Pensiero
Il ritorno del sacrificio umano in Ucraina, spiegato bene
La settimana scorsa è apparso in rete questo bizzarro, inquietante video.
Con probabilità, il lettore lo ha già visto. Su uno sfondo digitale, fatto di cielo e di campi di grano – i colori della bandiera ucraina – una ragazza agghindata con solenni vesti tradizionali declama parole poetiche, per poi sgozzare quello che, da quel che ci è dato di capire, è un uomo russo.
Moltissimi di coloro che lo hanno rilanciato – compresi alcuni grandi analisti internazionali – hanno detto che si trattava di una sorta di Pubblicità progresso del potere ucraino. Non sembra essere così: pare essere opera di un’attrice, originaria di Leopoli. La fattura del video è compatibile con uno studio di posa domestico o di modeste dimensioni, nonostante sia visibile uno sforzo produttivo non estemporaneo (trucco e parrucco, costume, luci, etc.).
Il video è stato caricato per la prima volta sul profilo Instagram dell’attrice ucraina. L’account è stato poi chiuso.
Questo filmato, caricato con sottotitoli in vari canali su YouTube e Twitter, ha cominciato rapidamente a sparire.
Alcuni soldati russi hanno già reagito.
Nei canali Telegram legati all’Operazione Z si è diffuso un video in cui alcuni soldati al fronte dicono che l’attrice dovrebbe rimanere a casa, e se la prendono con gli uomini ucraini, che mandano avanti le donne a parlare di queste cose.
Parole che qui, nel metaverso NATO, sono oramai illegali: «Non vi vergognate che le donne parlino per voi?»
Dicono che devono essere i valori europei verso cui gli uomini ucraini ora tendono. Anzi, si chiedono: ci sono ancora uomini in Ucraina?
ISIS nazi-pagana
Vari commentatori occidentali hanno subito collegato il videosgozzamento ucraino all’ISIS.
Et pour cause: è piuttosto facile che gli autori del video non se ne rendessero conto, ma si tratta esattamente della stessa pulsione – esibire dinanzi al mondo il proprio zelo sfrenato, con il nemico in ginocchio, in un atto arcaico, sacrificale.
Il nemico è disumanizzato, reso bestia – da sgozzare, appunto, come un agnello, come un capretto, come un maiale, in un antico atto alimentare e religioso. L’omicidio produce brivido, fierezza piacere.
Sì, decisamente assomiglia ai video dello Stato Islamico.
ISIS ؛ made by U.S
Ukraine ؛ supported by U.S pic.twitter.com/xs5huMive9— Fatemeh Abv 🇮🇷 (@fa_abv) April 11, 2022
Questo sito ha parlato da subito al fatto che l’Ucraina, con le sue fiammate neonaziste vendute come poesia romantica dai giornali occidentali, era di fatto parte di un programma del tutto simile a quello subito da siriani e iracheni. La radicalizzazione. La zeloteria. La sete di sangue. Lì, il wahabbismo, l’islamo-nichilismo assassino. Qui, il nazismo, più qualche sfumatura di paganesimo paleoslavo.
L’Ucraina è il territorio di coltura di un’ISIS neonazista, non v’è dubbio. Sappiamo bene che, qualora dovessero sopravvivere al conflitto, ci ritroveremo molti dei suoi uomini qui a generare caos. Oppure riassorbiti in qualche altro conflitto – l’ex ispettore ONU Scott Ritter ritiene che, addestratissimi dalla NATO come sono, i battaglioni ucronazisti sono ora piazzabili in qualsiasi forza, ufficiale o meno, del Patto Atlantico.
La ragazza tagliagole è un primo segno di maturità mediatica di questa ISIS slava, creata sinteticamente dai soliti noti. Certo.
Tuttavia non è di questo che vogliamo scrivere qui. Vogliamo trattare un tema più profondo. Proibito.
Il ritorno materiale degli dei
Guardate bene il video. La ragazza è più di una ragazza: è calma, ieratica. Sulla testa una elaboratissima corona di fiori, che sa di qualche tradizione locale millenaria.
L’effetto della visione, unita ai campi rigogliosi dietro di lei, ci fanno pensare decisamente ad una figura divina, ad una dea: Cerere, dea della fertilità, dei fiori, della frutta e dei raccolti. In Grecia è conosciuta come Demetra. È la madre di Prosperpina, Persefone per i greci – la dea della crescita del grano, rapita da Ade, dio dell’ombra e della morte, signore del sotterraneo che chiamiamo, per estensione, sempre «Ade».
Alla fine del filmato, il commiato ci riporta proprio qui: «dobro pozhalovat’ v Ad», benvenuti all’Inferno, dove quest’ultimo è reso con la parola russa, classicamente risonante in ogni europeo mediterraneo ma non solo, «Ad».
Sì, è effettivamente l’immagine di una dea. La sua flemma, il suo pallore… quelle labbra, che sembrano piene di lividi, o forse… si tratta di un pasto vampiresco?
Non stiamo proiettando significati nostri. È la signora dei campi che, ad un certo punto, comincia a parlarne, quando dice che «qualcosa che dormiva da secoli nelle profondità del fiume Dnepr … il dio iniziale ed antico dell’Ucraina» si è svegliato.
«E ora stiamo raccogliendo il nostro raccolto di sangue», dice questa dea dei campi, della fertilità e della morte.
Una divinità arcaica è stata fatta tornare sulla terra. E ora esige il suo tributo di violenza, una violenza che è necessaria, che è sacra.
Un’immagine migliore della ripaganizzazione del mondo non potevamo trovarla. Perché qui si va molto nel dettaglio: non si riesuma un rito, un mito… ma un dio, una dea, un essere antropomorfo, vivente, intelligente.
