il suo diritto e la sua morale alla tradizione filosofica secondo cui l’essere umano è composto di anima e corpo e ha nell’anima razionale il principio vitale che lo caratterizza.
Questo principio vitale di natura spirituale, pur essendo nel corpo, non si trova nel cuore, nel cervello né in qualsiasi altro organo, tessuto o funzione. Sulla base di tale assunto, ciò che sostanzia l’uomo non è l’intelletto, né l’autocoscienza e neppure l’interazione sociale, bensì l’anima razionale che contiene in potenza l’uso di tutte queste funzioni.
La vita umana inizia con l’infusione dell’anima nel corpo e termina con la separazione da esso, nel momento in cui l’organismo si dissolve nei suoi elementi.
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I momenti iniziale e finale della vita sono avvolti dal mistero ed è compito della filosofia indagare e speculare su di essi; la morale invece ha il dovere di trattare l’essere umano più innocente e indifeso, l’embrione, come una persona, perché non si può escludere che l’anima venga infusa nell’uomo fin dal momento del concepimento (questa tesi è oggi prevalente tra i teologi e i filosofi) e perché qualsiasi atto aggressivo nei suoi confronti rappresenta, in ogni caso, un attentato alla vita umana.
Per le medesime ragioni, il principio di precauzione deve essere applicato anche all’individuo di cui non è stata accertata la morte al di là di ogni ragionevole dubbio.
I casi di morte apparente, ossia di ritorno alla vita dopo diverse ore in cui erano scomparse tutte le manifestazioni vitali, stanno a dimostrare che fra il momento della morte accertata e quella reale esiste sempre e comunque un periodo più o meno esteso di vita latente. Pertanto, fintantoché non è possibile avere l’oggettiva certezza dell’avvenuto decesso di un essere umano (l’inizio del processo di decomposizione del corpo) sussiste l’obbligo morale di evitare ogni azione lesiva della sua persona.
Questa impostazione è stata prevalente nel mondo occidentale fino agli anni sessanta per poi essere soppiantata da una visione utilitaristica e materialistica dell’esistenza.
È evidente come il criterio neurologico di morte venne introdotto al fine di stabilire chi conveniva dichiarare morto, non chi era effettivamente deceduto. Nella nuova definizione di morte, commissionata agli esperti di Harvard, al cervello viene arbitrariamente attribuito il ruolo che compete all’anima razionale, ossia dirigere e governare tutti gli organi e funzioni che compongono l’organismo umano.
Quindi, coerentemente con tale impostazione, una lesione cerebrale ritenuta irreparabile comporterebbe la fine dell’essere umano considerato come un tutt’uno integrato, e i segni vitali ancora presenti nell’individuo dichiarato cerebralmente morto costituirebbero dei meri riflessi e/o delle funzioni mantenute in maniera artificiale mediante il supporto farmacologico o l’ausilio di macchinari.
Una volta dichiarata la morte cerebrale, «viene interrotto qualsiasi supporto vitale. I familiari possono voler essere accanto alla persona in quel momento. Hanno bisogno che venga spiegato loro che uno o più arti possono muoversi quando viene interrotta l’assistenza respiratoria o che la persona può addirittura sedersi (talvolta chiamato segno di Lazzaro). Questi movimenti sono causati dalle contrazioni muscolari di riflesso della colonna vertebrale e non significa che la persona non sia in stato di morte cerebrale». (Manuale MSD, diagnosi della morte cerebrale).
Da notare come gli estensori del Manuale, probabilmente per non cadere in dissonanza cognitiva, non se la siano sentita di definire cadaveri per l’appunto le persone che dimenano gli arti perché non riescono a respirare …
La stessa legge 194/1978 sull’aborto volontario, che fissa il limite dell’omicidio dell’innocente entro i primi 90 giorni dal concepimento, poggia le sue basi ideologiche sulla tesi del cervello come sede dell’essere, senza di cui non è possibile considerare il bambino ai primi stadi dello sviluppo come una persona, bensì come un semplice agglomerato di cellule e tessuti.
Non solo, il fatto che per i novatori il cervello costituisca il principio vitale dell’individuo pone in ogni caso il bambino non ancora nato, o comunque non ancora in grado di avere una vita autonoma al di fuori del grembo materno, in una posizione di «inferiorità ontologica»: non è affatto chiaro, infatti, quando un feto o un bambino molto piccolo possa aver sviluppato la quantità richiesta di autocoscienza per poter essere considerato una persona.
