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Sorveglianza

Poste e green pass: cosa sta succedendo?

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Come noto, il Decreto Legge  del 7 gennaio 2022 ha fatto sì che anche per andare in uno dei 13 mila uffici postali italiani si debba avere il green pass.

 

Vi sono state polemiche: andare in posta, per molti, è un’attività essenziale. Il pensiero è andato agli anziani che ritirano la pensione, ad esempio.

 

Le Poste Italiane non si sono fatte prendere allo sprovvisto: sono stati upgradati i totem elettronici all’ingresso (quelli che distribuiscono i numeri per la fila) così da poter leggere il QR del green pass prima di assegnarvi il bigliettino con il numero del vostro turno.

 

Non tutti gli uffici hanno il totem elettronico per controllare il green pass.

 

Leggiamo dal sito di Posteitaliane:

 

«Negli uffici postali dotati di gestore delle attese i cittadini mostreranno all’ingresso il QR Code del green pass e, una volta riconosciutone il codice, il gestore attese consentirà di scegliere l’operazione e di prendere il ticket necessario per presentarsi allo sportello».

 

Fate caso alle parole: «ticket necessario per presentarsi allo sportello».

 

E se invece non ci fosse la macchina-scanner che controlla il green pass e assegna i biglietti?

 

«Negli altri uffici postali i cittadini dovranno mostrare il Green pass direttamente allo sportello per la verifica dell’operatore attraverso il lettore scanner che ne confermerà la validità in tempo reale, prima di procedere con i servizi richiesti».

 

Anche qui, fate attenzione alle parole: «il lettore scanner… ne confermerà la validità in tempo reale, prima di procedere con i servizi richiesti».

 

Quindi, passiamo alla vita reale.

 

Ci scrive un lettore di Renovatio 21.

 

«Ieri ho preso una multa, hanno messo il disco orario al parcheggio del supermercato. Non me ne sono accorto, mi sembra incredibile, ero arrabbiatissimo. Sono andato subito in Posta per saldare la multa».

«Le ho quindi chiesto: “scusi, e se non avevo il green pass”? Lei mi ha risposto sicura: “se non aveva il green pass non poteva pagare la multa, signore”»

 

«Si tratta di un piccolo ufficio di paese, si fa la fila ancora come una volta. Senza numeri. Arrivato allo sportello, l’addetta ha preso il bollettino della mia multa, poi mi ha chiesto il green pass. “Perché?” ho chiesto io. “Perché se non scansiono prima il QR del suo green pass non posso farle pagare la multa”. Sono rimasto di stucco. Sono appena guarito dal COVID, il green pass per fortuna mi è già arrivato, l’ho usato quindi per la prima volta. Lei ha fatto proprio quello che mi aveva detto: prima ha scannerizzato il mio green pass, poi il bollettino della multa da pagare. Le ho quindi chiesto: “scusi, e se non avevo il green pass”? Lei mi ha risposto sicura: “se non aveva il green pass non poteva pagare la multa, signore”».

 

«La cosa mi è appena capitata. Qualcuno mi ha detto che non avevo altre possibilità di saldare la contravvenzione, anche se a me sembra strano, forse online si dovrebbe poter pagare. Non lo so. So solo che è incredibile: come è possibile che debba esibire un certificato medico per pagare una multa? Dove siamo capitati? E soprattutto perché un pagamento in posta deve essere subordinato al green pass? A che scopo?».

 

Il lettore ha ragione a porsi queste domande. Di fatto, pensiamo sia davvero bizzarro. Il signore era già entrato nell’ufficio postale, parlava attraverso un vetro: la scusante sanitaria – vado in posto con l’attestato che non sono, in teoria, contagioso, così da preservare gli altri presenti – è completamente inutile.

 

L’esibizione del lasciapassare non è all’ingresso, ma a servizio già in fase di erogazione, e presenza del possibile untore nel luogo pubblico. Tra il green pass e l’espletamento di una funzione finanziaria pubblica (pagare una multa) ci sono poche frazioni di secondo, il tempo di due bip della pistola-scanner.

 

Il fatto è che non è l’unica testimonianza in questo senso raccontata a Renovatio 21 dai suoi lettori.

 

Ci ha scritto un altro signore, raccontando la sua avventura in un ufficio postale, questa volta dotato di un totem con i numeri per la fila, e quindi per la scansione preventiva del QR green pass.

 

«Dovevo fare un’operazione postale un po’ lunga, che era concordata con l’ufficio da settimane. Ho comunque prenotato online. Mi sono presentato all’orario stabilito, ho preso il numero dal tabulato elettronico in entrata mostrando al suo sensore il QR code del mio green pass, così da avere un numero. L’impiegata che seguiva la mia pratica in realtà mi ha visto e mi ha chiamato subito al suo sportello, saltando la coda, perché lei, che è davvero gentile ed efficiente, sapendo che arrivavo aveva già preparato tutti i documenti per la pratica. Dopo tante firme e compilazioni di moduli, è stato il momento di pagare».

