Pensiero
Referendum, ira e giustizia: perché nessuno è andato a votare

Alla fine mi sono ricordato di andare a votare, ma stavo per.
Votare mi è sempre piaciuto, perché amo i riti. Certo che poi ho tutti i dubbi del caso sul valore del mio voto e sulla effettiva realtà della democrazia elettorale, ma, insomma, al punto a cui siamo arrivati, lasciatemi almeno questa microsensazione epidermica. La carta colorata strana delle schede. La matita lignea minimalista. I manifestoni dello Stato con istruzioni microscopiche che non ha mai letto nessuno.
Non era mai successo che stessi per dimenticarmi di andare a votare. Mai. Anche quelle volte che ho votato di sera, avevo avuto presente tutto il dì che dovevo andare a votare, e facevo ogni calcolo possibile per evitare le code.
Stavolta non c’è stato bisogno: al seggio non c’era nessuno. La riconferma l’ho avuta consegnando i documenti: voltavano pagine e pagine del registro, ed erano tutte bianche. E sto in un posto dove, da sempre, tutti vanno a votare. Tutti.
Non è stato un problema solo nostro: affluenza del 20,9%, la più bassa della storia.
Cos’è successo?
I quesiti erano irrilevanti? No. Abbiamo votato referendum per questioni molto più astruse. E si trattava poi di una tornata monocolore su un tema nel cuore di molti partiti: la giustizia. Berlusconi, sul tema, ci ha costruito campagne elettorali, talvolta premiate da maggioranze schiaccianti. Ma anche i partiti di Renzi e Salvini erano della partita, per noi parlare degli eterni, inesausti, radicali (cui vanno fatti in complimenti, perché morto Pannella riescono a portare avanti la baracca, come se fossimo ancora negli anni Ottanta o Novanta: purtroppo non lo siamo).
Quindi, i cittadini non hanno risposto a stimoli partitici.
E poi? Non sarà per il fatto che su giornali e TV è volata un’immane spirale del silenzio? Che nessuno ne ha parlato?
Può essere. Tuttavia, come dimostrano tante cose accadute di recente, si possono spostare masse immense senza TV e giornali: il successo elettorale di un certo partito venuto da internet, ora in via di esaurimento finale, lo dimostra.
E allora, perché i cittadini non sono andati a votare al referendum sulla giustizia?
Semplice: crediamo che una larga porzione della popolazione non abbia più fiducia in alcuna via di riforma del sistema. Cioè potrebbe essere che un vasto segmento non creda più, tra le altre cose, nella giustizia italiana tout court – perché non crede più in nessuna scaturigine dello Stato.
È un segno oscuro e immenso. È una grande comunicazione di «errore di sistema», come un computer che non risponde più i comandi, perché ha il codice sorgente compromesso – e quindi diventa una macchina inservibile.
Potete immaginare con facilità come questo sia successo.
Quella parte di popolazione ha visto in questi ultimi due anni la disintegrazione dello stato di diritto, e cioè di ciò che dovrebbe informare il loro rapporto con la giustizia.
Da un punto di vista materiale, possiamo dire che abbiamo visto la frantumazione di ciò su cui la giustizia si basa: la Costituzione.
Uno dopo l’altro, abbiamo visto quantità di articoli violati – a partire dal primo.
Abbiamo visto la Repubblica fondata sul lavoro istituire l’apartheid biotica fuori da fabbriche, uffici, scuole.
Abbiamo visto la libera circolazione sul territorio negata.
Abbiamo visto la libertà di cura divenire una barzelletta mortale.
Abbiamo visto le forze dell’ordine reprimere chi usava la libera espressione per protestare – magari mentre, a Peschiera e ovunque, orde di africani razzisti se la spassano tranquilli.
Abbiamo visto il diritto naturale violato. Abbiamo visto il patto sociale liquefarsi. Abbiamo visto le leggi di Dio – prepolitiche, preumane – schiantate come mai nessuno ha osato fare.