Sono note le teorie del filosofo australiano Peter Singer secondo il quale uccidere un neonato non equivale moralmente a uccidere un essere umano razionale e autocosciente e che un malato può essere eliminato se ciò può tornare utile alla società. È quindi interessante notare come Singer sia stato molto critico nei confronti del nuovo criterio di morte cerebrale. Egli riteneva infatti che non ci fosse bisogno di contrabbandare una scelta etica con una indimostrata presunta verità scientifica.
Il recente fatto di cronaca accaduto a Traversetolo in provincia di Parma, in cui due bambini appena nati sarebbero stati uccisi dalla madre e sepolti nel giardino della villetta in cui abitava insieme ai genitori, è emblematico dell’insopportabile ipocrisia di una società che condanna l’eliminazione di un innocente appena nato e al contempo considera un diritto l’uccisione del medesimo bambino innocente poco prima, quando si trova ancora nel grembo materno.
Con l’introduzione del rivoluzionario criterio della morte cerebrale, il cogito ergo sum di cartesiana memoria entra prepotentemente nel diritto e nella prassi medica, finendo per relegare l’essere umano nell’angusto ambito dell’autocoscienza.
I casi relativamente recenti di Vincent Lambert in Francia e dei piccoli Charlie Gard e Alfie Evans in Inghilterra, così come altri tragici casi italiani, possono rappresentare casi di persone uccise tramite eutanasia di Stato semplicemente perché bisognosi di cure e assistenza, stanno a dimostrare che una volta ridefinito il criterio di accertamento della morte si è passati consequenzialmente a ridefinire il significato stesso di essere umano, attraverso l’arbitraria distinzione tra vite degne e indegne di essere vissute.
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In altri termini, a prescindere dalla condizione clinica e dallo stato di coscienza in cui si viene a trovare un determinato soggetto, il suo diritto alla vita è subordinato alla «qualità» della sua esistenza, che si fonda essenzialmente sulle capacità intellettive del soggetto.
Pertanto, il vero obiettivo della rivoluzione non era quello di modificare il criterio di accertamento della morte bensì, attraverso di esso, di arrivare a trattare gli esseri umani, nessuno escluso, come corpi senz’anima, ammassi di organi tenuti insieme da principi meramente meccanicistici.
Non stupisce allora come nella società contemporanea l’uomo venga considerato un prodotto, un insieme di «pezzi di ricambio».
Cos’è la fecondazione in vitro (e tutte le pratiche da essa discendenti come l’utero in affitto e l’utilizzo di cellule embrionali per la produzione di farmaci e vaccini) se non la produzione in laboratorio dell’essere umano ridotto a bene di consumo?
Cos’è la cosiddetta «donazione» (meglio dire: predazione) degli organi se non la logica conseguenza della riduzione dell’uomo a merce di scambio?
Cos’è l’eutanasia se non l’omicidio di una persona le cui facoltà intellettive risultano ridotte o latenti?
Cos’è l’infanticidio se non l’inevitabile approdo della Necrocultura imperante il cui fondamento pseudo scientifico è la cosiddetta morte cerebrale?
Alfredo De Matteo
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Immagine di JasonRobertYoungMD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International;immagine modificata.
Necrocultura
Nunzio apostolico in Germania: l’Europa si sta suicidando con aborto, eutanasia e ideologia di genere
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Bioetica
Bambina partorita nel water. Chi si scandalizza sa che la RU486 fa la stessa cosa?
Sulla base dei rilievi iniziali fatti dai medici del 118 sul corpo della bimba, «l’infanticidio è l’ipotesi più probabile nel caso della neonata trovata morta a Piove di Sacco». Lo riporta l’agenzia ANSA.
Si tratta di un ulteriore caso di morte di neonato che sconvolge l’Italia. Episodi simili sembrano susseguirsi l’uno dopo l’altro.
Secondo quanto riportato, il corpicino della piccola sarebbe stato ritrovato in un bagno di un appartamento collegato ad un night club a Piove di Sacco, nel Padovano, in una zona purtroppo nota alla cronaca nera degli anni passati anche per la cosiddetta «mafia piovese», o «mala del Brenta» – la famosa «banda Maniero», a cui la TV nazionale dedica serie TV, ovviamente negando, come in tutti i casi di grandi produzioni su mafia, camorra, mala romana, che si tratti di qualcosa di anche lontanamente agiografico.
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Secondo articoli apparsi sulla stampa, per l’autopsia la bambina sarebbe morta annegata. L’esame autoptico tuttavia sarà reso disponibile solo tra settimane.