 

«Lì è successo qualcosa di davvero strano: la signora si è come preoccupata, e mi ha chiesto se avessi preso il numero. Poi ha domandato se guardando il tabellone con le chiamate riuscivo a vedere se il mio numero fosse stato chiamato. Sì, dallo sportello a fianco, le ho detto stranito: in tanti anni, una cosa del genere non mi era successa, e non capivo bene cosa stesse succedendo».

Da quello che pare di capire, potrebbe proprio essere così: le transazioni potrebbero essere subordinate alla lettura del green pass, di modo da, in qualche modo, accoppiarle. È un’ipotesi: il contesto ce lo fa pensare

 

«Quindi la signora mi ha detto di pagare allo sportello a fianco, appena si fosse liberato. Ho fatto così, utilizzando il POS dello sportello abbinato al numero assegnatomi in ingresso. Un numero che, vi ricordo, ho avuto in virtù del green pass».

 

«Una volta pagato, siamo tornati allo sportello di partenza per le ultime firme, e tutto si è concluso. Lì per lì non ho capito cosa fosse successo. Poi invece mi è venuta un’ipotesi: il green pass deve in qualche modo essere stato “agganciato” al pagamento in posta, altrimenti non c’era senso a farmi pagare in uno sportello diverso da quello in cui ero, facendomi usare il POS della postazione che mi era stata assegnata subito dopo la scansione del mio QR COVID. Mi rendo conto che non è una spiegazione esauriente, ma non ho altre idee, e in quasi trent’anni in quell’ufficio postale, con gli ultimi passati a prendere numerini al tabulato elettronico, mai mi era capitata una cosa così».

 

Anche qui, il lettore non ha torto a dubitare.

 

Da quello che pare di capire, potrebbe proprio essere così: alle poste le transazioni potrebbero essere subordinate alla lettura del green pass, di modo da, in qualche modo, accoppiarle. È un’ipotesi: il contesto ce lo fa pensare.

Del resto sapete che il green pass viene emesso dal ministero delle Finanze

 

Come riportato da Renovatio 21, è annunciato ufficialmente l’arrivo dell’euro digitale, definito «inevitabile» dalla BCE. Come abbia scritto ripetute volte, esso con probabilità si baserà sulla piattaforma informatica del green pass, che è stata sviluppata anni prima del COVID– a cui la pandemia, in breve, ha dato senso e applicazione pratica.

 

Di più: come abbiamo riportato, è probabile che le stesse tasse (come per esempio, lo scorporo e il  versamento immediato ed automatico dell’IVA) verranno pagate tramite il green pass, che agisce quindi come wallet, portafogli del danaro elettronico. Poi, a seconda del vostro comportamento fiscale (evadere sarà difficilissimo, e lo stigma per gli evasori di conseguenza aumenterà sino alla vertigine) lo stesso green pass vi garantirà o meno  l’accesso a luoghi e servizi – come, per cortocircuito, andare in posta, magari a pagare quella multa che vi consente di tornare a godere dei privilegi del green pass.

 

Del resto sapete che il green pass viene emesso dal ministero delle Finanze. A capo della gestione dei dati della green pass vi è una società controllata dal MEF, la SOGEI – e non dal ministero della Salute. I debunker dicono che è normalissimo. Eccerto.

L’abolizione del contante – che passa necessariamente attraverso un sistema green pass, che abbiamo qui bello che pronto scaricato nei nostri telefoni – sarà l’atto di trasformazione definitiva della società in Stato di sorveglianza, l’introduzione di un totalitarismo più che cinese dove ogni vostra spesa è controllata, o ancora peggio, programmata, inibita

 

Noi, assieme a Kennedy, diciamo che forse normalissimo non è.

 

Perché l’abolizione del contante – che passa necessariamente attraverso un sistema green pass, che abbiamo qui bello che pronto scaricato nei nostri telefoni – sarà l’atto di trasformazione definitiva della società in Stato di sorveglianza, l’introduzione di un totalitarismo più che cinese dove ogni vostra spesa è controllata, o ancora peggio, programmata, inibita.

 

Potrete comprare secondo quello che vi viene ordinato, se siete a rischio diabete, niente Nutella.

 

Se siete single e sei lattine di birre mica si può, se siete in ritardo con il muto, niente salmone, etc. In caso di lockdown (climatico, informatico, elettrico, energetico, inflattivo) i vostri soldi fuori dal range deciso (ricordate, quando si poteva andare solo nei supermercati del proprio comune?) non funzioneranno. Lo chiamano «denaro programmabile».