Non una mera forza storica o naturale – no, si tratta di una persona. Sia pure, una persona non umana…
Non ho inventato io questa storia del ritorno materiale degli dei. Il lettore la può trovare romanzata nel libro di Neil Gaiman American Gods, e più ancora dalla serie che ne hanno tratto, dove vediamo miriadi di divinità minori vivere tra noi, in cerca di adorazione e sacrificio.
Il ritorno degli dèi: in Italia vi è una prestigiosissima casa editrice che si occupa solo di quello. Tanta fumisteria della destra tossico-narcotica, da Evola a De Benoist, ne ha scritto in modo fremente. Ma soprattutto, colui che ha preparato il campo per questo tipo di pensiero è lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung, che per qualche oscura ragione riuscito a scampare, al momento, alla cultura della cancellazione.
Jung scriveva di archetipi, cioè di forme di rappresentazione psichiche preesistenti all’individuo e comuni a tutte le culture del mondo. L’allievo ribelle di Freud è tuttora celebrato per l’idea di questa grammatica di simboli dietro ogni vita umana, individuale e collettiva.
La realtà è che Jung, personaggio esoterico assai, probabilmente nutriva pensieri più radicali sul tema. Nel 1937, Jung scrisse che «un medium (…) il portavoce degli antichi Dei». E ancora «Non c’è dubbio che Hitler appartenga alla categoria dello stregone veramente mistico (… Hitler è un vaso spirituale, una semidivinità o, ancora meglio, un mito».
Quale divinità sia coinvolta nella tumultuosa Germania degli anni Trenta Lo Jung – che una biografia americana definisce «profeta ariano» – lo spiega con chiarezza nel saggio Wotan, che è il nome germanico di colui che da questi parti chiamiamo Odino:
«Siamo sempre convinti che il mondo moderno sia un mondo ragionevole, basando la nostra opinione su fattori economici, politici e psicologici. (…) In effetti, azzardo il suggerimento eretico che le profondità insondabili del carattere di Wotan spieghino più del nazionalsocialismo di tutti e tre i fattori ragionevoli messi insieme».
«Un movimento collettivo è composto da milioni di individui, ognuno dei quali mostra i sintomi del Wotanismo e dimostra così che Wotan in realtà non è mai morto, ma ha conservato la sua originaria vitalità e autonomia. La nostra coscienza immagina solo di aver perso i suoi dèi; in realtà sono ancora lì e basta una certa condizione generale per riportarli in pieno vigore».
Di solito, a questo punto, agli scettici si fa vedere un dipinto del pittore simbolista Franz Von Stuck (1863-1928). Il quadro si chiama Die Wilde Jagd, la «caccia selvaggia»: secondo il mito nordico, un corteo di creature preternaturali guidato da Odino, che viaggia per il cielo o per la terra come in una grande battuta di caccia. Chi testimonia la caccia selvaggia può essere rapito e portato nel Regno dei Morti, oppure deve aspettarsi l’arrivo di una catastrofe.
L’opera è datata 1889. È decisamente impossibile non vedere che nel ruolo di Odino è rappresentato quel famoso personaggio, non ancora dimenticato (specie da certi ucraini), che era nato proprio nel…1889.
Qualcuno lo considera un quadro profetico: c’è la visione di schiere ctonie che portano morte e catastrofe sulla terra, e il volto dell’uomo attraverso il quale passerà tanta parte del disastro.
A noi serve per ricordarci quello che diceva Jung. Gli dei vogliono tornare a vivere. Gli dei demandano per loro un tributo di sangue.
Il ritorno degli dèi quindi ha come immediato effetto il ritorno del sacrificio umano.
Pensatela così: gli dèi sono scacciati dalla terra con l’arrivo di Cristo. Egli sulla croce compie di fatto l’esorcismo definitivo: non sono più gli umani a dover far sacrifici alla divinità, ma è Dio stesso che si sacrifica per gli umani. Dopo Gesù più nessun sacrifizio, nemmeno quello animale, è necessario: anzi, egli continua a sacrificarsi per i suoi figli ogni giorno ed in ogni latitudine tramite la Santa Messa, che è ripetizione materiale del sacrificio di Dio per l’uomo.
Nel mondo pagano valeva precisamente l’inverso: gli uomini doveva sacrificare alla divinità, preferibilmente quanto c’è di più prezioso: la vita umana. Magari, la vita dei loro stessi figli, dei primogeniti. Laddove c’è il paganesimo, c’è il sacrificio umano. Fra gli Aztechi come a Cartagine con Moloch, con Baal, con il Faraone, a Roma, nei misteri greci. Tuttora, mi raccontarono sottovoce a Calcutta, succede per il culto segreto della dea Kali.
Dove ci sono gli dèi, c’è la necessità di versare per loro il sangue degli esseri umani. Dove c’è Cristo, vi è l’esatto contrario: non la determinazione a portare la morta, ma a generare la vita. Questo semplice assunto è una delle basi di quella che chiamiamo Necrocultura, la Cultura della Morte di cui parlava Giovanni Paolo II.
Resettare e ripaganizzare
In pratica, questo è ciò che sta succedendo in Ucraina. Questo sito è stato l’unico a parlare e ad insistere sul fatto che il battaglione Azov avesse eretto a Mariupol’ un templio al dio del tuono degli antichi slavi – secondo il paganesimo rodnoverico – Perun.
La ripaganizzazione del Paese è il risorgere di un demone antico pronto a riprendersi quella fetta di umanità. Ciò che esso farà e invertire completamente l’insegnamento di Cristo – ama il prossimo tuo come te stesso. In termini pratici, ciò significa la disintegrazione della dignità umana. Il prossimo tuo diventa non un nemico da sconfiggere, ma un suino da sgozzare, da offrire alla divinità risvegliata come raccolto di sangue: il video qui sopra dice proprio questo, letteralmente.