Per la morte sarebbe stata fermata la presunta madre, una donna italo-brasiliana di 29 anni, che ora si troverebbe agli arresti domiciliari, e si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere.
Secondo la procura, «la neonata era stata trovata morta all’interno del water e appariva essere completamente formata» scrive Fanpage. «Secondo gli inquirenti, la 29enne avrebbe partorito “direttamente all’interno del wc dell’appartamento in cui alloggiava” e sostenuto il parto “senza chiedere l’ausilio di personale sanitario o di altre persone”, tirando lo sciacquone “quando la bambina si trovava già con la testa in basso all’interno del WC, causando così l’annegamento”».
La tragedia della bambina del water Piove di Sacco arriva dopo lo shock del ritrovamento dei neonati morti di Traversetolo, in provincia di Parma, che secondo l’accusa sarebbero stati partoriti della giovane madre e sepolti nel giardino della villetta di famiglia, senza che nessuno si accorgesse di nulla.
Si tratta di un trend? C’è un lato nuovo della maternità che sta emergendo?
Per chi conosce il lato oscuro della riproduzione nell’ora presente, in realtà la sorpresa è poca: la società, lo sappiamo, si avvicina sempre di più all’autorizzazione dell’infanticidio, chiamato pudicamente «aborto post-natale». Filosofi e bioeticisti rilanciano l’opzione da diversi anni. Politici di rilievo del Partito Democratico USA come il governatore della Virginia Ralph Northamhanno discusso apertamente l’idea che medico e madre del neonato possano, a pochi momenti dalla nascita, decidere di sopprimere in bambini. In pratica: l’infanticidio è da un pezzo nella finestra di Overton.
Nel mondo in cui l’aborto è un diritto – o, per alcuni, un «obbligo sacro», un sacramento – come lamentare il pendio scivoloso che porta l’uccisione del bambino oltre il limite della nascita? È anche quello, alla fine, solo un confine arbitrario, una convenzione – né più né meno come la «morte cerebrale», in base alla quale in questo stesso momento quantità di persone stanno venendo squartate in ospedale e depredati dei loro organi mentre il cuore batte ancora.
Tuttavia, è un’altra immensa ipocrisia che vogliamo qui segnalare.
Abbondano ora in rete le immancabili analisi dei Soloni che parlano di «territorio alla deriva», «malessere profondo della società», e via sbadigliando. Gli editorialisti, gli opinionisti, gli psicologi mediatici, i giornalisti direttorazzi, i socio-sapientoni, quelli che il mondo lo capiscono benissimo per stipendio (eccerto), sono scandalizzati da questa storia del pargolo finito del water, con i giornali che suggeriscono anche che sarebbe stato tirato lo sciacquone come per liberarsene. Raro orrore. No?
Ebbene, informiamo i benpensanti salariati con il ditino alzato che partorire il bambino nel water è la norma dell’aborto chimico.
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L’«interruzione volontaria di gravidanza con metodo» farmacologico, la cui implementazione è stata voluta con forza dalla politica e inflitto ancora più efficacemente durante il biennio pandemico, agisce esattamente in questo modo: la pastiglia di mifepristone (RU486) uccide l’embrione, una successiva assunzione (dopo 48 ore) di una prostaglandina (misoprostolo, gemeprost) provoca l’espulsione.
La RU486 è stata approvata dall’AIFA nel 2009. Tuttavia secondo le linee guida l’assunzione del farmaco figlicida dovrebbe comportare un ricovero ospedaliero «obbligatorio» di tre giorni continuativi con assegnazione di posto letto per il pernottamento, di modo che avvenga in nosocomio «l’intera procedura abortiva, nelle sue diverse fasi».
Quindici anni fa, momento dell’immissione del farmaco nel sistema nazionale, il Consiglio Superiore di Sanità stabilì che, a differenza della Francia dove le pillole possono prendersi a casa, in Italia il percorso di aborto farmacologico dovesse avvenire in ricovero ospedaliero «dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento».
Tuttavia, in almeno tre regioni – Toscana, Emilia-Romagna, Lazio – la pillola era programmata per essere disponibile anche senza ospedalizzazione. Nel 2015 una nota della Sanità del Piemonte scriveva che «7.311 donne hanno usufruito della RU486 presso l’ospedale Sant’Anna, primo in Italia». Nello stesso comunicato, era specificato che «per quanto riguarda le IVG fino a 49 giorni e gli aborti interni, complessivamente, il 99% delle donne non è stata ricoverata per tre giorni ed ha potuto lasciare l’ospedale tra la somministrazione del mifepristone e quella della prostaglandina due giorni dopo. Nel tempo tale percentuale è diventata prossima al 100% e negli ultimi tre anni solo 4 donne su 3.217 sono rimaste ricoverate».