 

Un’ingiunzione di pagamento stabilita da un giudice verrà prelevata in automatico dal vostro conto; lo stesso giudice, qualora lo decidesse, potrà semplicemente «spegnere» il vostro danaro, così da bloccare la vostra vita. E non è detto che sarà un giudice: potrebbe farlo un vigile urbano per direttissima, perché oggidì non gode di buona salute la storia del «giusto processo» che serve al potere per condannare i cittadini magari togliendo loro dei diritti.

 

E le multe, per facilitare la vita ai nostri lettori, non avranno più bisogno di essere pagate in posta: vi saranno detratte immediatamente dal vostro conto elettronico green pass.

 

A differenza di adesso, le proteste le potrete fare ma solo dopo aver pagato, senza neanche accorgervi, senza poter fermare il meccanismo, la multa. Perché, se non lo avete capito, in questi mesi è stato definitivamente invertito lo stato di diritto.

Così come hanno usato questa «spinta gentile» della fame e della repressione, dello stigma e del terrore, per accoppiare i nostri dati sanitari al green pass, non è che stanno facendo lo stesso con la sincronizzazione delle nostre transazioni con il certificato verde?

 

Il cittadino non è più innocente fino a prova contraria: è colpevole. Inutile pensare che sia un’iperbole: è così ora, questo è il senso del green pass – voi siete contagiosi fino a prova contraria.

 

Così come hanno usato questa «spinta gentile» della fame e della repressione, dello stigma e del terrore, per accoppiare i nostri dati sanitari al green pass, non è che stanno facendo lo stesso con la sincronizzazione delle nostre transazioni con il certificato verde?

 

E se lo stanno facendo, perché lo stanno facendo?

 

Chi ci legge lo sa. Gli altri, tutti in fila con il green pass.

 

Tutta in fila per la vostra schiavitù.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine di User:Mattes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata.

 

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Economia

Una guerra sinistra al nostro diritto di detenere contanti

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Renovatio 21 traduce e ripubblica questo articolo del 2017 di William F. Engdahl sulla questione delle valute digitali di Stato (CBDC), ora divenute realtà con l‘annuncio della partenza dell’euro digitale da parte del presidente BCE Cristina Lagarde. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un’operazione iniziata come una discussione accademica apparentemente oscura tre anni fa sta ora diventando una vera e propria campagna di propaganda da parte di alcune delle istituzioni più potenti del mondo industrializzato. Questa è quella che giustamente dovrebbe essere definita la guerra al contante. Come la Guerra al Terrore, la Guerra al Cancro o la Guerra alla Droga, il suo vero programma è sinistro e opaco. Se siamo abbastanza sciocchi da inghiottire la propaganda per la completa eliminazione del contante a favore della pura moneta bancaria digitale, possiamo praticamente dire addio alla nostra rimanente autonomia e privacy. Un 1984 di George Orwell sotto steroidi si realizzerà.

 

Vorrei essere chiaro. Qui non parliamo di diverse tecnologie digitali blockchain, le cosiddette criptovalute. Non ci stiamo rivolgendo a sistemi di pagamento privati ​​come il WeChat cinese. Non parliamo nemmeno dell’e-banking o dell’utilizzo di carte di credito bancarie come Visa o Master Card o altre. Questi sono di una qualità completamente diversa dall’obiettivo della sinistra guerra al contante in corso. Sono tutti servizi privati ​​e non statali.

 

Quello di cui stiamo discutendo è un complotto, perché è un complotto, da parte delle principali banche centrali, di governi selezionati, del Fondo Monetario Internazionale in collusione con le principali banche internazionali per costringere i cittadini – in altre parole, noi! – a rinunciare a detenere contanti o a utilizzare per pagare gli acquisti.

 

Saremmo invece costretti a utilizzare crediti bancari digitali.

 

La differenza, per quanto sottile possa sembrare a prima vista, è enorme. Come in India, a seguito della folle guerra al contante ispirata dagli Stati Uniti alla fine del 2016 da parte di Modi, i cittadini perderebbero per sempre la libertà personale di decidere come pagare o la privacy in termini di denaro.

 

Se voglio comprare un’auto e pagare in contanti per evitare gli interessi bancari, non posso.

 

La mia banca limiterà l’importo di denaro digitale che posso prelevare in un dato giorno. Se voglio soggiornare in un bell’hotel per festeggiare un giorno speciale e pagare in contanti per motivi di privacy, non è possibile. Ma questa è solo la superficie.

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Visa entra in guerra

Lo scorso luglio [2017, ndr] Visa International ha lanciato quella che definisce «The Visa Cashless Challenge». Con parole d’ordine su come la tecnologia ha trasformato il commercio globale, Visa ha annunciato un programma per pagare i proprietari di piccoli ristoranti selezionati negli Stati Uniti se accettano di rifiutarsi di accettare contanti dai loro clienti ma solo carte di credito.