Senza la barriera – il katechon, direbbe qualcuno – della dignità umana, ogni forma di massacro è possibile: non solo quella del nemico, ma anche quella dell’amico. Perché, gli dèi sono in fondo indifferenti al tributo di morte che gli si offre, anzi… ricordiamo come a loro piacciano i primogeniti, le vite più vicine al cuore di chi intraprende il sacrificio.
Ecco perché facciamo fatica a credere alle storie dei massacri perpetrati dai russi, mentre con più facilità ascoltiamo le storie, come quelle raccontata da Patrick Lancaster, delle forze ucraine che sparano sui loro stessi civili per impedire loro di scappare (di modo da non avere più scudi umani), che nascondono armi e carroarmati fra i condomini, che piazzano cecchini sui palazzi residenziali, che usano le scuole come basi…
I russi – e i ceceni – non si sono piegati alla risorgenza maledetta degli dèi del male. Almeno, non ancora. Un cristiano, un musulmano, anche un laico (che ha vissuto, cioè, in una società informata dalla Civiltà cristiana) di suo non si dovrebbe lasciar andare alla crudeltà, neppure in guerra (con certe evidenti, patologiche eccezioni).
La crudeltà diviene generalizzata quando una cultura (uno… spirito) di morte è stato insufflato nei loro animi. Quando qualcosa li spinge verso il compimento del sacrificio umano.
Esso diviene la legge. Non è qualcosa di cui vergognarsi, anzi. La cattiveria del massacro diventa un vanto. Avete visto anche voi quel video di soldati ucraini che chiamano le mamme dei soldati russi morti per canzonarle. Qualcosa del genere è semplicemente indefinibile, spiegabile solo se pensiamo che ci si sia votati ad una divinità mortifera e ingannatrice, uno spirito del caos seminatore di dolore, un trickster…
Non credo si tratti di un fenomeno solo ucraino: un dio della morte si era svegliato nella Germania degli anni Trenta, qualcosa del genere deve aver danzato nel cuore dei Balcani nell’ultimo decennio del Secondo Millennio… In Sri Lanka, i Tamil, che tanto hanno sofferto sotto il tallone della buddocrazia genocida di Colombo, ad un certo punto, si narra, si sono messi a pregare la dea Kali, «madre della guerra». Poramma…
Tuttavia, l’Ucraina è ora l’avanguardia planetaria per la ripaganizzazione, e il ritorno del sacrificio umano – cioè per il più grande pericolo per la Civiltà come la conosciamo.
Non è un caso che essa sia il luogo in cui è risorto il nazismo: ossia, il regno del controllo totale sull’essere umano, dell’eugenetica, dei campi di concentramento, dello sterminio secondo la volontà del più forte – tutte cose che sono incontrovertibilmente vere anche per il mondo moderno, in ispecie in questi ultimi tempi. Si dice che il modello di Hitler venisse dall’America (come del resto il suo danaro…).
In realtà, il III Reich, dalla lotta contro il cancro all’animalismo, dall’eliminazione degli handicappati (che oggi si fa con l’eutanasia, o le diagnosi prenatali pagate dalla regione) alla propaganda martellante, dal culto del corpo al sogno del bambino perfetto è stato il pieno percursore della realtà che stiamo vivendo.
No, non ci stupiamo di niente: come diceva quello, il demone non se ne va mai via davvero, sta sempre lì sotto. Basta solo, evocarlo.
E chi lo ha evocato, per l’Ucraina? Se leggete Renovatio 21 qualche risposta un po’ ce la dovreste avere.
Così come dovrebbe esservi chiaro del perché il sacrificio umano stia tornando proprio lì: perché (lo abbiamo scritto, lo ripetiamo) una certa parte degli ucraini è stata resettata. Hanno detto loro che non sono pienamente slavi, sono germanici. Non devono niente alla Russia, il loro futuro è l’Occidente. Li hanno impoveriti, li hanno fatti impazzire – mentre qualcuno si ingrassava schifosamente. Hanno preso gli ultras (un gruppo sociale la cui determinata coesione, come abbiamo visto nella Yugoslavia di Arkan, è utilissima nel momento del collasso) e ne hanno fatto, a suon di addestramenti angloamericani, dei guerriglieri spietati.
Gli ucraini resettati, abbiamo visto, stavano divenendo i primi a dotarsi di una app che governava, dal telefonino, tutte le loro vite, la stessa dove lo Stato poteva infilarti qualche soldo ogni volta che ti sottoponi al programma di vaccinazione COVID. Anche qui, notiamolo: pura avanguardia di ciò che sta per toccare a noi,
Agli ucraini hanno fatto ciò che sta per toccare a noi. Ed è per questo che gli Stati ci invitano a prenderli a modello, anzi, ci sostituiscono con essi…
Torniamo agli dèi del sangue. Anni fa feci a Rimini una conferenza per la Fraternità San Pio X dove coniai la parola «geodemonologia». Una parola che praticamente ho usato solo io: se la scrive su Google vi esce solo quella relazione, «Geodemonologia e salvezza planetaria», e ipotizzavo, con umiltà e misura, quanto ho scritto sopra: la realtà dei demoni che, lungo la storia, arrivano a riprendersi, e a guidare, intere nazioni. (Echi di questo discorso, sono in un altro articolo pubblicato qui)
Il caso, ora, è esattamente questo. Non sappiamo ancora con certezza il nome di quello che si sta riprendendo gli ucraini. Perun, Veles, Zhiva, Rugiaevit, Porevit, Devana, Morana… Chernobog, il dio oscuro finito nell’arte di Mussorgorsky e Walt Disney, il cui Monte Calvo sarebbe il colle boscoso Lysa Hora, appena fuori Kiev.