E ciò è vero non solo in Italia. In USA, in Germania, dappertutto: il biennio pandemico è il più grande attacco mai portato contro la democrazia costituzionale, che di fatto ne esce disintegrata: il potere non appartiene più, come vorrebbe l’etimologia greca, al popolo, ma all’élite dello Stato-partito che la sottomette come meglio desidera; e le costituzioni, beh, se si possono violare in questo modo, significa che non sono poi così importanti – soprattutto, non sono certo la base degli Stati, né ciò che protegge i loro cittadini.
E poi abbiamo visto anche questa: la definitiva cancellazione del pacifismo inscritto della Costituzione (In Italia come in Germania, e presto anche in Giappone) con il sostegno alla guerra folle in corso in Ucraina. Alcuni non sono stupiti: se la pandemia era innanzitutto un fatto politico, la guerra, che è continuazione della politica, non poteva che discenderne come opzione ulteriore.
E il nostro Paese, che, c’è scritto, ripudia la guerra, manda obici e gioca, per mano del suo premier, allo scontro economico totale, che ci porta passo dopo passo sull’orlo del precipizio atomico.
Sì, abbiamo visto la Costituzione, la legge di base, umiliata in tutti i modi possibili. Il sistema operativo della Repubblica, il codice sorgente di ogni cosa legale, cioè di ogni cosa che dà vita al Paese: ignorato, cancellato.
Ora, che ci si venga a chiedere, per referendum, di riformare la giustizia, capite bene che è un po’ ridicolo: e questo nonostante l’emersione mediatica di falle abissali – tribunali minorili finiti sui giornali, caso Palamara, vari giudici intercettati (tranne uno), processo ENI con miliardi che ballano tra equilibri geopolitici e presenze di Logge giudiziarie segrete, dissesto pandemico su quantità di processi. Ciascuno si è fatto la sua idea. Eppure, non è andato a votare.
Improvvisiamo qualche numero. Ai tempi della legge Lorenzin, nel 2017, qualcuno disse che i no-vax in Italia erano forse 2 milioni. Di certo, il voto del 2018 finito massicciamente a partiti che (allora) avevano ampi spezzoni di vaccino-scettici, dà conto della realtà di questo numero.
Ora, sotto il tallone dell’obbligo mRNA, essi non sono certo diminuiti. Il dissenso che già provavano per lo Stato che imponeva di siringare i loro figli non solo è aumentato: si è radicalizzato. Si può dire abbastanza tranquillamente che lo avevano visto arrivare, ma il disgusto e la mancanza di fiducia nelle istituzione è oramai divenuta parossistica.
A questi, come sappiamo, si sono aggiunte tante persone nuove. Sono quelli che non hanno capito fino a che l’ago non è stato puntato contro di loro, quelli che non sapevano nulla fino a quando non hanno subito il ricatto: vaccinati o sarai licenziato. Esibisci il green pass, o non entri.
Poi, un terzo strato, quello più pericoloso per lo Stato. Sono quanti hanno pure obbedito, si sono fatti rinchiudere in lockdown, si sono visti polverizzare le entrate economiche, si sono fatti bi- e tri-dosare, per poi magari prendere lo stesso il COVID, sempre assistendo allo spettacolo grottesco delle mascherine pubbliche, magari mentre Draghi e i suoi politici visitano scuole a volto scoperto tra ali di bambini mascherati.
Tutti e tre questi segmenti della popolazione, più altri corollari, non provano più alcuna connessione con la cosa pubblica. Questa popolazione è ferita, sperduta, dolorante. In vari casi, è adirata – molto adirata.
Costoro non si aspettano referendum e riforme per la giustizia. Costoro chiedono Giustizia. Chiedono la realizzazione di ciò che lo Stato promette per esistere: equilibrio, protezione, equità.
Difficile, a questo punto, che queste milionate di cittadini credano ancora nei segni fatti a matita.
Abbiamo la sensazione che, per quante liste di prescrizione preparino, nelle stanze dei bottoni non se ne rendano completamente conto.
Roberto Dal Bosco
Immagine di John via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0); immagine modificata.
Pensiero
Il ritorno della diplomazia vaticana. A papa morto

Renovatio 21 ha spesso sottolineato che una delle tragedie del papato bergogliano è stata senza dubbio la perdita del prestigio diplomatico.