 

Il sito web ufficiale di Visa annuncia: «Fino a $ 500.000 in premi. 50 titolari di servizi di ristorazione idonei. Ricerca senza contanti al 100%». (1) Ora, per un’azienda gigantesca come Visa, con un fatturato annuo nell’ordine dei 15 miliardi di dollari, 500.000 dollari sono una miseria. Ovviamente, credono che ciò favorirà l’uso delle carte Visa in un mercato che finora preferisce i contanti, ovvero quello dei piccoli ristoranti a conduzione familiare.

 

La «sfida» di Visa per raggiungere quella che definisce la «ricerca del 100% senza contanti» non è un fuoco fatuo casuale. Fa parte di una strategia molto ponderata non solo di Visa, ma anche della Banca Centrale Europea, della Banca d’Inghilterra, del Fondo Monetario Internazionale e della Reserve Bank of India, per citarne solo alcuni.

 

FMI e rane bollite

Nel marzo di quest’anno il Fondo Monetario Internazionale di Washington ha pubblicato un documento di lavoro su ciò che chiamano «de-cashing». Il documento raccomanda che «l’eliminazione totale dei contanti dovrebbe avvenire gradualmente». Si rileva il fatto che esistono già «passi iniziali e in gran parte incontrastati, come l’eliminazione graduale delle banconote di grosso taglio, l’istituzione di massimali sulle transazioni in contanti e la segnalazione dei movimenti di contanti attraverso i confini. Ulteriori passi potrebbero includere la creazione di incentivi economici per ridurre l’uso del contante nelle transazioni, la semplificazione dell’apertura e dell’uso dei depositi trasferibili e l’ulteriore informatizzazione del sistema finanziario». (2)

 

In Francia dal 2015 il limite che una persona può pagare in contanti a un’impresa è di soli 1.000 euro «per contrastare il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale». Inoltre, qualsiasi deposito o prelievo di contanti da un conto bancario superiore a 10.000 euro in un mese verrà automaticamente segnalato a Tracfin, un’unità del governo francese incaricata di combattere il riciclaggio di denaro, i «passaggi in gran parte incontrastati» e i presagi molto inquietanti. (3)

 

Il documento del FMI aggiunge inoltre, come argomento a favore dell’eliminazione del contante, che «il de-cashing dovrebbe migliorare la riscossione delle tasse riducendo l’evasione fiscale». Detto in altre parole, se sei costretto a utilizzare solo trasferimenti di denaro digitali da una banca, i governi di praticamente tutti i paesi OCSE oggi hanno accesso legale ai dati bancari dei loro cittadini.

 

Ad aprile, un mese dopo il documento del FMI sul de-cashing, la Commissione Europea di Bruxelles ha rilasciato una dichiarazione in cui dichiarava: «i pagamenti in contanti sono ampiamente utilizzati nel finanziamento di attività terroristiche. In questo contesto si potrebbe anche esplorare la rilevanza di eventuali limiti massimi ai pagamenti in contanti. Diversi Stati membri hanno adottato divieti per i pagamenti in contanti al di sopra di una soglia specifica». (4)

 

Anche in Svizzera, a seguito delle incessanti campagne di Washington, il leggendario segreto bancario è stato gravemente compromesso con la fallace argomentazione che ostacola il finanziamento delle organizzazioni terroristiche. Uno sguardo ai recenti titoli della stampa europea sugli attacchi da Barcellona a Monaco a Londra a Charlottesville rivela che questo argomento è una farsa.

 

Oggi nell’UE, come ulteriore risultato delle pressioni di Washington, ai sensi del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), le banche al di fuori degli Stati Uniti dove i cittadini statunitensi detengono un deposito sono costrette a presentare rapporti annuali sulle attività presenti in tali conti al Financial Crimes Enforcement Network. del Tesoro americano. Convenientemente per gli Stati Uniti in quanto grande paradiso fiscale emergente, il governo americano ha rifiutato, nonostante ciò fosse specificato nella legge, di aderire alla stessa FACTA. (5)

 

Nel 2016 la Banca Centrale Europea ha interrotto l’emissione di banconote da 500 euro sostenendo che ciò avrebbe ostacolato la criminalità organizzata e il terrorismo, uno scherzo sicuramente meschino, come se le sofisticate reti della criminalità organizzata dipendessero dalle valute cartacee. Negli Stati Uniti, economisti di spicco come l’ex presidente di Harvard Larry Summers sostengono l’eliminazione della banconota da 100 dollari per la stessa presunta ragione.

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Limite di 10 dollari?