Potete capire però di cosa si tratta: di un processo di possessione della Terra.
I nostri sacrifici umani sono legge
L’altra sera ho intravisto l’ultima parte di Report. Con il consueto tonitruante afflato del giornalismo d’inchiesta che disvela ogni retroscena, spedivano i loro inviatini più o meno irsuti e erremosciati in giro per il mondo: ecco il tedesco con la faccia ecologica che dice che il Nord Stream 2 fa schifo, ecco il mister X russo che da un porto di Cipro non vede l’ora di dire a Rai 3 gli affaracci del gas, ecco Prodi invecchiatissimo che ammette che gli ucraini rubavano dai gasdotti, ecco ricicciata l’intervista dell’uomo ENI defunto da anni, e qualche filmato dall’impianto in Kazakistan…
La morale di tanto sforzo era: non avete capito nulla, la guerra si fa per il gas, altro che ideologia, nazionalismo, NATO etc. Dietro a tutto questo c’è solo il soldo dell’idrocarburo, punto. È il vecchio, immortale ritornello marxista, ma anche liberista: l’economia è il motore della storia. Follow the money.
Mi sento di rigettare in toto questa visione infantile. Io guardo la dèa che sgozza l’uomo russo, e penso che l’unica economia che conta per la Storia umana è quella fatta dal Bene e dal Male. Non il dollaro, il rublo, lo yuan, non l’oro e il petrolio: l’unica moneta che conta davvero è la vostra anima.
Gli antichi dèi stanno tornando per riprendersela. Stanno tornando per giocarsela, per spendersela come vorranno. Per farlo, devono cancellare la vostra umanità.
E non crediate che si tratta solo di questa piccola guerra ai nostri confini: essa è solo il momento in cui, abbiamo visto, certi esseri possono divenire più visibili.
No, la guerra va avanti da tanto, tanto tempo.
I sacrifici umani avvengono in questo stesso momento negli ospedali, nei laboratori. Persone squartate dopo un incidente stradale, mentre ancora batte loro il cuore, imbottiti di curaro. Neonati trucidati nel ventre materno, sempre più grandi, fino alle proposte, oramai realizzate, di «aborto post-natale», cioè di infanticidio vero e proprio. Milioni di embrioni umani prodotti in provetta, esaminati, scartati, congelati, ora pure manipolati. E ancora più vicino: pensate a quanti morti stiamo vedendo dopo l’avvento dell’mRNA, distribuito possibilmente in ogni corpo umano del pianeta.
I demoni della Necrocultura ci hanno dichiarato guerra da mo’. E i loro sacrifici umani sono per noi, letteralmente, legge.
Cara ragazza, te lo dobbiamo dire: è un po’ che siamo all’inferno.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da Twitter, modificata
Pensiero
Mosca bataclanizzata: qual è il messaggio?
Al momento in cui scrivo la conta dei morti del massacro di Mosca è di 60 morti e 140 feriti.
Abbiamo raccolto e mostrato qualche immagine agghiacciante: sì, un commando è entrato in un centro commerciale (su qualche canale ebete di Telegram avete letto che era un municipio: il traduttore automatico dei geni ha tradotto «Crocus City Hall» in «Municipio di Crocus», come se Crocus fosse un quartiere della capitale russa; gli ignoranti che seguite sui social fanno anche questo) con fucili automatici e hanno iniziato a sparare all’impazzata. Sono stati colpiti anche dei bambini, e due dodicenni sarebbero gravi.
È interessante notare quanto siano restii i nostri media a pronunziare, davanti allo schema perfettamente ripetuto, la parola che aveva inondato il discorso pubblico sul terrorismo quasi dieci anni fa: Bataclan.
Il disegno tecnico è il medesimo: colpire la popolazione comune, falciandola con armi a ripetizione e magari qualche bomba suicida o meno, nel momento di massimo svago e massima vulnerabilità – quando va a vedere un concerto. Sparare sulla gente quando è concentrata in un unico punto ed indifesa. Massacrare in maniera massiva per compiere il lavoro del terrorismo, e portare il suo messaggio.
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Mosca è stata bataclanizzata. I grandi media non vogliono dirvelo – perché significherebbe elevare il popolo russo a vittima, dopo due anni di campagna martellante per convincerci che la Russia è carnefice. E poi, soprattutto, nessuno ha voglia davvero di guardarci dentro: se il disegno è lo stesso del Bataclan, gli autori sono gli stessi? I mandanti pure?
Alla rivendicazione dell’ISIS, buttata subito in stampa da tante testate internazionali, non possiamo credere. Curioso, tuttavia, che l’ISIS possa voler colpire la Russia proprio ora, quando l’intervento in Siria è finito da anni…
L’Ucraina, per bocca di un ciarliero e molto visibile tizio consigliere di Zelens’kyj, Mikhailo Podolyak (quello che aveva insultato il papa e il cristianesimo) ha detto non siamo stati noi, mentre altri ucraini hanno ovviamente tirato fuori l’hastatoputin. Chiaramente, ci vogliono far credere, è un false-flag del Cremlino per scatenarsi, anzi, guarda, è la festa personale di Putin per aver vinto l’elezione con quasi il 90% dei voti. Come no. (in rete circolano meme divertenti con il passaporto di un terrorista miracolosamente, come al solito, ritrovato sul luogo del delitto: la foto è quella di un Putin barbuto)
Si tratta della più grande strage terrorista dai primi anni 2000. Qualcuno ricorderà i 130 morti (più quaranta terroristi) e i 700 meriti della crisi del Teatro Dubrovka, quando vennero sequestrati 850 civili da un gruppo di islamisti separatisti ceceni.