Quello che una vola era un canale di comunicazione saldissimo ed affidabile tra nazioni terrestri – al punto che il Giappone nei primi mesi del 1945 cercò di attivare la Santa Sede per trattare la pace con gli americani, procedimento che per qualche ragione si arenò cagionando la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki – era ridotto ad una pantomima superficiale, vuota, sbagliata, come nello stile dell’argentino.
La fine del rispetto internazionale per il Vaticano come paciere mondiale è stata incontrovertibile. Lo abbiamo visto negli insulti del romano pontefice ad alcune etnie russe (si è dovuto poi, molto ineditamente per un papa, scusare), agli elogi agli stessi russi (per i quali Kiev e baltici), nelle conferenze stampa aeree dove è sembrato che Bergoglio millantasse iniziative di pace improbabili, nei viaggi a vuoto del cardinale Zuppi (ahimè, ora tra i papabili) a Kiev, dove il governo ha perennemente ignorato e schernito il Sacro Palazzo, persino quando vi è stato ospite. Per non parlare dei disastri con la Cina dove il Partito Comunista Cinese, valutato il peso internazionale del vaticano bergogliano, vìola impunemente gli accordi nominandosi da sé i vescovi, senza ovviamente incorrere in scomunica, e continua senza requie nella persecuzione dei veri vescovi, chiamati per qualche ragione «sotterranei»..
Eppure, sabato mattina una scena di potenza immane si è materializzata ai margini dei funerali papali: Trump ha incontrato Zelens’kyj tra i marmi della Basilica, sedendosi sulle due seggiole messe lì per loro. L’immagine, subito ripubblicata dai canali del presidente statunitense, ha fatto il giro del mondo.
President Trump sat down to meet privately with Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy in St. Peter’s Basilica in Vatican City this morning. pic.twitter.com/QChPiZRKzM
— The White House (@WhiteHouse) April 26, 2025
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Alcuni ora stanno scrivendo che nel vertice di pace estemporaneo è stato snobbato Macron, che ronzava da quelle parti interessato. Così come Starmer, che pure era lì – e, ovviamente, Giorgia Meloni. La quale, ci sovviene, è romana.
Non è chiaro cosa uscirà dalla scena. Alcuni nella stampa mainstream scrivono che Trump, notoriamente avverso all’ucraino, si sarebbe rabbonito. Lo Zelens’kyj, dicono, avrebbe chiesto ancora armi. Tanto per cambiare. A San Pietro, poi – non una cosa che scandalizza il lettore di Renovatio 21, che ricorderà quando Parolin parlò del diritto agli armamenti poco prima che Bergoglio fece quel suo bizzarro rito fatimoide – quello che su queste colonne abbiamo descritto come «consacrazione a mano armata». Il segretario di Stato, il lettore lo sa, ora è nelle prime corsie per lo sprint verso il Soglio petrino.
Tuttavia, nessuno dei retroscena è in realtà importante.
Perché è innegabile la bellezza, la giustizia di questa immagine. Questi pretini, monsignori, belli e sorridenti che portano le sedie. E quei due, qualsiasi cosa si possa pensare di loro, che si mettono a parlare, nel pieno centro della cristianità. Hanno parlato, per forza di cose, di pace. Ciò è bellissimo, ciò è giusto.
Behind Scenes, Vatican City—President Trump sat down to meet privately with Volodymyr Zelenskyy of Ukraine this morning in St. Peter’s Basilica… pic.twitter.com/zzC78AgbNh
— Dan Scavino (@Scavino47) April 26, 2025
Qualcuno dirà: la solita trovata, perfetta, di Trump. Optics. Look. PR – è comunicazione visuale, lui è un maestro, a partire dall’insistenza diacronica per il ciuffo sintetico, inconfondibile, immediato. Non saprei dire: l’ultima volta che aveva saputo ingenerare un’immagine di tale potenza forse Dio stesso gli aveva dato una mano: quando gli spararono e lui alzò il pugno al cielo col volto rigato di sangue e la bandiera USA che garriva sopra di lui.