Il vero scopo della guerra al contante, tuttavia, è stato delineato in un editoriale del Wall Street Journal dall’economista di Harvard ed ex capo economista del FMI, Kenneth Rogoff. Rogoff sostiene che dovrebbe esserci una drastica riduzione dell’emissione di contanti da parte della Federal Reserve. Chiede che tutte le banconote superiori ai 10 dollari vengano rimosse dalla circolazione, costringendo così le persone e le imprese a dipendere esclusivamente dai pagamenti digitali o elettronici. Ripete il falso mantra secondo cui il suo piano ridurrebbe il riciclaggio di denaro, riducendo così la criminalità e allo stesso tempo smascherando gli evasori fiscali. (6)

 

Tuttavia, l’agenda nascosta in questa guerra al contante è la confisca dei nostri soldi nella prossima, inevitabile crisi bancaria, sia nei Paesi membri dell’UE, negli Stati Uniti o nei paesi in via di sviluppo come l’India.

 

Già diverse banche centrali hanno adottato una politica di tassi di interesse negativi sostenendo, falsamente, che ciò sia necessario per stimolare la crescita dopo la crisi finanziaria e bancaria del 2008. Oltre alla Banca Centrale Europea, la Banca del Giappone e la Banca Nazionale Danese aderiscono a questa bizzarra politica. Tuttavia, la loro capacità di abbassare ulteriormente i tassi di interesse per le banche membri è limitata finché la liquidità è abbondante.

 

Qui il documento del FMI sopra citato fa uscire il proverbiale gatto dal sacco. Si afferma: «in particolare, la politica dei tassi di interesse negativi diventa un’opzione fattibile per la politica monetaria se il risparmio in valuta fisica viene scoraggiato e sostanzialmente ridotto. Con il decashing, la maggior parte del denaro verrebbe immagazzinato nel sistema bancario e, pertanto, sarebbe facilmente influenzato da tassi negativi, che potrebbero incoraggiare la spesa dei consumatori…» (7)

 

Questo perché la tua banca inizierà ad addebitarti il ​​«servizio» di consentirti di parcheggiare i tuoi soldi presso di loro dove potranno utilizzarli per guadagnare di più. Per evitare ciò, ci viene detto, spenderemmo come se non ci fosse un domani. Ovviamente, questo argomento è falso.

 

Come sottolinea l’economista tedesco Richard Werner, i tassi negativi aumentano i costi sostenuti dalle banche per fare affari. «Le banche rispondono scaricando questo costo sui loro clienti. A causa dei tassi di deposito già pari a zero, ciò significa che le banche aumenteranno i loro tassi di prestito». Come osserva ulteriormente Werner, «nei paesi in cui è stata introdotta una politica di tassi di interesse negativi, come la Danimarca o la Svizzera, la constatazione empirica è che non è efficace nello stimolare l’economia. Piuttosto il contrario. Questo perché i tassi negativi sono imposti dalla Banca Centrale alle banche – non al pubblico mutuatario». (8)

 

Sottolinea che la politica dei tassi di interesse negativi della BCE mira a distruggere le banche di risparmio europee funzionanti e tradizionalmente conservatrici, come quella le tedesche Sparkassen e le Volksbanken a favore del salvataggio segreto delle mega-banche giganti e finanziariamente corrotte come Deutsche Bank, HSBC, Société Generale of France, Royal Bank of Scotland, Alpha Bank of Greece, o Banca Monte dei Paschi di Siena in Italia e molte altre. (9) Il presidente della BCE, Mario Draghi, è un ex partner della mega banca Goldman Sachs.

 

Perché ora?

La domanda rilevante è: perché ora, all’improvviso, l’urgenza di spingere per l’eliminazione del contante da parte delle banche centrali e di istituzioni come il FMI? Il rullo di tamburi per l’abolizione del contante è iniziato nettamente dopo il Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera, del gennaio 2016, dove si sono riuniti i principali esponenti governativi, banchieri centrali e multinazionali del mondo occidentale. L’offensiva propagandistica per l’attuale guerra al contante è iniziata subito dopo i colloqui di Davos.

 

Diversi mesi dopo, nel novembre 2016, guidato da esperti di USAID e, sì, Visa, il governo indiano di Narenda Modi ha annunciato l’immediata demonetizzazione o rimozione forzata di tutte le banconote da 500 rupie (8 dollari USA) e 1.000 rupie (16 dollari USA) secondo la raccomandazione della Reserve Bank of India. Il governo Modi ha affermato che l’azione ridurrà l’economia sommersa e reprimerà l’uso di denaro illecito e contraffatto per finanziare attività illegali e il terrorismo.

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In particolare, il Parlamento indiano ha recentemente condotto uno studio di follow-up sugli effetti della guerra di Modi sul contante. Il rapporto della Commissione parlamentare sulla demonetizzazione ha documentato che non è stato raggiunto un solo obiettivo dichiarato. Non è stato trovato alcun grosso denaro nero e la demonetizzazione non ha avuto alcun effetto sul finanziamento del terrorismo, ragioni addotte dal governo per attuare una politica così drastica. Il rapporto rileva che mentre la banca centrale indiana stava presumibilmente attaccando il denaro nero attraverso la demonetizzazione, il denaro illegale nei paradisi fiscali offshore veniva semplicemente riciclato in India, «riciclato» attraverso investimenti diretti esteri da gruppi criminali o aziendali legalmente in una pratica nota come «Round Tripping».