Dobbiamo capire che la vittoria sulla questione cecena – e sul terrorismo correlato – è stata la scala d’ingresso di Putin verso il Cremlino. La Cecenia era un disastro che poteva trascinare giù tutta la Russia: un alveare terrorista nel cuore del Paese, e allo stesso tempo un fattore di demoralizzazione devastante per la popolazione. Erano i primissimi tempi di internet, ma già circolavano i video, poi perfezionati da ISIS e compagni, di sgozzamenti di soldati e civili russi.
Putin fu colui che mise fine al pericolo. Da primo ministro ha vinto la Seconda Guerra Cecena, di fatto sottomettendo una fazione in lotta, quella di Kadyrov, il cui figlio ora al potere a Grozny manda i suoi soldati a combattere in Ucraina con adunate oceaniche negli stadi dove si grida «Allahu Akbar» e subito dopo «viva il presidente Putin».
La strage di Dubrovka non è stata la sola. Poco dopo, ci fu il massacro di Beslan, ancora più intollerabile nella volontà terrorista di colpire gli indifesi: il 1 settembre 2004 un gruppo di 32 fondamentalisti separatisti ceceni entrò in una scuola elementare e sequestrò 1200 persone, per maggior parte bimbi. Ricordate quell’immagine: una bomba pronta ad esplodere piazzata dentro il canestro della palestra, e i bambini sotto. Il conto, dopo che gli Spetsnats (le forze speciali russe) liberarono la scuola, fu di oltre trecento morti, di cui 186 bambini, e 700 feriti. Quasi tutta la scuola è stata ferita dal terrorismo.
Si tratta di traumi che i russi pensavano passati. Sono seguiti gli anni putiniani dove stipendi e pensioni sono saliti di 7, 15 volte. Dove il popolo russo, che dopo il 1991 aveva cominciato a perdere un milione di persone l’anno (alcol, disperazione) ha ritrovato la dignità, e, parola chiave per capire Putin e la Russia odierno, rispetto.
Il terrorismo, essenzialmente, è un linguaggio. Ogni atto terroristico ha un messaggio da portare al mondo – questo è quello che ci dicono, almeno. Sappiamo che il messaggio è, in genere, più di uno. C’è un messaggio di superficie, quello dei perpetratori: vogliamo l’indipendenza, vogliamo vendetta, vogliamo la shar’ia, vogliamo la fine dell’occupazione, cose così.
Poi c’è il messaggio profondo, quello dei veri mandanti, di cui non si può discutere, perché non si può saperne nulla.
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Le stragi dei primi 2000 avevano, come messaggio di superficie, la Cecenia: la terra dove Putin aveva riportato l’ordine, promettendo di inseguire i terroristi anche al cesso ed ucciderli lì, disse in una famosa dichiarazione.
Il messaggio profondo possiamo immaginare fosse un altro: lasciaci continuare a depredare la Russia. Il desiderio, profondo ed irrevocabile, dei veri mandanti, che non necessariamente stavano in russo.
I terroristi takfiri ceceni, si è detto, potevano aver legami con oligarchi nemici di Putin riparati all’estero. Era chiaro cosa volevano gli oligarchi ribelli: proseguire, anche per conto dei loro soci occidentali, la razzia resasi possibile con il crollo dell’Unione Sovietica nel decennio di Eltsin, come visibile, ad esempio, nel caso magnate del petrolio Mikhail Khodorkovskij, quello che Pierferdi Casini difendeva al Parlamento italiano, prima di essere imprigionato da Putin si diceva avesse trasferito le sue quote a Lord Nathaniel Jacob Rothschild, quello dei quadri satanici con Marina Abramovic spirato pochi giorni fa. Liberato dalla clemenza di Putin prima delle Olimpiadi 2014 (l’Occidente ringraziò organizzando poco dopo i Giochi di Sochi Piazza Maidan a Kiev), il Khodorkhovskijj ora è tornato a galla per la questione ucraine, i giornali lo definiscono «oppositore di Putin».
Vi sono tuttavia casi più evidenti. Rapporti tra terroristi ed oligarchi furono discussi per uno dei nemici più acerrimi di Putin, l’oligarca riparato a Londra Boris Berezovskij. Una trascrizione di una conversazione telefonica tra Berezovsky e il fondamentalista Movladi Udugov – attualmente uno degli ideologi e il principale propagandista del cosiddetto Emirato del Caucaso, un movimento militante panislamico che rifiuta l’idea di uno stato ceceno meramente indipendente a favore di uno stato islamico che comprenda la maggior parte del Caucaso settentrionale russo e si basi su principi islamici e sulla legge della shar’ia – fu trapelata su uno dei tabloid di Mosca il 10 settembre 1999. Udugov propose di iniziare la guerra del Daghestan per provocare la risposta russa, rovesciare il presidente ceceno Aslan Maskhadov e fondare la nuova repubblica islamica di che sarebbe stata amica della Russia pre-putiniana.
Dopo la Seconda Guerra Cecena, Berezovskij aveva mantenuto i rapporti con i signori della guerra islamisti. Nel 1997, nell’ambito di supposte attività di ricostruzione della Cecenia, fece una donazione di 1 milione di dollari (alcune fonti menzionano 2 milioni di dollari) per una fabbrica di cemento a Grozny. Per tale pagamento fu negli anni accusato di finanziare i terroristi ceceni.