Il vincolo dei tre giorni in ospedale fu quindi definitivamente rimosso dal ministro della Salute Roberto Speranza nel 2020.
E quindi è naturale pensare che, in tali condizioni, l’espulsione del figlio avviene nella quasi totalità dei casi nel bagno di casa. E la quantità di bimbi scaricati nel cesso non può che essere massiva.
Proprio così: tanti bambini, anche oggi stesso, stanno venendo partoriti nel water, con la madre che poco dopo tira l’acqua – esattamente come sarebbe successo a Piove di Sacco, con grande scandalo di quelli che benpensano.
Renovatio 21, quando tratta del tema, non manca di ricordare il proseguo. Perché la questione, tirato lo sciacquone, per la madre finisce, ma per il bambino no.
E allora, cerchiamo di vedere il resto della storia dagli occhi del piccolo espulso dal grembo materno: finisce giù per la tubatura, assiame a liquami ed escrementi, per poi finire direttamente nella fogna, dove vivono tante creature: insetti, pesci, anfibi, topi – questi ultimi con un fiuto notorio, e immaginiamo una carne giovanissima, ricca di cellule staminali, quanto possa risultare irresistibile.
Questa storia di bambini finiti nelle fogne e divorati dalle bestie manca stranamente dalle cronache recenti della RU486: proprio pochi giorni fa la Regione Emilia-Romagna (sempre all’avanguardia per quanto concerne l’aborto: pensiamo alle NIP, gli esami non invasivi che ti dicono subito se il bambino che porti in grembo è down, così da poter decidere che fare) ha aggiornato i profili di assistenza per la IVG – acronimo orwelliano per «feticidio» – tramite metodi farmacologici, istituendo definitivamente l’assunzione del «pesticida umano» a livello domestico.
Nessun giornale, nemmeno quelli sedicenti «cattolici», sembra voler pensare al destino dei bambini nel water. Pare di capire: a seconda dell’età dal concepimento, ci sono bambini-toilette di Serie A e di Serie B. Dei primi si può parlare, dei secondi no, nemmeno quando si dovrebbe.
Quindi: sì, l’Italia è il Paese dove, passando per una legge che ne autorizza la distruzione chimica, i feti finiscono nella tazza del cesso e nella fogna, ogni giorno. A decine, forse a centinaia – chi può avere questi numeri? Come vengono conteggiati? È possibile farlo?
Pure vogliamo rammentare, en passant, che mentre la tragedia dei feti uccisi agisce su tutti i livelli, visibili ed invisibili, qualcuno sta andando in giro per l’Italia a sotterrare barattoli di vetro con dentro feti, come se si trattasse di piccoli occulti capitelli di questo maleficio sui piccoli esseri umani. Gli scandalizzati di mestiere, pro-vita o meno che siano, non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando. E quelli che lo sanno, fanno finta di niente, fischiettosamente.
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Prima di gridare allo scandalo, quindi, pensiamo a quella che è la realtà. La stampa mainstream fa il suo lavoro: vuole fissarvi sul dito e non sulla luna, sulla pagliuzza invece che sulla trave. Vuole istupidirvi, rendervi ciechi rispetto al dominio della Necrocultura sul nostro mondo, sulle nostre stesse esistenze.
Diventa chiaro a tutti cosa diviene quindi questa storia: è un fenomeno di proiezione, di sfogo programmato. La società concentra su un singolo caso – possiamo dire che si tratta di un capro espiatorio? – il male che la pervade tutta, istituzionalmente e profondamente.
Dunque, caro cittadino sincero-democratico, caro contribuente perbene, caro italiano postcattolico, caro genitore borghese pronto alla provetta e alla siringa RNA, ora lancia pure le tue pietre contro la «spogliarellista», mentre tua moglie, tua figlia, tua sorella, la tua amante, la tua collega, la tua fidanzata, la tua vicina, tua madre partoriscono bambini nel cesso.
Sono i tuoi figli, i tuoi nipoti – sono il prossimo tuo, sono il futuro dell’umanità, sono l’Imago Dei, l’immagine di Dio resa carne.
Caro italiano adulto, sopravvissuto per qualche ragione anni fa allo sciacquone della Cultura della Morte: quanto ancora per capire sotto quale incantesimo malefico ti trovi?
Roberto Dal Bosco
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