 

Eppure il rapporto del Parlamento precisa che l’economia reale indiana è stata colpita drammaticamente. La produzione industriale in aprile è diminuita di uno scioccante 10,3% rispetto al mese precedente a causa del fallimento di migliaia di piccole imprese dipendenti dalla liquidità. Secondo quanto riferito, i principali media indiani sarebbero stati avvertiti dal governo Modi di non pubblicizzare il rapporto del Parlamento. (10)

 

Se uniamo i punti di tutto questo, diventa più chiaro che la guerra al contante è una guerra alla nostra libertà individuale e ai gradi di libertà nella nostra vita. Forzare il nostro denaro a diventare digitale è il prossimo passo verso la confisca da parte dei governi dell’UE o degli Stati Uniti o ovunque scoppi la prossima grande crisi bancaria, come nel 2007-2008.

 

Alla fine di luglio di quest’anno l’Estonia, in qualità di presidenza di turno dell’UE, ha pubblicato una proposta sostenuta dalla Germania che consentirebbe ai regolatori nazionali dell’UE di impedire «temporaneamente» alle persone di ritirare i propri fondi da una banca in difficoltà prima che i depositanti siano in grado di creare una «corsa agli sportelli» (11).

 

Il precedente dell’UE era già stato stabilito a Cipro e in Grecia, dove il governo ha bloccato i prelievi di contanti oltre i piccoli importi giornalieri.

 

Come sottolinea l’esperto analista bancario statunitense Christopher Whelan in una recente analisi sull’incapacità delle autorità dell’UE di ripulire efficacemente il caos bancario dopo la crisi finanziaria del 2008, «l’idea che il pubblico bancario – che generalmente si colloca ben al di sotto del limite massimo di deposito limite assicurativo – non verrebbe mai negato l’accesso al contante garantisce virtualmente che in Europa si verificheranno corse ai depositi e un contagio più ampio la prossima volta che un istituto di deposito si troverà nei guai». Whelan sottolinea che nove anni dopo la crisi del 2008, le banche dell’UE rimangono in condizioni orrende. «Rimangono quasi 1.000 miliardi di euro di crediti inesigibili all’interno del sistema bancario europeo. Ciò rappresenta il 6,7% dell’economia dell’UE. È enorme. Sottolinea che i crediti inesigibili delle banche come quota del PIL per le banche statunitensi e giapponesi sono rispettivamente dell’1,7 e dell’1,6%». (12)

 

Poiché i governi, sia nell’UE che in India o altrove, si rifiutano di tenere a freno le pratiche fraudolente delle banche più grandi, costringendo le persone a eliminare l’uso del contante e a mantenere tutta la loro liquidità in depositi digitali presso banche regolamentate dallo stato, si pone le basi affinché lo stato possa confiscare quei beni quando dichiareranno la prossima emergenza.

 

Se siamo abbastanza sciocchi da permettere che questa truffa passi incontrastata, forse meritiamo di perdere le nostre vestigia di autonomia finanziaria. Fortunatamente, la resistenza popolare contro l’eliminazione del contante in paesi come la Germania è massiccia. I tedeschi ricordano i giorni della Repubblica di Weimar degli anni ’20 e dell’iperinflazione come la crisi bancaria del 1931 che portò al Terzo Reich.

 

L’approccio del FMI è quello del proverbio cinese sulla bollitura lenta delle rane. Ma gli esseri umani non sono rane, giusto?

 

William F. Engdahl

 

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NOTE

1) Visa website, Coming soon! The Visa Cashless Challenge: Up to $500,000 in awards. 50 eligible food service owners. 100% cashless quest.

2) Alexei Kireyev, The Macroeconomics of De-Cashing, IMF Working Paper WP/17/71, Washington DC, marzo 2017.

3) French-property.com, Cash Payments Limited to €1000, 4 agosto 2015.

4) Claire Bernish, «EU Now Pushing Restrictions on Payments in Cash», 4 aprile pril 2017,

5) DLA Piper, The Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA).

6) Kenneth S. Rogoff, The Sinister Side of Cash, The Wall Street Journal, 25 agosto 2016 ,

7) Alexei Kireyev, op. cit.

8) Richard A. Werner, Negative Interest Rates and the War on Cash, 9 febbraio 2016.

9) Ibid.

10) Shelley Kasli, Demonetisation and GST Myths Exposed By Parliamentary Committee Report and Statistics, 11 agosto 2017.

11) Francesco Guarascio, EU explores account freezes to prevent runs at failing banks, 28 luglio 2017.