Il 23 marzo 2013 Berezovskij, che bazzicava il World Economic Forum di Davos e aveva avuto un ruolo attivo nella rielezione di Eltsin nel 1996, fu trovato morto nel bagno nella sua villa nel Berkshire, vicino ad Ascot, luogo caro alla nobiltà britannica. Dissero dapprima che era depresso, perché aveva perso una causa con Roman Abramovic (ex patron del Chelsea, anche lui oligarca ebreo ultramiliardario che però si era sottomesso a Putin) e quindi aveva debiti; la polizia inglese invece disse che era una morte senza spiegazioni e volle lanciare un’inchiesta, ma non arrivò a nulla. Si dice prendesse farmaci antidepressivi, e un giorno prima di morire avrebbe detto ad un giornalista londinese che non aveva più niente per cui vivere.
Parlo della morte di Berezovskij perché all’epoca notai come potesse essere correlata ad una strage terrorista dall’altra parte del mondo: il 15 aprile dello stesso anno due bombe esplodono alla Maratona di Boston ammazzando tre persone e ferendone 250. Vengono accusati due fratelli ceceni, Dzhokar e Tamerlan Tsarnaev. Emerse che loro zio, che i giornali dissero subito si era dissociato dalla deriva islamista dei nipoti, era stato sposato con la figlia di un agente CIA, con cui avrebbe pure convissuto.
Difficile capirci qualcosa: tuttavia, la domanda che mi feci, all’epoca, era: il messaggio profondo della strage bostoniana è che, morto Berezovskij, qualcuno stava chiedendo il riequilibrio di questa rete antirussa occulta che attraversa il mondo.
La mia era solo una supposizione. Di certezze sulle connessioni tra gli americani e gli islamisti ceceni, invece, ne ha Vladimir Putin.
In una sequenza di tensione rivelatrice del documentario che Oliver Stone ha dedicato a Putin – un’intervista di ore e ore tra il 2015 e il 2016 – il presidente russo dà una notizia piuttosto gigantesca: racconta che gli USA, trovati ad aver contatti con i terroristi ceceni, hanno risposto alle rimostranze del Cremlino dicendo che essi erano autorizzati diplomaticamente a parlare con chi volevano.
Putin era visibilmente scosso: la Cecenia, per lui che l’aveva vinta come prima missione della sua carriera ai vertici, significava tanto: il dolore di tanti morti, il rischio di far finire la Russia, ancora una volta, in una spirale di razzia e violenza, in pratica di farla sparire dalla storia.
Discorsi simili sono stati fatti poche settimane fa nell’intervista che Putin ha concesso a Tucker Carlson. Il presidente russo lo aveva ripetuto ai giornalisti anche l’anno scorso: «nel Caucaso l’Occidente sosteneva Al-Qaeda». Washington appoggia il terrorismo antirusso, in sintesi. Per gli italiani che si ricordano quando – al tempo non c’era la parola «complottista» – si parlava della Strategia della Tensione, non è una storia tanto campata in aria.
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E quindi, qual è il messaggio della strage terrorista al Crocus di ieri sera?
È lo stesso, crediamo, di quello di quando l’anno scorso hanno bombardato a Mosca Darja Dugina o a San Pietroburgo il blogger Vladen Tatarskij: vogliono ri-cecenizzare la Russia.
Vogliono riportare le lancette indietro a quegli anni, quando Mosca era debole, il popolo incerto ed impaurito, e le risorse del bicontinente libere per i rapaci internazionali. Quando c’era il terrorismo islamico, usato come solvente da un potere superiore per distruggere definitivamente ogni potere indipendente per la Russia e piegare nella paura la psiche del popolo russo.
Tutto questo è durato fino a Putin. I mandanti non hanno mai accettato di aver perso. E quindi, nell’ora del trionfo politico e popolare di Putin, ripetono il messaggio. Puoi anche vincere le elezioni, puoi anche avere l’affetto del tuo popolo: noi te lo possiamo portar via a suon di mitragliate terrorista. Puoi vincere la guerra ucraina, noi massacreremo le famiglie ai concerti a Mosca. Lo faremo con i ceceni, con gli ucraini, con i daghestani, con i nazisti russi, con chiunque potremo manovrare.
Ora, da temere, più che il messaggio, che è chiaro, è la risposta che darà Putin.
Perché, come è evidente, potrebbe essere l’innesco della Terza Guerra, che di fatto l’élite occidentale, brama affannosamente.
Roberto Dal Bosco
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Occulto
Feto trovato in uno stagno. Chi ce lo ha messo? E soprattutto: perché?
Leesburg è storica cittadina di 40 mila abitanti nello Stato americano della Virginia. Si trova vicino al fiume Potomac, quello che passa per la capitale Washington.
Leesburg è il capoluogo di contea della contea di Loudoun – praticamente omonima della piccolo paesino francese che nel Seicento fu teatro della possessione di massa delle suore di un convento, da cui il romanzo I diavoli di Loudun di Aldous Huxley – il luogo finito nelle cronache negli scorsi mesi per il clamore seguito alle presunte molestie sessuali subite da una ragazzina adolescente in un «bagno transgender» ad opera di uno studente transessuale. Lo scandalo si moltiplicò quando la repressione si abbattè sui genitori che protestavano negli incontri con i dirigenti della scuola, con il padre della giovane vittima arrestato dalla polizia durante un meeting.
Lo scorso 12 marzo il dipartimento di polizia locale della piccola città americana ha emanato un comunicato stampa agghiacciante.
Vi si dichiara che l’11 marzo, «il dipartimento di polizia di Leesburg è stato allertato intorno alle 16:33 da un membro della comunità che ha scoperto il corpo di un feto a termine nello stagno dietro Park Gate Drive, a Leesburg». L’espressione inglese usata per il bambino, «late term», indica un bambino nato tra 41 settimane e 0 giorni e 41 settimane e 6 giorni.