Il Vaticano quindi pare essere tornato, brevemente, estemporaneamente, involontariamente, il vero luogo della diplomazia, e della pace globale. Dio, la tradizione cattolica – quella per cui questa micrologica monarchia teocratica, per quanto acciaccata, è ancora nella mente e nel cuore di tutta l’umanità e dei suoi leader – lo hanno permesso.
Una preghiera acciocché torni quel tempo dove il centro del mondo coincideva con il centro del suo spirito. Solo da lì si può ricostruire l’equilibro.
Solo ricostruendo la Chiesa si potrà avere la vera pace.
Make Vatican Great Again. Ma sul serio.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Buon San Marco: il leone per i nostri lettori, l’asino della favola di Angleton per tutti gli altri

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James Jesus Angleton. Immmagine CC0 via Wikimedia
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Pensiero
Voi che uccidete Dio. E noi che lo permettiamo

Accuso voi che avete ucciso Dio quasi duemila anni fa, e che continuate a farlo ogni mese, ogni giorno, in ogni istante.
Voi uccidete Dio, nella costanza dell’Impero della morte di cui siete schiavi e soldati, e non volete smettere di farlo – perché molti di voi sanno esattamente quello che stanno facendo, e di questo, godono.
Voi che sterminate bambini, nati e non nati, su tutta la superficie della terra – e avete inventato leggi per farlo in tranquillità.
Voi che pervertite i bambini, li drogate, li mutilate.
Voi che i bambini li bombardate senza pietà – quando sono a casa, per strada, in ospedale.
Voi che distruggete le famiglie con tutti i mezzi sociali, politici, legali che avete a disposizione.
Voi che sfruttate i lavoratori, che fate loro pagare una tassazione che li strangola.
Voi che condannate i malati a veleni del corpo e della mente.
Voi che bestemmiate il Suo nome, con indifferenza, o rabbia infame.
Voi che bruciate le Sue chiese, o le demolite, o le trasformate in appartamenti e Bed and Breakfast.
Voi che perseguitate i cristiani praticamente in tutto il pianeta, trucidandoli nel silenzio delle istituzioni.
Voi che inquinate con droghe statali le menti delle persone, rendendole ancora più infelici, se non omicide.
Voi che squartate a cuor battente le persone – sempre per legge! – solo perché hanno fatto un incidente.
Voi che producete bambini con gli alambicchi, disintegrandone quantità immani nel processo.
Voi che agite per popolare la Terra con una generazione di mostri biologici.
Voi che state riprogrammando l’Europa in un luogo di caos e devastazione, paganesimo e massacro.
Voi che avete deviato la carità in una follia suicida e genocida.
Voi che godete dell’iniquità demoniaca inflitta a tutti noi.
Voi uccidete Nostro Signore anche nell’anno 2025, in ogni singolo momento di esso.
E noi. Noi che lo permettiamo. Noi che rifiutiamo di intervenire dinanzi a queste stragi senza fine.
Noi che parliamo, cianciamo, ma che in fondo nulla otteniamo per fermare questa macchina di Morte.
Noi che alziamo le mani dinanzi allo Stato della Necrocultura, anzi continuiamo ad obbedirgli, a versargli le nostre tasse – a breve automaticamente.
Noi che conosciamo l’ingiustizia sterminatrice, ma spesso facciamo finta di nulla.
Noi che piangiamo, ma non sappiamo impedire l’orrore.
Noi che riconosciamo che Cristo è il Sacrificio di Dio per l’uomo, mentre il mondo moderno è – esattamente come nei tempi degli dèi pagani, nei programmi dell’Inferno – il sacrificio dell’uomo per il Dio: l’inversione satanica della vita, della creazione, del cosmo, dell’amore divino.
Noi che sappiamo, noi che abbiamo visto, eppure scappiamo davanti alla Croce.
Dio muore per i nostri peccati. Oggi stesso. Sì.
Roberto Dal Bosco
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Immagine: Carl Bloch (1834-1890), Crocifissione (180), Museo Nazionale di Storia Naturale, Copenhagen.
Immagine di sdalry via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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