12 R. Christopher Whelan, Europe’s Banking Dysfunction Worsens, 31 luglio 2017.

 

F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best seller sulle tematiche del petrolio e della geopolitica. È autore, fra gli altri titoli, di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation («Semi della distruzione, l’agenda nascosta della manipolazione genetica»), consultabile anche sul sito globalresearch.ca.

 

Renovatio 21 offre la traduzione di questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Sorveglianza

Petizioni e vittime del crack Evergrande nel database del riconoscimento facciale di Pechino

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Un «incidente» capitato a una giornalista che a Pechino sta seguendo le riunioni politiche delle «Due sessioni» ha rivelato fino a che punto i controlli digitali vengano utilizzati anche per mettere a tacere il malcontento per il crack immobiliare.   Le autorità cinesi stanno mettendo in campo le più avanzate «misure di sicurezza» per proteggere i lavori delle «Due sessioni» – le riunioni politiche dei circa 5mila delegati della Conferenza consultiva politica del popolo cinese e del Consiglio nazionale del popolo in corso questa settimana a Pechino.   Anche i giornalisti accreditati, ai varchi di piazza Tiananmen, devono passare per i varchi dotati di riconoscimento facciale per poter accedere alla Grande Sala del Popolo dove sono in corso i lavori. Proprio qui, però, a una cronista del Mingpao, quotidiano in lingua cinese di Hong Kong, è capitato uno spiacevole «incidente» che ha confermato quanto questi dispositivi in realtà vengano utilizzati per reprimete le opinioni anche sulle questioni sociali nella Cina di Xi Jinping.   Come lei stessa ha raccontato sul suo giornale, nonostante il tesserino d’accredito la giornalista è stata fermata dalla polizia subito dopo che il segnale d’allarme ha cominciato a suonare al suo passaggio davanti alle telecamere del riconoscimento facciale. L’agente le ha chiesto di mostrare la sua carta d’identità e con una faccia seria le ha pure chiesto se avesse mai acquistato azioni di Evergrande, il grande gruppo immobiliare cinese che accumulando debiti ha ridotto sul lastrico migliaia di cinesi.

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Di fronte alla risposta negativa ha rivolto alla giornalista una seconda domanda: «allora sei mai andata all’ufficio petizioni per presentare una petizione?». Neppure questo era però il caso della giornalista in questione.   A quel punto si è passati a un riscontro con il documento dell’identità e l’agente ha potuto verificare che effettivamente nel suo «dossier» non risultava nulla. A quel punto allora i toni del poliziotto si sono ammorbiditi. E di fronte alla domanda su che cosa fosse andato storto alla donna è stato spiegato che il suo volto era simile a quello di una persona inserita nel database e che il riconoscimento facciale l’aveva identificata la persona sbagliata.   «Risolto il malinteso – commenta ironicamente il Mingpao – la giornalista ha potuto andarsene, pentendosi di essere uscita di casa senza truccarsi. Ma l’incidente ha anche confermato direttamente che le informazioni di alcuni firmatari, compresi i dati facciali, sono inserite nel database di pubblica sicurezza e che anche le attività di petizione che coinvolgono Evergrande sono state al centro del mantenimento della sicurezza da parte delle autorità».

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Sorveglianza

Le carte di credito verso un sistema di pagamento con ID biometrico per sostituire PIN e password

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Visa – uno dei due maggiori processori di pagamento al mondo – sembra stia passando all’autenticazione basata su dati biometrici, almeno secondo un brevetto che ha richiesto. Lo riporta Reclaim The Net.

 

Il colosso delle carte di credito sostiene che questo sarebbe completamente rispettoso della privacy.

 

Visa si unisce in questo modo a Mastercard, ma anche a Microsoft e Google, che stanno esplorando metodi simili, per il bene di ciò che dicono sia prevenire il furto di dati fisici e l’abuso di deepfake.

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I servizi di pagamento di Google, Apple e Samsung forniscono già la cosiddetta esperienza di pagamento senza soluzione di continuità, mentre la funzione Just Walk Out dell’app Amazon sostituisce il checkout con quella che si dice sia «un’esperienza simile» a ciò che Visa intende ottenere.

 

Se il brevetto di Visa – progettato, secondo la dichiarazione del colosso, per fornire «modelli biometrici per l’autenticazione che preserva la privacy» – fosse approvato e implementato, il risultato finale sarebbe la sostituzione dei PIN con l’identificazione biometrica.

 

Il metodo verrebbe utilizzato presso gli sportelli bancomat, le casse di pagamento e Visa ha fatto notare che l’uso della tecnologia può essere esteso allo sblocco di appartamenti o all’ingresso di persone in luoghi come teatri, parchi di divertimento, ecc.