Il feto è stato trasportato all’ufficio del capo medico legale della Virginia per l’autopsia.
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«Questa è una situazione profondamente tragica», ha detto il capo della polizia di Leesburg, Thea Pirnat. «Esortiamo chiunque abbia informazioni a farsi avanti, non solo per il bene delle indagini, ma anche per garantire che a chi ne ha bisogno ricevano cure e servizi medici adeguati».
La polizia ha anche ricordato alla gente del luogo le risorse disponibili per le donne incinte, inclusa l’opzione per la consegna sicura e anonima dei neonati secondo le leggi Safe Haven della Virginia, con le quali i genitori possono consegnare il proprio bambino se ha 30 giorni o meno, insomma come si faceva un tempo con la ruota degli esposti.
«La legge fornisce protezione dalla responsabilità penale e civile in alcuni procedimenti penali e procedimenti civili per i genitori che consegnano in sicurezza i loro bambini», dichiara il dipartimento. «La legge consente a un genitore di rivendicare una difesa affermativa davanti all’accusa se l’accusa si basa esclusivamente sul fatto che il genitore ha lasciato il bambino in un luogo sicuro designato».
«L’indagine viene trattata con la massima serietà e sensibilità» afferma il dipartimento nel comunicato. Per il resto, vista la mancanza di aggiornamenti sul caso, possiamo forse usare la famosa espressione giornalistica: la polizia brancola nel buio.
La verità è che, con grande probabilità, non si farà molto per risalire a chi ha abbandonato al bambino – anche se, a pensarci, la genetica di consumo in voga negli USA, con cui si stanno prendendo serial killer che l’avevano fatta franca per decenni, potrebbe aiutare ad avvicinarsi quantomeno ai genitori del piccolo.
Il vescovo della diocesi di Arlington Michael F. Burbidge ha espresso «grande dolore» per la scoperta. «Esorto i fedeli della diocesi e tutte le persone di buona volontà ad unirsi a me nella preghiera per la madre del bambino e per chiunque sia coinvolto in questo incidente».
Il problema è che chiunque in questo caso parte con un’idea che, per quanto non dimostrata, è persistente: si tratta di un caso di degrado, un segno orrendo di disagio sociale, un effetto del livello di bassezza cui è sprofondata la società… Cose così. Inevitabile, a questo punto, che salti fuori anche quello che dice che con l’aborto si risolveva tutto. È il tema dell’antica canzone di Elio e le Storie Tese: Cassonetto differenziato per il frutto del peccato.
Eccerto, se il bambino veniva fatto a pezzi nel grembo materno, gli sarebbe stato risparmiato di finire in uno stagno. La minuta voce utilitarista dentro ogni cittadino sincero-democratico dice: così non soffriva. In verità, in tanti, specie se interessati al mantenimento dell’establishment, vorrebbero dire che, uccidendolo semplicemente prima grazie alle leggi feticide, ci risparmiavamo l’orrore, lo scandalo, i quindici minuti di destabilizzazione sociale conseguenti all’orripilante scoperta.
Crediamo che ci sia la possibilità che si sbaglino tutti: polizia, abortisti, vescovi, pro-life pregatori vari. Potrebbe essere che si stiano ponendo la domanda sbagliata. Potrebbe essere che stiano guardando al dito invece che alla luna. Perché su Renovatio 21 stiamo, da tempo, sviluppando l’idea che tali ritrovamenti, che avvengono di continuo in tante parti del mondo, non siano casuali, e nemmeno siano tutti scaturigini del degrado sociale della società odierna.
Abbiamo sotto gli occhi tanti strani casi italiani, di cui da tempo stiamo tentando di iniziare un censimento.
Per esempio, nell’aprile 2006 a Terlizzi (provincia di Bari), in un cimitero, trovano sotterrato maldestramente un feto di sesso maschile di tre mesi: il bambino è inserito in un barattolo di vetro.
Nel 2017 in provincia di Benevento, i carabinieri del comando provinciale trovano «un barattolo in vetro, con all’interno un oggetto dalle presunte fattezze di un feto umano» che sarebbe stata messa, anche qui, nel verde, «in un’area prospiciente il fiume Calore, seminascosto dietro un terrapieno». Poco dopo, rientra tutto: si trattava di «due guanti in tessuto, avvolti tra loro con dello spago che erano stati riempiti con una sostanza spugnosa» scrivono i giornali. Insomma, uno «stupido scherzo», dissero. Caso chiuso.
A metà novembre 2019, in uno spazio verde di Piazza Benfica, a Torino, un signore che porta a passeggio un cane si accorge che qualcuno aveva messo lì un contenitore con all’interno, visibile nel liquido trasparente di conservazione, un feto embrionale. Dal primo esame svolto all’epoca dei sanitari fu detto che il feto aveva tra le 10 e le 15 settimane. Mesi dopo il Pubblico Ministero chiederà l’archiviazione. I giornali dicono che «il giallo è risolto» perché il feto risalirebbe ad almeno vent’anni prima. Ciò ovviamente non spiega nulla, ma basta trasmettere al lettore sincero-democratico che va tutto bene. Circolare, niente da vedere qui.
Giugno 2023, Bassano del Grappa, provincia di Vicenza: in una zona di campagna i carabinieri, secondo quanto riportato, stavano conducendo un’operazione antidroga, andando a cercare luoghi dove gli spacciatori potrebbero nascondere gli stupefacenti. Durante il setaccio, dietro un cespuglio, gli agenti scoprono un barattolo, con dentro un essere umano grande quanto il palmo di una mano. Un feto di sei mesi, conservato in un liquido che probabilmente è formalina. I giornali locali parlano di «ipotesi di riti satanici», ma come sempre, l’eterna «pista del satanismo» va a sparire dopo pochi giorni, come tutta la storia.
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Poi giace da qualche parte, enorme e dimenticato, il caso di Granarolo. Febbraio 2022: un ragazzo che recupera ferro vecchio e altri materiali nelle industrie si reca presso un capannone per eseguire una raccolta. Gli viene detto di portare via anche dei bidoni gialli, sono una quarantina, tutti accatastati lungo un muro, tra altri rifiuti. Il suo compito sarebbe di «smaltirli da qualche parte». Lui ne apre uno: è pieno di un liquido di colore verde. Dentro vi galleggia un feto umano. Il ragazzo si spaventa. Filma la situazione, poi chiama la polizia. Sembra di capire, quindi, che di feti mica ce ne era solo uno: forse che tutti quei bidoni gialli contenevano feti? Da dove provenivano? Di chi erano figli? Cosa ci facevano lì… quanti erano?
Come avevamo predetto su queste colonne, anche questa storia di feti abbandonati sparisce immediatamente dai radar. Non ci è chiaro cosa abbiamo fatto le autorità, se una qualche ricostruzione è stata data: avevano detto che forse centravano musei e università, ma era davvero così? Qualche responsabilità è stata assegnata? Qualche indagine è stata conclusa? Stiamo cercando, ma sembra proprio che, come avevamo preconizzato, notizie sulla vicenda non sono state più date – nel disinteresse totale di curia, politici locali, ebetudine pro-life organizzata varia. Va così.
Ora, il pensiero che stiamo sviluppando è quello per cui tutti questi casi di feti «abbandonati» non siano effetti casuali del disagio sociale. Potrebbe essere, invece, parti di un disegno «religioso» con forme e dimensioni ancora sconosciute. I feti non sono lasciati lì per caso: sembrano, in molti di questi casi, disposti appositamente, secondo regole precise, forse geografiche, ambientali.
Ci aveva colpito, ad esempio, che in Italia i bambini imbarattolati venissero trovati per lo più nel verde, in mezzo al nulla: cespugli, aiuole, campagne, lungo argine. Un po’ come il feto di Leesburg, trovato non in una fogna, ma in un placido specchio d’acqua, tra i verdi giardini delle casette residenziali lì attorno.
Renovatio 21 aveva fatto delle ipotesi: la società post-cristiana è in realtà divenuta anche post-satanista, dove il satanismo non più legato a messe nere e formule magiche varie, ma innestata invece nel discorso dei «diritti umani», come il feticidio e i rapporti contronatura, ora divenuti legge dello Stato moderno. Il caso del Tempio di Satana, che vuole aprire cliniche abortiste in nome della libertà religiosa, costruisce altari satanici da piazzare a Natale nei Palazzi del potere e organizza festoni satanici con green pass e mascherina obbligatori, va in questa direzione.
Ma quindi, perché la disseminazione dei feti?
Abbiamo pensato che forse, la disposizione di questi feti potrebbe suggerire che li si voglia nascondere, come si fa con gli amuleti maledetti affinché persistano la loro funzione contro la vittima: sepolti nell’erba, occultati, ma presenti nella loro drammatica verità. Delle bandierine dell’universo post-satanista, delle «antenne» con la loro funzione: reliquie occulte, ripetitori del messaggio, dell’energia del Male.
Un feto a termine ucciso e impiantato nel territorio può volere dire: qui si fa l’aborto. E il fatto che nel caso della Virginia si trattasse di un bambino late term, potrebbe fare pensare qualcuno: nel grande paradosso del presente americano, la Corte Suprema elimina l’aborto come diritto federale mentre una parte della politica parla apertamente di late term abortion, cioè della possibilità di abortire fino al momento della nascita, o pure dopo.
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Se vuole essere un segnale politico per la situazione attuale, il bambino a termine ucciso nello stagno offre un messaggio chiarissimo. Continueremo, andremo avanti anche con l’età dei sacrificandi. Questa terra è nostra.
Non è sbagliato pensare che, in questo piano metafisico, vi sia chi all’aborto dedica riti occulti – perché esso è la porta ideale per il ritorno del sacrificio umano, l’inversione definitiva della religione divina, per cui non è più Dio che si sacrifica per l’uomo (come sulla Santa Croce, come nella Santa Messa), ma l’uomo che si sacrifica per gli dei dei pagani – i quali sono, come dice il Salmo, tutti demòni.
Il sacrificio umano è, per il momento, illegale, l’aborto no – ed ecco che quindi che essi devono proteggerlo ad ogni costo, attendendo che la fetta superiore del panino, l’eutanasia, scenda giù schiacciando noi in mezzo, fino a rendere l’intera popolazione sacrificabile in ogni momento. Fino a disintegrare una volta per tutte la dignità umana, e rendere la vita spendibile, sprecabile a piacimento. Fino al Regno Sociale di Satana.
Vorremmo andare oltre. Stiamo tentando di raccogliere materiale per farci un’idea sui continui casi dei feti nei cassonetti che funestavano in passato le cronache italiane. Forse non era esattamente come pensavamo. Forse anche lì si trattava di un messaggio, della disposizione di antenne oscure, della diffusione del segnale dell’Inferno.
Quando avremo tempo, ce ne occuperemo.
Nel frattempo, preghiamo il lettore: dai gruppi che vi parlano di difesa della vita, di lotta contro l’aborto – magari chiedendovi con automatica insistenza dei danari – state alla larga.
Con evidenza, non hanno capito nulla di quello che sta accadendo. La loro funzione, forse, è proprio quella di farci continuare a non comprendere forme e proporzioni di questa guerra occulta.
Roberto Dal Bosco
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Immagine su licenza Envato, rielaborata
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