 

Questi ultimi scenari di mancato pagamento consentirebbero a Visa di monetizzare il brevetto concedendo in licenza ad altre società. Si dice che la logica alla base dell’utilizzo di un tale sistema sia quella di migliorare la sicurezza delle informazioni degli utenti negli spazi fisici.

 

Secondo quanto riporta Reclaim The Net, il brevetto afferma che il sistema funzionerebbe se i clienti si iscrivessero al programma, il che significa creare «un modello biometrico» sul proprio dispositivo. Questi dati sono crittografati e firmati e tale firma, anziché le informazioni biometriche, viene utilizzata dal «dispositivo di accesso» per verificare la firma.

 

Questo, ha affermato Visa nel documento, è ciò che preserva la privacy, poiché i modelli sono archiviati sul dispositivo dell’utente anziché «in qualche gigantesco database».

 

Questo sembra essere il punto chiave che l’azienda sta cercando di sottolineare con il brevetto proposto, ed è stata attenta a sottolineare che la violazione della sicurezza di tali database comporta conseguenze «disastrose».

 

Questo perché l’uso della biometria è allo stesso tempo più sicuro di quello di PIN e password, ma anche molto più rischioso, dato che l’accesso non autorizzato fornisce ad eventuali hacker una grande quantità di informazioni personali.

 

Come riportato da Renovatio 21, già dal 2020 vi è il pensiero che la pandemia sia stato una sorta di pretesto per avviare obblighi biometrici e tecnologie di sorveglianza come il green pass e in futuro il microchip.

 

Il controllo biometrico rientra nel quadro dello slancio mondialista per fornire ad ogni cittadino il cosiddetto ID digitale, che sarà giocoforza combinato con il conto bancario, inibendo all’individuo, qualora l’autorità lo decidesse, di comprare o vendere alcunché.

 

All’ultimo World Economic Forum, abbiamo assistito all’appassionato discorso della regina d’Olanda (figura controversa, che ora ha però un film para-hollywoodiano a narrare le sue gesta) in cui chiedeva l’istituzione di ID digitali biometrici e tracciamento vaccinale per l’intera popolazione.

 

Come da istruzione di Davos, banche in Australia (che dovrebbe varare l’ID digitale entro l’anno) ed in Canada hanno cominciato a collegare i movimenti di conto dei clienti alle emissioni di carbonio generate.

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La combinazione dei conti correnti con l’ID digitale era emersa in una discussione a inizio 2023 in Gran Bretagna, quando Bob Wigley, finanziere presidente di UK Finance (un’associazione di categoria per il settore dei servizi bancari e finanziari del Regno Unito), aveva parlato dello sviluppo di una «super app» che memorizzerebbe l’identità digitale economica di una persona, inclusi i rating del punteggio di credito.

Una tale app, ricordiamo, è stata lanciata in Ucraina pochi giorni prima del conflitto, con il nome di Diia, che consentiva di interfaccia tra il cittadino e lo Stato e di fungere da «portafogli elettronici», nel quale lo Stato versava 40 dollari ad avvenuta vaccinazione COVID.

 

Come riportato da Renovatio 21, un tentativo di istituire un ID digitale fu fatto due anni fa dall’unione delle banche del Canada, che, dicevano senza pudore, agivano in armonia con il governo di Ottawa. Il video mandato online dall’associazione bancaria canadese citava direttamente il World Economic Forum. Si trattava proprio del periodo in cui il governo Trudeau congelava i conti correnti dei camionisti che protestavano contro l’obbligo vaccinale.

 

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Sistemi di identificazione digitale, tali e quali a quello ordinato nei discorsi del World Economic Forum, sono ora portati avanti tutti i Paesi, dal Canada alla Francia alla Gran Bretagna – all’Italia.

 

Alla costruzione di un programma di identificazione digitale globale la Bill & Melinda Gates Foundation ha donato negli scorsi mesi 200 milioni di dollari.

 

In Sri Lanka, l’ID digitale è stato implementato nel razionamento della benzina imposto al Paese.

 

Come riportato da Renovatio 21, per l’appalto del suo ID digitale della UE ha scelto un’azienda associata a sistema di tracciamento COVID.

 

Un ID digitale era stato varato a East Palestine, in Ohio, pochi mesi prima del disastro ambientale che ha colpito la cittadina.

 

In passato il Fondo Monetario Internazionale aveva perfino ipotizzato di collegare il credito personale alla cronologia di Internet del cittadino: vai su certi siti, non accedi al danaro.

 

Come raccontato più volte da Renovatio 21, l’uso dei Big Data nella determinazione della vita dell’individuo è già cosa reale, da anni, in Cina, con il programma di sorveglianza digitale totale chiamato «Punteggio di credito sociale». Il governo del Partito Comunista Cinese ha già combinato i dati del «credito sociale» con i sistemi di tracciamento COVID. I due elementi, sembravano già allora inseparabili.

 

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